John Locke - Il Vangelo è la migliore guida morale per tutti


Immagine John Locke
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel 1695, John Locke pubblicò in forma anonima "La ragionevolezza del Cristianesimo". Quest'opera esamina direttamente i Vangeli e gli Atti degli Apostoli per cercare di comprendere gli insegnamenti originali di Gesù, evitando le interpretazioni di mediatori o altre autorità ecclesiastiche. Locke giunge alla conclusione che il fondamento essenziale della fede cristiana risiede nella convinzione che Gesù fosse il Messia, basandosi sui suoi miracoli e sulle sue stesse affermazioni. Seguire Gesù come il Messia, secondo Locke, porta naturalmente a un orientamento morale, scaturito dall'impatto diretto e persuasivo del suo messaggio, il quale si rivela chiaramente accessibile anche alle menti più semplici.

Locke, pur riconoscendo il potere della ragione umana di individuare autonomamente le leggi naturali che possono guidare l'individuo verso la virtù, decide di non redigere un trattato etico dimostrativo. Egli sostiene che l'adozione della legge morale trasmessa tramite le parole e l'esempio di Cristo sulla terra è sufficiente per realizzare quello che la filosofia basata esclusivamente sulla "ragione non assistita" non è riuscita a ottenere, ossia la conversione di semplici e umili pescatori in ferventi apostoli. L'autorità dell'insegnamento evangelico è tale da spingere all'obbedienza individui che non dispongono del tempo per approfondire complessi ragionamenti filosofici, stimolando però una partecipazione attiva nella fede attraverso l'accettazione delle verità morali insegnate da Cristo.


Lettura


Sembrerebbe, dal poco che finora in essa è stato fatto, che sia un compito troppo arduo per la ragione non assistita stabilire la morale in ogni sua parte sui suoi veri fondamenti, con una luce chiara e persuasiva. Ed è per lo meno una via più sicura e più breve, per la comune comprensione e per la maggior parte dell'umanità, che uno chiaramente inviato da Dio, e che viene da lui con visibile autorità, imponga, come re e legislatore, i doveri e richieda l'obbedienza, piuttosto di lasciar che questo si chiarisca in seguito alle lunghe e talora intricate deduzioni della ragione.

La maggior parte degli uomini né ha tempo a disposizione per considerare una tal successione di ragionamenti, né, per mancanza di educazione e d'uso, ha capacità di giudicarne. Vediamo quanto infruttuosi furono i tentativi dei filosofi in questo senso prima del tempo del nostro Salvatore. È ben visibile quanto poco i loro numerosi sistemi raggiunsero la perfezione di una vera e completa moralità.

E se poi i filosofi cristiani li hanno superati di molto, possiamo tuttavia osservare che la prima conoscenza delle verità che essi hanno raggiunto è dovuta alla rivelazione; anche se, non appena esse furono udite e considerate, furono trovate conformi a ragione e tali da non poter essere con alcun mezzo contraddette.

Ciascuno può rilevare una gran quantità di verità che riceve in un primo tempo da altri e cui prontamente dà il suo assenso, come consone a ragione, che egli avrebbe trovato arduo e forse al di là delle sue forze scoprire da solo. La verità, la prima volta che viene alla luce, non è così facilmente estratta dalla miniera, come noi, che la troviamo già portata alla luce e confezionata nelle nostre mani, siamo portati ad immaginare. E quanto spesso a cinquanta o sessant'anni vengono dette a uomini di pensiero cose che essi si chiedono come poterono tralasciar di pensare? Cose a cui tuttavia le loro meditazioni non li aiutarono, e forse non li avrebbero mai aiutati, a giungere.

L'esperienza mostra che la conoscenza della morale per semplice luce naturale (per quanto ad essa questa sia pur conveniente) non fa che lenti progressi e poco cammino nel mondo. E la ragione di ciò non è difficile a trovarsi nei bisogni degli uomini, nelle loro passioni, nei vizi e negli interessi sbagliati che rivolgono le loro menti in altra direzione: e tanto i capi che deliberano, quanto il gregge che segue, non trovano conveniente servirsi di gran parte delle loro meditazioni in questa direzione.

Qualunque altra poi fosse la causa, è chiaro, di fatto, che la ragione umana non assistita fece difetto agli uomini in questo grande e loro proprio compito di moralità. Mai da indiscutibili principi, tramite chiare deduzioni, fu tratto un intero corpo della «legge di natura». E chi raccoglierà tutte le norme morali dei filosofi e le confronterà con quelle contenute nel Nuovo Testamento, troverà che esse non raggiungono pienamente la morale trasmessa dal nostro Salvatore e insegnata dai suoi apostoli, un collegio costituito per la maggior parte da ignoranti, ma ispirati pescatori. [...]

Qualunque cosa sia di uso così universale da costituire un modello cui gli uomini conformino i loro comportamenti, deve trarre la sua autorità o dalla ragione o dalla rivelazione. [...] Chiunque pretenda di assurgere a questo livello e di imporre le sue massime come autentiche norme, o deve mostrare che egli fonda la sua dottrina su principi di ragione evidenti in se stessi, e che deduce di lì tutte le parti di essa con dimostrazioni chiare ed evidenti, oppure deve dar prova del suo mandato dal cielo, del suo venire da Dio con autorità, a svelare al mondo il suo volere ed i suoi comandi.

La prima via mai fu percorsa da alcuno, che io sappia, prima del tempo del nostro Salvatore, né alcuno venne a darci in tal modo un'etica. È vero, c'è una legge di natura: ma chi mai la pubblicò o intraprese a darcela tutta intera, come legge, senza aggiunte, mutilazioni, e con tutta la sua forza vincolante? Chi mai portò alla luce tutte le parti di quella legge, le legò insieme, ne mostrò al mondo la forza vincolante? Dove ci fu un codice tale che l'umanità potesse ricorrervi come a sua infallibile norma, prima della venuta del Salvatore?

[...] Noi riceviamo da lui una piena e sufficiente norma di condotta, norma conforme a quella della ragione. Ma la verità e il vincolo di questi precetti traggono la loro forza e sono sottratti ad ogni dubbio per noi dall'evidenza della sua missione. Egli fu mandato da Dio: i suoi miracoli mostrano ciò; e l'autorità di Dio, nei precetti che egli ci dà, non può esser posta in discussione. Qui la morale ha una norma sicura, che la rivelazione garantisce e la ragione non può contraddire, né contestare, ma tutte e due insieme testimoniano che essa proviene da Dio, il grande legislatore. E io penso che il mondo non abbia mai avuto una legge come questa, tratta dal Nuovo Testamento, e che nessuno possa dire che la si debba trovare in qualsiasi altro luogo. [...]

La maggior parte degli uomini manca di tempo o di capacità per la dimostrazione, e non è in grado di condurre una serie di prove a cui essi debbano sempre subordinarsi in tal modo per convinzione, e a cui non possa esser richiesto l'assenso finché essi non vedano la dimostrazione. Qualunque cosa sostengano, i maestri si sono sempre fondati sulla prova, e devono chiarire il dubbio attraverso un seguito di coerenti deduzioni a partire dal primo principio, per quanto lungo o intricato sia tale processo. E tanto presto si può sperare di fare di tutti i lavoratori a giornata e di tutti i commercianti, di tutte le filatrici e di tutte le lattaie altrettanti perfetti matematici, quanto di renderli perfetti nella morale per questa via.

L'ascolto di semplici ordini è la sola sicura via per portarli all'obbedienza e alla pratica. I più non possono conoscere, e pertanto debbono credere. E io chiedo se uno che viene dal cielo, investito del potere di Dio, con la piena e chiara evidenza e dimostrazione proprie dei miracoli, portando semplici ed esplicite norme di moralità e obbedienza, non sia più adatto a illuminare la massa degli uomini, a porli esattamente nei loro doveri e ad indurli a compierli, di quanto non lo sia il ragionar con loro a partire da nozioni generali e principi propri dell'umana ragione.

E se anche tutti i doveri della vita umana fossero chiaramente dimostrati, tuttavia concludo che, ad una attenta considerazione, quel metodo di insegnare agli uomini i loro doveri risulterà adatto solo per pochi che abbiano avuto più agio e intelletti coltivati, e che siano stati abituati a ragionamenti astratti. Ma l'istruzione del popolo meglio dovrebbe tuttora esser lasciata ai precetti e ai principi del Vangelo [...].

Per uno che sia una volta persuaso che Gesù Cristo è stato mandato da Dio per essere re e salvatore di quelli che credono in lui, tutti i comandi di Cristo diventano principi; non occorrono altre prove per la verità di ciò che egli dice, se non il fatto che egli lo dice. E quindi non occorre altro che leggere i libri ispirati per essere istruiti: tutti i doveri morali si trovano lì chiari e semplici, e facili ad esser compresi.

E qui chiedo se questa non sia la più sicura, la più fidata, la più efficace via d'insegnamento, soprattutto se aggiungiamo l'ulteriore considerazione che, allo stesso modo in cui essa conviene alle creature ragionevoli meno dotate, così pure essa raggiunge e soddisfa, anzi, illumina le più elevate. I più alti intelletti non possono che sottomettersi all'autorità di questa dottrina perché divina. Essa, che proviene dalla bocca di uomini incolti, ha, a sua conferma, non solo la testimonianza dei miracoli, ma anche quella della ragione, dal momento che quegli uomini non diedero che precetti tali che, sebbene la ragione non li avesse chiaramente tratti da se stessa, tuttavia non poteva che assentirvi, quando erano in tal modo scoperti, e riconoscere se stessa debitrice per la scoperta.


Guida alla lettura


1) Quali sono le due fonti possibili per attingere le verità morali?
Secondo il testo di John Locke, le due fonti possibili per attingere le verità morali sono la ragione e la rivelazione. Locke mette in evidenza che, benché la ragione possa autonomamente scoprire le leggi naturali che guidano l'uomo alla virtù, l'efficacia della rivelazione, come quella contenuta nel Vangelo, supera i tentativi della ragione umana non assistita. La rivelazione offre una norma di condotta chiara, autentica e accessibile, che deriva l'autorità diretta da Dio, rendendola così una fonte più sicura e indiscutibile di verità morali rispetto alla ragione.

2) Che cosa intende Locke per «ragione umana non assistita»?
Nel testo, John Locke utilizza l'espressione «ragione umana non assistita» per descrivere la capacità dell'uomo di utilizzare la propria razionalità e intelletto senza l'aiuto o l'intervento della rivelazione divina o di altre forme di guida soprannaturale. Secondo Locke, questa ragione "non assistita" si dimostra insufficiente per scoprire completamente e stabilire una moralità piena e perfetta, come quella presentata attraverso i precetti del Nuovo Testamento e l'insegnamento di Gesù Cristo.

Locke sostiene che, prima dell'avvento del Cristianesimo, anche i più grandi filosofi, operando unicamente con la loro ragione, non riuscirono a formulare un sistema morale completo e infallibile. Egli afferma che la ragione da sola può fare solo progressi lenti e imperfetti in materia di morale, e spesso viene distolta da bisogni, passioni e interessi personali che possono deviare gli uomini dalla giusta comprensione delle leggi morali.

In sintesi, per "ragione umana non assistita", Locke intende quella capacità di ragionamento che, sebbene potente, non riesce a raggiungere la piena verità e moralità senza l'aiuto della rivelazione divina, come quella rappresentata dai precetti di Cristo.

3) Quali difficoltà hanno incontrato i filosofi nel fondare una morale razionale?
Dal testo, si evidenzia che i filosofi hanno incontrato diverse difficoltà nel tentativo di fondare una morale razionale, principalmente a causa della limitazione intrinseca della ragione umana non assistita dalla rivelazione divina. Locke osserva che i tentativi dei filosofi di stabilire una morale completa basata esclusivamente sulla ragione sono stati infruttuosi. Prima dell'arrivo di Gesù, i sistemi morali proposti dai filosofi non raggiungevano la perfezione di una vera e completa moralità. Anche se i filosofi cristiani hanno superato i loro predecessori, il merito di ciò è attribuito principalmente alla rivelazione divina, la quale ha introdotto conoscenze morali che, una volta riconosciute, si sono dimostrate razionali e conformi alla ragione.

Inoltre, Locke sottolinea che la ragione umana non assistita ha fallito nel suo compito fondamentale di delineare chiaramente un corpo completo della "legge di natura". Questo insuccesso è attribuito anche ai bisogni, alle passioni e agli interessi sbagliati degli uomini, che distolgono le loro menti dalla riflessione morale. In sintesi, i filosofi non sono riusciti a produrre una morale universale e coerente che potesse guidare efficacemente il comportamento umano senza il supporto della rivelazione.

4) Quali fattori ostacolano l'accesso a una conoscenza naturale della morale?
Il testo sottolinea vari fattori che ostacolano l'accesso a una conoscenza naturale della morale attraverso la sola ragione umana:

Limitazioni Temporali e Cognitive: La maggior parte degli uomini non ha il tempo né le capacità cognitive per dedicarsi alla comprensione profonda di complessi ragionamenti morali. Locke fa notare che per molte persone, impegnate quotidianamente nelle loro attività lavorative e nella vita di tutti i giorni, è impraticabile approfondire e comprendere deduzioni morali intricate basate sulla sola ragione.
Mancanza di Educazione e Pratica nel Ragionamento: Molti individui non hanno un'educazione sufficiente o non sono abituati a usare il ragionamento astratto, il che rende difficile per loro valutare e seguire catene di ragionamenti complessi sulla moralità.
Passioni, Vizi e Interessi Personali: Locke menziona che i bisogni personali, le passioni, i vizi e gli interessi sbagliati possono distogliere l'attenzione delle persone dalla ricerca di una moralità basata sulla ragione. Questi fattori possono indirizzare le loro menti verso altre direzioni, rendendo così la ragione inefficace nel guidare il comportamento morale.
Inefficacia Storica del Ragionamento Filosofico Morale: Prima dell'avvento di Cristo, i tentativi dei filosofi di stabilire una moralità completa e persuasiva attraverso il ragionamento si sono dimostrati infruttuosi. Anche se i filosofi cristiani hanno migliorato questi tentativi, la loro comprensione iniziale delle verità morali deriva dalla rivelazione, non dalla sola ragione.

In conclusione, secondo Locke, questi fattori rendono la ragione umana da sola una base insufficiente per accedere a una conoscenza completa e funzionale della morale. Egli sostiene che i precetti offerti dalla rivelazione e dalla figura di Gesù Cristo, confermati dai suoi miracoli e dalla sua autorità divina, forniscono una norma morale più chiara e accessibile per la maggior parte delle persone.

5) Che cosa può trovare nel Vangelo una persona semplice?
Secondo il testo di John Locke, una persona semplice può trovare nel Vangelo una guida morale chiara e diretta, conforme alla ragione, ma soprattutto facile da comprendere senza necessità di deduzioni complesse o di una profonda istruzione filosofica o teologica. Locke sostiene che l’insegnamento evangelico, essendo tanto autorevole e semplice, non richiede meditazioni elaborate né capacità di ragionamento avanzate per essere accettato e messo in pratica. La predicazione di Gesù e l'esempio dei suoi apostoli offrono una norma di condotta morale sufficiente e completa che parla direttamente all'intelletto e alla coscienza delle persone più semplici, consentendo loro di assimilare le verità morali e di attuarle nella vita quotidiana.

6) Perché è importante credere nei miracoli di Gesù?
Secondo il testo di John Locke, è importante credere nei miracoli di Gesù perché questi sono la prova che Gesù era veramente il Messia inviato da Dio. I miracoli forniscono una chiara dimostrazione dell'autorità divina di Gesù e confermano la veridicità e l'autenticità dei suoi insegnamenti. Locke sostiene che la fede nei miracoli di Gesù e nella sua missione divina portano naturalmente a un orientamento morale guidato dai suoi insegnamenti, che sono visti come la migliore guida per la condotta umana. Inoltre, i miracoli servono a rafforzare la credibilità delle sue parole e a garantire che i precetti morali da lui espressi siano accettati senza dubbio, poiché provengono direttamente da Dio. Questo rafforza la convinzione che seguire gli insegnamenti di Gesù sia non solo corretto dal punto di vista religioso, ma anche razionalmente giustificabile.

7) Qual è l'effetto illuminante della fede in Gesù come inviato da Dio?
Secondo il testo di John Locke, l'effetto illuminante della fede in Gesù come inviato da Dio si manifesta principalmente attraverso la chiarezza e la semplicità dei suoi insegnamenti morali. Locke sostiene che credere in Gesù come il Messia e accettare i suoi comandi equivale a ricevere una norma di condotta sicura e indiscutibile, la quale è garantita dalla rivelazione e irrefutabile dalla ragione. La ragione umana, da sola, secondo Locke, ha mostrato i suoi limiti nel definire un codice morale completo ed efficace, a differenza degli insegnamenti di Gesù che vengono direttamente da Dio.

Questo approccio, che mette in risalto la semplicità e l'accessibilità dei comandi di Cristo, risulta particolarmente efficace per la maggior parte delle persone, che non hanno tempo o capacità di seguire ragionamenti complessi o deduzioni astratte. Gli insegnamenti di Gesù, perciò, non richiedono altro che la fede in lui come inviato divino per essere considerati veritieri e vincolanti. In questo modo, la fede in Cristo non solo guida i credenti a comprendere e aderire a norme morali chiare e semplici, offre anche una certezza morale che la ragione da sola non potrebbe mai fornire.

In sintesi, la fede in Gesù come Messia inviato da Dio ha un effetto illuminante poiché rende accessibile a tutti, indipendentemente dalla loro capacità di ragionamento, una guida morale sicura e autorevole, rafforzata sia dalla ragione che dalla rivelazione divina.


Guida alla Comprensione


1) In che cosa consiste il consenso della ragione alle verità trovate da altri?
Nel testo, John Locke discute il ruolo della ragione nel riconoscere e accettare le verità che sono state inizialmente scoperte o proposte da altri. Locke sottolinea che molte verità, una volta scoperte e presentate, appaiono ragionevoli e vengono quindi rapidamente accettate dalla ragione, anche se la stessa ragione avrebbe potuto trovare difficile o addirittura impossibile scoprirle autonomamente.

Il consenso della ragione alle verità trovate da altri consiste quindi nella capacità della ragione di riconoscere la correttezza di certe verità non appena esse vengono esposte, pur non essendo state essa stessa a scoprirle direttamente. Questo processo illustra come la ragione possa validare e integrare conoscenze che le vengono presentate, pur avendo avuto difficoltà a raggiungerle autonomamente a causa delle limitazioni intrinseche nell'umana capacità di deduzione e scoperta.

Locke fa notare che le persone spesso si trovano di fronte a verità che, sebbene non siano state da loro personalmente pensate in precedenza, una volta esposte risultano essere in linea con il pensiero razionale. Questa pronta accettazione avviene perché tali verità si allineano con principi già riconosciuti come razionali, dimostrando che la ragione può rapidamente assimilare e confermare conoscenze acquisite esternamente quando queste si dimostrano coerenti con il suo funzionamento.

2) Ricostruisci l'argomentazione con cui Locke dimostra che è preferibile per i semplici credere invece che ragionare alla ricerca dei principi morali.
Locke, nel suo testo "La ragionevolezza del Cristianesimo", espone un'argomentazione per cui, specialmente per i "semplici", è preferibile credere piuttosto che impiegare la ragione nella ricerca dei principi morali. Ecco la ricostruzione dell'argomentazione di Locke basata sul testo fornito:

Limiti della ragione umana: Locke inizia evidenziando i limiti della ragione umana non assistita nell'affrontare questioni di morale. Sottolinea che la ragione da sola ha fallito nell'elaborare un completo corpo di legge morale basato su principi indiscutibili e deduzioni chiare.
Complessità e inaccessibilità della morale basata sulla ragione: La ragione pura richiede deduzioni lunghe e intricate che sono oltre la capacità e la disponibilità di tempo della maggior parte delle persone. Locke osserva che i tentativi dei filosofi di stabilire la morale attraverso la ragione non sono stati fruttuosi e che la maggior parte degli uomini non ha né il tempo né la capacità di seguire tali ragionamenti complessi.
Superiorità della rivelazione e semplicità dell'insegnamento evangelico: Locke contrappone alla ragione la rivelazione divina attraverso Cristo. Afferma che i precetti morali trasmessi da Cristo, chiaramente e semplicemente, sono immediatamente comprensibili e più efficaci per la guida morale. Questi precetti, essendo trasmessi da un'autorità divina (Cristo inviato da Dio e supportato dai miracoli), non richiedono ulteriori dimostrazioni per essere accettati come veritieri e vincolanti.
Accessibilità e persuasività della morale evangelica: Locke argomenta che per coloro che non hanno il tempo o la capacità di indulgere in ragionamenti complessi, la fede in Cristo e l'accettazione dei suoi insegnamenti è una via più breve e sicura per ottenere una guida morale. I precetti del Vangelo, essendo conformi alla ragione pur non essendo stati dedotti da essa, sono facilmente assimilabili e mettono gli individui direttamente in contatto con le regole morali.
Effetto pratico sulla vita delle persone: Infine, Locke sostiene che l'ascolto e l'accettazione di semplici ordini provenienti da una fonte autorevole come il Vangelo sono più efficaci nel portare le persone all'obbedienza e alla pratica morale, specialmente per coloro che sono meno dotati di tempo e capacità per il ragionamento astratto.

In conclusione, secondo Locke, per i "semplici" è preferibile credere agli insegnamenti di Cristo, poiché questa via è più diretta, chiara e praticamente efficace nel guidare le persone verso un comportamento morale corretto, piuttosto che affidarsi alla sola ragione, che può essere astratta e complessa.

3) Spiega perché e in che senso, secondo Locke, l'obbedienza diventa il primo passo della comprensione.
Secondo John Locke, l'obbedienza non è solo una risposta passiva all'autorità, un punto di partenza fondamentale per la comprensione vera e profonda dei principi morali. Locke sostiene che la maggior parte delle persone non ha né il tempo né le capacità per seguire ragionamenti complessi o deduzioni morali basate unicamente sulla ragione. Inoltre, i tentativi filosofici di stabilire una morale completa tramite la sola ragione sono stati, a suo avviso, largamente infruttuosi.

Per Locke, quindi, l'obbedienza ai precetti impartiti da Gesù Cristo, chiaramente inviato da Dio e autorevole legislatore morale, diventa la via più diretta e sicura per inculcare la moralità. Seguendo questa linea di pensiero, l'obbedienza non è semplicemente un atto di sottomissione cieca, un modo per gli individui, soprattutto quelli meno dotati di tempo o capacità intellettuali per deduzioni filosofiche, di iniziare a comprendere e internalizzare i principi morali più elevati. In pratica, ascoltando e obbedendo ai comandi di Cristo, le persone possono accedere a una comprensione profonda di tali principi, anche senza la necessità di un'analisi razionale dettagliata.

Locke considera quindi l'obbedienza come il primo passo essenziale per la comprensione morale perché permette anche alle menti meno esercitate a ragionamenti astratti di raggiungere una comprensione profonda e pratica delle norme morali, basandosi sulla semplicità e la chiarezza dei precetti evangelici. Questo metodo di insegnamento attraverso l'obbedienza e l'ascolto risulta quindi non solo più accessibile, anche più efficace per garantire una pratica morale estesa e radicata tra la popolazione.

4) Rifletti sul parziale fallimento della filosofia descritto da Locke: in che senso il Vangelo risulta indispensabile non solo ai semplici, ma anche alle menti più elevate?
Locke nel suo testo "La ragionevolezza del Cristianesimo" riflette su come la filosofia, malgrado i suoi tentativi, non sia riuscita a stabilire una morale completa e coerente attraverso il solo uso della ragione non assistita. Questo fallimento si manifesta in particolare nella sua incapacità di fornire una guida morale che sia chiara, persuasiva e universalmente accessibile. Secondo Locke, i filosofi precedenti a Gesù non sono riusciti a elaborare un sistema etico che raggiungesse la perfezione morale del Vangelo.

Per Locke, il Vangelo risulta indispensabile non solo per i semplici, anche per le menti più elevate per diversi motivi:

Autorità e semplicità del Vangelo: Il Vangelo, essendo ritenuto una rivelazione divina, possiede un'autorità che supera quella dei ragionamenti umani. Le sue norme di condotta sono semplici ed esplicite, rendendo la morale accessibile e chiara a tutti, indipendentemente dal loro grado di istruzione o capacità di ragionamento.
Efficacia nella trasmissione della morale: Locke sostiene che, mentre la filosofia richiede deduzioni lunghe e intricate per dimostrare i principi morali, il Vangelo offre una guida immediatamente applicabile. Questo è particolarmente vero per coloro che non hanno il tempo o le capacità per impegnarsi in profondi ragionamenti filosofici.
Conformità a ragione: Anche se i precetti del Vangelo non sono stati originariamente dedotti dalla ragione umana, una volta rivelati, si trovano in accordo con essa. Le menti più elevate, pertanto, non possono fare altro che riconoscere la saggezza e la veridicità dei suoi insegnamenti, dato che essi rispecchiano le verità che la ragione stessa approva.
Completamento della ragione: Locke suggerisce che la rivelazione del Vangelo completa la ragione umana, fornendo non solo le norme morali che la ragione da sola potrebbe non essere in grado di dedurre completamente, anche una più profonda comprensione di tali norme. Questo rende il Vangelo una fonte di verità morale incontestabile e definitiva, la quale è ugualmente valida e convincente sia per le persone semplici sia per le menti più elevate.

In conclusione, per Locke, il Vangelo non solo compensa le mancanze della filosofia fornendo una guida morale chiara e autorevole, ma si afferma anche come una fonte di verità che arricchisce e supera il ragionamento umano, rendendolo essenziale per tutti, indipendentemente dalla loro capacità intellettiva.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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