Blaise Pascal - Nell'indagine fisica non vale l'autorità


Immagine Blaise Pascal
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel 1647, Pascal sviluppò l'idea di redigere un trattato sul concetto di vuoto, sebbene oggi resti soltanto un frammento dell'introduzione. In questo frammento, Pascal solleva interrogativi riguardo all'eccessiva venerazione per gli antichi, soprattutto in ambito scientifico, dove tale venerazione non sembra giustificata. Egli suddivide le scienze in due categorie: da un lato, ci sono quelle come storia, geografia, giurisprudenza, lingue e teologia, in cui si cerca di conoscere solamente ciò che gli autori hanno tramandato, e dunque l'autorità degli antichi ha un ruolo predominante; dall'altro lato, ci sono discipline come geometria, aritmetica, musica, medicina, architettura e fisica, le cui argomentazioni si basano sull'osservazione diretta o sul ragionamento logico, rendendo l'autorità degli antichi superflua. In particolare, Pascal evidenzia il campo della fisica: sebbene le leggi della natura siano immutabili nel tempo, il sapere degli antichi era limitato dalle loro esperienze e dalle conoscenze tecniche a loro disposizione.


Lettura


I segreti della natura sono nascosti; benché la natura operi continuamente, non sempre scopre i suoi effetti; il tempo li svela di età in età, e benché rimanga sempre uguale a se stessa, non sempre è ugualmente conosciuta. Le esperienze che ce ne consentono la comprensione si moltiplicano di continuo; e, poiché essi sono i soli principi della fisica, le conseguenze si moltiplicano in modo proporzionale.

È in questo modo che si possono ai nostri giorni avere altri sentimenti e nuove opinioni senza che questo significhi disprezzo e ingratitudine, dal momento che le prime conoscenze che essi ci hanno dato hanno fatto da gradini per le nostre, e che in questi vantaggi noi siamo loro debitori della superiorità che abbiamo su di loro; poiché, essendosi essi elevati fino a un certo grado al quale ci hanno portato, il minimo sforzo ci fa salire più in alto, e così con meno fatica e meno gloria ci troviamo al di sopra di loro. È da questo punto che noi possiamo scoprire cose che a loro era impossibile scorgere. La nostra vista si estende di più e, benché essi conoscessero tanto bene quanto noi, tutto ciò che potevano osservare della natura, tuttavia non ne conoscevano altrettanto, e noi ne vediamo più di loro.

Con tutto questo, è strano il modo nel quale si venerano le loro opinioni. Si considera un delitto contraddirle e un attentato aggiungervi qualcosa, come se non avessero più lasciato verità da conoscere. Non è forse questo un trattare indegnamente la ragione umana e metterla sulla linea dell'istinto degli animali, dal momento che si sopprime la differenza fondamentale consistente nel fatto che gli effetti del ragionamento aumentano senza posa, mentre gli altri restano sempre nel medesimo stato?

Le arnie delle api erano altrettanto ben proporzionate mille anni fa quanto adesso, e ciascuna d'esse forma perfettamente quell'esagono tanto la prima volta che l'ultima. Lo stesso vale per tutto ciò che gli animali producono per mezzo di quel movimento occulto. La natura li istruisce nella misura in cui la necessità li preme; ma questa fragile scienza si perde insieme con i bisogni che essi ne hanno. Poiché la ricevono senza studio, essi non hanno la fortuna di conservarla; e tutte le volte che è loro data, essa è per loro nuova, giacché la natura, non avendo per fine che la conservazione degli animali in un ordine di perfezione limitata, ispira loro tale scienza necessaria, sempre uguale, per timore che essi deperiscano e non permette che essi vi aggiungano qualcosa, per timore che non passino i limiti che essa ha loro prescritto.

Non è così dell'uomo, che non è stato generato che per l'infinità. Egli è ignorante nella prima età della sua vita; ma si istruisce senza posa nel suo sviluppo: infatti egli trae vantaggio non solo dalla propria esperienza, ma ancora da quella dei suoi predecessori, perché conserva sempre nella sua memoria le conoscenze che ha una volta acquisite, e quelle degli antichi sono a lui sempre presenti nei libri che essi in proposito hanno lasciato. E come conserva queste conoscenze, egli può anche aumentarle facilmente; di modo che gli uomini sono oggi in qualche modo nel medesimo stato in cui si trovavano gli antichi filosofi, se avessero potuto invecchiare fino ad oggi, aggiungendo alle conoscenze che avevano quelle che i loro studi avrebbero potuto acquisire con il favore di tanti secoli.

Da qui deriva che, per una prerogativa particolare, non solamente ciascuno degli uomini progredisce di giorno in giorno nelle scienze, ma che tutti gli uomini insieme vi fanno un continuo progresso, a mano a mano che l'universo invecchia, perché lo stesso accade nel succedersi degli uomini come nelle diverse età di un singolo. Di modo che l'intera successione degli uomini, durante il corso di tanti secoli, deve essere considerata come uno stesso uomo che esiste da sempre e che impara di continuo; da ciò si vede quanto giustamente rispettiamo l'antichità in quei filosofi; infatti, come la vecchiaia è l'età più lontana dall'infanzia, chi non vede che la vecchiaia in quest'uomo universale non deve essere cercata nei tempi vicini alla sua nascita, ma in quelli che ne sono più distanti? Quelli che noi chiamiamo antichi erano veramente nuovi in tutte le cose, e formavano propriamente l'infanzia degli uomini; e poiché noi abbiamo aggiunto alle loro conoscenze l'esperienza dei secoli che si sono susseguiti, è in noi che si può trovare quell'antichità che noi riveriamo negli altri.

Devono essere ammirati nelle conclusioni che hanno bene ricavato dai pochi principi che possedevano, e devono essere scusati in quelle in cui sono stati privi piuttosto della fortuna dell'esperienza che della forza del ragionamento. Non erano forse scusabili, infatti, per l'opinione che hanno avuto sulla Via lattea, quando, la debolezza dei loro occhi non avendo ancora ricevuto il soccorso dell'artificio, attribuirono tale colore a una maggiore solidità in quella parte del cielo, che rinvia la luce con maggior forza?

Ma non saremmo noi senza scusa se rimanessimo nella medesima opinione, ora che, avvantaggiati dall'aiuto che ci danno le lenti di avvicinamento, abbiamo scoperto una infinità di piccole stelle, il cui splendore più intenso ci ha fatto conoscere qual è la vera causa di quel biancore? Non avevano essi pure motivo di dire che tutti i corpi corruttibili erano rinchiusi nella sfera del cielo della luna, dal momento che nel corso di tanti secoli non avevano ancora rilevato né corruzioni né generazioni al di fuori di quello spazio? Ma non dobbiamo asserire il contrario, quando tutta la terra ha visto con i sensi comete incendiarsi e sparire molto lontano al di là di quella sfera?

È così che, a proposito del vuoto, essi avevano il diritto di dire che la natura non ne sopportava affatto, perché tutte le loro esperienze avevano sempre fatto loro rilevare che essa lo aborriva e non lo sopportava. Ma se le nuove esperienze fossero state da loro conosciute, forse avrebbero trovato motivo per affermare quello che hanno avuto motivo di negare per il fatto che il vuoto non era ancora apparso. Così, nel giudizio che essi hanno fatto, che la natura non sopporta il vuoto, essi non hanno inteso parlare della natura che nello stato in cui la conoscevano; dal momento che, per parlarne in generale, non sarebbe sufficiente averla vista costantemente in cento riscontri differenti, né in mille, né in qualsiasi numero, per grande che esso sia; dal momento che se restava un solo caso da esaminare, questo solo basterebbe per impedire la definizione generale [...].

Infatti, in tutte le discipline in cui la prova consiste in esperienze e non in dimostrazioni, non si può fare alcuna asserzione universale se non per mezzo dell'enumerazione generale di tutte le parti o di tutti i casi differenti. È così che, quando diciamo che il diamante è il più duro di tutti i corpi, intendiamo di tutti i corpi che conosciamo; e quando diciamo che l'oro è il più pesante di tutti i corpi, saremmo temerari a comprendere in questa proposizione generale quelli che non sono ancora di nostra conoscenza, benché non sia impossibile che siano in natura.

Analogamente, quando gli antichi assicuravano che la natura non soffriva il vuoto, hanno inteso che essa non ne soffriva in tutte le esperienze che essi avevano visto, ed essi non avrebbero potuto senza temerarietà comprendervi quelle che non erano a loro conoscenza. Che se queste ci fossero state, senza dubbio avrebbero tirato le medesime conclusioni che noi, e le avrebbero con la loro approvazione autenticate di quella antichità di cui si vuole fare oggi l'unico principio delle scienze.

È così che, senza contraddirli, noi possiamo affermare il contrario di ciò che essi dicevano; e, quale che sia infine la forza di tale antichità, la verità deve sempre avere il vantaggio, anche se scoperta di recente, poiché essa è sempre più antica di tutte le opinioni che se ne sono avute, e sarebbe ignorarne la natura immaginare che essa abbia cominciato ad esistere nel momento in cui ha cominciato ad essere conosciuta.


Guida alla lettura


1) Illustra il paragone degli antichi con i moderni.
Il paragone tra gli antichi e i moderni nel testo sopra citato si concentra sulla capacità di apprendimento e progresso dell'umanità nel corso del tempo.

Gli antichi, secondo Pascal, erano come "bambini" nell'acquisizione della conoscenza, mentre i moderni sono come adulti che hanno continuato ad apprendere dagli antichi e hanno aggiunto le proprie scoperte. Pascal afferma che gli uomini moderni, grazie alla loro capacità di accumulare e trasmettere conoscenze attraverso la memoria e i libri, hanno la possibilità di progredire costantemente nelle scienze.

Egli sostiene che gli antichi avevano solo una conoscenza limitata basata sulle loro esperienze dirette e sugli strumenti disponibili all'epoca. Tuttavia, gli uomini moderni hanno la fortuna di poter costruire sulle conoscenze accumulate nel corso dei secoli, grazie alla memoria e all'esperienza dei loro predecessori.

Pascal utilizza vari esempi, come l'evoluzione della comprensione della Via Lattea, per dimostrare che l'acquisizione di nuove conoscenze e l'avanzamento scientifico sono continuati nel corso del tempo. Infine, egli suggerisce che la verità, anche se scoperta di recente, ha il vantaggio su tutte le opinioni precedenti, poiché esiste indipendentemente dalla sua scoperta e quindi non dovrebbe essere ignorata a causa della sua "giovane età" nel confronto con le opinioni antiche.

2) Qual è la causa degli errori degli antichi in astronomia e sul vuoto?
Gli errori degli antichi in astronomia e sul vuoto possono essere attribuiti principalmente alla limitata esperienza e alle conoscenze disponibili al tempo. Nel testo, si menziona che gli antichi basavano le loro conclusioni sulle esperienze limitate che avevano fatto e sugli strumenti tecnici disponibili. Ad esempio, riguardo alla Via Lattea, gli antichi filosofi attribuivano il suo colore a una maggiore solidità in quella parte del cielo, a causa della debolezza dei loro occhi e della mancanza di strumenti che potessero mostrare la vera natura delle stelle. Inoltre, sugli errori riguardanti il vuoto, gli antichi non avevano esperienza diretta del vuoto e basavano le loro conclusioni sulle esperienze che avevano fatto, che sembravano indicare che la natura non sopportava il vuoto. Tuttavia, il testo suggerisce che se gli antichi avessero avuto accesso a nuove esperienze e conoscenze, potrebbero aver tratto conclusioni diverse. Pertanto, gli errori degli antichi possono essere attribuiti alla mancanza di esperienza diretta e alla limitatezza delle conoscenze disponibili al tempo.

3) In che cosa i moderni sono superiori?
Secondo il testo, i moderni sono superiori agli antichi principalmente perché hanno accesso a una maggiore quantità di conoscenze accumulate nel corso dei secoli. Gli uomini moderni possono beneficiare non solo delle proprie esperienze, ma anche di quelle dei loro predecessori, conservate nei libri che hanno lasciato. Inoltre, gli uomini moderni hanno a disposizione strumenti come le lenti di ingrandimento, che permettono loro di scoprire nuove cose che gli antichi non potevano vedere. Questo accesso a una vasta gamma di conoscenze consente ai moderni di progredire continuamente nelle scienze e di superare gli antichi nelle loro conclusioni.


Guida alla Comprensione


1) Che cosa permette all'uomo di progredire nel tempo, a differenza degli animali?
Secondo il testo, ciò che permette all'uomo di progredire nel tempo, a differenza degli animali, è la sua capacità di apprendere e accumulare conoscenze in modo continuo. Mentre gli animali ricevono istruzioni dalla natura solo in base alle necessità immediate e perdono tale conoscenza insieme alla cessazione di tali bisogni, gli esseri umani, generati per l'infinito, continuano a istruirsi costantemente durante il loro sviluppo. Gli uomini non solo traggono vantaggio dalla propria esperienza, ma anche da quella dei loro predecessori, grazie alla conservazione delle conoscenze acquisite nella memoria e nei libri lasciati dagli antichi. Questo permette agli uomini di ampliare facilmente le loro conoscenze nel corso del tempo, facendo sì che ogni individuo e l'intera umanità progrediscano costantemente nelle scienze.

2) In che senso Pascal può sostenere che i veri antichi siamo noi?
Pascal sostiene che noi siamo i veri antichi nel senso che abbiamo accesso non solo alle conoscenze degli antichi, ma anche a tutte le esperienze e le scoperte che sono avvenute nel corso dei secoli successivi. Egli evidenzia che, grazie alla continua accumulazione di conoscenze e alla trasmissione di queste conoscenze attraverso i libri, siamo in grado di progredire costantemente nelle scienze. Pascal suggerisce che, se gli antichi filosofi avessero vissuto fino ai nostri giorni, avrebbero potuto beneficiare di tutto ciò che noi sappiamo ora, grazie al progresso accumulato nel tempo. Pertanto, anche se noi non abbiamo vissuto nel passato remoto, possediamo una sorta di "antichità" nel senso che abbiamo ereditato e ampliato le conoscenze degli antichi, superando così il limite temporale della loro esistenza.

3) Si può dire che il metodo dell'enumerazione lascia la ricerca sempre aperta?
Sì, il metodo dell'enumerazione lascia la ricerca sempre aperta. Gli antichi non potevano fare affermazioni universali basate sulle loro esperienze limitate, poiché non avevano esperienza di tutti i casi possibili. Pertanto, quando affermavano che la natura non sopportava il vuoto, intendevano che non ne avevano trovato prova nelle loro esperienze finora. Tuttavia, se avessero avuto esperienza di più casi, potrebbero aver tratto conclusioni diverse. Questo concetto suggerisce che il metodo dell'enumerazione, che richiede l'analisi di tutti i casi possibili, lascia sempre spazio per ulteriori scoperte e per una ricerca continua.

4) Perché la ricerca scientifica della verità richiede un ripudio definitivo del principio di autorità?
Secondo il testo, la ricerca scientifica della verità richiede un ripudio definitivo del principio di autorità perché le conoscenze scientifiche progrediscono continuamente nel tempo. Pascal distingue tra le scienze che si basano sull'autorità, come la storia e la teologia, e quelle che si basano sull'esperienza e il ragionamento, come la geometria e la fisica. Poiché le scoperte scientifiche si accumulano nel corso del tempo e vengono trasmesse attraverso le generazioni, l'autorità diventa sempre meno rilevante in campo scientifico. Gli antichi, pur avendo fatto importanti scoperte, non disponevano delle stesse conoscenze e strumenti tecnologici che abbiamo oggi. Pertanto, la verità scientifica non può essere determinata esclusivamente dall'autorità, ma deve essere basata sull'evidenza empirica e sul ragionamento razionale.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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