John Jamieson Smart - Le sensazioni non sono che processi fisici


Immagine John Jamieson Smart
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel suo noto articolo del 1959, Smart introduce la teoria dell'identità psicofisica riguardo alle sensazioni, proponendo che queste ultime non siano altro che specifici processi cerebrali. Questa teoria rappresenta una soluzione semplice al problema mente/corpo: mente e corpo possono interagire perché la mente è il corpo; ad esempio, gli stati mentali possono provocare stati fisici poiché essi stessi sono stati fisici. L'identità proposta è di natura puramente estensionale: Smart non afferma che il significato o il concetto di "dolore" sia identico a quello di "stimolazione di particolari fibre nervose". Piuttosto, sostiene che uno stesso processo fisico può essere concepito sia come dolore (in termini di sensazione o esperienza fenomenica) sia come processo cerebrale. Utilizzando i termini di Frege, si potrebbe dire che le espressioni "dolore" e "stimolazione delle fibre-C" hanno sensi diversi ma lo stesso riferimento. La relazione tra sensazioni e processi fisici è simile a quella espressa da affermazioni come "l'acqua è H2O" o "il calore è movimento molecolare". Queste identità sono stabilite a posteriori: è stata necessaria una lunga e accurata ricerca empirica per determinare che l'acqua è H2O, e altrettanta ricerca sarà necessaria per trovare il preciso correlato neurofisiologico del dolore – il processo fisico che si identifica con il dolore. Secondo Smart, queste identità sono contingenti ma tale affermazione rimane molto controversa.


Lettura


Sebbene per le ragioni indicate prima sia molto ricettivo nei confronti dell'interpretazione «espressiva» delle proposizioni di sensazione, non penso che questa interpretazione sia calzante. Sarà perché non ci ho riflettuto a sufficienza, ma a me pare che quando una persona dice «ho un'immagine postuma», fa un resoconto genuino, e che quando dice «ho un dolore», fa qualcosa di più che «sostituire il comportamento dolente», e che «questo di più» non significa che la persona sia in una condizione di afflizione.

Tuttavia non sono sicuro che ammettere questo sia ammettere che esistono correlati non fisici dei processi cerebrali. Perché le sensazioni non dovrebbero essere processi cerebrali di una certa specie? Naturalmente ci sono obiezioni filosofiche ben note (e altre meno note) all'idea che i resoconti di sensazioni siano resoconti di processi cerebrali, ma tenterò di argomentare che questi ragionamenti non sono affatto così persuasivi come si pensa comunemente.

Vorrei prima cercare di formulare in maniera più precisa la tesi che le sensazioni sono processi cerebrali. Non si tratta della tesi secondo cui, per esempio, «immagine postuma» o «dolore» significa lo stesso che «processo cerebrale di specie X» (dove «X» è sostituita da una descrizione di una certa specie di processo cerebrale). È invece la tesi che, in quanto «immagine postuma» o «dolore» è un resoconto di un processo, è un resoconto di un processo che di fatto è un processo cerebrale. Di conseguenza la tesi non afferma che le proposizioni di sensazione possono essere tradotte in proposizioni su processi cerebrali. Né afferma che la logica di una proposizione di sensazione sia identica alla logica di una proposizione su processi cerebrali. Tutto ciò che afferma è che, in quanto una proposizione di sensazione è un resoconto di qualcosa, questo qualcosa è di fatto un processo cerebrale. Le sensazioni non sono nulla in aggiunta ai processi cerebrali. Le nazioni non sono nulla «in aggiunta» ai cittadini, ma ciò non impedisce che la logica delle proposizioni sulle nazioni sia molto diversa dalla logica delle proposizioni sui cittadini, né garantisce la traducibilità delle proposizioni sulle nazioni in proposizioni sui cittadini. (Tuttavia, non voglio asserire che la relazione tra le proposizioni di sensazione e le proposizioni su processi cerebrali sia molto simile a quella tra le proposizioni sulle nazioni e le proposizioni sui cittadini. Per esempio: non è che le nazioni siano di fatto nient'altro in aggiunta ai cittadini. Faccio l'esempio delle «nazioni» semplicemente per uno scopo negativo: che la logica delle proposizioni su A sia differente da quella delle proposizioni su B non garantisce che gli A siano qualcosa in aggiunta ai B.)

Osservazioni sull'identità

Quando dico che una sensazione è un processo cerebrale o che il fulmine è una scarica elettrica, uso «è» nel senso dell'identità stretta. (Esattamente come nella proposizione, che in questo caso è necessaria, «7 è identico al più piccolo numero primo maggiore di 5».) Quando dico che una sensazione è un processo cerebrale, o che il fulmine è una scarica elettrica, non intendo dire che la sensazione sia in qualche modo spazialmente o temporalmente continua con il processo cerebrale, o che il fulmine sia spazialmente o temporalmente continuo con la scarica. D'altro lato, quando dico che il generale vittorioso è la stessa persona del ragazzino che rubò le mele, intendo solo che il generale vittorioso che vedo davanti a me è una porzione temporale dello stesso oggetto quadridimensionale di cui il ragazzino che ruba le mele è una porzione temporale remota. Tuttavia l'oggetto quadridimensionale che ha il generale che vedo davanti a me come propria porzione temporale recente è identico in senso stretto con l'oggetto quadridimensionale che ha il ragazzino che rubò le mele come porzione temporale anteriore. Distinguo questi due sensi di «è identico a» perché voglio chiarire che la dottrina dei processi cerebrali asserisce l'identità intesa in senso stretto.

Ora discuto alcune obiezioni possibili alla dottrina che i processi riferiti nelle proposizioni di sensazione sono di fatto processi nel cervello. Molti di noi hanno incontrato alcune di queste obiezioni nel primo anno del corso di filosofia. Ragione in più per esaminarle attentamente. Altre obiezioni sono più astruse e sottili.

Qualunque contadino analfabeta è perfettamente in grado di parlare delle proprie immagini postume, o di dire come le cose gli appaiono o che sensazione gli fanno, o di parlare dei propri dolori e delle proprie pene: eppure può non sapere nulla di neurofisiologia. Come Aristotele, un uomo può credere che il cervello sia un organo per raffreddare il corpo, senza che venga compromessa la sua capacità di fare asserzioni vere sulle proprie sensazioni. Quindi le cose di cui parliamo quando descriviamo le nostre sensazioni non possono essere processi nel cervello.

Tanto vale dire che una nazione di dormiglioni, che non avevano mai visto la stella del mattino o che non avevano mai saputo della sua esistenza, o che non avevano mai pensato all'espressione «la stella del mattino», ma che usavano alla perfezione l'espressione «la stella della sera», non poteva impiegare questa espressione per riferirsi alla stessa entità alla quale noi ci riferiamo (e che descriviamo) con «la stella del mattino».
Si può obiettare che in un certo senso la stella del mattino non è esattamente la stessa cosa che la stella della sera, ma solo qualcosa di spazio-temporalmente continuo con essa. Cioè: si può dire che la stella del mattino non è la stella della sera nel senso stretto di «identità» che ho distinto in precedenza.
Tuttavia c'è un esempio più plausibile. Si consideri il fulmine. La fisica moderna ci dice che il fulmine è una certa specie di scarica elettrica causata dalla ionizzazione delle nubi di vapore acqueo nell'atmosfera. Oggi si crede che sia questa la vera natura del fulmine. Si noti che non ci sono due cose: un lampo e una scarica elettrica. C'è una cosa sola: un lampo che è descritto scientificamente come scarica elettrica verso terra da una nube di molecole d'acqua ionizzate. L'esempio non è affatto analogo alla spiegazione di un'impronta facendo riferimento a uno scassinatore. Diciamo invece che il fulmine, la sua vera natura così com'è rivelata dalla scienza, è realmente una scarica elettrica. (La vera natura di un'impronta non è quella di essere uno scassinatore.)
Per prevenire obiezioni non pertinenti voglio sia chiaro che con «fulmine» intendo l'oggetto fisico pubblicamente osservabile, cioè il fulmine, e non un dato sensibile visivo del fulmine. Dico che l'oggetto fisico fulmine, pubblicamente osservabile, è di fatto la scarica elettrica, e non un suo semplice correlato. Il dato sensibile, o meglio l'avere il dato sensibile, l'«aspetto» del lampo, secondo me può essere benissimo un correlato della scarica elettrica. Perché secondo me è uno stato cerebrale causato dal fulmine. Ma non dovremmo confondere le sensazioni prodotte dal fulmine con il fulmine, non più di quanto confondiamo le sensazioni prodotte da un tavolo con il tavolo.
In breve la risposta all'obiezione 1 è questa: ci possono essere proposizioni contingenti della forma «A è identico a B», e una persona può ben sapere che qualcosa è un A, senza sapere che è un B. Un contadino analfabeta può essere in grado di parlare delle proprie sensazioni senza sapere nulla dei propri processi cerebrali, così come può parlare del fulmine senza sapere nulla di elettricità.

È solo un fatto contingente (se è un fatto) che quando abbiamo una certa specie di sensazione c'è anche una certa specie di processo nel nostro cervello. Anzi è possibile, sebbene sia forse estremamente improbabile, che le nostre attuali teorie fisiologiche risultino obsolete, come la teoria antica che connetteva i processi mentali con accadimenti nel cuore. Ne consegue che quando riferiamo di una sensazione non riferiamo di un processo cerebrale.

L'obiezione prova certamente che quando diciamo «ho un'immagine postuma» non possiamo intendere qualcosa della forma «ho tale e talaltro processo cerebrale». Ma questo non dimostra che ciò che riferiamo (l'avere un'immagine postuma) non sia di fatto un processo cerebrale. «Vedo un lampo» non significa «vedo una scarica elettrica». Anzi, è logicamente possibile (sebbene molto improbabile) che un giorno o l'altro si rinunci alla spiegazione del lampo in termini di scarica elettrica. Ancora, «vedo la stella della sera» non significa lo stesso che «vedo la stella del mattino», eppure «la stella della sera e la stella del mattino sono una e una stessa cosa» è una proposizione contingente. Può darsi che l'obiezione 2 derivi in parte la sua forza apparente da una teoria del significato del tipo «Fido»-Fido. Naturalmente, se il significato di un'espressione fosse ciò che l'espressione nomina, allora dal fatto che «sensazione» e «processo cerebrale» hanno significati differenti seguirebbe che non possono nominare una e una stessa cosa.


Guida alla lettura


1) Qual è la relazione che sussiste tra sensazioni e processi fisici secondo Smart?
Secondo Smart, la relazione tra sensazioni e processi fisici è quella dell'identità stretta. Le sensazioni sono identiche ai processi cerebrali, ovvero non sono nient'altro che determinati processi fisici nel cervello. Questa identità è intesa in senso estensionale: una stessa cosa, un determinato processo fisico, può essere concettualizzata sia come sensazione (dolore, vissuto fenomenico) sia come processo cerebrale. Le espressioni "dolore" e "stimolazione delle fibre-C" hanno senso diverso ma lo stesso riferimento.

Smart paragona questa relazione ad altre identità scientifiche come "l'acqua è H2O" o "il calore è il moto molecolare" che sono scoperte a posteriori e richiedono ricerca empirica per essere stabilite. Inoltre, Smart specifica che non afferma che le proposizioni di sensazione possano essere tradotte in proposizioni su processi cerebrali ma solo che le sensazioni, in quanto resoconti di qualcosa, sono di fatto processi cerebrali.

2) Perché l'obiezione secondo cui noi conosciamo le nostre sensazioni ma non conosciamo i loro correlati neurofisiologici non è considerata un problema da Smart?
L'obiezione secondo cui noi conosciamo le nostre sensazioni ma non conosciamo i loro correlati neurofisiologici non è considerata un problema da Smart perché egli sostiene che si possono avere proposizioni contingenti della forma "A è identico a B", e una persona può sapere che qualcosa è un A senza sapere che è un B. Questo è analogo a come un contadino analfabeta può parlare delle proprie sensazioni senza sapere nulla dei propri processi cerebrali, così come può parlare del fulmine senza sapere nulla di elettricità. Smart argomenta che è solo un fatto contingente che quando abbiamo una certa specie di sensazione c'è anche una certa specie di processo nel nostro cervello. Inoltre, Smart afferma che, anche se un contadino non ha conoscenze di neurofisiologia, ciò non compromette la sua capacità di fare asserzioni vere sulle proprie sensazioni.

3) Secondo Smart, che una certa sensazione sia identica a un certo processo fisico è un fatto contingente. Perché egli non ritiene che questo costituisca un problema?
Smart ritiene che il fatto che una certa sensazione sia identica a un certo processo fisico sia contingente e non costituisca un problema per diversi motivi:

Proposizioni contingenti: Smart afferma che ci possono essere proposizioni contingenti della forma "A è identico a B". Questo significa che qualcosa può essere identificato come A senza necessariamente essere riconosciuto come B. Ad esempio, un contadino analfabeta può parlare delle proprie sensazioni senza conoscere i dettagli dei processi cerebrali associati, allo stesso modo in cui può parlare del fulmine senza sapere nulla di elettricità.
Conoscenza indipendente: La conoscenza di una sensazione non implica automaticamente la conoscenza del processo cerebrale sottostante. Come illustrato nell'esempio del fulmine e della scarica elettrica, è possibile sapere cosa sia un fulmine senza conoscere la scarica elettrica, poiché sono fatti contingenti che si sovrappongono solo in un contesto scientifico specifico.
Teoria del significato: Smart suggerisce che una possibile confusione deriva da una teoria del significato del tipo "Fido"-Fido, dove il significato di un'espressione sarebbe ciò che l'espressione nomina. Questo porterebbe alla conclusione errata che se "sensazione" e "processo cerebrale" hanno significati differenti, non possono nominare la stessa cosa. Tuttavia, questo non è necessariamente il caso secondo Smart.

Quindi, Smart non vede un problema nel considerare l'identità tra sensazioni e processi fisici come contingente, perché la capacità di riferirsi a sensazioni non dipende dalla conoscenza dettagliata dei processi fisici corrispondenti e il riconoscimento di questa identità non nega la distinzione nei significati tra i termini utilizzati per descriverli.


Guida alla Comprensione


1) Spiega bene in che senso le sensazioni sono identiche a processi cerebrali.
Nel testo, J.J. Smart propone la teoria dell'identità psicofisica, secondo cui le sensazioni non sono nient'altro che determinati processi cerebrali. Questa teoria suggerisce che mente e corpo possono interagire perché la mente "è" il corpo, ovvero gli stati mentali possono causare stati fisici perché "sono" stati fisici. L'identità tra sensazioni e processi cerebrali è intesa in senso puramente estensionale: le espressioni "dolore" e "stimolazione delle fibre-C" hanno senso diverso ma lo stesso riferimento. In altre parole, una stessa e unica cosa può essere concettualizzata sia come sensazione (dolore) che come processo cerebrale.
Smart chiarisce che non sta dicendo che il significato di "dolore" sia identico al significato di "processo cerebrale di specie X", piuttosto che le sensazioni sono di fatto processi cerebrali. Questa identità è simile a dire che "l'acqua è H2O" o "il calore è il moto molecolare", dove queste identità sono scoperte a posteriori e potrebbero richiedere molta ricerca empirica per essere stabilite.

Smart distingue tra due sensi di "identico": uno stretto e uno temporale. Quando afferma che una sensazione è un processo cerebrale, usa il senso stretto di identità. Ad esempio, dire che il fulmine è una scarica elettrica significa che non ci sono due cose, un lampo e una scarica elettrica ma una sola cosa descritta scientificamente come scarica elettrica.

In sintesi, le sensazioni sono identiche ai processi cerebrali nel senso stretto dell'identità: una sensazione, come il dolore, è lo stesso processo cerebrale che può essere descritto scientificamente. Questa identità è contingente e a posteriori, sebbene le persone possano parlare delle proprie sensazioni senza conoscere la neurofisiologia, ciò non cambia il fatto che le sensazioni siano processi cerebrali.

2) Fai altri esempi di identità a cui possono essere assimilate le identità psicofisiche (per esempio, acqua = ...?; calore = ...?).
Nel testo, Smart fa diversi esempi di identità che possono essere assimilate alle identità psicofisiche. Gli esempi principali citati sono:

Acqua = H2O: Questa identità mostra come un concetto fenomenico (l'acqua) possa essere identificato con un processo fisico o chimico specifico (H2O).
Calore = Moto molecolare: Anche in questo caso, un'esperienza sensoriale o fenomenica (calore) è identificata con un processo fisico specifico (il moto molecolare).

Entrambi gli esempi illustrano l'idea che un singolo fenomeno possa essere descritto sia in termini di esperienza sensoriale sia in termini di processi fisici sottostanti.

3) Secondo te, l'identità tra sensazioni e processi fisici potrebbe essere non meramente contingente bensì necessaria? E quella tra acqua e H2O?
Secondo il testo, Smart propone che l'identità tra sensazioni e processi cerebrali sia da intendersi come puramente estensionale e contingente. Ciò significa che, per lui, la relazione tra sensazioni e processi cerebrali non è necessaria ma dipende da come i processi empirici hanno rivelato questa identità. Egli confronta questa relazione con altre identità scientifiche a posteriori, come "l'acqua è H2O" o "il calore è il moto molecolare", le quali sono state stabilite attraverso lunghe ricerche empiriche e potrebbero potenzialmente essere rivedute o superate con future scoperte scientifiche.

In particolare, Smart pensa che l'identità tra sensazioni e processi cerebrali sia contingente e specifica che, sebbene una persona possa parlare delle proprie sensazioni senza conoscere nulla di neurofisiologia, ciò non significa che le sensazioni non siano processi cerebrali. Questa posizione è espressa chiaramente quando afferma: "È solo un fatto contingente (se è un fatto) che quando abbiamo una certa specie di sensazione c'è anche una certa specie di processo nel nostro cervello."

Per quanto riguarda l'identità tra acqua e H2O, Smart sembra suggerire che questa sia un'identità a posteriori e, quindi, contingente, stabilita attraverso la ricerca scientifica. Egli utilizza l'esempio dell'acqua e H2O per illustrare come la scoperta empirica possa rivelare l'identità tra due concetti che, a livello superficiale o fenomenologico, potrebbero sembrare distinti.

In sintesi, secondo il testo, l'identità tra sensazioni e processi cerebrali è considerata contingente, similmente a come è considerata l'identità tra acqua e H2O.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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