Tommaso d'Aquino - Come la ragione può dimostrare che Dio esiste


Immagine Tommaso d'Aquino
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nella prima parte della sua celebre opera, la Somma Teologica, Tommaso d'Aquino si dedica a esaminare la questione fondamentale dell'esistenza di Dio. Prima di addentrarsi nell'essenza divina, egli stabilisce una serie di interrogativi cruciali che possono essere risolti in maniera affermativa o negativa. Innanzi tutto, si pone il quesito se sia innato nell'uomo il riconoscimento dell'esistenza divina. Successivamente, si interroga sulla possibilità di dimostrare razionalmente l'esistenza di Dio. Infine, giunge al cuore della questione, chiedendosi se effettivamente Dio esista. Tommaso d'Aquino si propone di rispondere a tali domande, dimostrando che l'esistenza di Dio è una verità accessibile alla ragione umana, e non solamente un assunto di fede.


Lettura


Se sia di per sé evidente che Dio esiste

Rispondo: Una cosa può essere di per sé evidente in due maniere: primo, in se stessa, ma non per noi; secondo, in se stessa e anche per noi. Invero, una proposizione è di per sé evidente dal fatto che il predicato è incluso nella nozione del soggetto, come questa: l'uomo è un animale; infatti animale fa parte della nozione stessa di uomo. Se dunque è a tutti nota la natura del predicato e del soggetto, la proposizione risultante sarà per tutti evidente, come avviene nei primi principi di dimostrazione, i cui termini sono nozioni comuni che nessuno può ignorare, come ente e non ente, il tutto e la parte ecc.

Ma se per qualcuno rimane sconosciuta la natura del predicato e del soggetto, la proposizione sarà evidente in se stessa, non già per coloro che ignorano il predicato ed il soggetto della proposizione. E così accade, come nota Boezio [...], che alcuni concetti sono comuni ed evidenti solo per i dotti: questo p. es.: «Le cose immateriali non occupano uno spazio». Dico dunque che questa proposizione Dio esiste in se stessa è di per sé evidente, perché il predicato si identifica con il soggetto; Dio, infatti, [...] è il suo stesso essere: ma siccome noi ignoriamo l'essenza di Dio, per noi non è evidente, ma necessita di essere dimostrata per mezzo di quelle cose che sono a noi più note, ancorché di per sé siano meno evidenti, cioè mediante gli effetti.

Se sia dimostrabile che Dio esiste

Rispondo: Vi è una duplice dimostrazione. L'una, procede dalla [cognizione della] causa, ed è chiamata propter quid, e questa muove da ciò che di suo ha una priorità ontologica. L'altra, parte dagli effetti, ed è chiamata dimostrazione quia, e muove da cose che hanno una priorità soltanto rispetto a noi: ogni volta che un effetto ci è più noto della sua causa, ci serviamo di esso per conoscere la causa. Da qualunque effetto poi si può dimostrare l'esistenza della sua causa (purché gli effetti siano per noi più noti della causa); perché dipendendo ogni effetto dalla sua causa, posto l'effetto è necessario che preesista la causa. Dunque l'esistenza di Dio, non essendo rispetto a noi evidente, si può dimostrare per mezzo degli effetti da noi conosciuti.

Se Dio esista

Rispondo: Che Dio esista si può provare per cinque vie. La prima e la più evidente è quella che si desume dal moto. È certo infatti e consta dai sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale rispetto al termine del movimento, mentre chi muove, muove in quanto è in atto. Perché muovere non altro significa che trarre qualche cosa dalla potenza all'atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all'atto se non mediante un essere che è già in atto. P. es., il fuoco che è caldo attualmente rende caldo in atto il legno, che era caldo soltanto potenzialmente, e così lo muove e lo altera.

Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto lo stesso aspetto in atto ed in potenza: lo può essere soltanto sotto diversi rapporti: così ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza, ma è insieme freddo in potenza. È dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa. È dunque necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da un altro. Se dunque l'essere che muove è anch'esso soggetto a movimento, bisogna che sia mosso da un altro, e questo da un terzo e così via.

Ora, non si può in tal modo procedere all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio.

La seconda via parte dalla nozione di causa efficiente. Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa efficiente di sé medesima; ché altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa inconcepibile.

Ora, un processo all'infinito nelle cause efficienti è assurdo. Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell'intermedia, e l'intermedia è causa dell'ultima, siano molte le intermedie o una sola; ora, eliminata la causa è tolto anche l'effetto: se dunque nell'ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neppure l'ultima, né l'intermedia. Ma procedere all'infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremo neppure l'effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio.

La terza via è presa dal possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa. Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere e non essere; infatti alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tale natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva.

Se dunque tutte le cose [esistenti in natura sono tali che] possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c'era ente alcuno, è impossibile che qualcosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in altro essere oppure no. D'altra parte, negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all'infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio.

La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano nelle cose. È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che esse si accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; così più caldo è ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente; perché, come dice Aristotele, ciò che è massimo in quanto vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore, come dice il medesimo Aristotele. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio.

La quinta via si desume dal governo delle cose. Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come appare dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d'intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall'arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest'essere chiamiamo Dio.


Guida alla lettura


1) Che cosa è una proposizione «di per sé evidente»?
Una proposizione "di per sé evidente" è una affermazione che è intrinsecamente chiara e comprensibile, senza bisogno di prove esterne o dimostrazioni per stabilirne la verità. In altre parole, una proposizione di per sé evidente è autoevidente, ossia il suo significato è immediatamente comprensibile senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

2) Costruisci una tabella a due colonne: nella prima, elenca le vie che portano a dimostrare l'esistenza di Dio; nella seconda, accanto a ciascuna via sintetizza il ragionamento di Tommaso d'Aquino.
Via di Dimostrazione Sintesi del Ragionamento di Tommaso d'Aquino
1. Movimento Osservazione: Nel mondo, ci sono cose che si muovono.

Ragionamento: Tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Se questo continuasse all'infinito, non ci sarebbe un primo motore. Quindi, c'è bisogno di un Primo Motore non mosso.
2. Causa Efficiente Osservazione: Nel mondo, ci sono cause efficienti.

Ragionamento: Niente può essere causa di se stesso, quindi deve esserci una Prima Causa Efficientele cui tutte le altre cause si riferiscono.
3. Necessità Osservazione: Nella realtà, ci sono cose contingenti e necessarie.

Ragionamento: Non tutte le cose possono essere contingenti, deve esserci qualcosa di necessario. Questo Essere necessario non può dipendere da altri.
4. Gradi di Perfezione Osservazione: Le cose nel mondo esibiscono diversi gradi di perfezione.

Ragionamento: Esiste un massimo in ogni genere, e ciò che è massimo in verità e bontà è causa degli altri esseri. Quindi, esiste un Essere supremo che è la causa di tutte le altre perfezioni.
5. Ordine nel Governo delle Cose Osservazione: Nella natura, le cose seguono un ordine e operano per uno scopo.

Ragionamento: L'assenza di conoscenza nelle cose che operano per uno scopo richiede un'intelligenza che le diriga. Quindi, esiste un Essere intelligente che ordina tutte le cose verso uno scopo.


3) Che cosa significano i termini «possibile» e «necessario»?
Nel contesto della filosofia e della logica, i termini "possibile" e "necessario" sono usati per descrivere le modalità di esistenza o di attribuzione di proprietà agli oggetti o agli eventi.

Possibile: Un evento o un'entità è considerato possibile se esiste in almeno una qualche circostanza o in almeno un qualche mondo possibile, anche se non è effettivamente presente nel mondo reale. Ad esempio, se diciamo che è possibile piovere domani, intendiamo dire che esiste almeno una qualche circostanza o scenario in cui pioverà domani, anche se non sappiamo con certezza se effettivamente accadrà.
Necessario: Un evento o un'entità è considerato necessario se esiste in tutte le circostanze o in tutti i mondi possibili, ovvero se non può non esistere. Questo implica che la sua non-esistenza è impossibile. Ad esempio, si potrebbe dire che è necessario che una circonferenza abbia 360 gradi in un piano euclideo, poiché questa proprietà è valida in tutte le circostanze di tale contesto geometrico.

In breve, la distinzione tra possibile e necessario riguarda la natura dell'esistenza o delle proprietà degli oggetti o degli eventi, con il "possibile" indicante una esistenza condizionale o contingente e il "necessario" indicante una esistenza o una proprietà universale e incondizionata.

4) Spiega in quale prova e con quali fini Tommaso usa la metafora della freccia scoccata dall'arciere.
Tommaso d'Aquino utilizza la metafora della freccia scoccata dall'arciere nella quinta via, che si basa sull'osservazione del governo delle cose. In questa prova, Tommaso intende dimostrare l'esistenza di un essere intelligente, cioè Dio, attraverso l'osservazione dell'ordine e della finalità presenti nella natura.

La metafora della freccia scoccata dall'arciere è usata per illustrare come anche gli esseri privi di intelligenza, come i corpi fisici, agiscano per un fine. Tommaso nota che le cose naturali, nonostante la mancanza di conoscenza, operano in modo ordinato e tendono verso una perfezione o un fine. L'esempio della freccia che vola verso il bersaglio suggerisce che la freccia, non avendo intelligenza propria, si muove verso il suo obiettivo solo perché è guidata e diretta dall'arciere, che è un essere intelligente.

Quindi, Tommaso utilizza questa metafora per argomentare che, se anche gli oggetti privi di intelligenza agiscono per un fine, devono essere diretti da un essere intelligente. Questo essere intelligente, che guida tutte le cose verso il loro fine, è ciò che Tommaso chiama Dio. In sostanza, la metafora serve a evidenziare il concetto di un'intelligenza superiore che ordina e guida l'universo verso uno scopo, il che suggerisce l'esistenza di un Creatore divino.


Guida alla Comprensione


1) Spiega in che senso, secondo Tommaso d'Aquino, la proposizione «Dio esiste» «in se stessa è immediatamente evidente», ma non lo è «per noi».
Secondo Tommaso d'Aquino, la proposizione "Dio esiste" è immediatamente evidente "in se stessa" nel senso che il predicato (esistere) è incluso nella nozione del soggetto (Dio). Questo significa che Dio, essendo definito come l'essere perfetto e assoluto, contiene in sé l'essenza dell'esistenza stessa. In altre parole, il concetto di Dio include l'esistenza come parte integrante della sua natura.

Tuttavia, Tommaso nota che questa evidenza non è immediatamente accessibile "per noi" esseri umani, poiché non comprendiamo appieno l'essenza di Dio. L'essenza di Dio è oltre la nostra comprensione limitata e quindi non possiamo percepire direttamente la sua esistenza come lo possiamo fare con concetti più semplici o concreti.

Pertanto, mentre la proposizione "Dio esiste" è immediatamente evidente in se stessa, per noi umani che non comprendiamo pienamente l'essenza di Dio, è necessario dimostrarla attraverso gli effetti o le manifestazioni di Dio nel mondo, che possiamo osservare e comprendere attraverso la nostra ragione.

2) Spiega la differenza che esiste tra una dimostrazione che procede propter quid e una che procede quia.
Una dimostrazione propter quid, nota anche come dimostrazione a priori, procede dalla conoscenza delle cause o delle essenze delle cose coinvolte. In altre parole, cerca di dimostrare qualcosa attraverso la comprensione delle ragioni o delle necessità intrinseche delle cose stesse. Questo tipo di dimostrazione si basa su principi logici o concettuali e non richiede necessariamente l'osservazione diretta degli effetti.

D'altra parte, una dimostrazione quia, conosciuta anche come dimostrazione a posteriori, procede dagli effetti o dalle manifestazioni osservabili delle cose per inferire la loro causa. Questo tipo di dimostrazione si basa sull'osservazione empirica e sull'analisi delle relazioni tra le cose che si manifestano nell'esperienza concreta.

In sintesi, la differenza principale tra queste due forme di dimostrazione sta nel modo in cui affrontano il processo di dimostrazione: una parte dalla comprensione delle cause intrinseche delle cose (propter quid), mentre l'altra si basa sull'osservazione degli effetti o delle manifestazioni delle cose stesse (quia).

3) Spiega quale ruolo gioca, nelle argomentazioni di Tommaso d'Aquino, la tesi aristotelica secondo cui è impossibile regredire all'infinito nell'ordine delle cause.
Nelle argomentazioni di Tommaso d'Aquino, la tesi aristotelica secondo cui è impossibile regredire all'infinito nell'ordine delle cause svolge un ruolo fondamentale nel contesto delle prove dell'esistenza di Dio.

Aristotele, filosofo greco antico molto influente nel pensiero di Tommaso d'Aquino, ha sostenuto che ogni causa efficiente è a sua volta effetto di un'altra causa, e così via. Tuttavia, Aristotele ha anche sostenuto che non è possibile un regresso infinito di cause efficienti, poiché ciò porterebbe a un assurdo: se non ci fosse una causa prima, non ci sarebbe nemmeno l'effetto finale.

Questo concetto è cruciale nelle argomentazioni di Tommaso d'Aquino perché fornisce una base logica per l'esistenza di un'entità necessaria e non causata, cioè Dio. Se tutte le cause efficienti dipendono da altre cause, deve esserci una causa prima, non causata, che innesca la catena causale. Questo essere primario, che Tommaso d'Aquino identifica con Dio, è quindi necessario per spiegare l'esistenza stessa della catena causale e degli effetti che osserviamo nel mondo.

In sintesi, la tesi aristotelica sull'impossibilità di un regresso infinito nelle cause efficienti fornisce una base logica per l'argomento di Tommaso d'Aquino sull'esistenza di Dio come causa prima e non causata, che sostiene le altre cause ed effetti nell'universo.

4) Le ultime due prove, e soprattutto l'ultima, individuano nel mondo una tensione alla realizzazione di finalità. Spiega perché soprattutto a queste ultime prove è affidata l'idea di un'intelligenza creatrice.
Le ultime due prove presentate da Tommaso d'Aquino individuano nel mondo una tendenza o una disposizione verso la realizzazione di finalità o scopi. Questa visione si basa sull'osservazione del mondo naturale e sull'idea che le cose nel mondo non agiscano casualmente, ma piuttosto in accordo con una certa ordine o predisposizione verso un fine.

La quarta via di Tommaso d'Aquino si basa sull'idea dei gradi di perfezione che si riscontrano nelle cose. Egli osserva che nel mondo si trovano cose che possiedono gradi variabili di perfezione, come il bene, il vero e il nobile. Questi gradi di perfezione implicano l'esistenza di un essere sommo e assoluto, che è la causa di tutte le altre perfezioni nel mondo. Questo essere sommo è identificato con Dio.

La quinta via di Tommaso d'Aquino si basa sull'osservazione del governo delle cose nel mondo. Egli nota che alcune cose, anche se prive di conoscenza come i corpi fisici, agiscono verso un fine o uno scopo. Questo suggerisce l'esistenza di un'intelligenza o una volontà che guida o ordina le cose verso determinati fini. Questo essere intelligente, che ordina il mondo verso un fine, è identificato con Dio.

Quindi, queste ultime due prove si basano sull'osservazione di un ordine o una finalità nel mondo naturale, che suggerisce l'esistenza di un'intelligenza creatrice o un essere supremo che ha ordinato il mondo in modo tale da raggiungere determinati scopi.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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