Parafrasi, Analisi e Commento di: "Così nel mio parlar vogl'esser aspro" di Dante Alighieri


Immagine Dante Alighieri
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento

Scheda dell'Opera


Autore: Dante Alighieri
Titolo dell'Opera: Rime
Data: XIV secolo
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Canzone con stanze di 13 endecasillabi e settenari in schema rimico ABbC ABbC CDdEE + un congedo di 5 versi in rima ABbCC



Introduzione


La poesia "Così nel mio parlar vogl'esser aspro" è il componimento numero CIII delle Rime di Dante, risalente alla fine del XIII secolo e agli inizi del XIV secolo. Nell'analisi che segue di "Così nel mio parlar vogl'esser aspro" verranno sviluppate la parafrasi e l'identificazione delle figure retoriche. Inoltre, il commento analizzerà le tematiche, i significati, lo stile e il linguaggio di questo componimento. In questa poesia, Dante Alighieri esprime un amore insolito per lui: non l'amore per l'angelica Beatrice, ma per una "petra", una donna insensibile che non corrisponde il suo sentimento, causando così la sua sofferenza mortale.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Così nel mio parlar vogl'esser aspro
2. com'è ne li atti questa bella petra,
3. la quale ognora impetra
4. maggior durezza e più natura cruda,
5. e veste sua persona d'un dïaspro
6. tal che per lui, o perch'ella s'arretra,
7. non esce di faretra
8. saetta che già mai la colga ignuda;
9. ed ella ancide, e non val ch'om si chiuda
10. né si dilunghi da' colpi mortali,
11. che, com'avesser ali,
12. giungono altrui e spezzan ciascun'arme:
13. sì ch'io non so da lei né posso atarme.
14. Non trovo scudo ch'ella non mi spezzi
15. né loco che dal suo viso m'asconda;
16. ché, come fior di fronda,
17. così de la mia mente tien la cima.
18. Cotanto del mio mal par che si prezzi,
19. quanto legno di mar che non lieva onda;
20. e 'l peso che m'affonda
21. è tal che non potrebbe adequar rima.
22. Ahi angosciosa e dispietata lima
23. che sordamente la mia vita scemi,
24. perché non ti ritemi
25. sì di rodermi il core a scorza a scorza
26. com'io di dire altrui chi ti dà forza?
27. Ché più mi triema il cor qualora io penso
28. di lei in parte ov'altri li occhi induca,
29. per tema non traluca
30. lo mio penser di fuor sì che si scopra,
31. ch'io non fo de la morte, che ogni senso
32. co li denti d'Amor già mi manduca:
33. ciò è che 'l pensier bruca
34. la lor vertù, sì che n'allenta l'opra.
35. E' m'ha percosso in terra, e stammi sopra
36. con quella spada ond'elli ancise Dido,
37. Amore, a cui io grido
38. merzé chiamando, e umilmente il priego,
39. ed el d'ogni merzé par messo al niego
40. Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida
41. la debole mia vita, esto perverso,
42. che disteso a riverso
43. mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco:
44. allor mi surgon ne la mente strida;
45. e 'l sangue, ch'è per le vene disperso,
46. fuggendo corre verso
47. lo cor, che 'l chiama; ond'io rimango bianco.
48. Elli mi fiede sotto il braccio manco
49. sì forte, che 'l dolor nel cor rimbalza:
50. allor dico: "S'elli alza
51. un'altra volta, Morte m'avrà chiuso
52. prima che 'l colpo sia disceso giuso".
53. Così vedess'io lui fender per mezzo
54. lo core a la crudele che 'l mio squatra!
55. poi non mi sarebb'atra
56. la morte, ov'io per sua bellezza corro:
57. ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo
58. questa scherana micidiale e latra,
59. Ohmè, perché non latra
60. per me, com'io per lei, nel caldo borro?
61. ché tosto griderei: "Io vi soccorro",
62. e fare'l volentier, sì come quelli
63. che ne' biondi capelli
64. ch'Amor per consumarmi increspa e dora
65. metterei mano, e piacere'le allora.
66. S'io avessi le belle trecce prese,
67. che fatte son per me scudiscio e ferza,
68. pigliandole anzi terza,
69. con esse passerei vespero e squille;
70. e non sarei pietoso né cortese,
71. anzi farei com'orso quando scherza;
72. e se Amor me ne sferza,
73. io mi vendicherei di più di mille.
74. Ancor ne li occhi, ond'escon le faville
75. che m'infiammano il cor, ch'io porto anciso,
76. guarderei presso e fiso,
77. per vendicar lo fuggir che mi face;
78. e poi le renderei con amor pace.
79. Canzon, vattene dritto a quella donna
80. che m'ha ferito il core e che m'invola
81. quello ond'io ho più gola,
82. e dàlle per lo cor d'una saetta;
83. ché bell'onor s'acquista in far vendetta.
1. Io voglio essere in questa mia poesia così duro
2. Tanto quanto lo è nelle azioni questa donna dura come la pietra,
3. Che in ogni momento accresce
4. La sua durezza e la sua natura crudele,
5. E circonda il suo essere di una roccia
6. O tanto si ritrae che chi prova a avvicinarla
7. Non riesce a estrarre dalla faretra
8. Freccia che la colga vulnerabile all'amore;
9. E invece lei uccide, e non c'è speranza di resisterle per chi
10. Si ripari dai suoi mortali colpi,
11. Che, come se potessero volare,
12. Raggiungono il bersaglio e oltrepassano qualunque armatura,
13. Così che io da lei non so né posso allontanarmi.
14. Non riesco a trovare uno scudo che non vada in frantumi;
15. Né luogo dove rifugiarmi, lontano dal suo viso,
16. Il quale, come un fiore si aggrappa in cima allo stelo,
17. Tiene in mano il filo del mio senno.
18. Sembra che del mio malessere abbia tanta preoccupazione
19. Quanta può averne una nave per un mare tranquillissimo,
20. E il peso che mi porta a fondo
21. È tale che nessuna poesia potrebbe descriverlo.
22. Ahi spietata e inquietante lima
23. Che lentamente consumi la mia vita,
24. Perché non esiti affatto
25. Nel grattarmi via il cuore
26. Come invece faccio io nel voler dire a chiunque chi ti infonde questa forza?
27. Poiché tremo al sol pensiero
28. di poter esser osservato quando penso a lei;
29. per il timore che ci si possa accorgere
30. del desiderio che provo e si crei scandalo;
31. io non ho tanta paura nemmeno della morte, poiché già
32. Amore mi tiene in bocca masticandomi;
33. Tanto che i suoi denti triturano
34. il mio intelletto e lo rendono inservibile;
35. e poi mi sta sopra schiacciandomi
36. Con la stessa spada che utilizzò per uccidere Didone
37. Il dio Amore, al quale io grido
38. disperato di aver pietà di me e con umiltà estrema mi prostro a supplicarlo,
39. Ma egli sembra essere il più grande nemico di ogni tipo di pietà.
40. Amore solleva di volta in volta il braccio, cercando di dare il colpo di grazia
41. a ciò che rimane della mia esistenza, questo dio spietato,
42. che mi obbliga a stare disteso
43. con la faccia schiacciata a terra e incapace di reagire;
44. allora arrivano alla mia mente delle grida
45. e il mio sangue, che normalmente corre per tutte le vene del corpo,
46. corre in tutta fretta
47. ad animare il cuore, che lo chiama in suo aiuto; e perciò il mio aspetto si fa pallido.
48. Amore mi colpisce sul fianco sinistro
49. in modo tanto forte, che il dolore fa sobbalzare il cuore:
50. Allora dico a me stesso: "se solleva di nuovo la spada
51. per trafiggermi, la morte mi avrà preso
52. per la troppa paura prima che il colpo sia arrivato a colpire davvero il mio corpo"
53. Ah se potessi io invece trafiggere
54. il cuore a questa ragazza crudele, che squarta adesso il mio!
55. Non mi parrebbe allora una cosa così tenebrosa
56. la morte, verso la quale io corro a causa della sua bellezza:
57. poiché tanto alla luce del giorno quanto nel buio della notte
58. mi colpisce questa assassina implacabile e criminale,
59. Ahimé, perché non guaisce [=emette lamenti, gemiti]
60. per me, come faccio io per lei, annegando nell'abisso infernale?
61. Io griderei immediatamente: "vengo a soccorrervi!",
62. e davvero lo farei volentieri come un uomo,
63. che nei suoi biondi capelli
64. che Amore per rendermi pazzo d'amore fa arricciare e diventare dorati,
65. riesce ad afferrare tra le mani, e questo allora finalmente le piacerebbe.
66. Se io avessi dunque potuto afferrare quelle due belle trecce
67. le utilizzerei come frusta e scudiscio,
68. e anzi, prendendole in mano a prima mattina
69. non le lascerei sino a tarda notte,
70. e non sarei di certo né pietoso né cortese;
71. mi comporterei invece come fa un orso che gioca con la preda
72. e se Amore mi frustasse nuovamente con la sua bellezza,
73. potrei restituire a lei più di mille colpi di frusta.
74. Poi la guarderei in quegli occhi, da cui escono le scintille
75. che mi hanno incendiato il cuore, che io porto dilaniato,
76. con sguardo fisso e implacabile,
77. per impedirgli di sfuggire al mio sguardo,
78. e infine dandole amore le concederei il perdono.
79. Canzone, raggiungi in fretta quella donna
80. che mi ha trafitto il cuore e che mi nega
81. ciò di cui io ho più desiderio,
82. e scagliale nel mezzo del cuore una freccia;
83. poiché è cosa buona e onorevole vendicarsi di chi ci maltratta.



Parafrasi discorsiva


[vv. 1-13] Io voglio essere in questa mia poesia così duro tanto quanto lo è nelle azioni questa donna dura come la pietra, che in ogni momento accresce la sua durezza e la sua natura crudele, e circonda il suo essere di una roccia o tanto si ritrae che chi prova a avvicinarla non riesce a estrarre dalla faretra freccia che la colga vulnerabile all'amore; e invece lei uccide, e non c'è speranza di resisterle per chi si ripari dai suoi mortali colpi, che, come se potessero volare, raggiungono il bersaglio e oltrepassano qualunque armatura, così che io da lei non so né posso allontanarmi.

[vv. 14-26] Non riesco a trovare uno scudo che non vada in frantumi, né luogo dove rifugiarmi, lontano dal suo viso, il quale, come un fiore si aggrappa in cima allo stelo, tiene in mano il filo del mio senno. Sembra che del mio malessere abbia tanta preoccupazione quanta può averne una nave per un mare tranquillissimo, e il peso che mi porta a fondo è tale che nessuna poesia potrebbe descriverlo. Ahi spietata e inquietante lima che lentamente consumi la mia vita, perché non esiti affatto nel grattarmi via il cuore come invece faccio io nel voler dire a chiunque chi ti infonde questa forza?

[vv. 27-39] Poiché tremo al sol pensiero di poter esser osservato quando penso a lei; per il timore che ci si possa accorgere del desiderio che provo e si crei scandalo; io non ho tanta paura nemmeno della morte, poiché già Amore mi tiene in bocca masticandomi; tanto che i suoi denti triturano il mio intelletto e lo rendono inservibile; e poi mi sta sopra schiacciandomi con la stessa spada che utilizzò per uccidere Didone il dio Amore, al quale io grido disperato di aver pietà di me e con umiltà estrema mi prostro a supplicarlo, ma egli sembra essere il più grande nemico di ogni tipo di pietà.

[vv. 40-52] Amore solleva di volta in volta il braccio, cercando di dare il colpo di grazia a ciò che rimane della mia esistenza, questo dio spietato, che mi obbliga a stare disteso con la faccia schiacciata a terra e incapace di reagire; allora arrivano alla mia mente delle grida e il mio sangue, che normalmente corre per tutte le vene del corpo, corre in tutta fretta ad animare il cuore, che lo chiama in suo aiuto; e perciò il mio aspetto si fa pallido. Amore mi colpisce sul fianco sinistro in modo tanto forte, che il dolore fa sobbalzare il cuore: Allora dico a me stesso: "se solleva di nuovo la spada per trafiggermi, la morte mi avrà preso per la troppa paura prima che il colpo sia arrivato a colpire davvero il mio corpo"

[vv. 53-65] Ah se potessi io invece trafiggere il cuore a questa ragazza crudele, che squarta adesso il mio! Non mi parrebbe allora una cosa così tenebrosa la morte, verso la quale io corro a causa della sua bellezza: poiché tanto alla luce del giorno quanto nel buio della notte mi colpisce questa assassina implacabile e criminale, Ahimé, perché non guaisce [emette lamenti, gemiti] per me, come faccio io per lei, annegando nell'abisso infernale? Io griderei immediatamente: "vengo a soccorrervi!", e davvero lo farei volentieri come un uomo, che nei suoi biondi capelli che Amore per rendermi pazzo d'amore fa arricciare e diventare dorati, riesce ad afferrare tra le mani, e questo allora finalmente le piacerebbe.

[vv. 66-78] Se io avessi dunque potuto afferrare quelle due belle trecce le utilizzerei come frusta e scudiscio, e anzi, prendendole in mano a prima mattina non le lascerei sino a tarda notte, e non sarei di certo né pietoso né cortese; mi comporterei invece come fa un orso che gioca con la preda e se Amore mi frustasse nuovamente con la sua bellezza, potrei restituire a lei più di mille colpi di frusta. Poi la guarderei in quegli occhi, da cui escono le scintille che mi hanno incendiato il cuore, che io porto dilaniato, con sguardo fisso e implacabile, per impedirgli di sfuggire al mio sguardo, e infine dandole amore le concederei il perdono.

[vv. 79-83] Canzone, raggiungi in fretta quella donna che mi ha trafitto il cuore e che mi nega ciò di cui io ho più desiderio, e scagliale nel mezzo del cuore una freccia; poiché è cosa buona e onorevole vendicarsi di chi ci maltratta.


Figure Retoriche


Similitudini: vv.1-2, v. 11, vv. 16-17, v. 19, v. 36, vv. 58-60, v. 71: "Così nel mio parlar vogl'esser aspro / com'è ne li atti questa bella petra,", "com'avesser ali", "come fior di fronda / così de la mia mente tien la cima", "quanto legno di mar che non lieva onda", "con quella spada ond'elli ancise Dido,", "Ohmè, perché non latra / per me, com'io per lei, nel caldo borro?", "anzi farei com'orso quando scherza".

Enjambements: vv. 1-3-5-7-9-14-20-22-24-25-29-33-35-37-40-42-46-48-50-51-53-55-57-59-62-63-64-74-79-80

Perifrasi: v. 2, v. 54, v. 58: "questa bella petra", "lo core a la crudele che 'l mio squatra!", "questa scherana micidiale e latra".

Figura etimologica: vv. 58-59: "latra".

Allitterazioni: (in tutto il testo): "s" "p", "t", "r" "z", "c" "q" e nessi consonantici composti da queste lettere "sp" "tr" "spr" "tr" "str" ecc.

Metafore: v. 5, vv. 7-13, vv. 22, vv. 35-52, v. 59, v. 82, vv. 74-75: "veste sua persona d'un dïaspro", "non esce di faretra / saetta che già mai la colga ignuda / [...] né posso atarme", "Ahi angosciosa e dispietata lima / che sordamente la mia vita scemi", "E m'ha percosso in terra / [...] / prima che ‘l colpo sia disceso giuso", "perché non latra", "le faville / che m'infiammano il cor", "e dàlle per lo cor d'una saetta".

Litote: vv. 7-8, vv. 14-15: "non esce di faretra / saetta che già mai la colga ignuda", "Non trovo scudo ch'ella non mi spezzi / né loco che dal suo viso m'asconda".

Apostrofi: vv. 22, v. 79: "Ahi angosciosa e dispietata lima / che sordamente la mia vita scemi", "Canzon".

Domanda retorica: vv. 22-26, vv. 58-60: "Ahi angosciosa e dispietata lima / che sordamente la mia vita scemi / [...] com'io di dire altrui chi ti dà forza?", "Ohmè, perché non latra / per me, com'io per lei, nel caldo borro?".

Personificazione: vv. 31-34, vv. 45-47, v. 51, vv. 72-73: "che ogni senso / co li denti d'Amor già mi manduca: / ciò è che 'l pensier bruca / la lor vertù, sì che n'allenta l'opra", "'l sangue, ch'è per le vene disperso, / fuggendo corre verso / lo cor, che 'l chiama", "Morte", "e se Amor me ne sferza, / io mi vendicherei di più di mille".

Prosopopea: vv. 50-52, v. 61: "S'elli alza / un'altra volta, Morte m'avrà chiuso / prima che 'l colpo sia disceso giuso", "I' vi soccorro".

Chiasmi: vv. 37-39: "Amore, a cui io grido / merzé chiamando, e umilmente il priego, / ed el d'ogni merzé par messo al niego".

Adynaton: vv. 53-78: "Così vedess'io lui fender per mezzo / [...] / [...]/ e poi le renderei con amor pace".


Analisi e Commento


Così nel mio parlar vogl'esser aspro è parte delle Rime dantesche, raccolta critica postuma a Dante che riunisce al proprio interno la produzione poetica che non confluì nella Vita nova. Il componimento è il più celebre delle "rime petrose", poesie non indirizzate a Beatrice, ma a una misteriosa donna che proprio in questa poesia è definita "petra", perché, come la roccia, è insensibile all'amore di Dante. Per cantare di questo amore disperato Dante dichiara sin da subito di voler utilizzare la lingua "aspra e chioccia", fatta di sonorità dure e spezzate e di registro basso, che sarà poi quella adottata anche nei passaggi più drammatici dell'Inferno.

L'amore per Petra è descritto con immagini truculente in cui si possono riconoscere passaggi molto noti della cantica sull'oltretomba in cui sono puniti per l'eternità i peccatori: impossibile non accostare Dante masticato da Amore con Giuda, Bruto e Cassio, i tre grandi traditori che il signore degli inferi in persona, Lucifero, tritura nelle sue tre enormi bocche sul fondo dell'inferno; inoltre, il sadico adynaton di quinta e sesta stanza è introdotto dal salvataggio di Petra che affoga nel "caldo borro": un lago bollente, come il Flegetonte, fiume infernale di sangue in ebollizione in cui scontano la loro pena, saettati dai centauri, i violenti.

Compaiono inoltre riferimenti all'epica classica e all'amore spergiuro: il poeta immagina di essere ripetutamente colpito da Amore con "quella spada ond'elli uccise Dido": la regina di Cartagine, nell'Eneide, si suicida gettandosi sulla spada di Enea, che l'ha abbandonata a tradimento dopo averle promesso amore eterno. Dante si trova prigioniero di questo amore infelice proprio come l'eroina disperata dell'antichità e lancia una maledizione a "petra" immaginando di scoprire di essere ricambiato.

Dopo averla tratta in salvo da un fiume bollente vorrebbe afferrarla per i capelli e di frustarla con quelle trecce bionde da cui è terribilmente attratto, e giocare con lei "come fa orso quando scherza" con le sue prede. E solo dopo averla malignamente torturata, le restituirebbe il suo amore perdonandole il suo rifiuto. A questi sentimenti violenti, sadici e dolorosi è volto l'imbastimento di un ritmo "aspro", fondato sull'allitterazione di suoni duri, nessi consonantici composti da queste lettere e improvvise spezzature e enjambement. L'amore carnale, non salvifico né esaltante, deve essere, secondo Dante, descritto con la lingua che gli è proprio, la cui sonorità deve ricalcare quella delle ferite e della sofferenza.

Fonti: libri scolastici superiori

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