Averroè - Filosofia e religione


Immagine Averroè
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il Trattato cruciale sull'armonia tra la religione e la filosofia segue la struttura di una fatwa che è un pronunciamento emesso da un giudice musulmano, in questo caso rappresentato da Averroè, riguardante la legittimità della pratica filosofica.

Innanzitutto, Averroè dimostra, facendo riferimento a passaggi del Corano, che secondo la Legge religiosa, l'uso della ragione non solo è permesso, ma addirittura necessario, poiché il Libro di Dio incoraggia l'uomo a contemplare l'universo e la creazione. Successivamente, egli argomenta che tale ricerca deve avvalersi dei contributi dei filosofi del passato, ai quali si deve riconoscenza e rispetto. Infine, egli sostiene che non può esserci alcuna contraddizione tra le conclusioni raggiunte dai filosofi mediante la ragione e le verità rivelate nel Corano. Infatti, il Corano è un testo destinato a varie categorie di individui, ognuno dei quali approccia la verità in modo diverso: le masse accettano discorsi retorici e si limitano al senso letterale del testo; i teologi dibattono tra loro e accettano l'interpretazione del testo che considerano migliore; i filosofi accettano le dimostrazioni razionali. Se i risultati della ricerca filosofica sembrano contraddire alcune parti del Corano, ciò significa semplicemente che queste ultime devono essere interpretate in senso allegorico e armonizzate con la filosofia. Secondo Averroè, questo è un compito complesso, ma che non può mai condurre a un vero contrasto tra filosofia e religione poiché la verità è una sola.


Lettura


Che la Legge religiosa chiami a un'indagine intellettuale sugli esseri esistenti e richieda (di pervenire) a una conoscenza su di essi, appare chiaro da parecchi versetti del Libro di Dio Benedetto ed Eccelso, tra i quali per esempio il seguente: «Riflettete, o voi che avete occhi a guardare!». Questo versetto certifica la necessità dell'uso del ragionamento intellettuale, ovvero, contemporaneamente, del ragionamento intellettuale e di quello giuridico-legale. Dice ancora il Corano: «Non han forse studiato il regno dei cieli e della terra e le cose tutte che Dio ha creato?». Questo versetto induce chiaramente a speculare sugli esseri esistenti nella loro totalità. Iddio Altissimo ha insegnato che tra quelli, in particolare, cui è stato concesso l'onore di possedere la scienza vi è Abramo – su di lui la pace! – e infatti ha detto: «E così mostrammo ad Abramo il regno dei cieli e della terra perché fosse di quei che solidamente sono convinti». Ha inoltre affermato l'Altissimo: «Ma non guardano dunque gli uomini al cammello, come fu creato, e al cielo, come fu innalzato?»; e ancora: «I quali ... meditano sulla creazione dei cieli e della terra». Ed esistono innumerevoli altri versetti simili a questi.

Siccome si è stabilito che la Legge religiosa rende obbligatoria la speculazione e l'indagine razionale sugli esseri esistenti, e poiché tale indagine non consiste in altro che nella deduzione e nella derivazione dell'ignoto dal già noto – e questo è ciò che si chiama sillogismo ovvero ciò che si ottiene per mezzo del sillogismo –, è pure obbligatorio che ci rivolgiamo allo studio della realtà esistente per mezzo del ragionamento razionale. [...]

È inoltre chiaro che il fine che perseguiamo (con lo studio) degli esseri esistenti è perseguibile con un progresso a tappe successive dell'indagine, e che il successore deve garantirsi, a tal scopo, l'aiuto dei suoi predecessori, analogamente a quanto accade nelle scienze matematiche. [...]

Una stringente analogia esiste tra le scienze matematiche e quella dei principi del diritto. Infatti, la perizia nel diritto non si perfeziona se non dopo un lunghissimo periodo di tempo. E se al giorno d'oggi qualcuno desiderasse per suo conto reperire tutte le prove che gli studiosi delle varie scuole (giuridiche) hanno formulato sulle questioni più disparate […], rischierebbe di essere deriso, poiché l'impresa sarebbe davvero proibitiva, vista l'esauriente trattazione che ne è già stata fatta. Questa palmare ovvietà riguarda non solo le discipline teoretiche, ma anche quelle pratiche, poiché, anche per esse, non ve n'è una che chicchessia possa pretendere di istituire da solo fin dall'inizio.

Quindi come staranno le cose per la disciplina suprema, la filosofia? Se tutto ciò (che si è detto finora) è vero, è necessario per noi (filosofi) che, nel caso reperissimo presso i nostri predecessori, appartenessero pure a popoli più antichi, qualcuno che ha già approfondito l'analisi e l'esame della realtà esistente applicando le regole previste dalla dimostrazione, ci preoccupiamo di studiare le affermazioni contenute nei loro libri. E ciò che costoro hanno detto di conforme alla verità, lo accetteremo con gioia e gliene saremo grati; mentre ciò che hanno detto di difforme dalla verità, lo evidenzieremo e ne diffideremo, pur perdonandoli per l'errore commesso.

Da ciò è chiaro che lo studio dei libri degli antichi è obbligatorio per Legge, poiché il loro fine è identico a quello cui ci sprona la Legge. Chi proibisce a qualcuno che ne avrebbe la capacità, cioè a qualcuno che possiede intelligenza naturale unita a integrità religiosa e a virtuosa dirittura sapienziale e morale, di applicarvisi, sbarra la porta attraverso la quale la Legge chiama gli uomini alla conoscenza di Dio. E poiché si tratta della porta dello studio teoretico, l'unica che conduce a un'autentica penetrazione della verità divina, tale proibizione costituisce un atto di ignoranza e di estraniazione dall'Altissimo. [...]

Avendo stabilito tutto ciò, ed essendoci persuasi, in quanto musulmani, che la nostra divina religione è vera, e che essa ci incita a perseguire quella massima felicità che consiste nella conoscenza di Dio Potente ed Eccelso e delle sue creature, ne deriva che per ogni musulmano, secondo il suo temperamento e la sua natura, è prescritto un particolare tipo di assenso a tali verità.

Infatti, i caratteri degli uomini si diversificano qualitativamente riguardo a questo assenso, essendovi chi lo presta alla dimostrazione razionale, chi alle dispute dialettiche con la stessa intensità di chi crede alle dimostrazioni – e ciò perché la sua natura non gli consente altrimenti –, e chi lo presta ai discorsi retorici, pure con la stessa intensità di chi crede alle dimostrazioni.

Quindi, poiché la nostra divina religione chiama gli uomini a sé secondo queste tre vie, l'assenso prestatovi è generalizzato, e ne resta escluso solo chi pretende ostinatamente di combatterla a parole, o chi, per sua propria negligenza, rifiuta di abbracciare la strada più adatta che lo porta a Dio. Il Profeta – su di lui la pace! – fu inviato con un messaggio particolare «al bianco e al nero», grazie al fatto che la religione racchiude tutti i possibili metodi di avvicinamento a Dio. E l'Altissimo ha ben chiarito tutto ciò dicendo: «Chiama gli uomini alla via del Signore, con saggi ammonimenti e buoni, e discuti con loro nel modo migliore».

Ora, dal momento che la nostra religione è vera e incita a un'attività speculativa che culmini nella conoscenza di Dio, noi musulmani non possiamo che essere fermamente convinti del fatto che la speculazione dimostrativa non può condurre a conclusioni diverse da quelle rivelate dalla religione, poiché il Vero non può contrastare col Vero, ma anzi gli si armonizza e gli porta testimonianza.

Stando così le cose, se la speculazione dimostrativa conduce alla conoscenza di qualche essere reale, non si sfugge al presupposto che tale essere reale o è menzionato o è sottaciuto dalle Scritture. Se è sottaciuto, non si presenta alcuna contraddizione (tra religione e filosofia), poiché tale caso sarebbe identico a quello del giurista che, non reperendo qualche principio legale nelle Scritture, è costretto a dedurlo per via analogica.

Se invece i testi religiosi ne parlano, delle due l'una: o il senso apparente della conclusione filosofica si accorda o contrasta con quei testi. Se si accorda, nessun problema. Ma se contrasta, si presenta la necessità di un'interpretazione allegorica delle Scritture. Interpretazione allegorica significa trasporto dell'argomentazione da un piano reale a un piano metaforico [...], in modo da definire qualcosa o con un sinonimo o facendo riferimento alla sua causa o al suo effetto o a qualcos'altro che gli si può porre a confronto, o insomma a tutte quelle particolarità che sono reperibili nei vari tipi di discorso metaforico. [...]

Quindi con forza noi affermiamo che, se una conclusione cui si perviene attraverso la dimostrazione contrasta col senso apparente delle Scritture, è questo senso apparente a necessitare di un'interpretazione allegorica [...]. Questo fatto non è posto in discussione da nessun musulmano, né contestato da alcun credente. In tal modo, infatti, si accresce la certezza di coloro che si applicano ed esercitano l'esegesi, prefiggendosi lo scopo di conciliare l'intelletto e la tradizione rivelata.

Di più: noi sosteniamo che di tutte le espressioni delle Scritture, il cui senso letterale contrasta con le conclusioni dimostrative, se si ha la pazienza di esaminare il Testo Sacro e di indagarlo attentamente in tutte le sue parti, si troveranno altre affermazioni parallele che porteranno testimonianza, proprio col loro senso letterale, alla (correttezza) dell'interpretazione allegorica, o almeno ci si avvicineranno moltissimo.

La causa del fatto che nella religione siano presenti un significato essoterico e uno esoterico dipende dalla diversità delle opinioni degli uomini e della loro disposizione naturale all'assenso. E la causa del fatto che nelle Scritture esistano passi reciprocamente contraddittori è che in tal modo vengono risvegliate le capacità esegetiche degli studiosi, che possono adoperarsi a riconciliarli.


Guida alla lettura


1) Quale metodo utilizza l'indagine razionale?
L'indagine razionale utilizza il metodo del sillogismo, che consiste nella deduzione e nella derivazione dell'ignoto dal già noto. Questo metodo si basa sulla logica formale, in cui si stabiliscono premesse e si trae una conclusione logicamente valida.

2) Quali sono le tre vie attraverso le quali gli uomini possono dare l'assenso alla verità contenuta nel Corano?
Le tre vie attraverso le quali gli uomini possono dare l'assenso alla verità contenuta nel Corano sono:

L'assenso dato alla dimostrazione razionale.
L'assenso dato alle dispute dialettiche.
L'assenso dato ai discorsi retorici.

3) Che cosa significa che il Profeta, cioè Maometto, fu inviato da Dio con un messaggio «al bianco e al nero»?
Quando si dice che il Profeta Maometto fu inviato da Dio con un messaggio "al bianco e al nero", si fa riferimento al fatto che il suo messaggio divino era universale e destinato a tutte le persone, senza distinzione di razza, etnia o classe sociale. In altre parole, il messaggio del Profeta era rivolto a tutte le persone, indipendentemente dal loro colore della pelle o da altre caratteristiche esterne. Questo sottolinea l'universalità e l'equità del messaggio islamico, che invita tutte le persone ad avvicinarsi a Dio attraverso la fede e l'osservanza dei suoi precetti, indipendentemente dalle loro differenze superficiali.

4) Elenca i diversi esiti possibili del confronto tra conclusioni filosofiche e verità religiose.
Il testo suggerisce diversi esiti possibili del confronto tra conclusioni filosofiche e verità religiose:

Concordanza: Le conclusioni filosofiche si accordano con le verità religiose. In questo caso, non vi è alcun problema di contrasto tra filosofia e religione.
Contraddizione apparente: Le conclusioni filosofiche sembrano contrastare con i testi religiosi. Tuttavia, questa apparente contraddizione può essere risolta tramite un'interpretazione allegorica dei testi religiosi. L'interpretazione allegorica permette di trasportare il significato da un piano reale a un piano metaforico, in modo da armonizzare le conclusioni filosofiche con i testi religiosi.
Ricerca di conciliazione: Se vi è una contraddizione apparente tra le conclusioni filosofiche e i testi religiosi, si può intraprendere una ricerca per trovare altre affermazioni nei testi religiosi che confermino o avvicinino la verità delle conclusioni filosofiche. Questo processo di ricerca e interpretazione mira a conciliare l'intelletto e la tradizione rivelata.

In sintesi, il confronto tra conclusioni filosofiche e verità religiose può portare alla concordanza, alla necessità di interpretazione allegorica dei testi religiosi o alla ricerca di altre affermazioni nei testi religiosi per conciliare le due prospettive.

5) Che cosa bisogna fare in caso di contrasto?
In caso di contrasto tra le conclusioni della speculazione filosofica e il senso apparente delle Scritture, secondo quanto esposto nel testo, bisogna ricorrere all'interpretazione allegorica delle Scritture stesse. Questo significa trasportare l'argomentazione da un piano reale a un piano metaforico, in modo da conciliare l'intelletto e la tradizione rivelata. Questo approccio mira a trovare un accordo tra la ragione e la fede, consentendo una comprensione più profonda e armoniosa delle verità religiose e filosofiche.

6) Che cos'è l'interpretazione allegorica?
L'interpretazione allegorica, come descritto nel testo di Averroè, è un metodo di interpretazione dei testi sacri che consiste nel trasportare l'argomentazione da un piano reale a un piano metaforico. Questo significa che si cerca di comprendere il significato di un testo non solo letteralmente ma anche attraverso simboli, metafore o analogie. In pratica, si cerca di interpretare i passaggi dei testi sacri in modo non letterale, piuttosto simbolico o metaforico, in modo da conciliare eventuali apparenti contraddizioni con le conclusioni raggiunte attraverso il ragionamento razionale o filosofico. Questo metodo di interpretazione viene spesso utilizzato quando il senso letterale di un testo sembra contraddire le conclusioni raggiunte attraverso la ragione o la filosofia, e si ritiene che l'interpretazione allegorica possa portare a una maggiore coerenza e comprensione dei testi sacri.


Guida alla Comprensione


1) Spiega su quale fondamento Averroè poggia il suo pronunciamento, secondo il quale la filosofia non solo è lecita ma è obbligatoria.
Averroè poggia il suo pronunciamento sulla liceità e l'obbligatorietà della filosofia su un fondamento che combina due aspetti principali:

Interpretazione del Corano: Averroè cita passaggi del Corano per dimostrare che la Legge religiosa invita gli uomini a riflettere sull'universo e sulla creazione. Ad esempio, fa riferimento a versetti che esortano all'osservazione e alla speculazione sugli esseri esistenti. Egli interpreta questi passaggi come un incoraggiamento alla ricerca razionale e alla speculazione filosofica.
Logica Razionale: Averroè sostiene che l'indagine razionale sugli esseri esistenti è essenziale per comprendere la realtà e che questo procedimento non solo è lecito ma anche obbligatorio secondo la Legge religiosa. Egli fa ricorso alla logica razionale per sostenere che l'uso del ragionamento intellettuale è una via per dedurre e derivare l'ignoto dal già noto, attraverso il sillogismo o il processo di ragionamento deduttivo.

In sintesi, Averroè basa il suo pronunciamento sulla liceità e l'obbligatorietà della filosofia sia sull'interpretazione del Corano che sull'uso della logica razionale, sostenendo che entrambi invitano gli uomini a cercare la conoscenza e la comprensione della realtà.

2) Spiega in che modo Averroè legittima lo studio dei filosofi del passato, come Aristotele, il suo punto di riferimento.
Averroè legittima lo studio dei filosofi del passato, come Aristotele, attraverso diversi argomenti nel suo trattato. Innanzitutto, Averroè sostiene che la Legge religiosa musulmana non solo consente, addirittura richiede l'uso del ragionamento e dell'indagine razionale sugli esseri esistenti. Egli cita versetti del Corano che invitano gli uomini a riflettere sull'universo e sulla creazione, indicando che l'uso del ragionamento è non solo lecito ma anche obbligatorio.

In secondo luogo, Averroè evidenzia che lo studio della realtà esistente attraverso il ragionamento razionale è un compito che richiede un progresso graduale e che si avvale dei contributi dei predecessori, analogamente a quanto avviene nelle scienze matematiche e nel diritto. Egli stabilisce un'analoga necessità di studiare e approfondire le opere dei filosofi del passato per progredire nella comprensione della verità.

Infine, Averroè argomenta che non può esserci alcuna contraddizione tra i risultati raggiunti per via dimostrativa dai filosofi e le verità rivelate nel Corano. Egli suggerisce che se sembra esserci una contraddizione, allora i testi religiosi devono essere interpretati allegoricamente per armonizzarli con le conclusioni della filosofia. Questo implica che lo studio dei filosofi del passato, come Aristotele, è non solo legittimato ma anche necessario per comprendere appieno la verità divina e la natura dell'universo.

3) Quale posizione assume, in questo testo, Averroè sul rapporto tra verità religiosa e ricerca filosofica?
Averroè nel testo presenta una posizione che promuove un accordo armonioso tra verità religiosa e ricerca filosofica. Egli sostiene che la Legge religiosa non solo permette ma addirittura richiede l'indagine razionale sugli esseri esistenti. Averroè cita passaggi del Corano per mostrare che l'uso del ragionamento intellettuale è incoraggiato dalla religione stessa. Afferma inoltre che la ricerca filosofica dovrebbe avvalersi dei risultati raggiunti dai filosofi del passato, esprimendo gratitudine e rispetto per il loro contributo. Averroè sottolinea che non dovrebbe esserci contraddizione tra i risultati raggiunti dalla filosofia e le verità rivelate nel Corano. Infatti, sostiene che se ci sono apparenti contraddizioni, queste devono essere interpretate in modo allegorico per armonizzarle con la filosofia. In sostanza, Averroè propone che la ricerca filosofica e la verità religiosa possono coesistere e integrarsi armoniosamente, poiché entrambe mirano alla ricerca della verità ultima.

4) In quale circostanza e con quale fine il filosofo può e deve ricorrere all'interpretazione allegorica, anche confrontando passi diversi del Corano?
Il filosofo può e deve ricorrere all'interpretazione allegorica quando le conclusioni a cui giunge attraverso la dimostrazione contrastano con il senso apparente dei passaggi del Corano. Questo si verifica quando l'interpretazione letterale dei testi sacri sembra in conflitto con le scoperte filosofiche o scientifiche. In questa circostanza, l'interpretazione allegorica viene utilizzata per armonizzare la filosofia con la religione. Questo approccio permette di trasportare il significato delle Scritture da un piano reale a un piano metaforico, consentendo una conciliazione tra le verità rivelate e le conclusioni raggiunte attraverso il ragionamento razionale. Tale interpretazione allegorica può anche coinvolgere il confronto tra diversi passaggi del Corano al fine di trovare convergenze o armonizzazioni tra di essi.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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