Cartesio - Cosa si può revocare in dubbio


Immagine Cartesio
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Le Meditazioni sulla filosofia prima di Cartesio sono sei riflessioni sviluppate in sei giornate separate, durante le quali il filosofo esamina l'esistenza di Dio e la distinzione reale tra l'anima e il corpo umano. Ogni meditazione ha un titolo specifico che chiarisce il suo argomento principale. La prima affronta il tema del dubbio metodico; la seconda si concentra sulla natura della mente umana; la terza discute l'esistenza di Dio; la quarta analizza il concetto di verità e falsità; la quinta esplora l'essenza delle cose materiali e l'esistenza di Dio; infine, la sesta meditazione tratta dell'esistenza delle cose materiali e della distinzione reale tra mente e corpo. Cartesio considera il dubbio come uno strumento prezioso per liberarci da preconcetti e accertare la verità. Spiega come abbia messo in discussione la validità della conoscenza sensoriale, l'esistenza del corpo, del mondo esterno e la verità delle proposizioni matematiche.


Lettura


Già da alcuni anni mi sono reso conto di quanto numerose fossero le false opinioni che fin dalla mia prima età avevo ammesso come vere e quanto dubbie fossero tutte quelle che in seguito avevo costruito muovendo da esse, sicché, almeno una volta nella vita, dovevo rimuovere ogni cosa e ricominciare tutto dalle prime fondamenta, se miravo a stabilire una buona volta alcunché di saldo e duraturo nelle scienze: tale impresa mi era apparsa però ingente e, quindi, avevo atteso quell'età che fosse così matura che altra non avrebbe potuto seguirne più adatta a coltivare tali discipline. Per questo ho così a lungo indugiato, che ormai mi sentirei colpevole se impiegassi a deliberare il tempo che resta per agire. Oggi, dunque, liberata opportunamente la mia mente da ogni preoccupazione, procuratomi un ozio sicuro, raccolto in solitudine, mi applicherò finalmente con serietà ed in libertà a questa generale distruzione delle mie opinioni.

A tal fine invero non sarà necessario che mostri che sono tutte false, cosa che forse non potrei mai raggiungere; ma, poiché la ragione già persuade che bisogna rifiutare l'assenso alle opinioni non del tutto certe ed indubitabili non meno accuratamente che a quelle sicuramente false, per rifiutarle tutte sarà sufficiente che trovi in ciascuna di esse qualche motivo di dubbio. Per questo non sarà necessario che le esamini una ad una, compito che sarebbe infinito, ma poiché, scalzate le fondamenta, tutto quel che vi è stato sopra edificato crollerà da sé, prenderò innanzi tutto di mira quegli stessi principi su cui poggiava tutto ciò in cui un tempo avevo creduto.

Tutto quel che sino ad oggi ho stimato come assolutamente vero, l'ho ricevuto dai sensi o mediante i sensi; ho però appreso che questi talvolta ingannano ed appartiene alla prudenza non dar mai completa fiducia a chi anche una sola volta ci ha tratto in errore.

Per quanto si dia il caso che talvolta i sensi ci ingannino intorno a cose a stento percettibili e assai lontane, se ne trovano tuttavia molte altre di cui non si può assolutamente dubitare, sebbene le attingiamo dagli stessi sensi: ad esempio, che sono ora qui seduto accanto al fuoco con indosso una veste invernale con questo foglio tra le mani e altre cose simili. Con quale argomento si potrebbe negare che queste stesse mani sono mie e che tutto questo corpo m'appartiene? Solo, forse, se mi uguaglio a non so quali insensati, il cui cervello è così sconvolto dai persistenti vapori dell'atra bile, che non fanno che asserire di essere re, quando non sono che miserabili, o di indossare porpore mentre sono nudi o di avere il capo d'argilla o d'essere tutti come zucche o fatti di vetro; questi sono però dementi ed io stesso apparirei non meno demente, se per qualcosa li prendessi come esempio.

Bene – certo – come se non fossi uomo che di notte son solito dormire e, quindi, nei sogni subire quelle medesime cose – a volte anche meno credibili – che questi dementi subiscono mentre son desti. Quante volte, infatti, la quiete della notte non mi persuade che son qui, vestito, seduto accanto al fuoco, tutte cose abituali, quando invece, dopo essermi spogliato, giaccio sotto le coltri? Ora con occhi certamente desti vedo questo foglio, questo capo che muovo non è assopito e, prudente e consapevole, allungo questa mano e «la» sento; a chi dorme tutte queste cose non apparirebbero così distintamente. Non ricordo forse di esser stato altre volte ingannato da simili pensieri mentre stavo dormendo? Quando rifletto con più attenzione su queste cose, vedo tanto chiaramente che non si danno mai indizi certi per poter distinguere la veglia dal sonno che rimango attonito e questo stesso stupore quasi mi rafforza nell'opinione che sto dormendo.

Suvvia, immaginiamo dunque che stiamo dormendo e che tutti questi particolari, aprire gli occhi, muovere il capo, stendere le mani non siano veri e che forse non abbiamo neppure tali mani e tutto questo corpo; tuttavia si deve certamente ammettere che le cose che vediamo nella quiete del sonno sono come certe immagini dipinte che non avremmo potuto fingere se non a somiglianza delle cose vere e che pertanto almeno queste cose generali, occhi, capo, mani e tutto il corpo, non sono certe cose immaginarie, ma esistono veramente. È certo infatti che gli stessi pittori, anche quando si sforzano di rappresentare Sirene e Satiri in forme particolarmente inusitate, non possono prestar loro nature completamente nuove, ma soltanto mettere insieme membra di animali diversi o, se per caso escogitano qualcosa di così nuovo che non si sia mai visto nulla di simile ad esso e – quindi – che sia completamente immaginato e falso, è tuttavia certo che almeno i colori con cui lo compongono debbono essere veri.

Per identica ragione, anche se queste cose generali, occhi, capo, mano e simili potessero essere immaginarie, non si può tuttavia non ammettere che siano quantomeno vere certe altre cose ancora più semplici ed universali da cui, come dai veri colori, si formano tutte queste immagini delle cose – vere o false che siano – che sussistono nel nostro pensiero. Sembrano essere di questo genere la natura corporea in generale e la sua estensione, la figura delle cose estese, come pure la quantità o la loro grandezza e il loro numero, e, ancora, il luogo in cui si trovano, il tempo per il quale durano simili.

Per questo, forse, da queste cose concluderemo non erroneamente che la Fisica, l'Astronomia, la Medicina e tutte le altre discipline che dipendono dalla considerazione delle cose composte sono davvero dubbie, mentre l'Aritmetica, la Geometria ed altre di ugual natura, che trattano solo di cose semplicissime ed essenzialmente generali, senza darsi molta cura se queste esistano o no in Natura, contengono alcunché di certo e di indubitabile. Infatti, sia che vegli o che dorma, due congiunto a tre dà cinque e il quadrato non ha più di quattro lati, né sembra possa darsi che verità tanto trasparenti possano essere sospettate di falsità.

Tuttavia è radicata nella mia mente una certa vecchia opinione e cioè che ci sia un Dio che può ogni cosa e che mi abbia creato così come esisto. Donde so però che egli non abbia fatto sì che non esista assolutamente terra alcuna, cielo alcuno, nessuna cosa estesa, nessuna figura, nessuna grandezza, nessun luogo e tuttavia che tutte queste cose mi sembrino esistere non altrimenti da come ora le vedo? Anzi, proprio come stimo che talvolta altri errino intorno a quelle cose che pensano di conoscere perfettamente, non potrei parimenti ingannarmi ogniqualvolta metto insieme due e tre o conto i lati del quadrato o quando – posto che vi sia – immagino qualcosa di ancor più semplice?

Forse Dio non ha però voluto che mi ingannassi in tal modo: si dice infatti che sia sommamente buono; se ripugnasse però alla sua bontà l'avermi creato in modo che mi inganni sempre, sembrerebbe pure estraneo a tale bontà permettere che mi inganni qualche volta, il che non può davvero dirsi che non avvenga.

Potrebbero esserci persone che preferirebbero negare un Dio tanto potente, piuttosto che credere che tutte le altre cose siano incerte. Non opponiamoci però ad esse e concediamo che tutto quel che abbiamo detto di Dio non sia che immaginario: suppongano pure che sia giunto ad esser quel che sono o per il fato o per il caso o per un continuo concatenamento delle cose o in qualsiasi altro modo. Poiché ingannarsi ed errare sembrano essere imperfezioni, quanto meno potente sarà l'autore che quelli attribuiranno alla mia origine, tanto più probabile sarà che io sia così imperfetto da ingannarmi continuamente.

A tali argomenti non ho certo che cosa rispondere, ma, alla fine, sono costretto a riconoscere che, tra tutte le opinioni che una volta stimavo vere, non ve n'è alcuna di cui non sia consentito dubitare e ciò non per storditaggine o superficialità, ma per valide e meditate ragioni: pertanto, se intendo scoprire qualcosa di certo, debbo accuratamente sospendere l'assenso a queste cose non meno che a quelle manifestamente false.

Non è ancora sufficiente aver richiamato l'attenzione su tutto ciò, debbo anche curare di ricordarmene, ché le opinioni consuete ricorrono assiduamente e occupano la mia mente – come se questa, quasi contro la mia volontà, si fosse concessa loro a causa di una perdurante abitudine e per diritto di familiarità; e non mi staccherò dalla consuetudine di assentire e di prestar loro fede, finché supporrò che esse siano quali effettivamente sono, cioè in qualche modo dubbie, come ho già mostrato, e tuttavia assai probabili, tanto che vi sono più motivi di consentire ad esse che di negarle.

Penso perciò che non agirò male se, volta la mia volontà in direzione affatto opposta, ingannerò me stesso e per un certo tempo fingerò che tali cose siano del tutto false ed immaginarie, fino a che, uguagliati, per così dire, i pesi degli opposti pregiudizi, nessuna cattiva consuetudine possa più sviare il mio giudizio dalla retta percezione delle cose. So infatti che nel frattempo da ciò non potrà seguire nulla di pericoloso o di errato e che non potrò indulgere più di quel che sia giusto alla diffidenza, ché ora mi applico non tanto all'azione quanto alla conoscenza.

Supporrò dunque che vi sia non un Dio ottimo, fonte di verità, ma un qualche genio maligno e nel contempo sommamente potente ed astuto, che abbia posto tutta la sua operosità nell'ingannarmi: stimerò che il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne non siano altro che illusioni dei sogni con cui «quel genio» ha teso insidie alla mia mente.

Supporrò di essere senza mani, senza occhi, senza carne, senza sangue, privo di qualsiasi senso e di possedere queste cose solo per falsa opinione: rimarrò fermo con ostinazione in questi pensieri e così, anche se non sarà in mio potere conoscere qualcosa di vero, almeno mi guarderò con animo risoluto – cosa che sta a me – dall'assentire a quanto è falso, affinché questo impostore, per quanto potente ed astuto, non possa impormi cosa alcuna.

Questo progetto appare però faticoso e una certa pigrizia mi riconduce al corso ordinario della mia esistenza. Non diversamente da uno schiavo che per avventura goda nel sonno di una grande libertà d'immaginare, quando poi incomincia a sospettare di star dormendo, nel timore di esser svegliato, si fa complice deliberato di quella piacevole illusione, così anch'io, spontaneamente, scivolo giù tra le mie vecchie opinioni, temo di esser svegliato e che la veglia faticosa, succedendo a questa placida quiete, debba trascorrere non nella luce, ma tra le inestricabili tenebre delle difficoltà cui abbiamo già dato avvio.


Guida alla lettura


1) Usando l'immagine dell'edificio della conoscenza, spiega quali mattoni-idee Cartesio propone di scartare e in quale ordine.
Descartes, utilizzando l'immagine dell'edificio della conoscenza, propone di scartare i mattoni-idee della sua precedente conoscenza in modo da ricostruire su basi solide e indubitabili. Nel testo, propone di scartare i seguenti mattoni-idee:

Percezioni sensoriali ingannevoli: Descartes mette in dubbio le percezioni sensoriali, considerando che i sensi possono ingannare. Quindi suggerisce di scartare il mattone-idea delle percezioni sensoriali come fondamento affidabile per la conoscenza.
Esistenza del mondo esterno: Descartes ipotizza che tutto ciò che percepisce potrebbe essere un'illusione, creata da un genio maligno per ingannarlo. Quindi propone di scartare il mattone-idea dell'esistenza del mondo esterno come conosciamo.
Certezze razionali sulla realtà esterna: Anche le certezze razionali sulla realtà esterna vengono messe in discussione, poiché potrebbero essere false. Descartes propone quindi di scartare il mattone-idea delle certezze razionali sulla realtà esterna.
Fiducia nell'esistenza di Dio: Descartes mette in discussione anche la sua fiducia nell'esistenza di Dio, considerando la possibilità che un genio maligno possa ingannarlo su questo punto. Quindi propone di scartare il mattone-idea della fiducia nell'esistenza di Dio come fonte di verità.
Prendere le percezioni sensoriali come vere: Descartes riconosce che anche se le percezioni sensoriali possono essere ingannevoli, spesso sembrano così reali da non essere dubitate. Propone quindi di scartare il mattone-idea di accettare le percezioni sensoriali come vere senza alcun dubbio.

In sostanza, Descartes propone di smantellare l'intero edificio della sua conoscenza precedente, scartando tutti i mattoni-idee che potrebbero essere soggetti al dubbio, per poi ricostruire su basi più solide e indubitabili.

2) Quali elementi di realtà Cartesio riconosce nei sogni?
In base al testo fornito, Cartesio riconosce che nei sogni vi sono delle leggi di natura che regolano le esperienze sensoriali, che quindi anche durante i sogni esistono delle realtà che servono da base per le esperienze oniriche. Descrive che durante il sonno può percepire cose che sembrano altrettanto reali di quelle della veglia, come ad esempio il fatto di essere seduto accanto al fuoco, vestito, con un foglio tra le mani. Queste esperienze durante il sonno sono così convincenti che, al risveglio, si può dubitare se ciò che si è sperimentato fosse reale o fosse un sogno. Questo suggerisce che, nonostante il potenziale per l'inganno nei sogni, ci sono elementi di realtà che persistono anche in uno stato onirico.

3) Da che cosa dipende la resistenza ad abbandonare le idee di cui pur conosciamo l'incertezza?
La resistenza ad abbandonare le idee di cui si conosce l'incertezza, come evidenziato nel testo di Descartes sopra citato, può dipendere da diverse ragioni:

Abitudine: Le opinioni consuete e le credenze radicate possono continuare a influenzare il pensiero nonostante si conosca la loro incertezza. La mente umana tende a ricadere nelle abitudini di pensiero e a concedere fiducia a ciò che è familiare, anche se razionalmente si comprende la loro fallacia.
Comfort dell'ignoranza: Cambiare le proprie opinioni o credenze richiede sforzo e spesso comporta l'abbandono di una sorta di "sicurezza" derivante dalla familiarità con le idee precedenti, anche se si sa che sono incerte. È più confortevole rimanere nella zona di comfort dell'ignoranza piuttosto che affrontare le sfide e le incertezze associate alla ricerca della verità.
Timore delle conseguenze: Il timore di affrontare le difficoltà e le conseguenze che potrebbero derivare dall'abbandonare le idee consolidate può essere un deterrente. Descartes, ad esempio, esprime il timore di svegliarsi da un "piacevole sonno" delle illusioni e dover affrontare le difficoltà della realtà.

In sintesi, la resistenza ad abbandonare le idee incerte può derivare dalla persistenza delle abitudini mentali, dal comfort dell'ignoranza e dal timore delle conseguenze che potrebbero derivare da un cambiamento di prospettiva.

4) Perché l'idea di Dio è a prima vista incompatibile con l'inganno?
L'idea di Dio è a prima vista incompatibile con l'inganno perché tradizionalmente Dio è considerato come l'essenza suprema di bontà e verità. Nella meditazione di Descartes, l'ipotesi dell'esistenza di un genio maligno astuto e potente che si dedica a ingannarlo contrasta con l'idea di un Dio buono e veritiero.

Descartes, nella sua ricerca della verità, riflette sulla possibilità che Dio abbia creato un essere imperfetto come lui, suscettibile all'inganno e all'errore. Tuttavia, poiché tradizionalmente si attribuiscono a Dio qualità come la bontà e la verità, l'idea di un Dio che permetta l'inganno sembra inizialmente contraddittoria.

La domanda su come conciliare l'idea di Dio con la possibilità dell'inganno costituisce una parte significativa della ricerca filosofica di Descartes e rappresenta un punto cruciale nella sua meditazione sulla natura della conoscenza e della realtà.


Guida alla Comprensione


1) Spiega la rilevanza dell'esempio del sogno per l'estensione del dubbio ad ogni tipo di credenza.
Nel testo, Descartes utilizza l'esempio del sogno per evidenziare l'estensione del dubbio a ogni tipo di credenza. Egli osserva che durante i sogni si possono vivere esperienze che sembrano altrettanto reali di quelle della veglia. In questo stato di sonno, le persone possono sperimentare eventi e percezioni che sembrano perfettamente reali, anche se non lo sono.

Questa riflessione suggerisce che ciò che percepiamo come realtà potrebbe essere soggetto a dubbi e illusione. Se durante il sonno si possono sperimentare esperienze che sembrano reali ma non lo sono, come possiamo essere certi che le nostre percezioni durante lo stato di veglia siano veramente reali? Descartes solleva quindi la possibilità che tutto ciò che crede sia vero potrebbe essere solo un'illusione, creata magari da un genio maligno o da qualche altra fonte ingannevole.

Questo esempio del sogno è rilevante perché mette in discussione la validità delle nostre percezioni e delle nostre credenze più profonde, suggerendo che dobbiamo essere scettici riguardo a tutto ciò che accettiamo come vero, finché non abbiamo prove certe che lo confermino.

2) Perché l'idea di un Dio buono non può sciogliere i dubbi sugli inganni dell'esperienza?
L'idea di un Dio buono non è in grado di sciogliere i dubbi sugli inganni dell'esperienza, come evidenziato nel testo sopra citato, poiché sorgono delle problematiche legate alla natura stessa di questo Dio. Descartes si interroga sul fatto che, se Dio è sommamente buono, non dovrebbe permettere che gli esseri umani siano costantemente ingannati. Tuttavia, se permette che ciò accada anche solo occasionalmente, allora la sua bontà viene messa in dubbio.

Inoltre, Descartes sottolinea che, sebbene creda nell'esistenza di un Dio buono, non può essere certo che tale credenza non sia anch'essa frutto di un inganno. Egli si mette dunque in discussione, supponendo che tutto ciò che crede sia il prodotto di un genio maligno che si dedica a ingannarlo.

Pertanto, l'idea di un Dio buono non risolve il dilemma degli inganni dell'esperienza, poiché solleva ulteriori interrogativi sulla natura di Dio e sulla veridicità delle sue percezioni.

3) Perché Cartesio ritiene preferibile l'ipotesi del genio maligno per poter perseguire con maggior rigore la ricerca di verità certe?
Cartesio ritiene preferibile l'ipotesi del genio maligno perché gli consente di adottare una metodologia più rigorosa nella ricerca della verità certa. Egli intende mettere alla prova tutte le sue convinzioni, sospendendo il giudizio su tutto ciò che considera vero fino a quel momento. Supponendo l'esistenza di un genio maligno che lo inganna, Cartesio è determinato a non accettare nulla che possa essere falso, nemmeno se sembra ovvio o intuitivamente vero. Questo approccio gli consente di esercitare un controllo più stretto sulla sua mente e di evitare di dare per scontate convinzioni che potrebbero essere soggette a dubbi o inganni.

Pur riconoscendo che questa ricerca della verità certa richiede uno sforzo considerevole e che potrebbe essere più facile cedere alle convinzioni abituali, Cartesio è determinato a perseverare in questo cammino per evitare di essere ingannato e per raggiungere una conoscenza più solida e indubitabile.

4) Descrivi i costi dello stato di veglia della mente, che il filosofo si impone.
Nel testo, Descartes descrive i costi dello stato di veglia mentale che si impone nel tentativo di mettere in discussione tutte le sue conoscenze pregresse e sospettare che tutto ciò che percepisce possa essere falso.

Questo stato di vigilanza mentale richiede uno sforzo considerevole e una volontà decisa. Descartes riconosce che il suo progetto di mettere in dubbio tutte le sue conoscenze pregresse e considerare l'ipotesi di un genio maligno che lo inganna richiede uno sforzo mentale costante e faticoso.

Inoltre, si rende conto che questo stato di sospetto e vigilanza continua potrebbe interferire con la sua vita quotidiana, rendendo difficile il compimento delle azioni quotidiane in modo efficiente.

Infine, Descartes nota che esiste il rischio di ritornare alle sue vecchie opinioni e credenze, abbandonando lo sforzo di mettere in discussione le sue conoscenze pregresse e accettando le comodità della consuetudine. Questo comporterebbe un ritorno alla sua vita precedente, evitando così di affrontare le difficoltà e le incertezze che emergono dalla sua analisi filosofica.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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