Friedrich Nietzsche - Sana aristocrazia e gerarchia naturale


Immagine Friedrich Nietzsche
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel nono capitolo di "Al di là del bene e del male", Nietzsche sostiene che per migliorare la specie umana si dovrebbe ritornare a una società basata su caste, strutturata secondo una gerarchia naturale. Negli aforismi 258 e 259, Nietzsche esprime due idee fondamentali:
Gli aristocratici dovrebbero emergere al di sopra degli altri uomini utilizzando la loro energia vitale, similmente alla liana assassina che si arrampica sugli altri alberi fino a soffocarli, per poi svettare trionfante.
L'ideale di uguaglianza sostenuto dai democratici e dai socialisti deve essere sconfitto, poiché è in contrasto con le leggi della vita. La vita, secondo Nietzsche, è intrinsecamente violenza, sfruttamento e sopraffazione, dominata dalle volontà di potenza.


Lettura


258. [...] L’essenziale [...] di una buona e sana aristocrazia è che essa non si avverta come funzione (sia della regalità che della comunità), bensì come senso e come suprema giustificazione di queste – che accolga perciò con tranquilla coscienza il sacrificio di innumerevoli esseri umani che per amor suo devono essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire uomini incompleti, schiavi, strumenti.

La sua convinzione fondamentale deve essere appunto questa: che la società non può esistere per amore della società, bensì soltanto come infrastruttura e impalcatura, su cui una specie prescelta di individui è in grado di innalzarsi al suo compito superiore e soprattutto a un essere superiore: a somiglianza di quelle piante rampicanti giavanesi, avide di sole – sono chiamate Sipo Matador – che avvinghiano tenacemente con le loro braccia una quercia così a lungo e ripetutamente, che riescono infine a dischiudere in aperta luce, alta su di essa, anche se su di essa appoggiata, la loro corolla e a mettere così in mostra la loro felicità.

259. Trattenerci reciprocamente dall’offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, stabilire un’eguaglianza tra la propria volontà e quella dell’altro: tutto questo può, in un certo qual senso grossolano, divenire una buona costumanza tra individui, ove ne siano date le condizioni (vale a dire la loro effettiva somiglianza in quantità di forza e in misure di valore, nonché la loro mutua interdipendenza all’interno di un unico corpo).

Ma appena questo principio volesse guadagnare ulteriormente terreno, addirittura, se possibile, come principio basilare della società, si mostrerebbe immediatamente per quello che è: una volontà di negazione della vita, un principio di dissoluzione e di decadenza.

Su questo punto occorre rivolgere radicalmente il pensiero al fondamento e guardarsi da ogni debolezza sentimentale: la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare – ma a che scopo si dovrebbero sempre usare proprio queste parole, sulle quali da tempo immemorabile si è impressa un’intenzione denigratoria?

Anche quel corpo all’interno del quale, come è stato precedentemente ammesso, i singoli si trattano da eguali – ciò accade in ogni sana aristocrazia – deve anch’esso, ove sia un corpo vivo e non moribondo, fare verso gli altri corpi tutto ciò da cui vicendevolmente si astengono gli individui in esso compresi: dovrà essere la volontà di potenza in carne e ossa, sarà volontà di crescere, di estendersi, di attirare a sé, di acquistare preponderanza – non trovando in una qualche moralità o immoralità il suo punto di partenza, ma per il fatto stesso che esso vive, e perché vita è precisamente volontà di potenza.

In nessun punto, tuttavia, la coscienza comune degli Europei è più riluttante all’ammaestramento di quanto lo sia a questo proposito; oggi si vaneggia in ogni dove, perfino sotto scientifici travestimenti, di condizioni di là da venire della società, da cui dovrà scomparire il suo «carattere di sfruttamento» – ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si astenesse da ogni funzione organica.

Lo «sfruttamento» non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. Ammesso che questa, come teoria, sia una novità – come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia fino a questo punto sinceri verso se stessi!


Guida alla lettura


1) Come si devono sentire gli aristocratici nei confronti degli altri uomini?
Gli aristocratici, secondo Nietzsche, dovrebbero sentirsi superiori agli altri uomini e considerarsi come il senso e la suprema giustificazione della società. Dovrebbero accettare con tranquilla coscienza il sacrificio di innumerevoli esseri umani che devono essere spinti in basso e diminuiti fino a diventare uomini incompleti, schiavi e strumenti per il loro innalzamento. Questa convinzione si basa sull'idea che la società non esiste per amore della società stessa ma come infrastruttura su cui una specie prescelta di individui può elevarsi a un essere superiore.

2) In che modo Nietzsche caratterizza l’essenza della vita?
Nietzsche caratterizza l'essenza della vita come appropriazione, offesa, sopraffazione, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, incorporazione e sfruttamento. Sottolinea che queste azioni, spesso considerate negativamente, sono in realtà parte integrante della vita stessa. La vita è volontà di potenza, un desiderio intrinseco di crescere, estendersi, attirare a sé e ottenere preponderanza. Questo principio si manifesta non solo negli individui ma anche nei corpi sociali come le aristocrazie, che devono esercitare la loro volontà di potenza verso l'esterno per rimanere vivi e vitali. Nietzsche critica l'idea utopica di una società senza sfruttamento, affermando che lo sfruttamento è una funzione organica fondamentale della vita, radicata nella volontà di potenza che caratterizza ogni essere vivente.

3) Come devono agire gli aristocratici nei confronti degli altri uomini?
Gli aristocratici, secondo Nietzsche, devono innalzarsi al di sopra degli altri uomini utilizzando la loro energia vitale e la loro volontà di potenza. Devono accettare con tranquilla coscienza il sacrificio di innumerevoli esseri umani che, per amor loro, devono essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire uomini incompleti, schiavi, strumenti.

La loro convinzione fondamentale deve essere che la società non può esistere per amore della società stessa, bensì come infrastruttura su cui una specie prescelta di individui possa innalzarsi a un compito superiore e a un essere superiore.

Inoltre, Nietzsche afferma che la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie e sfruttamento . Anche all'interno di una sana aristocrazia, dove gli individui si trattano da eguali, il corpo aristocratico nel suo insieme deve comportarsi nei confronti degli altri corpi (società) con volontà di potenza, cercando di crescere, estendersi e acquistare preponderanza.


Guida alla Comprensione


1) Nietzsche usa la metafora assai efficace della liana assassina per parlare del modo in cui devono agire gli aristocratici. Spiegane il significato.
Nietzsche usa la metafora della liana assassina (Sipo Matador) per illustrare come gli aristocratici dovrebbero agire per elevarsi al di sopra degli altri uomini. Questa pianta rampicante avvolge tenacemente una quercia, sfruttando la sua forza e stabilità per crescere e salire sempre più in alto fino a soffocarla, per poi dischiudere la propria corolla in piena luce, alta sulla quercia stessa. In questo contesto, la liana rappresenta gli aristocratici, mentre la quercia simboleggia la massa degli uomini comuni.

Il significato di questa metafora è che gli aristocratici devono utilizzare la loro energia vitale e la loro volontà di potenza per innalzarsi sfruttando e sopraffacendo gli altri, proprio come la liana sfrutta la quercia. Nietzsche suggerisce che questa è la legge naturale della vita, caratterizzata da violenza, sfruttamento e sopraffazione. La felicità e la realizzazione degli aristocratici derivano dalla loro capacità di emergere al di sopra degli altri, anche a costo del sacrificio e della diminuzione di innumerevoli esseri umani, trasformati in uomini incompleti, schiavi e strumenti.

2) Spiega in che senso, secondo Nietzsche, l’uguaglianza è un principio che nega la vita.
Secondo Nietzsche, l'uguaglianza è un principio che nega la vita perché contrasta con le leggi fondamentali della natura e della vita stessa. Egli afferma che la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione e sfruttamento di tutto ciò che è estraneo e più debole. La volontà di potenza, che è alla base della vita, implica una continua lotta per la superiorità e il dominio.

Quando Nietzsche parla di "eguaglianza", si riferisce a un ideale sostenuto dai democratici e dai socialisti che vuole stabilire una parità tra le volontà degli individui, impedendo l'offesa, la violenza e lo sfruttamento reciproco. Egli riconosce che questa parità può avere un senso tra individui simili in forza e valore, che sono interdipendenti all'interno di un unico corpo sociale. Tuttavia, quando questo principio di uguaglianza viene esteso come principio basilare della società, Nietzsche lo vede come una negazione della vita stessa.

Egli sostiene che una società sana deve permettere agli individui superiori, agli aristocratici, di elevarsi al di sopra degli altri, anche a costo di sacrificare innumerevoli esseri umani che devono essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire strumenti e schiavi. Questo riflette la sua convinzione che la società esiste non per se stessa ma come struttura che consente a una specie prescelta di individui di innalzarsi e raggiungere un compito superiore.

In sintesi, per Nietzsche, l'uguaglianza è un principio di dissoluzione e decadenza perché contrasta con la volontà di potenza e il carattere essenziale della vita, che è dominazione e sfruttamento. L'ideale di uguaglianza, secondo lui, equivale a promettere una vita che si astenga da ogni funzione organica vitale, un concetto che egli considera impossibile e innaturale.

3) Quale ruolo gioco il concetto di volontà di potenza nella descrizione dei rapporti tra gli uomini?
Nel testo di Nietzsche, il concetto di "volontà di potenza" gioca un ruolo centrale nella descrizione dei rapporti tra gli uomini. Egli sostiene che la vita stessa è essenzialmente basata sull'appropriazione, offesa, sopraffazione e sfruttamento, tutte manifestazioni della volontà di potenza.

Aristocrazia e gerarchia naturale: Nietzsche afferma che una buona e sana aristocrazia si considera la suprema giustificazione della società e accoglie con coscienza tranquilla il sacrificio di innumerevoli esseri umani. Questi individui devono essere spinti in basso e diminuiti fino a divenire uomini incompleti, schiavi e strumenti. Questa élite si innalza come la liana assassina (Sipo Matador), che soffoca gli altri alberi per svettare felicemente sopra di essi. Questo simbolismo rappresenta la volontà di potenza degli aristocratici di elevarsi al di sopra degli altri.

Critica dell'uguaglianza: Nietzsche critica l'ideale di uguaglianza sostenuto dai democratici e dai socialisti, considerandolo contrario alle leggi della vita. Per lui, la vita è intrinsecamente violenza, sfruttamento e sopraffazione. Stabilire un'uguaglianza tra le volontà degli individui è visto come una negazione della vita e un principio di dissoluzione e decadenza. In una società sana, anche all'interno di un corpo aristocratico dove gli individui si trattano da eguali, il corpo stesso deve esercitare la volontà di potenza verso gli altri corpi.

Essenza della vita e dello sfruttamento: La volontà di potenza è descritta come la volontà di crescere, di estendersi, di attirare a sé e di acquistare preponderanza. Nietzsche sottolinea che questo non è basato su moralità o immoralità ma è una caratteristica intrinseca della vita stessa. Egli critica l'idea moderna di eliminare il carattere di sfruttamento dalla società, considerandola irrealistica e contraria alla natura della vita. Lo sfruttamento è visto come una funzione organica fondamentale, derivante dalla volontà di potenza, che è l'essenza stessa del vivente.

In sintesi, Nietzsche utilizza il concetto di volontà di potenza per spiegare e giustificare le dinamiche di sopraffazione e gerarchia tra gli uomini, opponendosi agli ideali di uguaglianza e presentando lo sfruttamento come una necessità vitale.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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