Friedrich Schelling - I limiti della filosofia della riflessione
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Dopo aver completato i suoi studi universitari, Schelling si appassionò alle scienze naturali, sviluppando rapidamente una nuova concezione della natura che segnò una svolta significativa nel suo pensiero filosofico, fino ad allora influenzato dall'idealismo fichtiano. Nel suo lavoro "Idee per una filosofia della natura", Schelling propose un approccio analitico che ottenne il sostegno di Goethe, il quale vedeva con favore la possibilità di armonizzare natura e spirito. Il brano in questione mette in luce il contrasto percepito dal soggetto tra sé stesso e il mondo esterno, evidenziando le limitazioni della cosiddetta "filosofia della riflessione", che accentua la disparità tra soggetto e oggetto fino a creare un divario insuperabile: la vera filosofia dovrebbe invece ricondurre questi due elementi all'originaria unità, superando la visione negativa in cui la realtà della natura sembra opporsi all'idealità dell'azione umana.
Lettura
Come sia possibile un mondo fuori di noi, come sia possibile una natura e con essa l'esperienza, sono domande che dobbiamo alla filosofia, o, meglio, è proprio con queste domande che è sorta la filosofia. Prima gli uomini erano vissuti in una specie di filosofico stato di natura. Allora l'uomo era ancora tutt'uno con se stesso e col mondo circostante. Questo stato traspare ancora in oscure reminiscenze anche al pensatore che più se ne sia sviato.
Se deplorevoli esempi non li seducessero, molti non lo abbandonerebbero mai, e sarebbero felici in sé stessi, giacché la natura spontaneamente non emancipa nessuno dalla propria tutela, e nessuno è nato figlio della libertà. Non sarebbe neanche comprensibile come l'uomo abbia mai potuto lasciare quello stato, se non sapessimo che il suo spirito, il cui elemento è la libertà, aspira a rendersi libero, e doveva prima svincolarsi dai ceppi della natura e delle sue cure, e affidarsi alla sorte incerta delle proprie forze, per poter ritornare un giorno – come vincitore e per merito proprio – a quello stato in cui aveva trascorso ignaro di se stesso la fanciullezza della propria ragione.
Non appena l'uomo si mette in opposizione col mondo esterno (come lo faccia lo vedremo in seguito), il primo passo verso la filosofia è fatto. È con quella separazione che incomincia la riflessione: d'ora innanzi l'uomo separa ciò che la natura aveva unito per sempre, separa l'oggetto dall'intuizione, il concetto dall'immagine, e infine (facendosi oggetto a se stesso) se stesso da se stesso.
Ma questa separazione è soltanto mezzo, non fine. Infatti l'essenza dell'uomo è l'azione. Ma quanto meno egli riflette su se stesso, tanto più è attivo. La sua attività più nobile è quella che ignora sé stessa. Non appena egli si fa oggetto a se stesso, quello che agisce non è più l'uomo intero: egli ha soppresso una parte della sua attività per poter riflettere sull'altra.
L'uomo non è nato per sperperare la sua forza spirituale nella lotta contro il fantasma di un mondo immaginario, ma per esercitare tutte le sue forze nei confronti di un mondo che influisce su di lui, e gli fa sentire la propria potenza, e sul quale a sua volta egli può agire di rimando: fra di lui e il mondo non si deve dunque stabilire un abisso; fra di essi dev'essere possibile il contatto e l'azione reciproca, poiché solo così l'uomo diventa uomo. Originariamente vi è nell'uomo un equilibrio assoluto delle forze e della coscienza. Ma con la libertà egli può distruggere questo equilibrio, per ristabilirlo di nuovo sempre con la libertà. Ma solo nell'equilibrio delle forze è la salute.
La mera riflessione è dunque una malattia dello spirito umano, non solo, ma quando estende il suo dominio su tutto quanto l'uomo, è quella malattia che uccide in germe la sua più alta esistenza, e alle radici la sua vita spirituale, che rampolla solo dall'identità. Essa è un male che accompagna l'uomo nella vita, e distrugge in lui ogni intuizione anche nel caso dei più comuni oggetti della conoscenza.
La sua opera di scissione non si limita però soltanto al mondo fenomenico: essa, separando da quest'ultimo il principio spirituale, riempie il mondo intellettuale di chimere, contro le quali, poiché stanno del tutto al di là della ragione, non è possibile lotta alcuna. Considerando il mondo come una cosa in sé che né intuizione né immaginazione, né intelletto né ragione riescono a raggiungere, essa rende permanente quella separazione fra l'uomo e il mondo.
Di contro a essa sta la vera filosofia, che considera la riflessione in generale come semplice mezzo. La filosofia deve presupporre quella separazione originaria, giacché senza di essa non avremmo alcun bisogno di filosofare. Perciò essa non accorda alla riflessione che un valore negativo. La vera filosofia parte da quella separazione originaria per riunire con la libertà ciò che nello spirito umano era originariamente e necessariamente unito, cioè per superare per sempre quella separazione; e poiché essa, nella misura in cui è stata essa stessa resa necessaria soltanto da quella scissione (a sua volta nient'altro che un male necessario), è una disciplina della ragione traviata, da questo punto di vista lavora alla propria distruzione.
Il filosofo che avesse speso tutta o una parte della sua vita a seguire la filosofia riflessiva nei suoi infiniti sdoppiamenti, per poterla poi superare fin nelle sue ultime opposizioni, si guadagnerebbe per questo servigio, che anche se negativo dovrebbe esser considerato pari agli altri più alti, il posto più degno, anche supposto che egli non dovesse avere la gioia di vedere coi suoi occhi la filosofia nella sua forma assoluta risorgere dalle lacerazioni della riflessione fine a se stessa. L'esposizione più semplice di problemi complessi è sempre la migliore. Il primo che si accorse di poter distinguere se stesso dalle cose esterne, e quindi le proprie rappresentazioni dagli oggetti, e viceversa, quegli fu il primo filosofo. Egli interruppe per primo il meccanismo del proprio pensiero, e soppresse l'equilibrio della coscienza in cui soggetto e oggetto erano intimamente uniti...
Guida alla lettura
1) Rintraccia nel testo gli elementi per definire lo stato di natura dello spirito.
Nel testo, l'autore parla del "filosofico stato di natura" in cui gli uomini vivevano prima che sorgesse la filosofia. Questo stato è descritto come un periodo in cui l'uomo era "ancora tutt’uno con se stesso e col mondo circostante". Si menziona anche che in questo stato l'uomo era in un "equilibrio assoluto delle forze e della coscienza". Tuttavia, con l'avvento della libertà, l'uomo ha potuto distruggere questo equilibrio, solo per ristabilirlo nuovamente con la libertà. Quindi, possiamo definire lo stato di natura dello spirito come un periodo in cui l'uomo viveva in armonia con sé stesso e con il mondo circostante, in un equilibrio assoluto delle forze e della coscienza.
2) Rintraccia nel testo gli elementi per definire l'età della riflessione.
Nel testo, l'autore descrive l'età della riflessione come un periodo in cui l'uomo inizia a mettersi in opposizione col mondo esterno e a separare ciò che era originariamente unito, come soggetto e oggetto, intuizione e immagine. Questo processo porta alla nascita della riflessione e alla separazione tra l'uomo e il mondo. L'autore critica questa fase definendola una "malattia dello spirito umano" che porta alla perdita dell'intuizione e all'infestazione del mondo intellettuale da parte di chimere. Tuttavia, egli suggerisce che la vera filosofia cerca di superare questa separazione e riunire ciò che è stato diviso con la libertà.
Nel contesto della nostra conversazione, possiamo comprendere che l'età della riflessione è un periodo critico in cui l'uomo inizia a separare sé stesso dal mondo esterno e a riflettere sulla propria esistenza e sulla natura circostante. Questo concetto è espresso chiaramente nella seconda parte del testo, dove si discute della natura della riflessione e dei suoi effetti sulla coscienza umana.
3) Che cosa ha spinto l'uomo ad abbandonare lo stato di innocente unità con la natura?
L'uomo è stato spinto ad abbandonare lo stato di innocente unità con la natura principalmente a causa del suo spirito, il cui elemento è la libertà, come afferma il testo. La sua aspirazione a rendersi libero ha portato l'uomo a svincolarsi dai ceppi della natura e delle sue cure. Questo desiderio di libertà ha alimentato il bisogno di superare i limiti imposti dalla natura stessa e di affermare la propria individualità e potenza.
Nella conversazione precedente, abbiamo visto come Schelling, dopo i suoi studi universitari, abbia sviluppato un interesse per le scienze naturali, portandolo a una concezione della natura che ha modificato significativamente il suo indirizzo filosofico. Questo cambiamento di prospettiva ha contribuito a separare l'uomo dal suo stato originario di unità con la natura, spingendolo verso una coscienza più riflessiva e critica, come descritto nel testo.
4) Che cosa vuol dire che la riflessione è un mezzo ma non un fine?
Nel contesto del testo, l'affermazione che la riflessione è un mezzo ma non un fine indica che la riflessione, intesa come separazione e analisi critica tra soggetto e oggetto, tra concetto e immagine, è un processo necessario all'attività filosofica ma non costituisce lo scopo ultimo della filosofia stessa. La vera filosofia, infatti, va oltre la semplice riflessione per riunire ciò che è stato separato, riportando alla luce l'unità originaria tra soggetto e oggetto, spirito e natura.
In questo contesto, la riflessione è considerata come uno strumento, un mezzo attraverso il quale l'uomo può giungere a una comprensione più profonda della realtà. Tuttavia, la filosofia non si esaurisce nella sola riflessione ma procede oltre, verso una sintesi che supera le divisioni e le separazioni, per ricondurre alla unità originaria.
5) Che cosa accade se il soggetto si sente estraneo al mondo fenomenico e separato dalla «cosa in sé»?
Se il soggetto si sente estraneo al mondo fenomenico e separato dalla "cosa in sé", secondo il testo della cronologia di questa chat, ci troviamo di fronte a una situazione in cui si instaura una profonda frattura tra il soggetto e il mondo esterno. Questa separazione, che si manifesta attraverso la percezione di un abisso tra l'io e il mondo circostante, è considerata un errore secondo il testo. La vera filosofia, come indicato nel testo, mira a superare questa separazione e a riunire l'individuo con il mondo esterno, ristabilendo così un contatto e un'azione reciproca tra di loro.
6) In che senso Schelling parla di azione reciproca tra il soggetto e il mondo?
Schelling parla di un'azione reciproca tra il soggetto e il mondo nel senso che l'uomo non è destinato a vivere in uno stato di separazione assoluta dal mondo circostante. Piuttosto, egli sostiene che l'uomo deve essere in grado di interagire attivamente con il mondo esterno, affrontando le sfide che esso presenta e mettendo in gioco le proprie capacità per influenzarlo a sua volta. Questo concetto emerge chiaramente dal testo in cui Schelling afferma che l'uomo deve esercitare tutte le sue forze nei confronti di un mondo che influisce su di lui e sul quale può agire di rimando. Questo tipo di interazione reciproca implica una relazione dinamica in cui il soggetto umano non è passivo di fronte al mondo, piuttosto partecipa attivamente alla sua trasformazione e alla propria realizzazione attraverso l'azione e l'esperienza diretta.
7) Che cosa significa il termine «negativo», attribuito alla riflessione?
Nel contesto del testo, il termine "negativo" attribuito alla riflessione indica che la riflessione è considerata come un'attività che separa e divide, anziché unire e armonizzare. La riflessione viene vista come un processo che porta alla separazione tra soggetto e oggetto, tra concetto e immagine, e infine tra l'individuo e se stesso. Questa separazione è considerata negativa perché allontana l'uomo dalla sua condizione originaria di unità con il mondo e con se stesso.
Quindi, quando si parla di "valore negativo" attribuito alla riflessione, si intende che essa viene vista come un'attività che porta a una perdita di unità e armonia, anziché a una loro ricongiunzione e integrazione.
Guida alla Comprensione
1) Schelling identifica l'età della riflessione con la rottura dell'unità originaria tra natura e spirito. Qual è il significato di questo evento nella storia della coscienza umana? Perché esso coincide con l'inizio della filosofia?
Schelling identifica l'età della riflessione con la rottura dell'unità originaria tra natura e spirito, un evento che ha profonde implicazioni nella storia della coscienza umana. Questo momento segna l'inizio della filosofia perché rappresenta il punto in cui l'uomo, per la prima volta, si mette in opposizione al mondo esterno e inizia a riflettere su di sé e sulla sua relazione con l'ambiente circostante.
Nella nostra conversazione, il testo di Schelling evidenzia come questa separazione tra soggetto e oggetto, tra l'uomo e il mondo esterno, sia un passo fondamentale verso la filosofia. Questo evento è cruciale perché, attraverso la riflessione, l'uomo inizia a distinguere se stesso dalle cose esterne e a interrogarsi sulla natura della sua esistenza e della realtà che lo circonda. Questa rottura dell'unità originaria segna l'inizio di un percorso di ricerca filosofica, poiché spinge l'uomo a cercare di comprendere e dare senso alla sua esperienza del mondo.
Pertanto, secondo il testo di Schelling, l'inizio dell'età della riflessione coincide con l'inizio della filosofia perché rappresenta il momento in cui l'uomo inizia a interrogarsi sulle sue relazioni con il mondo esterno e a cercare di comprendere la sua posizione e il suo ruolo nell'universo.
2) Analizza gli effetti della riflessione su se stesso che permette al soggetto di vedersi come un oggetto. Perché Schelling colloca in questo gesto la matrice della libertà dell'azione umana?
Nel testo, Schelling spiega che quando il soggetto si mette in opposizione con il mondo esterno, inizia il processo della riflessione. Questo implica la separazione tra soggetto e oggetto, tra l'io che riflette e ciò su cui riflette. Tale separazione è descritta come il primo passo verso la filosofia. Con questa separazione, l'uomo comincia a separare ciò che la natura aveva unito in modo permanente, tra cui l'oggetto dall'intuizione e il concetto dall'immagine.
Schelling colloca nella capacità del soggetto di vedersi come un oggetto la matrice della libertà dell'azione umana perché questa consapevolezza implica la possibilità di auto-riflessione e auto-determinazione. Quando l'uomo si separa da sé stesso, diventando oggetto per se stesso, si apre la porta alla libertà. Questa capacità di auto-osservazione consente all'individuo di analizzare e valutare le proprie azioni, pensieri e motivazioni, e di scegliere consapevolmente come agire.
In questo senso, la capacità di vedere se stessi come oggetto è la base della libertà umana perché permette all'individuo di distaccarsi dalle influenze esterne e dalle reazioni istintive, e di agire in accordo con la propria coscienza e volontà. Schelling suggerisce che solo quando l'uomo si rende oggetto di riflessione può veramente esercitare la sua libertà, in quanto diventa consapevole delle proprie azioni e delle conseguenze di esse, e può quindi scegliere in modo autonomo come agire.
3) Da quale punto di vista la riflessione può essere considerata una malattia dello spirito?
La riflessione può essere considerata una malattia dello spirito secondo il testo, perché quando estende il suo dominio su tutto quanto l’uomo, diventa quella malattia che uccide in germe la sua più alta esistenza e alle radici la sua vita spirituale. Questo concetto emerge dalla terza parte del testo, dove si discute del ruolo della riflessione e della sua influenza sulla relazione tra l'uomo e il mondo esterno.
4) Da quale punto di vista la riflessione è un momento necessario, connaturato alla filosofia in quanto sapere?
Dal punto di vista del testo della cronologia di questa chat, la riflessione è considerata un momento necessario e connaturato alla filosofia come sapere perché viene delineata come parte integrante del processo filosofico di analisi e comprensione. Nel testo, si afferma che la vera filosofia parte dalla separazione originaria tra soggetto e oggetto ma non si ferma a questa separazione. Piuttosto, utilizza la riflessione come strumento per riunire ciò che è stato diviso, superando così la separazione iniziale e raggiungendo un nuovo equilibrio con la libertà. Quindi, la riflessione è vista come un mezzo per raggiungere una comprensione più profonda e unificante della realtà, anziché come un fine in sé stesso.
5) Spiega in che modo la filosofia di Schelling si propone di superare la scissione tipica del pensiero riflessivo, ricomponendo l'unità tra natura e spirito.
La filosofia di Schelling si propone di superare la scissione tipica del pensiero riflessivo ricomponendo l'unità tra natura e spirito attraverso un approccio che considera la riflessione come un mezzo, non come fine. Nel testo, Schelling critica la "filosofia della riflessione", che separa soggetto e oggetto, natura e spirito, creando un abisso tra di essi. Questa separazione è considerata una malattia dello spirito umano che porta alla perdita dell'unità originaria tra l'uomo e il mondo.
Per Schelling, la vera filosofia parte da questa separazione originaria per riunire con la libertà ciò che era originariamente unito nello spirito umano. Questo implica superare definitivamente la separazione, non accettandola come definitiva ma come un male necessario che può essere risolto. La filosofia, quindi, lavora alla propria distruzione nel senso che cerca di superare la necessità stessa della sua esistenza, riportando l'uomo e il mondo alla loro originaria unità.
Schelling suggerisce che la mera riflessione porta a una visione distorta del mondo, riempiendo il mondo intellettuale di chimere e rendendo permanente la separazione tra l'uomo e il mondo. La vera filosofia, invece, cerca di superare questa separazione riunendo ciò che è stato diviso, consentendo così un contatto e un'azione reciproca tra l'uomo e il mondo. Questo riunisce la natura e lo spirito in un'armonia che permette all'uomo di realizzare pienamente la propria umanità.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori