Ludwig Wittgenstein - I compiti della filosofia
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Durante la Prima guerra mondiale, Wittgenstein organizza i suoi appunti su logica e filosofia, mantenendo una corrispondenza con il logico Gottlob Frege a cui invia il testo del suo libro. La versione finale di questo testo viene poi affidata a Bertrand Russell, che si occupa della pubblicazione. Il libro viene pubblicato in tedesco nel 1921, con una traduzione inglese a fronte, e diventa un'opera centrale per il Circolo di Vienna, che dedica molte riunioni alla sua lettura e discussione. I neopositivisti vi trovano una fonte di critica alla metafisica tradizionale e uno stimolo per l'analisi del linguaggio scientifico con strumenti logici, pur mantenendo una certa distanza dagli aspetti "mistici" del testo.
I passaggi selezionati, con una numerazione gerarchica che facilita la comprensione delle connessioni tra le proposizioni, mettono in luce alcuni punti chiave della riflessione di Wittgenstein sui rapporti tra linguaggio, pensiero e rappresentazione della realtà. Particolarmente rilevante è l'analisi delle ambiguità linguistiche e dei modi per evitarle, che culmina con un invito ad astenersi da affermazioni di tipo metafisico. Questo ridefinisce il compito della filosofia, legandolo strettamente alla chiarificazione del linguaggio e alla delimitazione degli ambiti di senso.
Lettura
3.3 Solo la proposizione ha senso; solo nella connessione della proposizione un nome ha significato. [...]
3.323 Nel linguaggio comune avviene molto di frequente che la stessa parola designi in modo diverso – dunque appartenga a simboli diversi –, o che due parole, che designano in modo diverso, esteriormente siano applicate nella proposizione allo stesso modo.
Così la parola «è» appare quale copula, quale segno d'eguaglianza e quale espressione dell'esistenza [...].
3.324 Così nascono facilmente le confusioni più fondamentali (delle quali la filosofia è tutta piena).
3.325 Per sfuggire questi errori dobbiamo impiegare un linguaggio segnico, il quale li escluda non impiegando, in simboli diversi, lo stesso segno, e non impiegando, apparentemente nello stesso modo, segni che designano in modo diverso. Un linguaggio segnico, dunque, che obbedisca alla grammatica logica – alla sintassi logica –.
(L'ideografia di Frege e di Russell è un tale linguaggio, che certo non esclude ancora tutti gli sbagli.) [...]
4 Il pensiero è la proposizione munita di senso.
4.001 La totalità delle proposizioni è il linguaggio.
4.002 L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Così come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi.
Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo.
È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente così che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma del pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo.
Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate.
4.003 Il più delle proposizioni e questioni che sono state scritte su cose filosofiche non è falso, ma insensato. Perciò a questioni di questa specie non possiamo affatto rispondere, ma possiamo solo stabilire la loro insensatezza. Il più delle questioni e proposizioni dei filosofi si fonda sul fatto che noi non comprendiamo la nostra logica del linguaggio.
(Esse sono della specie della questione, se il bene sia più o meno identico del bello.)
Né meraviglia che i problemi più profondi propriamente non siano problemi.
4.0031 Tutta la filosofia è «critica del linguaggio». (Ma non nel senso di Mauthner.) Merito di Russell è aver mostrato che la forma logica apparente della proposizione non ne è necessariamente la forma reale. [...]
6.53 Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: Nulla dire se non ciò che può dirsi; dunque, proposizioni di scienza naturale – dunque, qualcosa che con la filosofia nulla ha da fare –, e poi, ogni volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno. Questo sarebbe insoddisfacente per l'altro – egli non avrebbe il senso che gli insegniamo filosofia –, eppure esso sarebbe l'unico rigorosamente corretto.
6.54 Le mie proposizioni illustrano così: colui che mi comprende, infine le riconosce insensate, se è salito per esse – su esse – oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo che v'è salito.) Egli deve superare queste proposizioni; allora vede rettamente il mondo.
7. Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.
Guida alla lettura
1) Quali diversi significati del verbo «essere» elenca Wittgenstein? Hai idea di come si rappresentano nel linguaggio della logica matematica?
Wittgenstein elenca tre diversi significati del verbo «essere»:
Copula: usato per collegare il soggetto al predicato.
Segno d'eguaglianza: usato per indicare identità o equivalenza.
Espressione dell'esistenza: usato per affermare l'esistenza di qualcosa.
Nel linguaggio della logica matematica, questi significati si rappresentano in modi diversi:
Copula: Nel linguaggio formale, la copula è spesso rappresentata come un predicato che collega un soggetto a un attributo. Ad esempio, "Socrate è un uomo" si rappresenta come Uomo(Socrate).
Segno d'eguaglianza: Viene rappresentato con il simbolo =. Ad esempio, "2+2 è uguale a 4" si scrive 2+2=4.
Espressione dell'esistenza: Si rappresenta con il quantificatore esistenziale E(Rovesciata). Ad esempio, "Esiste un x tale che x è un uomo" si scrive E(Rovesciata)x(Uomo(x)).
2) In che cosa ci aiuta il linguaggio della logica matematica (il «linguaggio segnico» di cui parla Wittgenstein)?
Il linguaggio della logica matematica, o "linguaggio segnico" di cui parla Wittgenstein, ci aiuta a evitare confusioni fondamentali e errori che spesso sorgono nel linguaggio comune. Secondo Wittgenstein, nel linguaggio comune avviene frequentemente che la stessa parola designi in modo diverso o che due parole che designano in modo diverso siano applicate nella proposizione allo stesso modo, come con la parola "è". Queste ambiguità possono generare confusioni profonde, che riempiono la filosofia di errori.
Per sfuggire a questi errori, Wittgenstein suggerisce di impiegare un linguaggio segnico che obbedisca alla grammatica logica, cioè alla sintassi logica e che non utilizzi lo stesso segno in simboli diversi né impieghi segni che designano in modo diverso nello stesso modo apparente. Un esempio di tale linguaggio è l'ideografia di Frege e Russell, anche se Wittgenstein ammette che non esclude ancora tutti gli errori.
3) Che cosa vuol dire che «il linguaggio traveste i pensieri»? In che cosa pensi consistano le «tacite intese» del linguaggio naturale?
Secondo il testo, la frase «il linguaggio traveste i pensieri» significa che il linguaggio nasconde la vera forma dei pensieri, rendendo difficile dedurre la logica del pensiero sottostante semplicemente osservando la forma esteriore del linguaggio. Questo perché la forma esteriore del linguaggio è strutturata per scopi diversi da quello di rivelare la forma del pensiero.
Le «tacite intese» del linguaggio naturale sono le complesse e non esplicite convenzioni che permettono agli esseri umani di comprendere il linguaggio comune. Queste intese sono intricate e spesso non sono immediatamente evidenti, rendendo difficile desumere direttamente la logica del linguaggio naturale.
4) Perché i problemi della filosofia non sono veri problemi? E che cosa intende qui Wittgenstein per «metafisico»?
Secondo Wittgenstein, i problemi della filosofia non sono veri problemi perché la maggior parte delle proposizioni e delle questioni filosofiche sono insensate, non false. Questo insensatezza deriva dal fatto che non comprendiamo la logica del nostro linguaggio. In altre parole, i problemi filosofici nascono da un fraintendimento della logica del linguaggio e non da questioni reali che possono essere risolte o risposte in modo significativo. Wittgenstein sottolinea che questi problemi profondi non sono problemi propriamente detti perché non si fondano su questioni sostanziali ma su un uso errato del linguaggio.
Per quanto riguarda il termine "metafisico", Wittgenstein lo utilizza per indicare quelle proposizioni che non hanno significato all'interno della logica del linguaggio. Egli suggerisce che il corretto metodo della filosofia sarebbe quello di evitare di dire qualcosa che non può essere detto (ossia proposizioni metafisiche) e, quando qualcuno cerca di dire qualcosa di metafisico, dimostrargli che i segni nelle sue proposizioni non hanno alcun significato. Questo metodo consiste nell'attività di chiarificazione del linguaggio e nella delimitazione degli ambiti di senso.
In sintesi, i problemi della filosofia non sono veri problemi perché derivano da un fraintendimento del linguaggio, e Wittgenstein usa il termine "metafisico" per riferirsi a proposizioni che non hanno significato logico e che, quindi, non dovrebbero essere trattate come vere questioni filosofiche.
Guida alla Comprensione
1) Spiega come si colloca la riflessione di Wittgenstein rispetto alle teorie di Frege e di Russell.
La riflessione di Wittgenstein si colloca in un dialogo stretto con le teorie di Frege e Russell, con cui mantenne una corrispondenza e da cui trasse ispirazione, come evidenziato dal fatto che Wittgenstein inviò il suo testo a Frege e affidò la versione finale del suo libro a Russell per la pubblicazione. Il "Tractatus logico-philosophicus" di Wittgenstein divenne un testo centrale per il Circolo di Vienna, che apprezzava la critica alla metafisica tradizionale e l'analisi del linguaggio scientifico condotta con strumenti logici.
In particolare, Wittgenstein riconosce il merito di Russell di aver mostrato che la forma logica apparente di una proposizione non è necessariamente la sua forma reale. Questo si allinea con la critica di Wittgenstein al linguaggio comune, che spesso porta a confusioni fondamentali e insensatezze filosofiche. Wittgenstein propone l'uso di un linguaggio segnico che obbedisca alla sintassi logica per evitare tali errori, un'idea che richiama le ideografie di Frege e Russell, pur riconoscendone i limiti.
Wittgenstein si distacca però dalla filosofia come mera critica del linguaggio, sostenendo che molte delle proposizioni filosofiche sono insensate e che il compito della filosofia dovrebbe essere quello di chiarificare il linguaggio e delimitare gli ambiti di senso, non di rispondere a domande metafisiche. Questo approccio culmina nella celebre affermazione "Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere", che riassume la sua visione del compito della filosofia in contrasto con le pratiche filosofiche tradizionali criticate da Frege e Russell.
2) Analizza come queste riflessioni possano avere influenzato i neopositivisti e cosa di queste analisi possa essere stato da essi rifiutato.
Le riflessioni di Wittgenstein presenti nel testo hanno avuto un'influenza significativa sui neopositivisti, specialmente per quanto riguarda la loro critica alla metafisica tradizionale e l'importanza attribuita all'analisi del linguaggio scientifico con strumenti logici. I neopositivisti, infatti, trovano nel "Tractatus logico-philosophicus" una fonte di ispirazione per la loro critica alla metafisica e per l'enfasi sull'analisi del linguaggio scientifico, come si evidenzia dal fatto che il libro diviene un testo centrale di riferimento per il Circolo di Vienna.
Influenze sui neopositivisti:
Critica alla metafisica tradizionale: Wittgenstein afferma che molte proposizioni filosofiche non sono false, ma insensate, sottolineando che la maggior parte delle questioni e proposizioni dei filosofi si fonda sulla mancata comprensione della logica del linguaggio (4.003). Questa idea è in linea con la posizione dei neopositivisti, che respingono le affermazioni metafisiche in quanto prive di significato verificabile.
Analisi del linguaggio: Wittgenstein insiste sulla necessità di un linguaggio logico per evitare confusioni (3.325) e propone che tutta la filosofia sia una "critica del linguaggio" (4.0031). I neopositivisti condividono questa visione e si concentrano sull'analisi logica del linguaggio scientifico.
Chiarificazione del linguaggio: Wittgenstein ridefinisce il compito della filosofia come chiarificazione del linguaggio e delimitazione degli ambiti di senso, una prospettiva che i neopositivisti adottano come fondamento del loro approccio filosofico.
Aspetti rifiutati dai neopositivisti:
Esiti mistici: Nonostante l'influenza del "Tractatus", i neopositivisti mantengono una certa distanza dagli esiti "mistici" del libro. Wittgenstein conclude il suo testo con l'affermazione "Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere" (7), che implica l'esistenza di limiti oltre i quali il linguaggio non può andare. Questo suggerimento di un regno di significati ineffabili non trova riscontro nel rigoroso empirismo e nella visione scientifica dei neopositivisti.
Proposizioni insensate come strumenti: Wittgenstein afferma che le sue proposizioni devono essere superate una volta comprese, paragonandole a una scala da gettare via dopo averla usata (6.54). Questa idea di utilizzare proposizioni insensate come strumenti transitori potrebbe essere vista con scetticismo dai neopositivisti, che tendono a privilegiare affermazioni chiaramente verificabili e definite.
In sintesi, mentre i neopositivisti accolgono l'analisi logica del linguaggio e la critica alla metafisica tradizionale presenti nel "Tractatus", tendono a rifiutare gli elementi mistici e l'idea delle proposizioni filosofiche come strumenti da superare, preferendo un approccio più empirico e scientifico.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori