Max Weber - Il disincantamento del mondo
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Il 7 novembre 1917, nel contesto di un ciclo di conferenze organizzate da un movimento studentesco sul tema del «lavoro intellettuale come professione», Weber tiene a Monaco di Baviera una conferenza intitolata La scienza come professione. Il 28 gennaio 1919, segue con un'altra conferenza dal titolo La politica come professione. Entrambe le conferenze vengono pubblicate nel 1919, in due opuscoli separati. Qui proponiamo un estratto dalla prima conferenza, dove Weber mette in evidenza uno dei temi centrali del suo pensiero: l'intellettualizzazione del mondo attraverso la scienza, che porta al disincantamento, ossia alla fine dell'uso di entità misteriose o trascendenti per spiegare i fenomeni naturali. La scienza, quindi, ha liberato l'uomo dalle spiegazioni irrazionali e gli ha fornito strumenti tecnici per dominare la realtà, ma in sé stessa è priva di senso. In quanto tale, sottolinea Weber, non è capace di rispondere alla domanda fondamentale posta dallo scrittore russo Tolstoj: «che cosa dobbiamo fare? come dobbiamo vivere?».
Lettura
Il progresso scientifico è una frazione, e invero la frazione più importante, di quel processo di intellettualizzazione al quale sottostiamo da secoli e contro il quale oggi di solito si assume posizione in una maniera così straordinariamente negativa.
Rendiamoci conto, in primo luogo, di ciò che propriamente significa, dal punto di vista pratico, questa razionalizzazione intellettualistica a opera della scienza e della tecnica orientata scientificamente. Vuole forse significare che oggi noi altri, per esempio ogni persona presente in questa sala, abbiamo una conoscenza delle condizioni di vita nelle quali esistiamo maggiore di quella di un indiano o di un ottentotto? Ben difficilmente. Chiunque di noi viaggi in tram non ha la minima idea – a meno che non sia un fisico di professione – di come esso fa a mettersi in movimento; e neppure ha bisogno di saperlo.
Gli basta di poter «fare assegnamento» sul modo di comportarsi della vettura tranviaria, ed egli orienta il suo comportamento in base a esso; ma non sa nulla di come si faccia per costruire un tram capace di mettersi in moto. Il selvaggio ha una conoscenza incomparabilmente migliore dei propri utensili. Se oggi spendiamo del denaro, scommetto che, perfino se vi sono colleghi economisti qui presenti, quasi ognuno avrà pronta una risposta diversa alla domanda: come il denaro fa sì che con esso si possa comperare qualcosa – ora molto, ora poco? Il selvaggio sa in quale modo riesca a procurarsi il suo nutrimento quotidiano e quali istituzioni gli servano a tale scopo. La crescente intellettualizzazione e razionalizzazione non significa dunque una crescente conoscenza generale delle condizioni di vita alle quali si sottostà. Essa significa qualcosa di diverso: la coscienza o la fede che, se soltanto si volesse, si potrebbe in ogni momento venirne a conoscenza, cioè che non sono in gioco, in linea di principio, forze misteriose e imprevedibili, bensì che si può – in linea di principio – dominare tutte le cose mediante un calcolo razionale.
Ma ciò significa il disincantamento del mondo. Non occorre più ricorrere a mezzi magici per dominare gli spiriti o per ingraziarseli, come fa il selvaggio per il quale esistono potenze del genere. A ciò sopperiscono i mezzi tecnici e il calcolo razionale. Soprattutto questo è il significato dell'intellettualizzazione in quanto tale.
Ma questo processo di disincantamento, proseguito per millenni nella cultura occidentale, e in generale questo «progresso», del quale la scienza costituisce un elemento e una forza motrice, ha un senso che vada al di là del piano puramente pratico e tecnico?
Questa domanda la trovate formulata in termini fondamentali soprattutto nelle opere di Lev Tolstoj. Egli vi è pervenuto attraverso una via a lui peculiare. Il suo problema centrale si rivolgeva in misura crescente alla questione se la morte fosse un fenomeno dotato di senso oppure no. E la sua risposta è che per l'uomo civilizzato non lo è. E non lo è perché la vita individuale dell'uomo civilizzato, inserita nel «progresso», nell'infinito, non potrebbe avere, per il suo senso immanente, alcun termine.
Infatti c'è sempre ancora un progresso ulteriore da compiere dinanzi a chi c'è dentro; nessuno, morendo, è arrivato al culmine, che è posto all'infinito. Abramo o un qualsiasi contadino dei tempi antichi moriva «vecchio e sazio della vita» poiché si trovava nel ciclo organico della vita, poiché la sua vita, anche per quanto riguarda il suo senso, gli aveva portato alla sera del suo giorno ciò che poteva offrirgli, poiché per lui non rimanevano enigmi che desiderasse risolvere ed egli poteva perciò averne «abbastanza».
Ma un uomo civilizzato, il quale è inserito nel processo di progressivo arricchimento della civiltà in fatto di idee, di sapere, di problemi, può diventare sì «stanco della vita», ma non sazio della vita. Di ciò che la vita dello spirito continuamente produce egli coglie soltanto la minima parte, e sempre soltanto qualcosa di provvisorio, mai di definitivo: perciò la morte è per lui un accadimento privo di senso. E poiché la morte è priva di senso, lo è anche la vita della cultura in quanto tale, che proprio in virtù della sua «progressività» priva di senso imprime alla morte un carattere di assurdità. Ovunque, nei suoi ultimi romanzi, quest'idea costituisce il motivo fondamentale dell'arte di Tolstoj.
Quale posizione possiamo assumere a questo proposito? Ha il «progresso» in quanto tale un senso riconoscibile che vada al di là del piano tecnico, in modo che porsi al suo servizio possa diventare una professione fornita di senso? La questione dev'essere posta. Ma non si tratta più soltanto della questione della vocazione alla scienza, cioè del problema: che cosa significa la scienza come professione per colui che si dedica a essa? bensì anche di un altro problema: che cos'è la professione della scienza nella vita complessiva dell'umanità? e qual è il suo valore? [...]
Che cosa significava la scienza per quegli uomini alla soglia dell'età moderna? Per gli sperimentatori nel campo dell'arte come Leonardo e per gli innovatori nella musica essa significava la via per giungere alla vera arte, il che voleva dire per loro alla vera natura. Un'arte doveva essere elevata al rango di una scienza, e al tempo stesso, soprattutto, l'artista doveva essere elevato al rango di un dottore, sia socialmente sia per quanto riguarda il senso della sua vita. Questa è l'ambizione che sta alla base, per esempio, anche del Trattato della pittura di Leonardo. [...]
Ma all'epoca dell'origine delle scienze esatte della natura, ci si attendeva dalla scienza ancora di più. Se rammentate il detto di Swammerdam «vi reco qui la prova della provvidenza di Dio nell'anatomia di un pidocchio», potete vedere ciò che il lavoro scientifico, sotto l'influenza (indiretta) del protestantesimo e del puritanesimo, considerasse allora come proprio compito: la via per giungere a Dio. Questa via non la si trovava più nei filosofi, nei loro concetti e nelle loro deduzioni: che non si potesse trovare Dio per la via per la quale lo aveva cercato il Medioevo, ben lo sapeva tutta la teologia pietistica di quel tempo, Spener soprattutto. Dio è nascosto, le sue vie non sono le nostre vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri. Ma nelle scienze esatte della natura, dove si poteva cogliere fisicamente la sua opera, là si sperava di rintracciare le sue intenzioni riguardo al mondo.
E oggi? Chi crede oggi ancora – all'infuori di alcuni grandi fanciulli, quali si possono trovare proprio nelle scienze della natura – che le conoscenze dell'astronomia o della biologia o della fisica o della chimica possano insegnarci qualcosa sul senso del mondo, o anche soltanto sulla via per la quale si possa rintracciare un tale «senso», dato che ce ne sia uno? Esse sono semmai adatte a soffocare alla radice la fede che vi sia qualcosa come un «senso» del mondo! E, finalmente, la scienza come via per arrivare «a Dio»? Essa, la potenza specificamente estranea alla divinità? Che tale essa sia nessuno può oggi dubitarne nel suo intimo, che lo ammetta oppure no.
La liberazione dal razionalismo e dall'intellettualismo della scienza costituisce il presupposto fondamentale della vita in comunione con il divino: questa, o qualcosa di significato identico, è una delle parole d'ordine che si ritrovano ovunque nel modo di sentire dei nostri giovani credenti o che aspirano a un'esperienza religiosa. E ciò vale non soltanto per l'esperienza religiosa, ma per l'esperienza vissuta in generale. [...]
Che infine, con ingenuo ottimismo, si sia celebrata la scienza, ossia la tecnica per il dominio della vita che ha il suo fondamento nella scienza, come la via per giungere alla felicità, posso ben trascurarlo dopo la critica distruttiva di Nietzsche a quegli «ultimi uomini» i quali «hanno trovato la felicità». Chi ci crede più, all'infuori di alcuni grandi fanciulli sulle cattedre o nei comitati di redazione?
Ritorniamo al nostro discorso. Qual è, dati questi presupposti intrinseci, il senso della scienza come professione, dal momento che tutte queste illusioni precedenti – «la via al vero essere», «la via alla vera arte», «la via alla vera natura», «la via al vero Dio», «la via alla vera felicità» – sono naufragate? La risposta più semplice l'ha data Tolstoj con queste parole: «Essa è priva di senso perché non dà alcuna risposta alla sola domanda importante per noi: che cosa dobbiamo fare?'come dobbiamo vivere?». E il fatto che essa non dia questa risposta è assolutamente incontestabile.
Guida alla lettura
1) Definisci il concetto di intellettualizzazione (o razionalizzazione) del mondo.
L'intellettualizzazione o razionalizzazione del mondo, come definito da Weber nel testo, si riferisce al processo mediante il quale la scienza e la tecnica orientata scientificamente hanno sostituito spiegazioni irrazionali e magiche dei fenomeni naturali con spiegazioni razionali e calcolabili. Questo processo ha portato al "disincantamento" del mondo, ossia alla fine del ricorso a entità misteriose o trascendenti per spiegare la realtà.
In pratica, questo significa che le persone non hanno necessariamente una conoscenza maggiore delle condizioni di vita rispetto a tempi passati ma hanno la consapevolezza o la fede che, se volessero, potrebbero comprendere tutto attraverso il calcolo razionale, senza bisogno di attribuire eventi a forze misteriose. Weber illustra questo concetto con l'esempio del tram, dove le persone si affidano al suo funzionamento senza sapere esattamente come funzioni, diversamente da un selvaggio che conosce intimamente i propri strumenti.
2) Definisci il concetto di disincantamento del mondo.
Il concetto di disincantamento del mondo, come esposto da Weber nel testo, si riferisce alla trasformazione culturale e intellettuale che ha portato alla progressiva eliminazione delle spiegazioni magiche e misteriose dei fenomeni naturali, sostituendole con spiegazioni scientifiche e razionali. Questo processo è strettamente collegato all'intellettualizzazione e alla razionalizzazione operate dalla scienza e dalla tecnica.
Weber descrive come, in passato, gli individui ricorrevano a mezzi magici per dominare gli spiriti o ingraziarseli. Con il progresso della scienza, tali pratiche sono diventate obsolete, sostituite da mezzi tecnici e dal calcolo razionale. In altre parole, il disincantamento del mondo implica che non è più necessario appellarsi a forze misteriose per comprendere o controllare la realtà, poiché la scienza e la tecnica offrono strumenti sufficienti e comprensibili per farlo.
Weber sottolinea che questo disincantamento comporta la coscienza o la fede che tutto, in linea di principio, può essere conosciuto e dominato attraverso il calcolo razionale, eliminando così l'elemento del mistero e dell'imprevedibilità dal mondo.
3) Quale domanda fondamentale ha formulato Tolstoj?
La domanda fondamentale formulata da Tolstoj, secondo il testo, è: «che cosa dobbiamo fare? come dobbiamo vivere?».
4) Che valore aveva la scienza per gli sperimentatori come Leonardo?
Per gli sperimentatori nel campo dell'arte come Leonardo, la scienza significava la via per giungere alla vera arte, il che voleva dire per loro alla vera natura. Un'arte doveva essere elevata al rango di una scienza e allo stesso tempo, l'artista doveva essere elevato al rango di un dottore, sia socialmente sia per quanto riguarda il senso della sua vita. Questo è evidente, per esempio, nel "Trattato della pittura" di Leonardo.
5) Che valore avevano, in origine, le scienze della natura, per effetto dell'influenza della religione?
In origine, le scienze della natura avevano un valore particolare per effetto dell'influenza della religione, in particolare del protestantesimo e del puritanesimo. Il lavoro scientifico era considerato una via per giungere a Dio. Questo è ben illustrato dal detto di Swammerdam: «vi reco qui la prova della provvidenza di Dio nell'anatomia di un pidocchio». Durante quel periodo, si sperava di rintracciare le intenzioni di Dio riguardo al mondo attraverso le scienze esatte della natura, poiché queste permettevano di cogliere fisicamente la sua opera. Si credeva che, a differenza delle deduzioni dei filosofi, le scienze naturali potessero rivelare le vie e i pensieri divini, in linea con la teologia pietistica del tempo, come quella di Spener, che riconosceva l'impossibilità di trovare Dio tramite i mezzi intellettuali e filosofici del Medioevo.
6) Che rapporto esiste, nel mondo contemporaneo, tra scienza e religione, secondo Weber?
Secondo Weber, nel mondo contemporaneo esiste un rapporto di distacco e differenza fondamentale tra scienza e religione. La scienza, attraverso il processo di intellettualizzazione e razionalizzazione, ha contribuito al "disincantamento del mondo," eliminando la necessità di ricorrere a spiegazioni magiche o trascendenti per comprendere i fenomeni naturali. Questo processo ha portato alla liberazione dell'uomo dalle spiegazioni irrazionali e alla capacità di dominare la realtà attraverso il calcolo razionale.
Weber sottolinea che, mentre in passato la scienza poteva essere vista come una via per giungere a Dio, oggi nessuno crede più che le conoscenze scientifiche possano insegnarci qualcosa sul senso del mondo o rivelare le intenzioni divine. La scienza è considerata estranea alla divinità e incapace di fornire risposte alle domande fondamentali sul significato della vita e su come dovremmo vivere.
La scienza, quindi, non è più vista come un mezzo per raggiungere la felicità, la vera arte, la vera natura, o Dio, ma è riconosciuta come priva di senso in termini di risposte alle domande esistenziali. La liberazione dal razionalismo e dall'intellettualismo scientifico è vista come un presupposto fondamentale per la vita in comunione con il divino e per l'esperienza religiosa.
In sintesi, secondo Weber, il rapporto tra scienza e religione nel mondo contemporaneo è caratterizzato da una separazione netta, con la scienza che non è in grado di rispondere alle domande ultime di significato e scopo della vita, domande che rimangono di competenza della religione o di altre forme di esperienza spirituale.
Guida alla Comprensione
1) Spiega in che modo l'esempio del tram è utile per capire il fenomeno della intellettualizzazione del mondo.
Nel testo, Weber utilizza l'esempio del tram per illustrare il concetto di intellettualizzazione del mondo. Descrive come, grazie al progresso scientifico e tecnologico, le persone non hanno più bisogno di conoscere tutti i dettagli tecnici su come funzionano le cose nella loro vita quotidiana. Ad esempio, quando si viaggia su un tram, la maggior parte delle persone non sa come esattamente il tram si metta in movimento. Tuttavia, possono affidarsi al comportamento prevedibile del tram e agire di conseguenza. Questo indica che, grazie alla scienza e alla tecnica, le persone possono orientare il loro comportamento senza bisogno di una comprensione completa dei meccanismi sottostanti.
Questo esempio illustra l'effetto dell'intellettualizzazione del mondo, dove le persone si affidano sempre di più a processi razionali e tecnici anziché a spiegazioni irrazionali o mistiche. La scienza fornisce strumenti tecnici per padroneggiare la realtà senza necessariamente dare senso a essa, sottolineando il concetto di "disincantamento" del mondo, dove non è più necessario ricorrere a spiegazioni misteriose per comprendere i fenomeni naturali.
2) Perche il disincantamento è un effetto della intellettualizzazione del mondo?
Il disincantamento è un effetto dell'intellettualizzazione del mondo perché, come afferma Weber nel testo, l'intellettualizzazione porta alla scomparsa delle spiegazioni irrazionali e misteriose dei fenomeni naturali. Questo avviene perché la scienza fornisce strumenti tecnici per padroneggiare la realtà senza ricorrere a entità trascendenti o misteriose. Questo processo di razionalizzazione e intellettualizzazione del mondo, nel corso dei secoli, ha sostituito le credenze nel soprannaturale con il calcolo razionale e l'uso di mezzi tecnici, portando così al disincantamento, cioè alla scomparsa della magia e del mistero.
3) Perché il progresso tecnico sembra togliere valore all'esistenza?
Secondo il testo, il progresso tecnico sembra togliere valore all'esistenza perché, nonostante fornisca strumenti tecnici per padroneggiare la realtà e liberare l'uomo da spiegazioni irrazionali, non offre risposte alle domande cruciali sulla vita e sull'esistenza umana. In particolare, la scienza, che è parte integrante di questo progresso tecnico, è considerata priva di senso perché non è in grado di rispondere alla domanda fondamentale su cosa si debba fare e come si debba vivere. Questo, insieme al disincantamento del mondo causato dalla razionalizzazione e dalla tecnologia, contribuisce a rendere l'esistenza umana meno significativa.
4) Che cosa significa che fuori dal ciclo organico della vita la morte non ha più senso?
Secondo il testo, l'affermazione che "fuori dal ciclo organico della vita la morte non ha più senso" è collegata al concetto esposto da Tolstoj. Egli sostiene che per l'uomo civilizzato, immerso nel "progresso" infinito, la morte non ha più un significato intrinseco. Questo perché, mentre un individuo come un contadino nel passato poteva raggiungere un punto in cui la sua vita aveva soddisfatto pienamente il suo scopo e poteva considerarsi "sazio della vita", per l'uomo civilizzato non esiste un termine definitivo al progresso. Non c'è mai un punto di arrivo finale, ma solo un continuo avanzamento nelle conoscenze, negli ideali, nei problemi da risolvere. Pertanto, la morte per l'uomo moderno diventa un evento privo di senso, poiché non rappresenta un completamento naturale di un ciclo di vita, ma piuttosto l'interruzione di un percorso di crescita e progresso che potrebbe continuare all'infinito.
5) Chi oggi cerca Dio abbandona la scienza, sostiene Weber: che cosa significa?
Secondo Weber, chi oggi cerca Dio spesso abbandona la scienza perché la scienza, con il suo razionalismo e intellettualismo, non offre una via per raggiungere il divino. La ricerca di Dio non può più essere soddisfatta attraverso la scienza, poiché quest'ultima non fornisce risposte sul senso del mondo o sulla via per comprendere un possibile "senso" esistente. Questo concetto è espresso nel testo quando si discute del fatto che la liberazione dal razionalismo e dall'intellettualismo scientifico è un presupposto fondamentale per una vita in comunione con il divino.
6) Perché, secondo Weber, la scienza non è in grado di dare una risposta ai quesiti posti da Tolstoj?
Secondo Weber, la scienza non è in grado di dare una risposta ai quesiti posti da Tolstoj perché, sebbene abbia liberato l'uomo da spiegazioni irrazionali e fornito strumenti tecnici per padroneggiare la realtà, in se stessa è priva di senso. Essa non fornisce risposte alla domanda cruciale sollevata da Tolstoj su cosa dobbiamo fare e come dobbiamo vivere. Questo perché il progresso scientifico, sebbene importante nel processo di intellettualizzazione del mondo, non affronta direttamente le questioni esistenziali umane riguardanti il senso della vita e le decisioni morali.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori