Pico della Mirandola - L'uomo interprete del suo destino


Immagine Pico della Mirandola
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


L'Orazione sulla dignità dell'uomo, elaborata tra il 1485 e il 1486 e pubblicata postuma nel 1496, serviva come introduzione a un'opera ambiziosa di Pico della Mirandola. Quest'opera avrebbe dovuto raccogliere e sintetizzare novecento tesi filosofiche provenienti da ogni tradizione di pensiero, dalle antiche culture caldee e greche alla Cabala ebraica. Questo vasto compendio di conoscenze, mirando coerentemente alla ricerca della verità, avrebbe costituito un monumento alle straordinarie capacità conferite dall'Essere Supremo all'umanità. Nell'Orazione, Pico esalta sia le capacità contemplative dell'uomo, unico in grado di apprezzare la bellezza della creazione divina, sia le sue potenzialità attive, etiche e progettuali, che lo rendono artefice di sé stesso, responsabile della possibilità di elevare o degradare la propria natura.


Lettura


Già il Sommo Padre, Dio creatore, aveva foggiato secondo le leggi di un'arcana sapienza questa dimora del mondo quale ci appare, tempio augustissimo della divinità. Aveva abbellito con le intelligenze la zona iperurania, aveva avvivato di anime eterne gli eterei globi, aveva popolato di una turba di animali d'ogni specie le parti vili e turpi del mondo inferiore. Senonché, recato il lavoro a compimento, l'artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un'opera sì grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità.

Perciò, compiuto ormai il tutto, come attestano Mosè e Timeo, pensò da ultimo a produrre l'uomo. Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei tesori uno ve n'era da largire in retaggio al nuovo figlio, né dei posti di tutto il mondo uno rimaneva in cui sedesse codesto contemplatore dell'universo. Tutti ormai erano pieni, tutti erano stati distribuiti nei sommi, nei medi, negli infimi gradi.

Ma non sarebbe stato degno della paterna potestà venir meno, quasi impotente, nell'ultima fattura; non della sua sapienza rimanere incerto in un'opera necessaria per mancanza di consiglio; non del suo benefico amore, che colui che era destinato a lodare negli altri la divina liberalità fosse costretto a biasimarla in se stesso. Stabilì finalmente l'ottimo artefice che a colui cui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri.

Perciò accolse l'uomo come opera di natura indefinita e postolo nel cuore del mondo così gli parlò: «Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell'aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine».

O suprema liberalità di Dio padre! O suprema e mirabile felicità dell'uomo! A cui è concesso di ottenere ciò che desidera, di essere ciò che vuole. I bruti nel nascere seco recano dal seno materno tutto quello che avranno. Gli spiriti superni o dall'inizio o poco dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell'uomo nascente il Padre ripose semi d'ogni specie e germi d'ogni vita. E secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti. E se saranno vegetali sarà pianta; se sensibili, sarà bruto; se razionali, diventerà animale celeste; se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. Ma se, non contento della sorte di nessuna creatura, si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto uno spirito solo con Dio, nella solitaria caligine del Padre colui che fu posto sopra tutte le cose starà sopra tutte le cose.


Guida alla lettura


1) Spiega la metafora dell'artefice divino e della distribuzione dei doni alle diverse creature.
La metafora dell'artefice divino e della distribuzione dei doni alle diverse creature si riferisce alla creazione dell'uomo e al suo posto nell'universo, come descritto nell'opera di Pico della Mirandola.

Nella narrazione, Dio è rappresentato come un artefice che ha creato il mondo con grande sapienza e bellezza. Prima di creare l'uomo, ha abbellito il mondo con intelligenze, anime eteree e una varietà di animali. Tuttavia, quando ha deciso di creare l'uomo, non ha trovato più archetipi su cui basare questa nuova creatura, né ha lasciato alcun tesoro da ereditare al nuovo figlio. Tutti gli spazi nel mondo erano già occupati.

Nonostante ciò, Dio non ha voluto che l'ultimo atto della sua creazione fosse meno degno degli altri. Quindi, ha deciso di conferire all'uomo un'eccezionale libertà e potere. Dio accoglie l'uomo come un'opera di natura indefinita e gli parla direttamente, dicendogli che non gli ha dato un posto determinato, un aspetto proprio o alcuna prerogativa. Piuttosto, ha lasciato all'uomo la libertà di scegliere e determinare il suo destino, senza essere limitato da leggi predefinite.

Questa metafora illustra il concetto della libertà umana e della responsabilità individuale. L'uomo viene visto come un essere dotato di libero arbitrio e capace di plasmare la propria esistenza secondo la propria volontà. Dio concede all'uomo il potere di scegliere la propria strada, di degenerare nelle cose inferiori o di rigenerarsi nelle cose superiori, fino a diventare uno spirito unito a Dio stesso.

In sintesi, la metafora dell'artefice divino e della distribuzione dei doni alle diverse creature sottolinea l'importanza della libertà umana e della responsabilità nell'uso di tale libertà, insieme alla possibilità di elevare la propria natura verso l'ideale divino.

2) Spiega il riferimento biblico agli aspetti della Trinità divina e quello al Timeo di Platone per gli «archetipi» attribuiti all'artefice dell'uomo.
Nel passaggio citato, vi è un riferimento biblico agli aspetti della Trinità divina, che si manifesta attraverso il dialogo del Creatore con l'uomo. Quando il Creatore parla ad Adamo, descrive la sua creazione come un'opera che riflette la natura indefinita e libera dell'uomo. Questo dialogo può essere interpretato come una rappresentazione dei diversi aspetti della Trinità: il Creatore (Dio Padre) che parla ad Adamo (l'uomo) attraverso il Logos (parola o ragione divina), incarnato nel dialogo stesso.

Quanto al riferimento al Timeo di Platone per gli "archetipi", Platone nel suo dialogo "Timeo" parla degli "archetipi" come modelli ideali o forme perfette, dei quali il mondo sensibile è una copia imperfetta. Nel testo di Pico della Mirandola, l'autore menziona che non rimanevano più "archetipi" disponibili per creare l'uomo, indicando che tutti gli ideali erano già stati distribuiti. Questo suggerisce che l'uomo non era stato creato seguendo un modello preesistente, piuttosto come un'opera unica, senza precedenti, plasmata direttamente dall'artefice divino.

In sintesi, il riferimento biblico e quello al Timeo di Platone nel testo di Pico della Mirandola sottolineano l'importanza della relazione tra l'uomo e il divino, evidenziando la sua natura speciale e la sua capacità di autodeterminazione e di ricerca della verità.

3) Elenca le caratteristiche attribuite all'uomo dalle diverse fonti e tradizioni nominate.
Nel testo vengono elencate diverse caratteristiche attribuite all'uomo dalle diverse fonti e tradizioni nominate:

Caldei: Non viene specificato nel testo quali caratteristiche siano attribuite agli uomini dai Caldei.
Greci: Non viene specificato nel testo quali caratteristiche siano attribuite agli uomini dai Greci.
Cabala ebraica: Non viene specificato nel testo quali caratteristiche siano attribuite agli uomini dalla Cabala ebraica.
Sommo Padre, Dio creatore: Secondo il testo, il Dio creatore ha concepito l'uomo come un essere capace di afferrare la ragione di un'opera così grande, amarne la bellezza e ammirarne la vastità.
Mosè e Timeo: Si fa riferimento a Mosè e Timeo come testimoni dell'azione del Dio creatore nell'atto di creare l'uomo senza un archetipo preesistente.

Le caratteristiche attribuite all'uomo includono la capacità di comprendere la grandezza e la bellezza dell'universo, la libertà di scegliere il proprio destino e di modellarsi secondo il proprio volere, e la possibilità di evolversi verso uno stato superiore, inclusa la comunione con Dio.

4) Definisci i gradini principali della scala degli esseri, attribuendo a ciascuno le qualità ricavabili dal testo.
Nel testo, possiamo individuare i seguenti gradini della scala degli esseri:

Creatura Inferiore (Animali): Sono descritte come creature che portano con sé dal momento della nascita ciò che saranno. Sono limitate dalle leggi della natura e non hanno la libertà di scegliere la propria destinazione.
Uomo: È posto nel cuore del mondo con una natura indefinita. Gli viene data la libertà di determinare la propria sorte e la propria forma. Ha il potere di scegliere di degenerare nelle cose inferiori (come i bruti) o di rigenerarsi nelle cose superiori (come gli esseri divini).
Creatura Superiore (Angeli e Figli di Dio): Se l'uomo sceglie di coltivare i semi dell'intelletto e dell'essenza divina, può ascendere verso una natura superiore diventando un angelo o un figlio di Dio. Questa è la più alta aspirazione dell'uomo secondo il testo, in cui egli si unisce con Dio e sta sopra tutte le cose.

Questi sono i principali gradini della scala degli esseri delineati nel testo, ognuno caratterizzato dalle qualità di libertà di scelta e potenziale di evoluzione.


Guida alla Comprensione


1) Che cosa comporta il fatto che l'uomo non abbia una natura definita?
Il fatto che l'uomo non abbia una natura definita comporta che egli ha la libertà e l'autonomia di determinare la propria esistenza, il proprio scopo e la propria identità. Questo significa che non è vincolato da caratteristiche predefinite o da un destino immutabile ma ha la possibilità di scegliere e plasmare la propria vita secondo la propria volontà e il proprio arbitrio. Questa libertà include la capacità di decidere il proprio posto nel mondo, il proprio aspetto e le proprie prerogative, senza essere limitato da leggi imposte dalla natura o da altri fattori esterni. In sostanza, l'uomo ha il potere di autodeterminarsi e di perseguire la propria felicità e realizzazione personale attraverso le proprie scelte e azioni.

2) Che cosa avvicina e che cosa allontana l'uomo dagli altri esseri?
L'uomo viene avvicinato agli altri esseri dal fatto che, come gli altri esseri, nasce senza un destino predeterminato e con la libertà di scegliere la propria natura e il proprio destino. Tuttavia, ciò che lo distingue dagli altri esseri è la sua capacità di autodeterminazione e di trasformazione. Mentre gli altri esseri sono limitati dalle leggi della natura e dalla loro essenza predeterminata, all'uomo viene data la libertà di scegliere e plasmare la propria natura secondo il proprio arbitrio. Questa capacità di auto-creazione e auto-trasformazione distingue profondamente l'uomo dagli altri esseri.

3) Quale uso l'uomo è tenuto a fare della sua libertà?
Secondo il testo, l'uomo è tenuto a fare un uso responsabile della sua libertà. Gli viene concesso il potere di determinare se stesso e di scegliere la propria via nella vita. Tuttavia, questa libertà comporta una grande responsabilità. L'uomo è chiamato a utilizzare la sua libertà per scegliere il bene e perseguire la sua elevazione spirituale. Può optare per degenerare nelle cose inferiori, comportandosi come i bruti, oppure può rigenerarsi nelle cose superiori, aspirando al divino. La sua scelta determina il suo destino e il suo grado di realizzazione spirituale.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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