Pierre Bayle - L'ateismo non produce mostri


Immagine Pierre Bayle
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel trattato "Pensieri diversi sulla cometa", Bayle discute dell'interessante questione riguardante la virtù degli atei. Egli argomenta che la religione potrebbe non essere il principale motore del comportamento umano, poiché spesso le azioni degli individui non rispecchiano esattamente ciò in cui affermano di credere. Questo suggerisce che la religione potrebbe non essere l'unico elemento determinante per la virtù. Bayle suggerisce che esistono persone che agiscono moralmente correttamente guidate dalla ragione e dai principi di onestà, indipendentemente dalla loro posizione religiosa. Inoltre, egli ipotizza che una società composta da atei potrebbe comportarsi in modo civile proprio come qualsiasi altra società, poiché i veri motivi che guidano le interazioni umane non necessariamente derivano dalla religione.


Lettura


§ 133. L'ateismo non porta necessariamente alla corruzione dei costumi.
La persuasione che l'ateismo è il peggior stato in cui ci si possa trovare, è la conseguenza di un falso pregiudizio concernente la luce della coscienza. E ciò avviene perché si considera la coscienza come la regola delle nostre azioni, ingannati da un insufficiente esame delle vere molle che ci fanno agire.

Ecco infatti qual è il ragionamento che si fa. L'uomo è per natura ragionevole e quando ama sa che cosa ama, e tende quindi al proprio bene e ad evitare ciò che lo può danneggiare; insomma egli dà la preferenza agli oggetti che gli sembrano più utili. Perciò, se è convinto che c'è una provvidenza che governa il mondo, cui nulla sfugge, e che premia con una infinita felicità coloro che amano la virtù mentre punisce con un eterno castigo chi si dà al vizio, non esiterà a seguire la prima e a sfuggire il secondo. Rinuncerà così ai piaceri del corpo che procurano, ed egli lo sa molto bene, dolori eterni in cambio di quei pochi attimi di voluttà goduti, mentre la privazione di questi piaceri passeggeri è seguita da una felicità senza fine.

Ma se l'uomo ignora l'esistenza di una provvidenza considererà i propri desideri come lo scopo finale e come la regola di tutte le sue azioni: se ne riderà di ciò che gli altri chiamano virtù e onestà, seguirà solo gli stimoli del proprio appetito, si disferà, potendolo, di tutti quelli che gli saranno odiosi, giurerà il falso per la più piccola cosa, e se verrà a trovarsi in un posto che lo metta al di sopra delle leggi umane, così come egli è già sopra le leggi della coscienza, ci si potrà attendere da lui ogni sorta di delitti. [...]

Un altro al suo posto, anche se non avesse nulla da temere da parte degli uomini, conserverebbe pur sempre il timore dei suoi dèi. Attraverso tale sistema, da quando c'è il mondo, si sono tenute a freno le passioni umane, ed è certo che fra i pagani sono stati evitati innumerevoli delitti perché si aveva cura di conservare il ricordo di tutte le punizioni esemplari di scellerati, attribuendole alla loro empietà, ed anzi perché si era arrivati persino ad inventare qualche esempio come avvenne ai tempi di Augusto in occasione del saccheggio di un tempio in Asia, perpetrato dai soldati di Marco Antonio.

Si diceva che chi aveva per primo manomesso la statua della dea adorata in quel tempio, aveva improvvisamente perduto la vista ed era diventato paralitico. Augusto volle chiarire la faccenda, e seppe da un vecchio ufficiale che aveva fatto il colpo, non solo che era sempre stato da allora in ottima salute, ma anche che questa sua azione l'aveva sistemato finanziariamente per la vita.

134. L'esperienza smentisce il ragionamento che si fa per provare che la fede in un Dio corregge le tendenze peccaminose dell'uomo.
Tutte queste cose sono belle e buone a dirsi, finché si guardino i fatti attraverso le idee, e si vogliano costruire astrazioni metafisiche. Peccato però che tali astrazioni non si accordino con l'esperienza! Se si facesse indovinare il comportamento dei cristiani a gente di un altro mondo alla quale fosse stato detto solamente che i cristiani sono creature dotate di ragione e di buon senso, avide di felicità, persuase che c'è un paradiso per coloro che ubbidiscono alla legge di Dio e un inferno per chi vi si ribella, ammetto che questa gente sarebbe pronta a giurare che i cristiani fanno del loro meglio per osservare i precetti del Vangelo, che fra di loro fanno a gara a chi eccelle di più nelle opere di misericordia, nella preghiera e nel dimenticare le offese, se pure ci può essere qualcuno capace di offendere il prossimo. Ma da che deriverebbe questo loro giudizio così favorevole? Dal fatto che essi sarebbero costretti a considerare i cristiani solo in astratto perché se li considerassero in concreto e attraverso tutte le circostanze che li determinano all'azione, si ricrederebbero subito della buona opinione concepita: basterebbero quindici giorni vissuti fra di noi per far dir loro che in questo mondo non ci si comporta secondo la luce della coscienza.

136. Un uomo non agisce secondo i propri principi.
L'uomo, sia pure una creatura razionale quanto vi piace, ma è certo che non agisce coerentemente ai suoi principi. Ha sì la capacità, nelle questioni teoriche, di trarre legittime deduzioni, perché in questo campo è più facile che egli sbagli per la faciloneria con la quale accoglie false teorie che non per le errate conseguenze che ne deduce.

136. L'uomo non agisce secondo i suoi principi.
Ammettiamo pure che l'uomo sia una creatura ragionevole quanto si voglia; non per questo è meno vero che quasi mai agisce conformemente ai propri principi. Ha sì la forza, su questioni puramente speculative, di non trarre conseguenze sbagliate, perché in questo genere di questioni erra molto di più per la sua tendenza ad accettare falsi principi, che non per le false conclusioni che ne ricava.

Ma quando si tratta del modo di comportarsi, è tutt'altra cosa. Pur senza incappare mai in dottrine sbagliate, ma conservando anzi normalmente nella coscienza le idee della giustizia naturale, l'uomo conclude tuttavia quasi sempre a favore dei propri desideri sregolati.

Altrimenti, ditemi, per qual motivo si dovrebbero vedere certe passioni stabilmente radicate in tutte le nazioni e in tutte le epoche, a dispetto della straordinaria varietà di opinioni sui riti sacri e su come vivere secondo decenza? Per qual motivo si vedrebbe trionfare ovunque l'ambizione, l'avarizia, l'invidia, il desiderio di vendicarsi, l'impudicizia, e tutti i delitti che possono soddisfare tali passioni? E perché mai l'ebreo e il maomettano, il turco e il moro, il cristiano e l'infedele, l'indiano e il tartaro, il continentale e l'isolano, il nobile e il plebeo, tutta questa sorta di persone che in fondo non convengono in altro che nel concetto generale di uomo, sono tanto simili in queste passioni che sembrano quasi imitarsi a vicenda?

Tutto ciò deriva dal fatto che il vero principio delle azioni umane (escludo naturalmente coloro nei quali la grazia dello Spirito Santo si spiega in tutta la sua efficacia) non è altro che il temperamento, l'inclinazione naturale verso il piacere, il gusto che si prende per certi oggetti, il desiderio di piacere a qualcuno, un'abitudine contratta nel frequentare gli amici o qualche altra disposizione che nasca dal fondo della nostra natura, in qualsiasi paese si sia nati, quali che siano le conoscenze che ornano la nostra mente.

Non può che essere così, visto che gli antichi pagani, carichi di un incredibile numero di superstizioni, perpetuamente occupati a calmare la collera dei loro idoli, intimoriti da una infinità di prodigi e convinti che la buona o cattiva sorte era dispensata dagli dèi secondo la vita che si conduceva, non hanno per questo cessato di commettere tutti i delitti possibili e immaginabili. E se non fosse così, come sarebbe possibile che i cristiani, i quali sanno con tanta certezza, attraverso una rivelazione provata da innumerevoli miracoli, che bisogna rinunciare al vizio per essere felici in eterno e per evitare la perpetua infelicità, i cristiani che hanno tanti e così eccellenti predicatori stipendiati per fare loro, sull'argomento, le più vive ed insistenti esortazioni, che trovano ovunque direttori spirituali pieni di zelo e di dottrina e tanti libri di pietà, come sarebbe possibile che i cristiani, dico io, nonostante tutto ciò vivessero, come in realtà fanno, nelle più grandi sregolatezze e nei vizi?

172. Una società di atei potrebbe darsi leggi utili e oneste.
Ora è quanto mai chiaro e evidente che una società di atei si comporterebbe in maniera civile e morale proprio come qualsiasi altra società, purché facesse punire i delitti ed annettesse onore o infamia a certe azioni. Il fatto di ignorare l'esistenza di un creatore o conservatore del mondo non impedirebbe infatti ai membri di questa società di essere sensibili alla gloria e al disonore, alla ricompensa e alla punizione e a quelle passioni che agitano gli altri uomini, né toglierebbe loro le luci della ragione.

Così fra loro si troverebbero persone leali nel commercio, gente disposta ad assistere i poveri, uomini avversi all'ingiustizia, fedeli agli amici, alieni dalle ingiurie, estranei ai piaceri carnali, incapaci di far torto a chiunque, spinti a compiere tutte queste buone azioni sia dal desiderio d'essere lodati (perché certamente riscuoterebbero il plauso del pubblico) sia dal calcolo di procurarsi amici e protettori in caso di bisogno. Le donne si farebbero un vanto della loro castità perché sarebbe questo un sistema infallibile per procacciarsi l'amore e la stima degli uomini. Accadrebbero, è vero, delitti di ogni genere, ma non più di quanti se ne commettono nella società degli idolatri, dato che tutti gli elementi che hanno fatto agire i pagani, sia verso il bene che verso il male, li si ritroverebbe anche in una società di atei, e cioè le pene, e le ricompense, la gloria e l'ignominia, il temperamento e l'educazione.


Guida alla lettura


1) Ricostruisci il ragionamento secondo cui l'ateo è necessariamente egoista e malvagio.
Il ragionamento secondo cui l'ateo è necessariamente egoista e malvagio si basa sull'idea che le azioni umane sono guidate principalmente dal temperamento individuale e dalle inclinazioni naturali verso il piacere, anziché dalla religione o da principi morali. Secondo questo ragionamento, se l'uomo ignora l'esistenza di un dio o di una provvidenza, considererà i suoi desideri come lo scopo finale e la regola di tutte le sue azioni. In questo contesto, si presume che l'uomo seguirà solo gli stimoli del proprio appetito e si comporterà in modo egoista, senza riguardo per la virtù o la moralità.

Inoltre, il testo suggerisce che le passioni umane, come l'ambizione, l'avarizia e l'invidia, sono presenti in tutte le società e epoche, indipendentemente dalle credenze religiose. Si argomenta che anche in una società di atei, le persone sarebbero sensibili alla gloria, alla ricompensa e alla punizione, e compirebbero azioni sia per essere lodate pubblicamente sia per ottenere vantaggi personali. Questo suggerisce che, anche senza una convinzione religiosa, gli individui sarebbero motivati principalmente dal proprio interesse personale, portando all'ipotesi che gli atei sarebbero intrinsecamente egoisti e inclini al male.

2) Che cosa insegna l'esperienza riguardo alla coerenza tra i principi di un sistema morale e la pratica seguita dai suoi aderenti?
L'esperienza, dimostra che vi è spesso una mancanza di coerenza tra i principi morali professati e la pratica seguita dagli individui. Nonostante alcuni sistemi morali possano essere basati su ideali elevati e precetti virtuosi, nella realtà le persone tendono ad agire in modo contrario ai loro stessi principi. Ad esempio, nonostante i cristiani siano istruiti sulla necessità di rinunciare al vizio per ottenere la felicità eterna, nella pratica molti di loro vivono in sregolatezza e vizi. Questo contrasto tra teoria e pratica evidenzia che gli esseri umani, nonostante le loro capacità razionali, spesso agiscono in base ai propri desideri e inclinazioni personali anziché conformarsi ai principi morali professati.

3) Quale conclusione è possibile trarre dal fatto che alcuni atei sono persone perbene e dal fatto che molti credenti, compresi i cristiani, non lo sono?
Il testo discute della possibilità che alcuni atei possano essere persone perbene, agendo secondo principi di moralità e virtù, mentre alcuni credenti, inclusi i cristiani, possono non essere così. Si suggerisce che le azioni umane dipendano principalmente dal temperamento individuale e dalle inclinazioni naturali verso il piacere, piuttosto che dalla religione o dalla coscienza. Pertanto, la conclusione che si può trarre è che la moralità e la virtù non dipendono necessariamente dalla fede religiosa, ma possono essere presenti anche in individui senza credenze spirituali.

4) Quali sono i reali moventi che guidano gli uomini in società?
Secondo il testo, i reali moventi che guidano gli uomini in società sono principalmente legati al temperamento individuale, alle inclinazioni naturali verso il piacere e agli interessi personali. Si afferma che il vero principio delle azioni umane, escludendo coloro influenzati dalla grazia divina, risiede nelle passioni e nelle disposizioni innate dell'essere umano, piuttosto che nella religione o nelle credenze morali. Questi moventi includono il desiderio di piacere a qualcuno, l'abitudine contratta nel frequentare gli amici e altre disposizioni che derivano dalla natura umana. In sostanza, si sostiene che le azioni umane sono guidate principalmente dalle passioni e dagli interessi personali, piuttosto che da considerazioni religiose o morali.


Guida alla Comprensione


1) In che modo Bayle smonta l'argomento che attribuisce una necessaria mancanza di moralità all'ateo?
Bayle smonta l'argomento che attribuisce una necessaria mancanza di moralità all'ateo mostrando che le passioni umane e il temperamento individuale sono le vere molle delle azioni umane, indipendentemente dalle credenze religiose. Egli osserva che le passioni umane, come l'ambizione, l'avarizia e l'invidia, sono radicate in tutte le nazioni e epoche, indipendentemente dalle opinioni religiose dei popoli. Bayle argomenta che una società di atei potrebbe vivere in modo civile e morale proprio come qualsiasi altra società, poiché anche gli atei sarebbero sensibili alla gloria, alla ricompensa e alla punizione, e sarebbero influenzati dalle stesse passioni che agitano gli altri uomini. Inoltre, sottolinea che i motivi delle azioni umane non dipendono necessariamente dalla religione, ma possono essere guidati anche dal desiderio di essere lodati, dall'ottenere amicizie e protettori, o dall'evitare la vergogna e la punizione.

2) Partendo dall'analisi dei moventi reali che spingono gli uomini all'azione, spiega perché è probabile che essi deroghino dai principi che professano.
Secondo il testo, gli uomini sono mossi principalmente dai loro temperamenti e dalle inclinazioni naturali verso il piacere, piuttosto che dai principi che professano. Nonostante le credenze religiose o culturali, le persone tendono a agire in base alle loro passioni e desideri individuali. Ad esempio, anche se professano determinati principi morali o religiosi, potrebbero comunque derogare da essi se i loro desideri personali entrano in conflitto con tali principi.

Il testo suggerisce che le azioni umane sono guidate principalmente dal temperamento, dalle inclinazioni naturali e dai desideri individuali piuttosto che dalla religione o dai principi morali. Pertanto, è probabile che gli uomini deroghino dai principi che professano quando i loro desideri personali o le passioni entrano in conflitto con tali principi. Inoltre, il testo menziona che anche in una società di atei, dove non ci sono credenze religiose, le persone agirebbero in base alle ricompense, alle punizioni, alla gloria e all'ignominia, dimostrando che le azioni umane sono influenzate da fattori più profondi e individuali rispetto alle credenze religiose o morali professate.

3) Da quali fatti osservabili si deduce l'inefficacia delle convinzioni religiose, compreso il magistero della Chiesa, nell'evitare comportamenti immorali?
Secondo il testo, l'inefficacia delle convinzioni religiose, incluso il magistero della Chiesa, nell'evitare comportamenti immorali si deduce dall'osservazione empirica del comportamento umano. Nonostante le credenze religiose e gli insegnamenti morali, si osserva che le passioni umane, come l'ambizione, l'avarizia, l'invidia e così via, sono radicate in tutte le nazioni e epoche, indipendentemente dalle credenze religiose dei singoli individui. Anche se i cristiani, ad esempio, sono istruiti attraverso insegnamenti religiosi e prediche a rinunciare al vizio per essere felici eternamente, si osserva che vivono comunque nelle sregolatezze e nei vizi. Questo suggerisce che le convinzioni religiose non sono sufficienti a regolare il comportamento umano e a evitare comportamenti immorali.

4) Spiega con quale argomento Bayle sostiene la possibilità che esista una società di atei ben regolata e civile.
Bayle sostiene la possibilità che esista una società di atei ben regolata e civile basandosi sull'idea che le azioni umane sono guidate principalmente dal temperamento individuale, dalle inclinazioni naturali e dalle motivazioni sociali, piuttosto che dalla religione. Egli argomenta che se una società di atei stabilisse leggi che puniscono i delitti e attribuiscono onore o infamia a certe azioni, i membri di tale società sarebbero comunque sensibili alla gloria, alla ricompensa e alla punizione, così come alle passioni umane comuni. Bayle ipotizza che in una tale società, le persone sarebbero motivate a comportarsi in modo civile e morale sia per ottenere il plauso pubblico che per garantirsi amicizie e protezioni in caso di necessità. In questo modo, Bayle suggerisce che una società di atei potrebbe essere altrettanto ben regolata e civile di qualsiasi altra società, basandosi sulle motivazioni umane e sociali anziché sulla religione.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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