Platone - L'allegoria della caverna
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Nel celebre passaggio del libro VII della "Repubblica" di Platone, viene illustrata un'immagine suggestiva: quella della caverna, che simboleggia la condizione umana. Immagina un oscuro antro in cui uomini sono imprigionati, costretti a fissare le ombre che si proiettano sulla parete di fronte, generate dalle reali forme delle cose e dagli individui che passano all'ingresso, rischiarati da una fonte di luce alle loro spalle. Questi prigionieri, privati di qualsiasi altra percezione tranne le ombre e le voci, si trovano incapaci di comprendere la vera natura delle cose. Confusi dalle apparenze, essi basano il loro ragionamento su impressioni e udite notizie, considerando le opinioni come se fossero la stessa realtà. L'allegoria prosegue con un evento straordinario: uno dei prigionieri, riuscito a liberarsi, esplora il mondo al di fuori della caverna, illuminato dalla luce del Sole. Tuttavia, al suo ritorno per liberare i suoi compagni prigionieri, non viene creduto e viene addirittura ucciso. Al centro di questa allegoria c'è il drastico cambiamento di prospettiva che separa due tipi di conoscenza: quella basata sulle mere apparenze e quella raggiunta attraverso la ragione. Il prigioniero liberato rappresenta il filosofo, capace di percepire le verità razionali ma incapace di comunicare con coloro che si basano solo sulla sensibilità.
Lettura
Dopo tutto questo» dissi, «paragona la nostra natura, in rapporto all'educazione e alla mancanza di educazione, a una condizione di questo tipo. Immagina dunque degli uomini in una dimora sotterranea a forma di caverna, con un'entrata spalancata alla luce e larga quanto l'intera caverna; qui stanno fin da bambini, con le gambe e il collo incatenati così da dover restare fermi e da poter guardare solo in avanti, giacché la catena impedisce loro di girare la testa; fa loro luce un fuoco acceso alle loro spalle, in alto e lontano; tra il fuoco e i prigionieri passa in alto una strada, e immagina che lungo di essa sia stato costruito un muretto, simile ai parapetti che i burattinai pongono davanti agli uomini che manovrano le marionette mostrandole, sopra di essi, al pubblico.»
«Vedo» disse.
«Vedi allora che dietro questo muretto degli uomini portano, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d'ogni genere e statuette di uomini e di altri animali di pietra, di legno, foggiate nei modi più vari; com'è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.»
«Strana immagine descrivi» disse, «e strani prigionieri.»
«Simili a noi» dissi io. «Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos'altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»
«E come potrebbero» disse, «se sono costretti per tutta la vita a tenere la testa immobile?»
«E lo stesso non accadrà per gli oggetti che vengono fatti sfilare?»
«Sì.»
Se dunque fossero in grado di discutere fra loro, non pensi che essi chiamerebbero oggetti reali le ombre che vedono?»
«Necessariamente.»
«E se la prigione avesse un'eco dalla parete verso cui sono rivolti, ogni volta che uno dei portatori parlasse, credi penserebbero che a parlare sia qualcos'altro se non l'ombra che passa?»
«Per Zeus, io no di certo» disse.
«Insomma questi prigionieri» dissi io «considererebbero la verità come nient'altro che le ombre degli oggetti artificiali.»
«È del tutto necessario» disse.
«Osserva ora» io dissi «che cosa rappresenterebbero per costoro lo scioglimento dai loro legami e la guarigione dalla loro follia, se per natura accadesse loro qualcosa di questo genere. Quando uno fosse sciolto e improvvisamente costretto ad alzarsi, a girare il collo, a camminare, ad alzare lo sguardo verso la luce, tutto questo facendo soffrirebbe e a causa del riverbero non potrebbe fissare gli occhi sugli oggetti di cui prima vedeva le ombre; che cosa credi risponderebbe, se qualcuno gli dicesse che prima vedeva semplici illusioni, e che ora, più vicino all'essere e rivolto verso oggetti dotati di maggiore esistenza, vede in modo più corretto, e se inoltre, mostrandogli ognuno degli oggetti che sfilano, gli chiedesse che cosa è, e lo costringesse a rispondere? non credi che sarebbe in difficoltà e riterrebbe che ciò che vedeva prima era più vero di quel che adesso gli si mostra?»
«Molto di più» disse.
«E se ancora lo si obbligasse a rivolgere lo sguardo verso la luce stessa, non proverebbe dolore agli occhi, e non si volgerebbe per fuggire verso ciò che può guardare, non penserebbe che questo è in realtà più chiaro di quanto gli viene mostrato?»
«Proprio così» disse. «E se poi» dissi io «lo si portasse via con la forza, su per la salita aspra e ripida, e non lo si lasciasse prima di averlo trascinato alla luce del sole, non soffrirebbe forse, non protesterebbe per essere così trascinato? ed una volta giunto alla luce, gli occhi abbagliati dal suo splendore, potrebbe vedere una sola delle cose che ora chiamiamo vere?»
«No di certo» disse, «almeno di primo acchito».
«Avrebbe dunque bisogno, penso, di assuefazione, per poter vedere le cose di quassù. Prima potrebbe osservare, più agevolmente, le ombre, poi le immagini riflesse nell'acqua degli uomini e delle altre cose, infine le cose stesse; di qui potrebbe passare all'osservazione dei corpi celesti e del cielo stesso durante la notte, volgendo lo sguardo alla luce degli astri e della luna con maggior facilità che, di giorno, al sole e alla sua luce.»
«E come no?»
«E finalmente, penso, potrebbe fissare non già le parvenze del sole riflesse nell'acqua o in luoghi estranei, bensì il sole stesso nella sua propria sede, e contemplarlo qual è.»
«Necessariamente» disse.
«E allora giungerebbe ormai, intorno al sole, alla conclusione che esso, oltre a provvedere alle stagioni e al corso degli anni, e a regolare ogni cosa nel mondo visibile, è anche in qualche modo la causa di tutto ciò che essi vedevano nella caverna.»
«È chiaro» disse «che a quel punto giungerebbe a queste conclusioni.»
«Ma allora, ricordando la sua precedente dimora e il sapere di laggiù e i suoi compagni di prigionia, non credi che sarebbe felice del proprio mutamento di condizione, e compiangerebbe gli altri?»
«Certo.»
«Quanto poi agli eventuali onori e lodi che i prigionieri si tributavano reciprocamente, quanto ai premi conferiti a chi scorgeva più acutamente le ombre che passavano, e meglio ricordava quali di solito venivano prime, quali ultime e quali contemporaneamente, e su questa base indovinava più efficacemente il futuro passaggio, pensi che egli sarebbe ancora desideroso di ottenerli e invidioso di quelli che ricevono onori e potere fra i prigionieri, o piuttosto, condividendo quel che dice Omero, preferirebbe di molto “esser bifolco, servire un padrone, un diseredato”, e sopportare qualsiasi prova pur di non opinare quelle cose e vivere quella vita?»
«Così» disse «credo anch'io: tutto accetterebbe di soffrire piuttosto che vivere in quel modo.»
«Rifletti ancora su questo» dissi io. «Se costui, ridisceso, si sedesse di nuovo al suo posto, non avrebbe forse gli occhi colmi di oscurità, venendo di colpo dal sole?»
«Certo» disse.
«Ma se dovesse di nuovo discernere quelle ombre e disputarne con quelli che son sempre rimasti in catene, mentre vede male perché i suoi occhi non si sono ancora assuefatti, ciò che richiederebbe un tempo non breve, non si renderebbe forse ridicolo, non si direbbe di lui che, salito quassù, ne è tornato con gli occhi rovinati, e dunque non val la pena neppure di tentare l'ascesa? e chi provasse a scioglierli e a guidarli verso l'alto, appena potessero afferrarlo e ucciderlo, non lo ucciderebbero?»
«Sicuramente» disse.
«Quest'immagine pertanto, caro Glaucone» io dissi, «va applicata tutta intera a quel che dicevamo prima: la regione che ci appare tramite la vista è da paragonare alla dimora dei prigionieri, la luce del fuoco che sta in essa alla potenza del sole; ponendo poi la salita quassù e la contemplazione di quel che vi è quassù come l'ascesa dell'anima verso il luogo del noetico non t'ingannerai sulla mia aspettativa, dal momento che vuoi conoscerla. Dio solo sa se essa può esser vera. Questo è comunque quel che a me appare: all'estremo confine del conoscibile v'è l'idea del buono e la si vede a stento, ma una volta vistala occorre concludere che essa è davvero sempre la causa di tutto ciò che vi è di retto e di bello, avendo generato nel luogo del visibile la luce e il suo signore, in quello del noetico essendo essa stessa signora e dispensatrice di verità e di pensiero; e che deve averla vista chi intenda agire saggiamente sia nella vita privata sia in quella pubblica.»
«Sono d'accordo anch'io» disse, «almeno come mi è possibile.»
«Su, allora» dissi io: «convieni anche su questo fatto, che non c'è da sorprendersi se chi è giunto fino a tal punto non voglia poi occuparsi delle faccende degli uomini, e la sua anima aspiri sempre a restare lassù: è in effetti del tutto verosimile che sia così, se anche questo sta nel modo descritto dalla nostra immagine.»
«Verosimile, certo» disse.
Guida alla lettura
1) Descrivi schematicamente la posizione degli oggetti e delle persone nella caverna e fuori (anche con un disegno).
Nella caverna:
Prigionieri: Si trovano all'interno della caverna, con le gambe e il collo incatenati in modo da dover restare fermi e guardare solo in avanti. Non possono girare la testa. Vedono solo le ombre proiettate sul muro di fronte a loro.
Muro: Tra i prigionieri e il fuoco, c'è un muro su cui vengono proiettate le ombre.
Fuoco: Posto alle spalle dei prigionieri, illumina il muro e proietta le ombre delle persone e degli oggetti.
Portatori di oggetti: Si trovano sul muretto tra il fuoco e i prigionieri. Portano oggetti di ogni genere e statuette di persone e animali, che proiettano le ombre sul muro.
Ombre: Le ombre degli oggetti e delle persone proiettate sul muro sono tutto ciò che i prigionieri possono vedere.
Fuori dalla caverna:
Entrata della caverna: È spalancata alla luce, larga quanto l'intera caverna.
Luce del sole: Illumina il mondo esterno e rappresenta la verità e la conoscenza più elevate.
Mondo reale: È ciò che è visibile solo uscendo dalla caverna e guardando verso la luce del sole. È la realtà che i prigionieri non conoscono finché non sono liberati.
2) Attribuisci a ogni elemento il suo significato allegorico.
Certamente, nell'allegoria della caverna di Platone, ogni elemento ha un significato allegorico:
La caverna: Rappresenta il mondo sensibile, la realtà empirica in cui viviamo e percepiamo le cose attraverso i sensi.
I prigionieri legati all'interno della caverna: Simboleggiano gli esseri umani nella loro condizione di ignoranza e schiavitù delle opinioni e delle percezioni sensoriali.
Le catene che li tengono fermi e li costringono a guardare solo in avanti: Indicano la limitazione della percezione umana e l'incapacità di guardare oltre la realtà empirica.
Le ombre proiettate dal fuoco sul muro della caverna: Rappresentano le apparenze del mondo sensibile, le percezioni sensoriali distorte e superficiali che gli esseri umani considerano come la realtà.
Il fuoco dietro i prigionieri: Simboleggia la fonte di luce nel mondo sensibile, che permette alle ombre di essere proiettate sul muro della caverna.
Il mondo esterno oltre l'entrata della caverna, illuminato dal sole: Rappresenta il mondo delle idee, la realtà intelligibile e trascendente, la verità assoluta che è al di là delle apparenze.
Il prigioniero liberato che esce dalla caverna e vede la luce del sole: Simboleggia il filosofo che raggiunge la conoscenza delle idee, che si libera dall'ignoranza e vede la verità razionale.
Il ritorno del prigioniero nella caverna e la sua difficoltà ad abituarsi alla luce del sole: Indica il difficile processo di comprensione e accettazione della verità razionale dopo essere stato immerso nell'ignoranza del mondo sensibile.
La resistenza dei prigionieri rimasti legati e la loro reazione al tentativo di liberarli: Rappresenta l'opposizione e la diffidenza degli individui verso chi cerca di portarli verso la conoscenza superiore, poiché sono abituati alla loro condizione di ignoranza.
L'idea del Bene, rappresentata dalla luce del sole: Simboleggia la causa ultima e la fonte di ogni verità e bontà, che guida il filosofo nella sua ricerca della conoscenza più alta.
3) Descrivi la visione del prigioniero prima e dopo la liberazione: che cosa è reale per lui?
Prima della liberazione, il prigioniero vive nell'oscurità della caverna, legato e costretto a guardare solo le ombre proiettate dal fuoco sul muro di fronte a lui. Queste ombre sono tutto ciò che ha mai conosciuto e percepisce queste immagini come la realtà stessa, poiché non ha mai avuto esperienza del mondo esterno.
Dopo essere stato liberato e portato alla luce del sole, il prigioniero sperimenta una trasformazione radicale nella sua percezione della realtà. Inizialmente, il fulgore del sole lo acceca e gli causa dolore agli occhi, rendendogli difficile distinguere gli oggetti reali. Tuttavia, con il tempo e l'assuefazione, inizia a vedere chiaramente il mondo esterno e a comprendere la vera natura delle cose.
Quindi, per il prigioniero liberato, ciò che è reale subisce una significativa evoluzione: dalle ombre illusorie della caverna, considerate precedentemente come la realtà, alla percezione delle vere forme e dei veri oggetti illuminati dalla luce del sole. La sua nuova comprensione della realtà è basata sulla conoscenza diretta e sulla contemplazione delle cose come realmente sono, anziché sulle apparenze illusorie che aveva sperimentato prima della liberazione.
4) Riesci a tradurre la nuova visione nei termini della vecchia?
Nella discussione, Socrate utilizza l'allegoria della caverna per rappresentare il processo di passaggio dalla conoscenza sensibile a quella razionale. La "nuova visione" si riferisce alla comprensione più profonda e completa della realtà raggiunta dal prigioniero liberato quando viene portato alla luce del sole. Questa nuova visione può essere interpretata nei termini della "vecchia" visione, cioè della conoscenza sensibile rappresentata dalle ombre proiettate nella caverna.
Nella vecchia visione, i prigionieri vedono solo le ombre delle cose proiettate sul muro della caverna. Queste ombre sono il limite della loro conoscenza e rappresentano solo una versione distorta della realtà. Tuttavia, quando il prigioniero viene liberato e portato alla luce del sole, la sua visione si amplia e diventa più chiara. Egli riesce a vedere le cose per quello che sono veramente, anziché solo per le loro ombre.
Quindi, la nuova visione si traduce nella vecchia visione come un'espansione della comprensione e una percezione più accurata della realtà. Mentre prima i prigionieri vedevano solo le ombre delle cose, ora il prigioniero liberato vede direttamente le cose stesse, senza intermediari o distorsioni. Questo cambiamento rappresenta il passaggio dalla conoscenza sensibile alla conoscenza razionale, come illustrato dall'allegoria della caverna.
Guida alla Comprensione
1) Usando l'immagine secondo il suo significato allegorico, spiega quale sia, secondo Platone, la condizione umana ordinaria rispetto alla verità.
Secondo Platone, l'allegoria della caverna rappresenta la condizione umana ordinaria rispetto alla verità come una sorta di prigionia nell'ignoranza delle ombre. Nella caverna, gli esseri umani sono come prigionieri legati e costretti a guardare solo le ombre delle cose proiettate da un fuoco sul muro di fronte a loro. Queste ombre rappresentano il mondo sensibile e le opinioni superficiali, che sono percepite attraverso i sensi e influenzate dalle impressioni fugaci e dal sentito dire.
In questa condizione, gli individui non hanno una visione chiara della realtà, ma piuttosto interpretano le ombre come oggetti reali e basano le loro opinioni su queste apparenze illusorie. Sono limitati dalla loro prospettiva ristretta e non hanno accesso alla verità razionale e alle idee eteree.
Pertanto, secondo Platone, la condizione umana ordinaria è caratterizzata dall'ignoranza delle verità più elevate e dalla dipendenza dalle apparenze sensoriali. Gli individui sono intrappolati in una realtà distorta e non riescono a percepire la vera essenza delle cose.
2) Sempre restando nei termini dell'allegoria, spiega a che cosa corrisponde la liberazione del prigioniero in termini di conoscenza.
Nell'allegoria della caverna di Platone, la liberazione del prigioniero rappresenta il momento in cui un individuo acquisisce la conoscenza filosofica o razionale, superando le limitazioni della percezione sensoriale e delle opinioni superficiali. Quando il prigioniero si libera dalle catene e emerge dalla caverna verso la luce del sole, simboleggia il passaggio dalla conoscenza del mondo sensibile, basata sulle percezioni fisiche e sulle opinioni comuni, alla comprensione della verità razionale e della realtà più profonda.
Questa liberazione è un processo di crescita intellettuale e spirituale che porta l'individuo a superare le illusioni delle ombre proiettate sulla parete della caverna, ossia le apparenze e le opinioni superficiali e ad aprirsi alla comprensione delle idee o forme eternamente valide e immutabili. In questo nuovo stato di consapevolezza, il filosofo è in grado di discernere la verità dietro le apparenze e di comprendere il mondo in modo più completo e accurato.
Quindi, la liberazione del prigioniero rappresenta il momento in cui un individuo abbandona l'ignoranza e si apre alla conoscenza, intraprendendo il cammino verso la sapienza filosofica e la comprensione della verità universale.
3) Perché, fuori di metafora, il filosofo ha difficoltà a comunicare le cose cui giunge con il ragionamento?
Fuori dalla metafora dell'allegoria della caverna, Platone intende sottolineare che il filosofo, che ha raggiunto la conoscenza razionale e contempla le verità eterne, può trovare difficoltà nel comunicare queste verità agli altri. Ci sono diverse ragioni per questo:
Disaccordo di prospettiva: Poiché il filosofo ha superato il mondo sensibile e contempla realtà più elevate, può essere difficile per coloro che sono ancorati alla percezione sensoriale comprendere le sue argomentazioni. Le loro opinioni e credenze potrebbero basarsi su ciò che è immediatamente percepibile e non sulla verità razionale.
Limiti del linguaggio: Il linguaggio e i concetti possono essere limitati nel trasmettere le verità più profonde e complesse. Ciò che il filosofo percepisce attraverso la ragione e la contemplazione potrebbe essere al di là delle capacità espressive del linguaggio ordinario.
Resistenza al cambiamento: Le persone spesso sono riluttanti a cambiare le proprie convinzioni radicate. Anche se il filosofo presenta argomenti validi e convincenti, coloro che sono legati alle loro opinioni preesistenti potrebbero resistere al cambiamento.
Mancanza di esperienza diretta: Le verità razionali possono richiedere una comprensione intuitiva che va oltre l'esperienza sensoriale diretta. Coloro che non hanno raggiunto questo livello di comprensione potrebbero trovare difficile accettare o comprendere i concetti del filosofo.
In sintesi, il filosofo può trovare difficoltà a comunicare le sue scoperte perché si trova in conflitto con le prospettive comuni, i limiti del linguaggio e la resistenza al cambiamento delle persone.
4) Quale significato possiamo attribuire all'esito tragico del rapporto tra filosofo e uomini normali?
L'esito tragico del rapporto tra il filosofo liberato e gli uomini normali nella caverna rappresenta la difficoltà di comunicare e condividere la conoscenza superiore con coloro che sono ancora legati all'ignoranza delle ombre. Questa tragedia riflette il conflitto tra la verità razionale e le opinioni sensibili. Il filosofo, che ha visto la verità e ha compreso la realtà al di là delle apparenze, si scontra con l'incomprensione e la resistenza degli altri prigionieri, che sono incapaci di concepire una realtà diversa da quella che conoscono.
La reazione violenta degli uomini normali nei confronti del filosofo liberato simboleggia la paura e l'ostilità che spesso accompagnano il cambiamento e la sfida alle convinzioni radicate. La loro incapacità di accettare la verità e il rifiuto di allontanarsi dalla loro condizione di prigionia rappresentano la persistenza dell'ignoranza e della chiusura mentale.
In definitiva, l'esito tragico sottolinea la solitudine e la difficoltà del filosofo nel cercare di illuminare gli altri e portarli verso la conoscenza superiore. Questo tema è centrale nella filosofia platonica e riflette la sfida costante del pensatore nel cercare di guidare gli altri verso la verità, nonostante le difficoltà e le avversità incontrate lungo il cammino.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori