Tertulliano - Il cristianesimo non è una nuova filosofia
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Nel 197 d.C., Tertulliano compose l'Apologetico poco dopo aver abbracciato il cristianesimo. Quest'opera, probabilmente la prima del genere in latino, consiste in un'orazione retorica indirizzata ai magistrati di Cartagine e, più in generale, ai pagani, con l'obiettivo di difendere i cristiani dalle accuse di illegalità e irreligiosità. Verso la conclusione del testo, Tertulliano si rivolge agli adepti del paganesimo che considerano il cristianesimo come una sorta di nuova filosofia. Egli esamina le differenze tra il modo di vivere e di pensare dei filosofi e dei cristiani, evidenziando profonde disparità di moralità e integrità intellettuale. Con tono a tratti ironico, Tertulliano dimostra come i filosofi greci, pur avendo accesso alla stessa antica sapienza divulgata da Dio attraverso Mosè e i Profeti, non siano riusciti a formulare concetti sensati su Dio e sul mondo. Inoltre, Tertulliano mescola le sue critiche ai filosofi con attacchi agli gnostici e agli eretici, colpevoli di aver distorto il significato delle Scritture sotto l'influenza della filosofia.
Lettura
In che cosa sono simili il filosofo e il cristiano, i discepoli della Grecia e quelli del Cielo, coloro che trafficano per la gloria o per la vita, coloro che agiscono a parole o coi fatti, chi edifica o chi distrugge, chi falsifica o chi ristabilisce la verità, chi se ne appropria o chi la custodisce?
Anche qui mi soccorre l'antichità dianzi riaffermata della Sacra Scrittura, perché facilmente s'intenderà a cagione di tale antichità che essa fu il tesoro da cui derivò ogni successiva sapienza. E se non volessi mitigare il pondo già grave di questo libro, avrei potuto dilungarmi in tale dimostrazione. Quale dei poeti, quale dei sofisti, che non abbia attinto alla fonte dei profeti? Ad essa, dunque, i filosofi soddisfecero il loro genio assetato, in modo che quanto ha uno preso da noi a noi lo accomuna.
Perciò, ritengo, la filosofia fu messa al bando da alcune legislazioni, intendo parlare di quella di Tebe, di Sparta, di Argo. Mentre costoro, vogliosi soltanto, come dicemmo, di gloria e di belle parole, si sforzavano di accostarsi alle nostre dottrine, se trovavano qualcosa che soddisfacesse la loro abitudine di curiosità nei nostri santi libri, se ne appropriavano; ma la scarsa persuasione del loro carattere divino non bastava ad impedir loro di raffazzonarli, e non li comprendevano abbastanza, anche perché in quei tempi le Scritture erano ancora un poco oscure e dagli stessi Giudei tenute velate, come cosa che riguardava loro soltanto. Infatti, la verità quanto più era semplice, tanto più lo spirito critico degli uomini disprezzava di porvi fede, vacillava, e fu così che resero incerto anche ciò che avevano trovato di certo.
Avendo infatti trovato soltanto Dio, non ne parlarono così come l'avevano trovato, ma discussero intorno ai suoi attributi, alla sua natura, alla sua dimora. Gli uni lo dissero incorporeo, altri corporeo, quali i platonici e gli stoici; altri composto di atomi o di numeri, come Epicuro e Pitagora; altri ancora di fuoco come sembra ad Eraclito; i platonici dicono che si prende cura del mondo, gli epicurei lo vogliono ozioso e disoccupato e, per dir così, negativo nei confronti delle cose umane; posto dagli stoici fuori del mondo e, a guisa di tornitore, ne farebbe girare dall'esterno la mole; posto dai platonici nell'interno del mondo, ove, a guisa di timoniere, prende posto all'interno della nave che conduce.
Così pure intorno al mondo stesso variano le opinioni: se sia sempre esistito, se sia destinato a scomparire o a rimanere; così pure litigano intorno alla natura dell'anima, che alcuni voglion divina ed eterna, altri dissolubile; secondo il proprio sentimento ciascuno vi ha aggiunto o mutato qualcosa.
E non v'è da meravigliarsi, se il genio dei filosofi ha sfigurato i nostri vecchi documenti: usciti dalla loro scuola, certi uomini hanno snaturato con le loro argomentazioni personali, conformemente ai sentimenti dei filosofi, anche il nostro piccolo recente libro, e da una sola via hanno tratto una folla di sentieri obliqui e inestricabili. Ciò noi diciamo, perché la notoria varietà della nostra setta non ci faccia ritener simili a quei filosofi, e dalla varietà si cerchi di stabilire un indebolimento della verità. Prontamente noi opponiamo ai nostri falsificatori, che la sola regola della fede è quella che proviene da Cristo che l'ha affidata ai propri compagni; è facile provare che quegli interpreti discordanti sono di parecchio posteriori ai compagni di Cristo.
Tutte le cose che sono state inventate contro la verità sono state imbastite con elementi della stessa verità, ed è agli spiriti dell'errore che dobbiamo tale contraffazione. Da essi fu segretamente predisposta la falsificazione della nostra così salutare disciplina, da essi furono messe in circolazione anche talune fandonie, per indebolire con la loro verosimiglianza la fede nella verità o piuttosto per attirare a sé tale fede, in modo che si arrivi a dichiarare che non si deve credere ai cristiani, come neppure ai poeti ed ai filosofi, oppure che si debba credere ai poeti ed ai filosofi, perché non si deve credere ai cristiani.
Così si ride quando noi prediciamo il giudizio di Dio. Infatti i poeti ed i filosofi pongono il tribunale presso gli inferi. E se noi minacciamo la Geenna, che è un deposito sotterraneo di misterioso fuoco destinato alla punizione, veniamo parimenti beffeggiati. Eppure vi è un fiume nel regno dei morti: Piriflegetonte. E se noi parliamo del Paradiso, luogo di una divina bellezza destinato a ricevere i santi spiriti, che una specie di muraglia, formata da quella famosa zona ignea, separa dal mondo comunemente noto, noi troviamo i Campi Elisi in possesso della generale credenza. Donde, vi chiedo, i filosofi e i poeti hanno tratto conoscenze tanto simili alle nostre? Non altrove che dalle nostre credenze. Se ad esse, poiché queste precedettero nel tempo, allora debbono venir maggiormente creduti i nostri misteri, se le loro imitazioni furon ritenute degne di fede. Se invece trovan origine nella loro immaginazione, ne conseguirebbe che i nostri misteri deriverebbero da copie loro posteriori, ciò che è contrario alla natura delle cose: giacché mai l'ombra precedette il corpo o la copia il proprio originale.
Guida alla lettura
1) Qual è l'antico tesoro da cui deriva ogni altra sapienza?
L'antico tesoro da cui deriva ogni altra sapienza è indicato nella Sacra Scrittura. Tertulliano sottolinea che questa è la fonte primordiale da cui hanno attinguto sia i filosofi che i poeti per la loro conoscenza.
2) Elenca ciò che i filosofi avrebbero detto di Dio, nella versione caricaturale che ne dà Tertulliano.
Secondo la caricatura di Tertulliano, i filosofi avrebbero detto di Dio:
Alcuni lo ritenevano incorporeo, mentre altri corporeo.
Alcuni lo vedevano composto di atomi o di numeri.
Altri ancora lo consideravano fatto di fuoco.
Mentre alcuni platonici affermavano che Dio si prendesse cura del mondo, gli epicurei lo ritenevano ozioso e disoccupato.
Gli stoici lo collocavano fuori dal mondo, facendolo girare dall'esterno come un tornitore, mentre i platonici lo mettevano all'interno del mondo, come un timoniere all'interno di una nave.
3) Quali sono le affinità che Tertulliano riscontra tra il modo pagano e quello cristiano di pensare l'inferno e il paradiso? E perché, secondo lui, esistono queste affinità?
Tertulliano riscontra delle affinità tra il modo pagano e quello cristiano di pensare all'inferno e al paradiso. Egli osserva che sia i poeti che i filosofi, nell'affrontare concetti come il giudizio di Dio, pongono il tribunale presso gli inferi, descrivono un luogo di punizione simile alla Geenna, e parlano di un regno dei morti con caratteristiche simili al Paradiso, come i Campi Elisi. Secondo Tertulliano, queste similitudini derivano dal fatto che i poeti e i filosofi hanno attinto alle credenze cristiane. Egli sostiene che le loro conoscenze non possono che derivare dalle credenze cristiane precedenti nel tempo, poiché le loro descrizioni sono simili ai concetti presenti nella dottrina cristiana. Tertulliano insinua che i poeti e i filosofi hanno preso spunto dalle credenze cristiane, imitandole o plagiandole, e ciò dimostra, secondo lui, la validità dei misteri cristiani e la loro precedenza rispetto alle imitazioni pagane.
Guida alla Comprensione
1) In che senso poeti e filosofi pagani dipendono dalla stessa fonte dei cristiani?
I poeti e i filosofi pagani dipendono dalla stessa fonte dei cristiani nel senso che essi attingono, anche se in maniera indiretta o distorta, dalle credenze e dalle dottrine presenti nelle Sacre Scritture e nella tradizione religiosa dei cristiani. Tertulliano fa notare che molte idee espresse dai poeti e dai filosofi, come quelle riguardanti il giudizio divino, l'aldilà e la punizione dopo la morte, sono simili a concetti presenti nelle credenze cristiane. Queste somiglianze indicano che le concezioni pagane derivano, in qualche modo, dalle credenze cristiane, anche se spesso vengono distorte o reinterpretate in modo diverso dai pagani. Questa dipendenza suggerisce che le credenze cristiane abbiano influenzato profondamente la cultura e la filosofia pagana del tempo.
2) Per quale ragione, secondo Tertulliano, pur avendo a disposizione i «santi libri» i filosofi pagani li hanno «raffazzonati»?
Secondo Tertulliano, pur avendo a disposizione i "santi libri", i filosofi pagani li hanno "raffazzonati" perché non hanno compreso appieno il loro significato. Questo è dovuto alla loro predisposizione ad adattare le Scritture alle proprie convinzioni e argomentazioni personali, conformemente ai loro sentimenti filosofici. Inoltre, Tertulliano suggerisce che le Scritture erano ancora oscure ai tempi dei filosofi pagani e venivano tenute velate anche dagli stessi Giudei, quindi i filosofi non le comprendevano appieno. Questo ha portato i filosofi a distorcere il significato delle Scritture, interpretandole in modi che riflettevano le loro proprie idee e credenze, anziché accettarle per quello che erano.
3) A chi si riferisce Tertulliano quando parla di coloro che «da una sola via hanno tratto una folla di sentieri obliqui e inestricabili»?
Tertulliano si riferisce a certi uomini che, usciti dalla scuola dei filosofi, hanno distorto il significato dei testi sacri cristiani, conformemente ai sentimenti e alle interpretazioni filosofiche personali. Questi individui hanno generato una molteplicità di interpretazioni errate e intricate, creando una confusione intorno alla vera comprensione delle Scritture.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori