Thomas Hobbes - Diritto di natura e legge naturale


Immagine Thomas Hobbes
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel capitolo XIV del suo celebre trattato "Leviatano", Hobbes esplora le ragioni che spingono gli individui a uscire dallo stato di natura per dar vita alla società politica attraverso un contratto. In questo contesto, distingue tra il concetto di "diritto di natura" e quello di "legge naturale", delineando le motivazioni razionali che sottendono a questo passaggio cruciale. Nello specifico, esamina le prime due leggi di natura, fondamentali per la convivenza civile.

Nel capitolo successivo, il XV, Hobbes procede con la presentazione delle restanti diciotto leggi di natura, dedotte in maniera logica dalle prime due. È in questo contesto che introduce la terza legge fondamentale, che istituisce la giustizia tra gli uomini e sancisce la protezione della proprietà privata, elemento centrale per la stabilità e l'ordine della società civile.


Lettura


Il diritto di natura, che gli scrittori comunemente chiamano jus naturale, è la libertà che ogni uomo ha di usare il suo potere, come egli vuole, per la preservazione della propria natura, vale a dire, della propria vita, e per conseguenza, di fare qualunque cosa nel suo giudizio e nella sua ragione egli concepirà essere il mezzo più atto a ciò.

Per libertà, si intende, secondo il significato proprio della parola, l'assenza di impedimenti esterni, i quali impedimenti possono spesso togliere parte del potere di un uomo di fare ciò che vorrebbe, ma non possono ostacolarlo nell'usare il potere che gli è rimasto, secondo ciò che il suo giudizio e la sua ragione gli detteranno.

Una legge di natura (lex naturalis) è un precetto o una regola generale scoperta dalla ragione, che vieta ad un uomo di fare ciò che è lesivo della sua vita o che gli toglie i mezzi per preservarla, e di omettere ciò con cui egli pensa possa essere meglio preservata.

Benché, infatti, coloro che parlano di questo soggetto usino confondere jus e lex, diritto e legge; pure debbono essere distinti, perché il diritto consiste nella libertà di fare o di astenersi dal fare, mentre la legge determina e vincola a una delle due cose; cosicché la legge e il diritto differiscono come l'obbligo e la libertà che sono incompatibili in una sola e medesima materia.

E per il fatto che la condizione dell'uomo (come è stato dichiarato nel capitolo precedente) è una condizione di guerra di ogni uomo contro ogni altro uomo, e, in questo caso, ognuno è governato dalla propria ragione e non c'è niente di cui egli può far uso che non possa essergli di aiuto nel preservare la sua vita contro i suoi nemici, ne segue che in una tale condizione ogni uomo ha diritto ad ogni cosa, anche al corpo di un altro uomo. Perciò, finché dura questo diritto naturale di ogni uomo ad ogni cosa, non ci può essere sicurezza per alcuno (per quanto forte o saggio egli sia) di vivere per tutto il tempo che la natura ordinariamente concede agli uomini di vivere.

Per conseguenza è un precetto o regola generale della ragione, che ogni uomo debba sforzarsi alla pace, per quanto abbia speranza di ottenerla, e quando non possa ottenerla, cerchi e usi tutti gli aiuti e i vantaggi della guerra. La prima parte di questa regola contiene la prima e fondamentale legge di natura, che è cercare la pace e conseguirla. La seconda, la somma del diritto di natura, che è difendersi con tutti i mezzi possibili.

Da questa fondamentale legge di natura che comanda agli uomini di sforzarsi alla pace, deriva questa seconda legge, che un uomo, sia disposto, quando anche altri lo sono, per quanto egli penserà necessario per la propria pace e difesa, a deporre questo diritto a tutte le cose; e che si accontenti di avere tanta libertà contro gli altri uomini, quanta egli ne concederebbe ad altri uomini contro di lui. Infatti, finché ogni uomo ritiene questo diritto di fare ciò che gli piace, tutti gli uomini sono nella condizione di guerra.

Ma se gli altri uomini non deporranno il loro diritto, come lui, allora non c'è ragione che uno solo si spogli del suo; ciò sarebbe infatti un esporsi alla preda (cosa a cui nessun uomo è vincolato) piuttosto che un disporsi alla pace. Questa è la legge del Vangelo: tutto ciò che tu richiedi che gli altri ti facciano, fallo a loro; e la legge di tutti gli uomini: quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris.

Deporre un suo diritto a qualcosa, vale, per un uomo, spogliarsi della libertà di ostacolare un altro nel beneficio del suo diritto alla stessa cosa. Infatti colui che rinuncia al suo diritto o lo trasferisce non dà ad un altro uomo un diritto che prima non aveva, perché non c'è nulla a cui ogni uomo non abbia diritto per natura, ma solo si toglie di mezzo, affinché quello possa godere del suo diritto originario senza ostacoli da parte sua, né senza ostacoli da parte di altri. Cosicché l'effetto che ridonda ad un uomo dall'abbandono del diritto di un altro uomo, è solo una altrettanta diminuzione di impedimenti all'uso del proprio diritto originario. [...]

Ogni volta che un uomo trasferisce il suo diritto, o vi rinuncia, lo fa, o in considerazione del fatto che qualche diritto gli viene reciprocamente trasferito, o per qualche altro bene che egli spera di riceverne. Infatti, è un atto volontario, e l'oggetto degli atti volontari di ogni uomo è qualche bene per se stesso. [...] Il mutuo trasferimento del diritto è ciò che gli uomini chiamano contratto. [...]

Da quella legge di natura, per la quale siamo obbligati a trasferire ad altri quei diritti che, se vengono trattenuti, ostacolano la pace del genere umano, ne segue una terza, questa, che gli uomini adempiano i patti fatti da loro: senza di essa i patti sono vani e solo vuote parole, e rimanendo il diritto di tutti gli uomini a tutte le cose, si è sempre nella condizione di guerra.

È in questa legge di natura che consiste la fonte e l'origine della giustizia. Infatti, dove in precedenza non v'è stato alcun patto, non è stato trasferito alcun diritto ed ogni uomo ha diritto ad ogni cosa; di conseguenza nessuna azione può essere ingiusta. Ma quando un patto è fatto, allora infrangerlo è ingiusto e la definizione dell'ingiustizia non è altro che il non adempimento del patto. E tutto ciò che non è ingiusto è giusto.

Ma per il fatto che i patti di fiducia reciproca, ove ci sia il timore che una delle parti non li adempia (come è stato detto nel precedente capitolo), non sono validi, benché l'origine della giustizia sia il fare dei patti, pure effettivamente non vi può essere alcuna ingiustizia, finché non sia tolta la causa di tale timore; e ciò non si può fare finché gli uomini sono nella naturale condizione di guerra. Perciò, prima che i nomi di giusto e ingiusto possano aver luogo, ci deve essere qualche potere coercitivo per costringere ugualmente gli uomini all'adempimento dei loro patti, per mezzo del terrore di una qualche punizione più grande del beneficio che si aspettano dall'infrangerli e per rendere sicura quella proprietà che gli uomini acquisiscono per contratto reciproco in ricompensa del diritto universale che abbandonano; e tale potere non c'è prima dell'erezione di uno stato. Ciò si deve desumere anche dalla definizione della giustizia che ordinariamente viene data nelle Scuole: la giustizia è la costante volontà di dare ad ognuno il suo. Perciò dove non c'è alcuna cosa propria, cioè dove non c'è proprietà, non c'è ingiustizia, e dove non viene eretto un potere coercitivo, cioè, dove non c'è stato, non c'è proprietà, dato che tutti gli uomini hanno diritto a tutte le cose: quindi dove non c'è stato, non c'è niente di ingiusto. Cosicché la natura della giustizia consiste nel mantenimento dei patti validi, ma la validità dei patti non ha inizio se non con la costituzione di un potere civile sufficiente a costringere gli uomini a mantenerli; è allora che ha inizio anche la proprietà.


Guida alla lettura


1) Definisci il concetto di diritto di natura.
Il concetto di diritto di natura, secondo Thomas Hobbes nel suo Leviatano, si riferisce alla libertà che ogni individuo possiede di utilizzare il proprio potere secondo il proprio giudizio e ragionamento per preservare la propria vita. In altre parole, il diritto di natura è la libertà di agire come si desidera per proteggere se stessi e perseguire la propria sopravvivenza. Hobbes sottolinea che questa libertà non è assoluta, è soggetta alla ragione e al giudizio dell'individuo, e può essere limitata solo dagli impedimenti esterni che possono diminuire il potere di agire, ma non impedire del tutto l'uso del potere residuo secondo il giudizio e la ragione dell'individuo.

2) Definisci il concetto di libertà.
Nel testo sopra citato, Hobbes definisce la libertà come l'assenza di impedimenti esterni che possano limitare il potere di un individuo nel fare ciò che desidera per preservare la propria vita. Questa libertà consente a ciascun individuo di utilizzare il proprio potere come ritiene più opportuno, secondo il proprio giudizio e la propria ragione, al fine di garantire la propria sopravvivenza e il benessere. La libertà, pertanto, si manifesta quando un individuo non è ostacolato nel suo agire da fattori esterni e ha la possibilità di perseguire i propri fini in linea con il proprio discernimento e le proprie capacità.

3) Definisci il concetto di legge di natura.
Secondo il testo citato dal Leviatano di Hobbes, una legge di natura è un precetto o una regola generale scoperta dalla ragione, che vieta ad un uomo di fare ciò che è lesivo della sua vita o che gli toglie i mezzi per preservarla e di omettere ciò con cui egli pensa possa essere meglio preservata. Hobbes distingue tra "jus" e "lex", ossia tra diritto e legge, affermando che il diritto consiste nella libertà di fare o di astenersi dal fare, mentre la legge determina e vincola a una delle due cose. Inoltre, Hobbes afferma che le leggi di natura derivano dalla ragione e che sono scoperte da essa.


Guida alla Comprensione


1) Hobbes è il primo filosofo dell'età moderna a distinguere chiaramente tra diritto di natura e legge di natura. Spiega chiaramente in che cosa consiste, secondo lui, questa differenza.
Secondo Hobbes, il diritto di natura, o jus naturale, è la libertà che ogni individuo possiede di utilizzare il proprio potere come desidera per preservare la propria vita. Questo include il diritto di fare qualsiasi cosa che, secondo il proprio giudizio e la propria ragione, si reputi il mezzo più appropriato per la propria conservazione. In breve, il diritto di natura è la libertà di agire secondo il proprio giudizio senza impedimenti esterni.

D'altra parte, la legge di natura, o lex naturalis, è un precetto o una regola generale scoperta dalla ragione. Questa legge vieta a un individuo di compiere azioni che minacciano la sua vita o che gli tolgono i mezzi per preservarla e lo incoraggia ad agire per preservare la propria vita. In sostanza, la legge di natura impone dei divieti e degli obblighi basati sulla ragione e sulla preservazione della vita.

La differenza principale tra il diritto di natura e la legge di natura, secondo Hobbes, è che il diritto di natura consiste nella libertà di fare o astenersi dal fare, mentre la legge di natura determina e vincola l'individuo a una delle due opzioni. In altre parole, il diritto di natura riguarda la libertà di azione, mentre la legge di natura stabilisce delle restrizioni e degli obblighi basati sulla ragione.

2) Riporta, anche attraverso una parafrasi, le due prime leggi di natura definite da Hobbes e spiegane il significato.
Le prime due leggi di natura definite da Hobbes possono essere riassunte e spiegate nel seguente modo:

La prima legge di natura: La prima legge di natura, secondo Hobbes, è il precetto generale che impone agli uomini di sforzarsi per la pace e di cercare di ottenerla. Ciò significa che gli individui devono fare del loro meglio per evitare conflitti e instaurare un clima di tranquillità e cooperazione tra di loro. Questo principio è fondamentale per garantire la sopravvivenza e la prosperità nella società, poiché senza pace, gli uomini sarebbero costantemente in guerra gli uni con gli altri.
La seconda legge di natura: La seconda legge di natura è una conseguenza della prima e riguarda il diritto naturale di autodifesa. Essa afferma che ogni individuo ha il diritto di difendersi con ogni mezzo possibile quando la pace è minacciata e non può essere ottenuta pacificamente. Questo significa che gli uomini devono essere autorizzati a proteggere la propria vita e la propria libertà, anche attraverso l'uso della forza, se necessario, per garantire la loro sopravvivenza e sicurezza personale.

In sintesi, queste due leggi di natura stabiliscono che gli uomini devono cercare la pace e difendersi quando la pace è minacciata, al fine di garantire la loro sicurezza e il loro benessere nella società.

3) Spiega in che senso la terza legge di natura è la fonte della giustizia, anche se, per esistere veramente, essa ha bisogno di un potere coercitivo superiore.
La terza legge di natura, come spiegata nel testo sopra citato da Hobbes, è la fonte della giustizia perché stabilisce l'obbligo di adempiere ai patti. Questo concetto è enunciato nella frase: "È in questa legge di natura che consiste la fonte e l’origine della giustizia." Questa legge implica che il mantenimento dei patti è ciò che determina ciò che è giusto, mentre l'inadempienza ai patti costituisce l'ingiustizia.

Tuttavia, affinché questa terza legge di natura possa essere efficace e possa realmente costituire la base della giustizia, è necessario che esista un potere coercitivo superiore. Senza tale autorità in grado di far rispettare i patti e di applicare delle sanzioni in caso di inadempienza, i patti stessi non avrebbero valore o validità. Hobbes spiega che il timore di una punizione maggiore del beneficio che si otterrebbe infrangendo i patti è ciò che spinge gli individui a rispettarli.

Pertanto, sebbene la terza legge di natura sia la fonte concettuale della giustizia, affinché essa abbia una realizzazione pratica e possa effettivamente regolare i rapporti umani, è necessario che sia supportata da un'autorità statale che eserciti un potere coercitivo in grado di garantire il rispetto dei patti e mantenere l'ordine sociale.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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