Tommaso d'Aquino - Legge naturale e legge umana


Immagine Tommaso d'Aquino
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nella sua opera la "Summa Theologiae", Tommaso d'Aquino identifica quattro categorie di leggi: la "legge eterna", che regola l'universo secondo il volere divino; la "legge naturale", che rappresenta la partecipazione della legge eterna nell'essere umano razionale; la "legge umana", che si occupa della regolamentazione della convivenza sociale basata sulla legge naturale; e la "legge divina", rivelata nelle Sacre Scritture e volta a guidare i cristiani verso la salvezza. Uno dei concetti chiave è la "sinderesi", una disposizione innata che permette all'uomo di avere una comprensione intuitiva dei principi fondamentali della legge naturale. Il primo precetto razionale è quello di perseguire il bene e evitare il male, un imperativo inscritto indelebilmente nella coscienza umana. Partendo da questo principio generale, l'essere razionale può dedurre le norme morali fondamentali che governano la sua condotta sociale e morale. Tuttavia, è compito del legislatore umano completare questa regolamentazione, sia inducendo con la forza coloro che non sono inclini alla virtù a evitare il male, sia derivando dalle leggi naturali norme specifiche adatte alle circostanze. Le risposte di Tommaso ad alcuni articoli delle questioni 91, 94 e 95 della "Summa Theologiae", che trattano di queste tematiche, forniscono ulteriori approfondimenti.


Lettura


Se vi sia in noi una legge naturale

Rispondo: Essendo la legge, come abbiamo detto, una regola o misura, in due modi può trovarsi in un soggetto: primo, come in un principio regolante e misurante; secondo, come in una cosa regolata e misurata, poiché quest'ultima viene regolata e misurata in quanto partecipa della regola o misura. Ora, poiché tutte le cose soggette alla divina provvidenza sono regolate e misurate, come abbiamo visto, dalla legge eterna; è chiaro che tutte partecipano più o meno della legge eterna, perché dal suo influsso ricevono un'inclinazione ai propri atti e ai propri fini.

Ebbene, tra tutti gli altri esseri la creatura ragionevole è soggetta in maniera più eccellente alla divina provvidenza, perché ne partecipa col provvedere a se stessa e ad altri. Perciò in essa si ha una partecipazione della ragione eterna, da cui deriva una inclinazione naturale verso l'atto e il fine dovuto.

E codesta partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole si denomina legge naturale. Ecco perché il Salmista, dopo aver detto: «Sacrificate sacrifici di giustizia», quasi per rispondere al quesito di chi cerca le opere della giustizia, «Molti dicono: chi ci farà vedere il bene?», così risponde: «Qual sigillo è impressa su noi la luce del tuo volto, o Signore»; come per dire che la luce della ragione naturale, che ci permette di discernere il male e il bene, altro non è in noi che un'impronta della luce divina. Perciò è evidente che la legge naturale altro non è che la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole.

Se la legge naturale abbracci molti precetti, o uno soltanto

Rispondo: Secondo le spiegazioni date in precedenza, i precetti della legge naturale stanno alla ragione pratica, come i primi principi dimostrativi stanno alla ragione speculativa: poiché gli uni e gli altri sono principi per sé noti. [...]

Infatti la prima cosa che si presenta alla conoscenza è l'ente, la cui nozione è inclusa in tutto ciò che si apprende. Perciò il primo principio indimostrabile è che l'affermazione e la negazione sono incompatibili; poiché si fonda sulla nozione di ente e di non-ente. E su tale principio si fondano tutti gli altri, come nota Aristotele.

Ebbene, come l'ente è la cosa assolutamente prima nella conoscenza, così il bene è la prima nella cognizione della ragione pratica, ordinata all'operazione: poiché ogni agente agisce per un fine, il quale ha sempre ragione di bene. Perciò il primo principio della ragione pratica si fonda sulla nozione di bene, essendo il bene ciò che tutti gli esseri desiderano. Ecco, dunque, il primo precetto della legge: Il bene è da farsi e da cercarsi, il male è da evitarsi. E su di esso sono fondati tutti gli altri precetti della legge naturale; cosicché tutte le altre cose da fare o da evitare appartengono alla legge di natura, in quanto la ragione pratica le conosce naturalmente come beni umani.

Ma tutte le cose verso le quali l'uomo ha un'inclinazione naturale la ragione le apprende come buone, e quindi da farsi, e le contrarie le apprende come cattive e da evitarsi; perché il bene si presenta come un fine da raggiungere, il male come cosa contraria. Perciò l'ordine dei precetti della legge naturale segue l'ordine delle inclinazioni naturali.

Infatti prima di tutto troviamo nell'uomo l'inclinazione a quel bene di natura, che ha in comune con tutte le sostanze: cioè in quanto ogni sostanza tende per natura alla conservazione del proprio essere. E in forza di questa inclinazione appartiene alla legge naturale tutto ciò che giova a conservare la vita umana, e ne impedisce la distruzione.

Secondo, troviamo nell'uomo l'inclinazione verso cose più specifiche, per la natura che ha in comune con gli altri animali. E da questo lato appartengono alla legge naturale «le cose che la natura ha insegnato a tutti gli animali», p. es., l'unione del maschio con la femmina, la cura dei piccoli, e altre cose consimili.

Terzo, troviamo nell'uomo un'inclinazione verso il bene che è conforme alla natura della ragione, e che è propriamente umano: l'inclinazione naturale, p. es., a conoscere la verità su Dio, e a vivere in società. E da questo lato appartengono alla legge naturale le cose riguardanti codesta inclinazione: vale a dire la fuga dell'ignoranza, il rispetto di coloro con i quali si deve convivere, e altre cose del genere.

Se esista una legge umana

Rispondo: Come abbiamo già spiegato, la legge è un dettame della ragione pratica. Ora, nella ragione pratica e in quella speculativa si riscontrano procedimenti analoghi: infatti l'una e l'altra, come abbiamo visto, partendo da alcuni principi arrivano a delle conclusioni. Perciò, stando a codesta analogia, come in campo speculativo dai primi principi indimostrabili, naturalmente conosciuti, si producono in noi le conclusioni delle varie scienze, di cui non abbiamo una conoscenza innata; così è necessario che la ragione umana, dai precetti della legge naturale, come da principi universali e indimostrabili, arrivi a disporre delle cose in maniera più particolareggiata. E codeste particolari disposizioni, elaborate dalla ragione umana, si chiamano leggi umane, se si riscontrano le altre condizioni richieste per la nozione di legge, secondo le spiegazioni date nella questione precedente. Cicerone infatti ha scritto, che «la prima origine del diritto è opera della natura; quindi certe disposizioni, per il giudizio favorevole della ragione, passano in consuetudine; e finalmente codeste cose, che la natura aveva promosso e la consuetudine confermato, furono sancite dal timore e dalla santità delle leggi».

[...] La ragione umana non è in grado di partecipare pienamente il dettame della mente divina, ma solo a suo modo e imperfettamente. Perciò come in campo speculativo c'è in noi una conoscenza di certi principi universali, mediante una partecipazione naturale della divina sapienza, ma non la scienza peculiare di qualsiasi verità, come si trova nella sapienza di Dio; così anche in campo pratico l'uomo è partecipe naturalmente della legge eterna secondo certi principi universali, ma non secondo le direttive particolari dei singoli atti, che tuttavia sono contenute nella legge eterna. Perciò è necessario che la legge umana passi a stabilire particolari decreti di legge.

Se ogni legge umana positiva derivi dalla legge naturale

Rispondo: Come insegna S. Agostino, «non è da considerarsi legge una norma non giusta». Perciò una norma ha vigore di legge nella misura che è giusta. Ora, tra le cose umane un fatto si denomina giusto quando è retto secondo la regola della ragione. Ma la prima regola della ragione è la legge naturale, come abbiamo visto. Quindi una legge umana positiva in tanto ha natura di legge, in quanto deriva dalla legge naturale. Ché se in qualche cosa è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge.

Però va notato che una norma può derivare dalla legge di natura in due modi: primo, come conclusione dai principi; secondo come determinazione di cose indeterminate. Il primo modo somiglia alla deduzione delle conclusioni dimostrative in campo scientifico. Invece il secondo somiglia alla determinazione delle strutture generiche con le strutture specifiche in campo tecnico: cioè al modo col quale un muratore applica la struttura generica della casa alla struttura determinata di questa o di quell'altra casa.

Perciò alcune norme derivano dai principi universali della legge naturale come conclusioni; cioè come il precetto di non uccidere potrebbe derivare dal principio che non si deve far del male a nessuno. Invece altre norme ne derivano come determinazioni. La legge di natura, p. es., stabilisce che chi pecca venga punito; ma precisare con quale pena, è una determinazione della legge naturale. Ora, nella legge umana positiva si ritrova l'una e l'altra cosa. Però le norme del primo tipo non si trovano in codesta legge soltanto come norme positive, ma conservano un certo vigore della legge naturale. Invece le norme del secondo tipo lo devono soltanto alla legge umana.

Se sia accettabile la divisione delle leggi umane proposta da S. Isidoro

Rispondo: [...] Prima di tutto è essenziale alla legge umana derivare, secondo le spiegazioni date, dalla legge naturale. E in base a questo il diritto positivo si divide in diritto delle genti e diritto civile, seguendo i due modi caratteristici di derivazione dalla legge naturale, di cui si è già parlato. Infatti al diritto delle genti appartengono le cose che derivano dalla legge naturale come conclusioni dai principi: p. es., la giustizia nelle compravendite, e altre cose del genere, senza le quali non è possibile la convivenza umana; e questo diritto è di legge naturale, perché l'uomo è per natura un animale socievole, come spiega Aristotele. Le cose invece che derivano dalla legge naturale come determinazioni particolari appartengono al diritto civile, il quale si determina nel modo più adatto per ciascuno stato.


Guida alla lettura


1) Che cos'è la «legge eterna»?
La "legge eterna" è un concetto teologico-filosofico sviluppato da Tommaso d'Aquino e altri pensatori medievali. Essa rappresenta l'ordine razionale che regola l'universo secondo la volontà divina. La legge eterna è la manifestazione dell'armonia divina che governa tutte le cose, sia nell'ordine naturale che in quello soprannaturale.

Nel contesto della teologia tomista, la legge eterna è la mente di Dio stessa, che comprende il piano divino per il cosmo. Essa costituisce il fondamento di tutte le leggi e gli ordinamenti dell'universo, comprese le leggi naturali, le leggi umane e le leggi divine rivelate. La legge eterna è eterna e immutabile, emanando dalla perfezione e dall'eternità di Dio.

In sintesi, la legge eterna rappresenta l'ordine supremo e universale stabilito da Dio, che regola tutte le cose in conformità con la sua volontà e la sua sapienza divina.

2) Che cos'è la «legge naturale»?
La "legge naturale" è un concetto filosofico ed etico che si riferisce a un insieme di principi morali intrinseci e universali che si ritiene siano insiti nella natura stessa dell'uomo e del mondo. Questi principi sono considerati razionali e immutabili, e si suppone siano accessibili attraverso la ragione umana indipendentemente dalla religione o dalla cultura.

Secondo la tradizione filosofica, la legge naturale è basata sulla convinzione che ci siano dei principi morali oggettivi che possono essere scoperti e seguiti dalla ragione umana. Questi principi possono includere il rispetto per la vita, la libertà individuale, la giustizia, la verità e la promozione del bene comune. La legge naturale fornisce una base per la moralità e l'etica, guidando le azioni degli individui verso ciò che è considerato giusto e buono.

Nella teologia cristiana, pensatori come Tommaso d'Aquino hanno integrato il concetto di legge naturale nella loro visione del mondo, sostenendo che essa sia derivata dalla legge eterna di Dio e che sia accessibile attraverso la ragione umana. Secondo questa prospettiva, la legge naturale è considerata parte del piano divino per l'umanità e offre una guida morale universale per condurre una vita virtuosa.

In sintesi, la legge naturale rappresenta un insieme di principi morali universalmente validi e intrinsecamente legati alla natura umana e all'ordine del mondo, che possono essere scoperti e compresi attraverso la ragione umana.

3) Che cos'è la «legge umana»? E da dove trae la sua legittimazione?
La "legge umana", come definita da Tommaso d'Aquino nella Somma Teologica, è una normativa creata dagli esseri umani per regolare la vita sociale e civile. Essa trae la sua legittimazione dalla legge naturale, che è la partecipazione della legge eterna (ordinata da Dio) nella ragione umana. Secondo Tommaso d'Aquino, la legge umana è una derivazione o una determinazione della legge naturale, che a sua volta è un principio universale e indimostrabile noto alla ragione umana. Pertanto, affinché una legge umana sia giusta e legittima, deve essere conforme alla legge naturale, altrimenti non avrebbe validità morale. In breve, la legge umana ottiene la sua legittimazione dalla sua coerenza e conformità alla legge naturale, che è considerata la fonte ultima e divina della giustizia.

4) In quali modi la legge umana può derivare dalla legge naturale?
La legge umana può derivare dalla legge naturale in due modi principali:

Come conclusione dai principi: In questo caso, le norme della legge umana sono dedotte come conclusioni logiche dai principi universali della legge naturale. Ad esempio, il precetto di non commettere omicidio può essere derivato dal principio più generale che proibisce di fare del male a nessuno.
Come determinazione di cose indeterminate: Qui le norme della legge umana sono specificazioni o dettagli delle regole generali stabilite dalla legge naturale. Ad esempio, mentre la legge naturale stabilisce che chi commette un peccato debba essere punito, la determinazione specifica della pena è lasciata alla legge umana.

Entrambi questi approcci mostrano come la legge umana possa riflettere e derivare dai principi universali e fondamentali della legge naturale, che sono intrinsecamente giusti e razionali.


Guida alla Comprensione


1) Spiega in che senso la legge naturale «non è altro che un'impronta della luce divina in noi».
La frase "la legge naturale è un'impronta della luce divina in noi" si riferisce alla concezione di Tommaso d'Aquino riguardo alla relazione tra la legge naturale e la divinità. In questo contesto, "impronta della luce divina" suggerisce che la legge naturale è una manifestazione o una riflessione della volontà divina nella natura umana.

Per Tommaso d'Aquino, la luce divina rappresenta la saggezza e la volontà di Dio. Egli credeva che la ragione umana fosse capace di percepire i principi morali fondamentali attraverso una sorta di "illuminazione" derivante dalla partecipazione della mente umana alla mente divina. Questo concetto è simile a quello di "sinderesi", un termine usato da Tommaso per indicare la capacità naturale dell'uomo di discernere il bene dal male.

Quindi, quando si dice che la legge naturale è un'impronta della luce divina in noi, si intende che la nostra capacità di comprendere i principi morali fondamentali e di distinguere il bene dal male è una manifestazione della volontà divina impressa nella nostra natura razionale. In altre parole, la legge naturale riflette l'ordine e la saggezza divini che guidano l'agire umano verso il bene e la giustizia.

2) Spiega il significato di questa frase: «come l'ente è la cosa assolutamente prima nella conoscenza, così il bene è la prima nella conoscenza della ragione pratica».
Questa frase si riferisce al concetto che, così come l'essere (o l'ente) è fondamentale e primario nella conoscenza speculativa o teoretica, il bene è altrettanto fondamentale e primario nella conoscenza pratica o etica. Vediamo cosa significa in dettaglio:

L'ente come prima nella conoscenza speculativa: Nella filosofia, l'ente si riferisce a tutto ciò che esiste, che è reale. Nella conoscenza speculativa, che si occupa di comprendere la realtà, l'ente è il punto di partenza, il concetto più basilare su cui si costruisce la nostra comprensione del mondo. Prima di poter comprendere qualunque cosa, dobbiamo accettare che essa esista, che sia un ente.
Il bene come prima nella conoscenza della ragione pratica: Nella conoscenza pratica o etica, che si occupa di ciò che dobbiamo fare o evitare, il bene occupa lo stesso ruolo fondamentale che l'ente occupa nella conoscenza speculativa. Il bene è ciò che la ragione pratica identifica come desiderabile, come scopo o fine delle nostre azioni. Prima di poter decidere cosa fare, dobbiamo comprendere cosa sia il bene, cosa sia moralmente giusto o desiderabile.

In sostanza, la frase vuole sottolineare che, così come l'ente è il punto di partenza per la conoscenza del mondo reale, il bene è il punto di partenza per la guida delle nostre azioni morali. Entrambi sono considerati principi primari e fondamentali nelle rispettive sfere della conoscenza umana.

3) Spiega quale ruolo positivo Tommaso assegna alle inclinazioni naturali.
Tommaso d'Aquino attribuisce un ruolo centrale e positivo alle inclinazioni naturali nell'ambito della sua concezione della legge naturale. Egli ritiene che queste inclinazioni siano parte integrante della legge naturale stessa e che siano fondamentali per la vita umana e sociale.

Le inclinazioni naturali sono considerate come dei principi intrinseci presenti nell'uomo, che lo guidano verso il bene e lo aiutano a discernere il giusto dallo sbagliato. Tommaso sostiene che l'uomo, per sua natura, tende verso ciò che è buono per lui, sia fisicamente che moralmente. Queste inclinazioni naturali sono innati e intrinseci all'essere umano e possono essere considerati come delle "leggi" interiori che regolano il comportamento umano.

Secondo Tommaso, queste inclinazioni naturali sono ordinate gerarchicamente e si riflettono nei diversi livelli di beni che l'uomo cerca. Ad esempio, l'uomo è naturalmente incline alla conservazione della propria vita e alla soddisfazione dei bisogni primari, come l'alimentazione e la riproduzione. Tuttavia, oltre a queste inclinazioni più immediate legate alla conservazione dell'essere, Tommaso riconosce anche inclinazioni più elevate, come la ricerca della verità, la vita sociale e la ricerca del bene comune.

Le inclinazioni naturali forniscono quindi la base su cui si fondano i principi della legge naturale. Esse guidano l'uomo verso il bene e gli consentono di distinguere tra ciò che è moralmente corretto e ciò che è moralmente sbagliato. In questo senso, le inclinazioni naturali svolgono un ruolo positivo nel processo di discernimento morale e nell'orientamento delle azioni umane verso il bene.

4) Qual è il significato di questa frase: «la legge di natura [...] stabilisce che chi pecca venga punito, ma precisare con quale pena è una certa determinazione della legge naturale»?
Questa frase si riferisce al concetto che la legge naturale stabilisce certi principi morali fondamentali, come il fatto che chi commette peccato debba essere punito. Tuttavia, la specifica modalità o gravità della punizione non è necessariamente definita dalla legge naturale stessa, ma può essere determinata dalle leggi umane o da altre istituzioni. In altre parole, mentre la legge naturale impone il concetto generale di giustizia che richiede la punizione per il peccato, le modalità specifiche di attuazione di questa punizione sono soggette a interpretazione e determinazione umana.

5) Spiega in che modo Tommaso, seguendo Isidoro da Siviglia, distingue il «diritto positivo» (cioè la legge umana) tra «diritto delle genti» e «diritto civile».
Secondo Tommaso d'Aquino, seguendo l'approccio di Isidoro da Siviglia, il concetto di "diritto positivo" o legge umana viene distinto in due categorie: il "diritto delle genti" e il "diritto civile".

Diritto delle genti: Questo tipo di diritto deriva dalla legge naturale come conclusioni dai principi. Include norme che sono necessarie per la convivenza umana e che derivano direttamente dalla legge naturale. Ad esempio, norme sulla giustizia nelle compravendite e altre regolamentazioni fondamentali per la vita sociale. Questo diritto è considerato di natura naturale, poiché si basa sulla necessità intrinseca della convivenza umana, come spiegato da Aristotele.
Diritto civile: Il diritto civile, invece, deriva dalla legge naturale come determinazioni particolari. Queste norme sono più specifiche e si adattano alle esigenze di ciascuno stato o comunità. Mentre il diritto delle genti si applica in modo più generale a tutte le società umane, il diritto civile è più adattato alle particolari circostanze e strutture di uno stato o una comunità specifica. Essendo più specifico, il diritto civile può variare da una società all'altra in base alle loro esigenze e tradizioni particolari.

In breve, mentre il diritto delle genti si concentra sulle norme essenziali per la convivenza umana che derivano direttamente dalla legge naturale, il diritto civile si occupa di norme più specifiche e adattate alle particolari circostanze di uno stato o una comunità.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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