Ugo Grozio - La vera natura umana


Immagine Ugo Grozio
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Ugo Grozio, nel suo lavoro "Il diritto di guerra e di pace" pubblicato a Parigi nel 1625, si distingue per la sua analisi approfondita del concetto di diritto naturale e positivo. Attraverso i suoi scritti, Grozio si propone di difendere l'esistenza del diritto naturale, basandosi sulla fondamentale natura umana.

Nella sua opera, Grozio critica le dottrine dello scetticismo e dell'epicureismo, che sostengono che gli uomini si uniscano solo per ragioni utilitaristiche. Al contrario, Grozio sostiene che ogni individuo è intrinsecamente incline alla società e possiede la capacità di agire secondo principi morali universali. Questa visione, influenzata dallo stoicismo, sostiene che gli esseri umani sono naturalmente inclini a formare comunità e a rispettare i diritti degli altri.


Lettura


Dato che si intraprenderebbe invano una disputa sul diritto, nel caso che lo stesso diritto non fosse nulla, converrà al fine sia di raccomandare che di fortificare la nostra opera, confutare brevemente questo gravissimo errore. Tuttavia, affinché in questa questione non si abbia a che fare con una turba, diamole un avvocato. E chi piuttosto di Carneade, il quale pervenne – il che era il massimo per la sua Accademia – a poter rivolgere le forze della sua eloquenza a favore del falso non meno che del vero? Egli dunque, avendo intrapreso l'assalto alla giustizia, in particolare a quella di cui ora stiamo trattando, non trovò nessun argomento più valido di questo: che gli uomini per utilità hanno sancito per se stessi leggi che sono diverse a seconda dei costumi, e che mutano spesso presso gli stessi uomini a seconda dei tempi: mentre non c'è nessun diritto naturale: infatti tutti, sia gli uomini che gli altri esseri animati, sono condotti, sotto la guida della natura, alla propria utilità: pertanto o non c'è nessuna giustizia, ovvero, se ce n'è qualcuna, è una stoltezza somma, dal momento che uno che bada agli altrui interessi reca danno a sé.

Nondimeno, quanto qui dice il filosofo [Carneade], cui fa seguito il poeta:

Né la natura può discernere l'iniquo dal giusto,

non deve assolutamente essere ammesso. Infatti l'uomo è certamente un essere animato, ma un esimio essere animato, il quale dista da tutti gli altri molto più di quanto non distino i generi degli altri esseri fra sé: alla quale affermazione recano testimonianza molte azioni proprie del genere umano. Fra queste caratteristiche che sono proprie agli uomini, vi è l'appetito della società, ossia della comunità, non di una qualunque, ma di una comunità tranquilla e ordinata secondo il modo del loro intelletto, in compagnia di coloro che appartengono allo stesso genere: la quale era chiamata dagli Stoici oikèiosin. Dunque quanto si dice, che ciascun animale è portato dalla natura soltanto a ciò che gli è utile, non si deve concedere che venga assunto in maniera universale. [...]

È congruente concepire che all'uomo di età perfetta, il quale ha imparato a conoscere come agire in maniera simile riguardo alle cose simili, inerisca, insieme allo spiccatissimo appetito della società, per il quale l'uomo è il solo fra gli esseri animati a possedere il peculiare strumento del discorso, anche la facoltà di sapere e di agire secondo precetti generali; e quanto conviene con tale facoltà non appartiene certo a tutti gli esseri animati, ma è consono all'umana natura.

Questa salvaguardia della società, rispetto a cui ci siamo già espressi sia pure in modo rudimentale, la quale è conveniente all'intelletto umano, è la fonte di quel diritto il quale viene chiamato con tale nome in senso proprio: gli è di pertinenza l'astinenza da quanto è d'altri, e la restituzione, nel caso che si detenga qualcosa d'altrui e se ne tragga lucro; l'obbligo di dare attuazione alle promesse, la riparazione del danno inferto per colpa, e il meritarsi pene fra gli uomini.

Da questo significato del diritto ne è disceso un altro più largo: dato infatti che l'uomo detiene sugli altri esseri animati non soltanto quella forza sociale, di cui abbiamo detto, ma anche il giudizio in base al quale va fatta la stima delle cose che dilettano e di quelle che recano danno – non solo quelle presenti, ma anche quelle future e di quelle che possono condurre a entrambe le alternative, si concepisce che si confà alla natura umana seguire anche rispetto a queste cose il giudizio rettamente conformato, secondo il modo dell'umano intelletto, senza farsi corrompere né dalla paura né dalla lusinga della voluttà presente; mentre quello che ripugna nettamente a tale giudizio, è anche contro il diritto di natura, umana, s'intende. [...]

E queste cose che abbiamo testé detto sussisterebbero in qualche modo anche se ammettessimo – il che non si può ammettere senza somma scellerataggine – che non esista Dio o che non si curi degli affari umani: dal momento che il contrario ci è stato inculcato in parte dalla ragione, in parte dalla perpetua tradizione, ed è confermato per certo sia da molti argomenti sia dai miracoli attestati da tutti i secoli, ne consegue che noi dobbiamo obbedire senza eccezione alcuna a Dio, in quanto artefice, al quale dobbiamo noi stessi e tutto ciò che è nostro, soprattutto dal momento che egli si è mostrato in molti modi sia ottimo sia potentissimo, di modo che egli può rendere i più grandi premi, anche eterni, a chi gli obbedisce , e tanto più si deve credere che egli abbia così voluto in quanto egli lo ha promesso con chiare e precise parole: il che noi cristiani crediamo, convinti dalla fede di testimoni mai messa in dubbio. [...]

Infine, dato che è proprio del diritto di natura stare ai patti (era infatti necessario che fra gli uomini ci fosse un qualche modo per obbligarsi, e certamente non si può immaginare un altro modo naturale) da questa stessa fonte discesero le leggi civili. Coloro infatti che si erano aggregati in qualche gruppo associato, ovvero che si erano sottomessi a un uomo o a più uomini, costoro avevano promesso espressamente – ovvero in base alla natura degli affari si doveva intendere che avessero promesso tacitamente – che avrebbero seguito ciò che sarebbe stato stabilito o dalla maggior parte del gruppo associato o da coloro cui era stata deferita la potestà.

Pertanto quanto viene detto non solo da Carneade, ma anche da altri, L'utilità è quasi la madre del giusto e dell'equo, non è vero, se ci esprimiamo con esattezza: infatti del diritto naturale è madre la stessa natura umana, la quale ci condurrebbe a desiderare la mutua società, anche se non avessimo bisogno di nessuna cosa.

Del diritto civile, poi, la madre è la stessa obbligazione che sorge dal consenso, la quale trae la sua forza dal diritto naturale, per cui si può dire che la natura sia quasi bisavola anche di questo diritto.

Ma al diritto naturale si aggiunge l'utilità: infatti l'autore della natura ha voluto che noi, in quanto singoli, fossimo sia deboli che mancanti di molte cose necessarie per condurre rettamente la vita, in modo che fossimo tanto maggiormente trascinati a coltivare la società; al diritto civile, invece, l'utilità porse l'occasione: infatti quella associazione o soggezione, di cui abbiamo parlato, incominciò a essere istituita sulla base della motivazione dell'utilità di qualcuno. In seguito anche coloro che prescrivono leggi agli altri, sono soliti, ovvero sono tenuti, considerare in questo una qualche utilità.


Guida alla lettura


1) Elenca gli insegnamenti del filosofo scettico Carneade sulla base del breve riassunto fornito da Grozio all'inizio del passo.
Grozio riassume gli insegnamenti del filosofo scettico Carneade nel seguente modo:

Gli uomini promulgarono leggi basate sull'utilità personale, affermando che non esiste un diritto naturale, poiché le leggi variano secondo i costumi e i tempi.
Carneade sosteneva che la natura non può distinguere tra il giusto e l'ingiusto, implicando che non esiste un fondamento universale per la giustizia.

2) Che cos'è «l'appetito della società»?
"L'appetito della società", come definito nel testo, si riferisce alla tendenza innata degli esseri umani a cercare la compagnia e l'interazione sociale. Si tratta del desiderio naturale di essere parte di una comunità pacifica e ordinata, in cui gli individui possono convivere secondo i dettami della propria intelligenza, insieme a coloro che condividono lo stesso tipo di natura umana. Questa tendenza è descritta come una caratteristica distintiva degli esseri umani, che li porta a cercare la società e il rispetto reciproco, conformandosi così alla loro natura.

3) Spiega che rapporto esiste tra diritto naturale e volontà di Dio, secondo Grozio.
Secondo Grozio, c'è un forte legame tra il diritto naturale e la volontà di Dio. Egli sostiene che il diritto naturale emana direttamente dalla natura umana, che porta gli individui a desiderare la società e a stabilire leggi per garantire la convivenza pacifica. Tuttavia, Grozio argomenta che questa legge naturale trova ancor più fondamento nella volontà divina. Egli sostiene che la natura umana è stata creata da Dio in modo tale da spingere gli individui verso la società e la giustizia. Pertanto, la legge naturale, che Grozio identifica come derivante dalla natura umana, è intrinsecamente legata alla volontà di Dio, il quale ha creato la natura stessa e ha istituito le basi morali su cui si fonda il diritto naturale. Grozio ritiene che obbedire al diritto naturale significhi anche obbedire alla volontà di Dio, poiché quest'ultimo è l'artefice della natura umana e delle sue inclinazioni verso la società e la giustizia.


Guida alla Comprensione


1) Che cosa significa considerare l'utilità come unico criterio attraverso il quale gli uomini si uniscono e definiscono cosa è la giustizia? E perché Grozio parte da questo punto di vista?
Secondo Grozio, l'idea che gli uomini si uniscano e definiscano la giustizia esclusivamente in base all'utilità implica che le leggi e i diritti sono determinati solo dalle necessità pratiche e dalle convenienze del momento. Questo punto di vista ignora l'esistenza di un diritto naturale intrinseco all'essere umano e fondato sulla sua stessa natura. Grozio parte da questa prospettiva perché vuole contrastare il concetto secondo il quale gli uomini si associano solo per ottenere un vantaggio personale, secondo lo scetticismo e l'epicureismo che considera solo il calcolo di utilità come motivazione per le azioni umane. Egli cerca di dimostrare che esiste una tendenza innata nell'uomo a cercare la società e a rispettare i diritti altrui, basandosi su una concezione stoica della natura umana, che include un "appetito alla società" e la capacità di agire secondo principi generali. Grozio vuole quindi mostrare che esiste un fondamento più profondo e universale per la giustizia e il diritto, che non dipende solo dall'utilità contingente, è radicato nella stessa natura umana.

2) Presenta i tratti caratterizzanti la natura umana, secondo Grozio.
Secondo Grozio, la natura umana presenta i seguenti tratti caratteristici:

Appetito della società: Grozio sostiene che gli esseri umani hanno un forte desiderio di vivere in società, non solo con qualsiasi comunità, con una comunità tranquilla e ordinata secondo il modo del loro intelletto, in compagnia di coloro che appartengono allo stesso genere.
Facoltà di sapere e agire secondo precetti generali: Grozio afferma che gli esseri umani, specialmente quelli di età perfetta, hanno la capacità di conoscere come agire in maniera simile riguardo alle cose simili. Questo include la capacità di agire secondo precetti generali, che non è comune a tutti gli esseri animati ma è caratteristica della natura umana.
Giudizio rettamente conformato: Grozio sottolinea che gli esseri umani hanno la capacità di giudicare correttamente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, secondo il modo dell'intelletto umano. Questo implica la capacità di resistere alla corruzione sia dalla paura che dalla lusinga della voluttà presente.
Obbligazione derivante dal consenso: Grozio sottolinea che nel diritto civile, la madre è l'obbligazione che sorge dal consenso, la quale trae la sua forza dal diritto naturale. Questo implica che gli esseri umani sono obbligati moralmente a rispettare gli accordi presi consensualmente.

Questi tratti caratterizzanti della natura umana, secondo Grozio, sono fondamentali per comprendere la sua teoria del diritto naturale e il suo concetto di giustizia.

3) Ricostruisci la genealogia del diritto civile e spiega cosa significa che la natura è la sua «bisavola».
La genealogia del diritto civile può essere ricostruita partendo dalla natura umana e dalla sua propensione verso la società. Nel testo, si afferma che l'uomo è portato naturalmente verso la società e la comunità ordinata secondo il proprio intelletto. Questa propensione alla società è descritta come una caratteristica propria degli uomini, distintiva rispetto ad altri esseri animati.

Successivamente, si afferma che dal diritto naturale, che sorge dalla natura stessa dell'uomo e dalla sua propensione verso la società, discende l'utilità. Questo perché l'autore della natura ha voluto che gli individui fossero deboli e privi di molte cose necessarie per condurre una vita retta, in modo da spingerli verso la società e la cooperazione reciproca.

Infine, si arriva al diritto civile, la cui genealogia può essere collegata all'obbligazione che sorge dal consenso. Questa obbligazione trae la sua forza dal diritto naturale, che è la madre del diritto civile. Si afferma che la natura è "quasi bisavola" di questo diritto, il che significa che la natura umana è un'antecedente remota del diritto civile. Questo perché la natura umana e la sua propensione alla società forniscono il terreno fertile per l'emergere dell'obbligazione contrattuale e del diritto civile.

In sostanza, la "bisavola" della natura nel diritto civile indica che la natura umana, con la sua propensione alla società e all'obbligazione reciproca, costituisce un antecedente fondamentale per lo sviluppo del diritto civile, che si basa sull'obbligazione derivante dal consenso e dalla cooperazione sociale.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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