Immanuel Kant - Il sublime dinamico e la paura


Immagine Immanuel Kant
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nel pensiero estetico di Kant, l'analisi del sublime assume un ruolo di primo piano. Egli si occupa di un'esperienza paradossale: il piacere derivante da ciò che inquieta, spaventa o sfugge al controllo razionale. Questo tema è stato oggetto di una lunga riflessione nella cultura europea. Nella Critica del giudizio, Kant ritorna su questo argomento, approfondendo il suo significato etico. Il brano che segue tratta del cosiddetto "sublime dinamico", ovvero delle situazioni in cui l'uomo si trova di fronte alla potenza minacciosa della natura rispetto alla sua fragilità. Kant parte dal sentimento naturale della paura per mostrare che il piacere nasce dalla consapevolezza della nostra forza spirituale, che ci consente di affrontare minacce mortali e di superare i timori per la nostra fragilità. Il valore estetico del sublime si arricchisce quindi di un significato morale, poiché permette di trovare somiglianze tra esperienze simboliche, come la contemplazione della natura, e esperienze di vita estreme, come la guerra.


Lettura


La potenza è un potere superiore a grandi ostacoli. Essa prende il nome di impero, quando è superiore anche alla resistenza di ciò che pure possiede potenza. La natura, considerata nel giudizio estetico come una potenza che non esercita alcun impero su di noi, è dinamicamente sublime.

Per poter giudicare la natura come dinamicamente sublime, dobbiamo rappresentarcela come paurosa (per quanto non sia vero l'inverso, che ogni oggetto pauroso debba essere trovato sublime dal nostro giudizio estetico). Infatti, nel giudizio estetico (senza concetto), la superiorità sugli ostacoli non può essere giudicata altrimenti che dall'entità della resistenza. Ora, ciò cui ci sforziamo di resistere è un male, e quando sentiamo inadeguate le nostre forze, è un oggetto di timore. La natura pertanto, per il Giudizio estetico, non può passare come potenza, e quindi come dinamicamente sublime, se non in quanto è considerata oggetto di paura.

D'altra parte si può considerare temibile un oggetto, senza peraltro provarne paura; quando cioè lo giudichiamo tale limitandoci a pensare al caso in cui gli volessimo fare resistenza, ed alla totale inutilità d'ogni resistenza in tale caso. Così l'uomo virtuoso teme Dio, senza averne paura: perché l'eventualità di volersi opporre a lui ed ai suoi comandi non gli sembra una possibilità della quale debba preoccuparsi. Ma per ogni caso simile, che egli non ritiene in se stesso impossibile, riconosce che Dio è temibile.

Chi è preda della paura può giudicare del sublime della natura altrettanto poco, quanto può farlo del bello chi è dominato dall'inclinazione e dall'appetito. Il primo fugge la vista d'un oggetto che gli incute timore; ed è impossibile a provare soddisfazione in uno spavento realmente sentito. Perciò è un sentimento di gioia il sollievo che proviamo per il cessare d'un disturbo. Ma per la liberazione da un pericolo, si prova gioia, accompagnata dal proposito di non esporvisi mai più, ben lungi dal cercarne l'occasione, è questa una sensazione alla quale non si ripensa neppure volentieri.

Ripide rocce strapiombanti e come gravide di minaccia, nuvole temporalesche ammassantisi e avanzanti in cielo con lampi e tuoni, vulcani al colmo della loro furia distruttrice, uragani che lasciano la devastazione dietro di sé, l'immenso oceano infuriato, la cascata d'un grande fiume, e simili, riducono ad una piccolezza insignificante il nostro potere di resistenza, paragonato con la loro potenza. Ma questi spettacoli, quanto più sono spaventosi, tanto più ci attraggono, se ci troviamo al sicuro; e queste cose le chiamiamo volentieri sublimi, perché innalzano le forze dell'anima al di sopra della mediocrità ordinaria, e ci fanno scoprire in noi stessi un potere di resistenza di tutt'altro genere, che ci dà l'animo di misurarci con l'apparente onnipotenza della natura.

Infatti, come nell'immensità della natura e nell'incapacità delle nostre facoltà ad assumere una misura proporzionata alla valutazione estetica del suo dominio noi scoprimmo la nostra propria limitazione, ma al tempo stesso anche, nella nostra ragione, un'altra misura non sensibile, la quale ricomprende in sé, come unità, quella stessa infinità, e di fronte alla quale ogni cosa naturale è piccola (quindi una superiorità, nel nostro animo, rispetto alla stessa immensità della natura); così anche l'irresistibilità della potenza della natura ci rende, in quanto esseri naturali, coscienti della nostra debolezza fisica, ma ci rivela contemporaneamente una facoltà di considerarci indipendenti dalla natura, ed una superiorità nei suoi confronti, da cui deriva una specie di autoconservazione ben diversa da quella che può essere attaccata e messa in pericolo dalla natura esterna; perché in questo caso l'umanità della nostra persona rimane intatta, anche se l'uomo dovesse soccombere all'impero della natura. In tal modo il nostro giudizio estetico non attribuisce il sublime alla natura in quanto questa è paurosa, ma perché desta quella forza che è in noi (e che non è natura), a considerare come insignificanti le cose di cui ci preoccupiamo (i beni, la salute e la vita), e perciò a non vedere nella potenza della natura (alla quale rispetto a tali cose siamo pur sempre sottoposti) un impero cui doverci piegare, quando si ha in gioco l'affermare o il rinnegare i nostri più alti principi.

La natura viene qui dunque detta sublime soltanto perché eleva l'immaginazione a raffigurarsi quei casi nei quali l'animo può rendersi percepibile la speciale sublimità della propria destinazione, anche al di sopra della natura.

Questa stima di noi stessi non perde nulla per il fatto che dobbiamo sentirci al sicuro per provare quell'esaltante soddisfazione (potrebbe infatti sembrare che, se il pericolo non è serio, non potrà poi esserlo neppure la sublimità della nostra facoltà spirituale). La soddisfazione infatti riguarda qui soltanto la scoperta della destinazione della nostra facoltà, in quanto la disposizione a questa è presente nella nostra natura; mentre lo sviluppo e l'esercizio sono compito nostro. E qui siamo nel vero, per quanto l'uomo, quando spinge fin là la sua riflessione, possa avere coscienza della sua presente e reale debolezza.

In realtà, questo principio sembra peregrino e cavilloso, quindi eccessivo per un giudizio estetico; ma l'osservazione dell'uomo dimostra il contrario, che esso cioè può fare da base ai giudizi più comuni, sebbene non sempre in modo cosciente. Cos'è, infatti, che anche nel selvaggio desta la massima ammirazione? Un uomo che non si spaventa, che non conosce la paura, che non cede di fronte al pericolo, ma che al tempo stesso si volge virilmente all'azione con matura riflessione.

Anche nelle civiltà più evolute si conserva questa singolare considerazione per il guerriero; solo che gli si richiede di dare anche prova di tutte le virtù pacifiche, la mitezza, la misericordia, e persino un'appropriata cura della persona, perché da questo si riconosce l'invincibilità del suo animo di fronte al pericolo. Perciò si potrà disputare quanto si vuole su chi meriti la preferenza nella nostra stima, se l'uomo di stato od il condottiero: il giudizio estetico sceglie il secondo. La guerra stessa, quando è condotta con ordine e nel sacrosanto rispetto dei diritti civili, ha in sé qualcosa di sublime, e rende il carattere del popolo che la conduce in tal modo, tanto più sublime quanto più numerosi sono stati i pericoli affrontati e coraggiosamente superati; mentre al contrario una lunga pace suole lasciare libero campo al puro spirito mercantile, e quindi al basso interesse personale, alla viltà ed alla mollezza, degradando il carattere del popolo. [...]

La sublimità non risiede dunque in nessuna cosa della natura, ma soltanto nel nostro animo, nella misura in cui possiamo giungere alla coscienza della nostra superiorità rispetto alla natura che è in noi, e quindi anche alla natura a noi esterna (in quanto può avere influsso su di noi). Tutto ciò che suscita in noi questo sentimento, quindi la potenza della natura che sollecita le nostre forze, viene detto (per quanto impropriamente) sublime; e solo supponendo questa idea in noi ed in rapporto con essa, siamo capaci di giungere all'idea della sublimità di quell'essere che suscita in noi intimo rispetto, non solo con la potenza che dispiega nella natura, ma ancor più con la facoltà che è in noi, di giudicarla senza timore, pensando che la nostra destinazione trascende la sublimità della natura.


Guida alla lettura


1) Quando si manifesta il sentimento del sublime in rapporto alla natura?
Il sentimento del sublime in rapporto alla natura si manifesta quando ci troviamo di fronte a spettacoli che suscitano in noi una sensazione di timore misto a piacere, che ci fa percepire la grandezza e la potenza della natura rispetto alla nostra fragilità umana. Questo sentimento si evidenzia soprattutto di fronte a scenari imponenti e spaventosi come ripide rocce, tempeste, vulcani in eruzione, uragani e altre manifestazioni naturali che ci mettono in contatto con la maestosità e l'imprevedibilità della natura stessa.

2) Quali caratteristiche paradossali presenta l'esperienza estetica del sublime?
L'esperienza estetica del sublime presenta diverse caratteristiche paradossali, come indicate nel testo fornito:

Piacere nel timore: Contrariamente all'aspettativa comune, il sublime suscita piacere nonostante le sensazioni di timore e inquietudine che genera. Questo piacere deriva dalla consapevolezza della nostra forza spirituale che ci permette di affrontare le minacce mortali e di superare i timori legati alla fragilità dell'esistenza umana.
Attrazione per ciò che spaventa: Gli oggetti o le situazioni che provocano timore e inquietudine, come le ripide rocce, le tempeste o gli uragani, attraggono e affascinano, soprattutto quando ci troviamo al sicuro. Questo paradosso risiede nel fatto che, nonostante la sensazione di paura che provocano, tali fenomeni sono considerati sublimi poiché elevano le nostre forze spirituali al di sopra della mediocrità ordinaria.
Consapevolezza della nostra limitatezza e superiorità: L'esperienza del sublime porta alla consapevolezza della nostra limitatezza fisica di fronte alla potenza della natura ma contemporaneamente rivela la nostra facoltà di considerarci indipendenti dalla natura e superiori ad essa. Questo paradosso consiste nel fatto che, pur essendo sottomessi alla potenza della natura in certi aspetti, possediamo una superiorità spirituale che ci consente di non piegarci alla sua volontà quando sono in gioco i nostri principi più elevati.

In sintesi, l'esperienza estetica del sublime si presenta paradossale poiché suscita piacere nel timore, ci attrae verso ciò che spaventa e ci rende consapevoli sia della nostra limitatezza fisica sia della nostra superiorità spirituale rispetto alla natura.

3) Illustra il conflitto dello spettatore della forza della natura, tra senso di debolezza ed esaltazione del sentimento.
Il testo illustra il conflitto interno dello spettatore di fronte alla potenza della natura. Da un lato, c'è il senso di debolezza e insignificanza umana di fronte alla grandezza e alla forza degli elementi naturali descritti, come le rocce strapiombanti, le nuvole temporalesche, i vulcani in eruzione e gli uragani. Questi spettacoli naturali riducono il nostro potere di resistenza a nulla in confronto alla loro potenza imponente.

D'altro canto, nonostante questo senso di debolezza, gli spettatori vengono attratti e affascinati da tali manifestazioni, soprattutto quando si trovano al sicuro. Queste esperienze vengono considerate sublimi perché elevano le forze dell'anima al di sopra della mediocrità ordinaria e rivelano un potere di resistenza interiore che va oltre la natura stessa. Questo contrasto tra la percezione della propria debolezza fisica e la scoperta di una forza interiore più grande porta ad un'ambivalenza emotiva, in cui si mescolano la sensazione di vulnerabilità e il sentimento di esaltazione.

4) Perché Dio, secondo Kant, non ci fa paura, pur essendo temibile?
Secondo Kant, Dio non ci fa paura nonostante sia temibile perché l'eventualità di volersi opporre a lui ed ai suoi comandi non ci sembra una possibilità della quale dovremmo preoccuparci. L'uomo virtuoso teme Dio senza averne paura perché non vede come una reale possibilità il volersi opporre a lui, e quindi non considera tale eventualità come una minaccia da temere. Tuttavia, riconosce che, per ogni caso simile che non ritiene impossibile in sé stesso, Dio è temibile. Questo concetto dimostra che la paura non è necessaria per la considerazione del sublime secondo Kant; piuttosto, è la consapevolezza della propria debolezza fisica e la riflessione sulla nostra capacità di giudizio indipendente che suscitano il senso del sublime.

5) Riprendendo gli esempi di Kant, descrivi un paesaggio che evochi il sentimento del sublime e mettilo a confronto con un paesaggio che susciti il sentimento del bello.
Nel testo di Kant, vengono citati esempi di paesaggi che suscitano il sentimento del sublime, come le ripide rocce strapiombanti, le nuvole temporalesche ammassantisi con lampi e tuoni, vulcani in piena eruzione, e altri fenomeni naturali potenti e minacciosi. Questi paesaggi inducono una sensazione di grandiosità e di confronto tra la fragilità umana e la potenza della natura.

Un paesaggio che evoca il sentimento del bello potrebbe essere una dolce collina coperta di fiori colorati, con un cielo sereno e una leggera brezza che accarezza il volto. In questo scenario, la sensazione predominante potrebbe essere quella di armonia, tranquillità e piacevolezza, suscitando un senso di gratitudine e serenità nei confronti della natura.

Nel confronto tra i due paesaggi, il primo suscita un senso di ammirazione misto a timore e rispetto per la grandezza e la potenza della natura, mentre il secondo induce una sensazione di pace, serenità e piacevolezza. Entrambi i paesaggi possono essere apprezzati esteticamente ma il primo evoca il sentimento del sublime, mentre il secondo suscita il sentimento del bello.

6) Quale disposizione dell'animo umano si rivela, secondo Kant, attraverso il particolare piacere del sublime?
Secondo Kant, il particolare piacere del sublime rivela una disposizione dell'animo umano che si manifesta attraverso la presa di coscienza della propria forza spirituale. Questa consapevolezza permette all'essere umano di confrontarsi con la potenza apparentemente soverchiante della natura e di superare, se necessario, i timori legati alla fragilità dell'esistenza.

7) Rintraccia nella figura del guerriero i tratti che ne fanno, secondo Kant, un emblema etico del sublime.
Secondo Kant, la figura del guerriero rappresenta un emblema etico del sublime in quanto incarna la virtù di fronte al pericolo. Il guerriero che non cede alla paura, che affronta il pericolo con coraggio e riflessione, è considerato sublime perché dimostra la sua superiorità morale e spirituale sulla natura stessa. Questo atteggiamento virile e risoluto di fronte al pericolo evidenzia la capacità umana di superare le sfide più estreme e di perseguire valori più elevati, come la giustizia e il coraggio, anche nelle circostanze più difficili. Pertanto, secondo Kant, il guerriero rappresenta un simbolo del sublime perché incarna l'idea di una volontà forte e indomita di fronte alla natura e alle avversità.

8) Si può affermare, alla fine, che la natura è sublime?
Kant sostiene che la sublimità non risiede direttamente nella natura stessa, piuttosto nell'effetto che la natura ha sull'animo umano. La natura può sollecitare le nostre forze e suscitare in noi un senso di superiorità rispetto a essa, portandoci alla coscienza della nostra capacità di giudicare senza timore e di superare i pericoli. Quindi, mentre la natura stessa può essere spaventosa e imponente, è la nostra reazione e percezione di fronte a essa che determina la sua sublimità. Pertanto, si potrebbe dire che la natura è sublime solo nel contesto della nostra interazione con essa e del nostro riconoscimento della nostra superiorità spirituale rispetto ad essa.


Guida alla Comprensione


1) Spiega la differenza della sfida alla ragione presente nell'esperienza del sublime dinamico, rispetto a quella rappresentata dal sublime matematico (ovvero dalla semplice idea quantitativa dell'infinito). Perché in questo caso non è solo la ragione conoscitiva a essere coinvolta, ma la cognizione di sé dell'individuo in quanto essere finito?
Nell'esperienza del sublime dinamico, la sfida alla ragione è diversa rispetto a quella rappresentata dal sublime matematico, che riguarda principalmente l'idea quantitativa dell'infinito. Nel sublime dinamico, non è solo la ragione conoscitiva a essere coinvolta ma anche la cognizione di sé dell'individuo in quanto essere finito.

Nel testo, Kant spiega che il sublime dinamico si manifesta attraverso situazioni in cui l'uomo si confronta con la potenza della natura, come nel caso di rocce ripide, tempeste, vulcani in eruzione, e altre manifestazioni naturali impressionanti. Questi fenomeni suscitano un senso di timore e ammirazione ma al contempo stimolano l'individuo a riconoscere la propria forza spirituale e la capacità di resistere alle minacce della natura. La sfida qui non riguarda solo la capacità della ragione di comprendere la grandezza e la potenza della natura, ma anche la consapevolezza della propria finitezza e vulnerabilità di fronte a essa.

Il sublime dinamico, quindi, coinvolge non solo la percezione dell'infinito e la ragione conoscitiva, come nel sublime matematico ma anche la consapevolezza della propria esistenza limitata e della sfida che essa rappresenta di fronte alla grandezza e alla potenza della natura.

2) Analizza il nesso tra paura e piacere nell'esperienza del sublime, spiegando perché solo attraverso il timore per la propria vita l'uomo conquisti la coscienza di appartenere a un ordine di valori superiore.
Nell'esperienza del sublime, Kant evidenzia il legame intricato tra paura e piacere. Inizialmente, ciò che suscita paura e timore, come la visione di ripide rocce, tempeste o altri fenomeni naturali potenzialmente pericolosi, può anche generare un intenso senso di piacere e attrazione. Questa reazione può sembrare contraddittoria: perché qualcosa che ci spaventa dovrebbe darci piacere?

Secondo Kant, il piacere nel sublime non deriva direttamente dall'oggetto che provoca paura ma dalla consapevolezza della nostra capacità di resistere a tale paura. È la percezione della nostra forza spirituale e della nostra capacità di superare il timore per la fragilità della nostra esistenza che genera piacere. Questo piacere non è legato alla sensazione di pericolo in sé, ma al sentimento di potenza interiore che emerge quando affrontiamo la paura.

Il testo suggerisce che è solo attraverso il timore per la propria vita che l'uomo può conquistare la coscienza di appartenere a un ordine di valori superiore. La paura per la propria esistenza mette in luce la nostra capacità di resistere e superare le minacce mortali, rivelando una forza interiore che va oltre la mera sopravvivenza fisica. Questa consapevolezza della nostra forza spirituale e della nostra capacità di affrontare la paura ci permette di percepire la sublimità della nostra esistenza e di considerare noi stessi come parte di un ordine di valori superiori.

3) Perché l'esperienza del sublime induce nell'individuo un senso di rispetto etico per se stesso? Rispondi pensando ad altre situazioni di sfida, non solo simbolica, in cui potrebbe essere necessario superare il timore per la propria vita e collega questa riflessione alla figura del guerriero.
L'esperienza del sublime, come descritta nel testo di Kant, porta l'individuo a confrontarsi con la potenza e la grandiosità della natura, che mette in risalto la propria fragilità e limitatezza. Tuttavia, anziché generare un senso di sottomissione o impotenza, questa esperienza induce un senso di rispetto etico per sé stesso perché permette di riconoscere e apprezzare la propria forza interiore e la capacità di resistere alle sfide.

Nelle situazioni di sfida, come la guerra, il guerriero diventa un simbolo di questo principio. Nonostante affronti pericoli mortali e situazioni estreme, egli mostra coraggio, determinazione e capacità di agire con fermezza e maturità. Questo tipo di comportamento non solo viene ammirato ma è considerato sublime perché eleva le qualità dell'animo umano al di sopra delle minacce esterne e delle paure individuali.

Il guerriero, dunque, rappresenta la manifestazione di una forza interiore che supera il timore per la propria vita e che, nonostante le circostanze avverse, mantiene saldi i propri principi e valori. Questo è ciò che porta ad un senso di rispetto etico per sé stessi e per gli altri, poiché dimostra la capacità umana di fronteggiare le avversità con dignità e integrità.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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