John Harsanyi - Confronti interpersonali di utilità


Immagine John Harsanyi
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


L'economista John Harsanyi, insignito del Premio Nobel per l'economia nel 1994, ha sviluppato una variante dell'utilitarismo nota come «utilitarismo delle preferenze». Secondo questa teoria, per determinare la massima utilità sociale raggiungibile è necessario considerare le preferenze di ogni individuo coinvolto. Tale approccio si basa sulla capacità di chi effettua il calcolo di fare «confronti interpersonali di utilità», ossia di comprendere quale utilità deriverebbero altri individui da una determinata azione. Nel seguente estratto di un saggio del 1977, Harsanyi introduce il concetto di «empatia immaginativa» per spiegare perché crediamo di poter interpretare i desideri e le intenzioni di persone diverse da noi. Egli discute inoltre la validità del «postulato di somiglianza», che consente agli esseri umani di considerarsi simili nelle reazioni e nei sentimenti di base, tenendo conto delle differenze individuali.


Lettura


Nella vita quotidiana noi facciamo continuamente, o almeno tentiamo di fare, confronti interpersonali di utilità. Quando ci è rimasta soltanto una nocciolina alla fine di un viaggio, dobbiamo decidere quale membro particolare della nostra famiglia ha maggior bisogno di un piccolo cibo in più. Ancora, possiamo dare un libro, un biglietto per un concerto o un invito per una manifestazione di degustazione di vini a un amico piuttosto che a un altro, credendo che il primo lo gradirà più del secondo. Non penso sia compito del filosofo o dello scienziato sociale negare il fatto ovvio che gli individui spesso si sentono assolutamente in grado di fare tali confronti. Piuttosto il suo compito è spiegare come mai gli individui riescono a fare tali confronti – bene o male come li fanno.

Una semplice riflessione mostrerà che l'operazione intellettuale fondamentale in tali confronti interpersonali è un'empatia immaginativa. Noi ci immaginiamo al posto di un altro e ci poniamo la domanda: «Se ora io fossi davvero al suo posto, e avessi i suoi gusti, la sua educazione, il suo ambiente sociale, i suoi valori culturali e il suo carattere, quali potrebbero essere adesso le mie preferenze tra varie alternative, e quanta soddisfazione o insoddisfazione deriverei io da ciascuna delle alternative date?». («Alternative» qui sta per un dato paniere di beni economici più una data posizione rispetto a diverse variabili non economiche, come ricchezza, condizione sociale, situazione di lavoro, situazione familiare, ecc.).

In altre parole, qualsiasi confronto interpersonale di utilità è basato su quello che chiamerò postulato di somiglianza, definito come l'assunzione secondo cui, fatte le debite concessioni alle differenze empiricamente date in gusto, educazione, ecc. tra me e un altro, è allora ragionevole, per me, assumere che le nostre reazioni psicologiche a ogni alternativa in questione saranno, per il resto, pressoché identiche.

Naturalmente è anche troppo facile usare male questo postulato di somiglianza. Per esempio, posso trascurare di fare le dovute concessioni alle nostre differenze di gusto, e tentare di giudicare la soddisfazione, che un accanito mangiatore di pesce ricava dal cibarsi di pesce, nei termini del mio disgusto per qualsiasi tipo di cibo provenga dal mare. Naturalmente, individui sensibili commetterebbero raramente un errore così banale, ma essi commettono talvolta errori molto più sottili dello stesso tipo fondamentale.

In generale, se possediamo abbastanza informazione su un certo individuo, e compiamo uno sforzo reale per raggiungere un'empatia immaginativa con lui, possiamo con ogni probabilità fare ragionevolmente una buona stima delle utilità e disutilità che otterrebbe dalle varie alternative. Ma se possediamo una informazione scarsa su di lui, le nostre stime possono essere del tutto errate.

In ogni caso, la teoria utilitarista non implica l'assunzione che gli individui sono molto abili a compiere confronti interpersonali di utilità. Implica solo l'assunzione che, in molti casi, gli individui semplicemente devono compiere tali confronti per prendere certe decisioni morali, per quanto male possano prenderle. Se sto cercando di decidere quale membro della mia famiglia ha più bisogno di cibo, posso talvolta farmi un'idea sbagliata nel giudicare la situazione. Ma io semplicemente devo prendere qualche decisione. Non posso lasciare affamati tutti i membri della mia famiglia perché ho degli scrupoli filosofici sui confronti interpersonali e non posso prendere una decisione.

I confronti interpersonali di utilità, tuttavia, pongono problemi filosofici importanti. In particolare, pongono il problema di richiedere l'impiego di quello che ho chiamato il postulato di somiglianza. D'altra parte questo postulato, per la sua intima struttura, non può essere sottoposto a alcuna diretta verifica empirica. Posso certamente assumere che individui differenti avranno sensazioni psicologiche simili in ogni situazione data, una volta fatte le debite concessioni alle loro differenze di gusto, educazione, ecc. Ma non posso assolutamente verificare questa assunzione tramite l'osservazione diretta, perché non ho un accesso immediato ai loro sentimenti più intimi.

Il postulato di somiglianza deve perciò essere classificato come un postulato non empirico a priori. Ma, naturalmente, i confronti interpersonali di utilità non sono affatto le sole ipotesi empiriche a dipendere da tali postulati non empirici. In realtà, ogni volta che scegliamo tra ipotesi empiriche alternative dipendiamo sempre da qualche criterio non empirico di scelta. È così perché i fatti empirici sono sempre coerenti con ipotesi alternative molto numerose e il solo modo in cui è possibile scegliere tra esse è quello di impiegare criteri di scelta non empirici a priori, come semplicità, parsimonia, preferenza. Per l'ipotesi «meno arbitraria», ecc.

Il nostro postulato di somiglianza è un postulato non empirico dello stesso tipo generale. La sua giustificazione intuitiva è che, se due individui mostrano un comportamento esattamente identico – o se mostrano comportamenti differenti, ma si tratta di differenze nel loro comportamento osservabile, per le quali sono state fatte le dovute concessioni – allora sarà un'assunzione completamente arbitraria e ingiustificabile quella di postulare alcune ulteriori differenze occulte e inosservabili nei loro sentimenti psicologici.

Facciamo uso di questo postulato di somiglianza non solo nel fare confronti interpersonali di utilità, ma anche nell'assegnare agli altri sentimenti umani e esperienze coscienti. Da un punto di vista puramente empirico, un mondo in cui fossi la sola persona con esperienze coscienti reali, mentre tutti gli altri fossero robots privi di ragione sarebbe del tutto indistinguibile dal nostro mondo reale, dove tutti gli individui con corpi umani sono esseri umani coscienti.

(Veramente, anche un mondo in cui esistessi io solo e tutti gli altri, così come l'intero universo fisico, fossero soltanto miei sogni – il solipsismo – sarebbe empiricamente indistinguibile dal mondo in cui realmente viviamo.)

Quando scegliamo l'assunzione che noi realmente viviamo in un mondo popolato da milioni di altri esseri umani, tanto reali e coscienti quanto noi, allora ci riferiamo al medesimo postulato di somiglianza. Affermo semplicemente che, data l'estesa somiglianza di base tra i differenti esseri umani, sarebbe assurdo postulare differenze occulte fondamentali tra essi, facendo di un individuo un umano cosciente e degli altri semplici robots, o facendo di un individuo una persona reale e degli altri semplici apparizioni oniriche. (A rigor di termini, non possiamo escludere la possibilità che qualcuno che sembra umano si rivelerà un robot privo di sentimenti, ma non abbiamo la giustificazione morale o scientifica per trattarlo come un robot prima che la prova della sua natura di robot non diventi schiacciante.)

Non è logicamente giustificato l'impiego del postulato di somiglianza per rifiutare l'ipotesi che altri individui siano semplici robots (o semplici apparizioni oniriche) o anche per opporsi ai confronti interpersonali di utilità basati sull'assolutamente identico postulato di somiglianza. È semplicemente illogico ammettere che altri individui abbiano sentimenti e quindi ricavino qualche soddisfazione da un buon pasto in modo simile al nostro e opporsi all'ipotesi quantitativa che la quantità di soddisfazione che essi ottengono davvero da una buona cena, vale a dire la rilevanza personale che annettono a una buona cena, deve essere più o meno la medesima che vi annettiamo noi, fatte le debite concessioni alle differenze nei nostri gusti, nella quantità di cibo che richiedono i nostri organismi, al nostro stato di salute ecc. La disponibilità a compiere confronti interpersonali non è se non un'ammissione che gli altri individui sono reali proprio come noi, che condividono un'umanità comune con noi e che hanno la medesima capacità essenziale di provare soddisfazione o insoddisfazione, nonostante le innegabili differenze individuali che esistono tra noi nei particolari.

La duratura opposizione da parte di filosofi e scienziati sociali ai confronti interpersonali di utilità risale agli inizi del positivismo logico, quando il ruolo di principi a priori non empirici, come il postulato di somiglianza, in una scelta tra ipotesi empiriche alternative, era interpretato come molto scarso. Abbiamo uno straordinario debito intellettuale verso i positivisti logici per i loro continui sforzi di costruire la filosofia su basi veramente scientifiche, combinando un empirismo stretto con il rigore matematico della logica moderna. Ma non si può negare che molti dei loro particolari punti di vista filosofici erano alquanto errati e che, agli inizi, essi ebbero uno scarso apprezzamento per l'importanza di principi a priori e, più in generale, per l'importanza delle idee teoriche nella scienza empirica. Si dovrebbe ritenere che dopo tanti anni sia giunto il momento di sfuggire ai ristretti confini di una ortodossia da tempo superata del positivismo logico e di acquisire un punto di vista nuovo sui confronti interpersonali di utilità.


Guida alla lettura


1) Che cos'è il confronto interpersonale di utilità? In quali casi ne facciamo uso?
Il confronto interpersonale di utilità è la pratica di valutare e confrontare la soddisfazione o l'utilità che differenti individui traggono da varie alternative. Si basa sul concetto di "empatia immaginativa", dove una persona si mette nei panni di un'altra e cerca di immaginare quali potrebbero essere le sue preferenze e quanta soddisfazione o insoddisfazione deriverebbe da diverse alternative, tenendo conto delle differenze nei gusti, nell'educazione e in altri fattori.

Ne facciamo uso in vari contesti della vita quotidiana. Ad esempio, quando dobbiamo decidere quale membro della famiglia ha più bisogno di una risorsa scarsa, come una nocciolina alla fine di un viaggio. Oppure quando scegliamo a quale amico regalare un libro o un biglietto per un concerto, credendo che il primo lo apprezzerà più del secondo. Facciamo uso del confronto interpersonale di utilità ogni volta che dobbiamo prendere decisioni morali che implicano la distribuzione di risorse o benefici tra individui, nonostante possiamo commettere errori nel farlo.

2) Che cosa si intende per «empatia immaginativa»?
L'«empatia immaginativa» è descritta nel testo come l'operazione intellettuale fondamentale nei confronti interpersonali di utilità. Consiste nel mettersi nei panni di un'altra persona e chiedersi: "Se ora io fossi davvero al suo posto, e avessi i suoi gusti, la sua educazione, il suo ambiente sociale, i suoi valori culturali e il suo carattere, quali potrebbero essere adesso le mie preferenze tra varie alternative, e quanta soddisfazione o insoddisfazione deriverei io da ciascuna delle alternative date?" In sostanza, si tratta di immaginare le reazioni psicologiche e le preferenze di un altro individuo nelle varie situazioni, tenendo conto delle differenze tra le persone ma assumendo che, per il resto, le reazioni saranno simili.

3) Che cosa si intende per «postulato di somiglianza? A quale scopo lo usiamo?
Il «postulato di somiglianza» si riferisce all'assunzione secondo cui, fatte le debite concessioni alle differenze empiricamente date in gusto, educazione, ecc., tra me e un altro, è ragionevole assumere che le nostre reazioni psicologiche a ogni alternativa saranno pressoché identiche. Questa ipotesi permette di considerare che gli esseri umani abbiano reazioni e sentimenti simili in situazioni simili, anche se non possiamo verificare direttamente i loro sentimenti più intimi.

Usiamo questo postulato principalmente per due scopi:

Confronti interpersonali di utilità: Quando cerchiamo di stimare le utilità e disutilità che un individuo otterrebbe dalle varie alternative. Ad esempio, decidendo quale membro della famiglia ha più bisogno di cibo o quale amico apprezzerebbe di più un certo dono.
Assegnare sentimenti umani e esperienze coscienti agli altri: Quando scegliamo di assumere che viviamo in un mondo popolato da altri esseri umani coscienti e reali, invece di considerare gli altri come robots privi di ragione o semplici apparizioni oniriche.

In breve, il postulato di somiglianza è essenziale per la nostra comprensione e interazione con gli altri, sia per valutare le loro preferenze e bisogni, sia per riconoscere la loro umanità e capacità di provare sentimenti simili ai nostri.

4) In che senso il «postulato di somiglianza» è un principio a priori?
Il «postulato di somiglianza» è un principio a priori nel senso che non può essere verificato empiricamente. Harsanyi spiega che, nonostante si possa assumere che individui differenti avranno sensazioni psicologiche simili in ogni situazione data, questa assunzione non può essere verificata tramite l’osservazione diretta, perché non si ha un accesso immediato ai sentimenti più intimi degli altri. Pertanto, il postulato di somiglianza deve essere classificato come un postulato non empirico a priori, poiché la sua giustificazione non si basa sull'osservazione empirica ma su una scelta razionale e intuitiva di non postulare differenze occulte e inosservabili nei sentimenti psicologici tra individui simili.

5) Chi ha negato l'uso di principi a priori nella ricerca scientifica a base empirica?
Secondo il testo, sono stati i positivisti logici a negare l'uso di principi a priori nella ricerca scientifica a base empirica. Harsanyi afferma che i positivisti logici avevano uno scarso apprezzamento per l'importanza di principi a priori e delle idee teoriche nella scienza empirica.


Guida alla Comprensione


1) Rifletti sui meccanismi che entrano in azione quando interpretiamo bisogni, intenzioni e sentimenti altrui. Che cosa ci autorizza a fare ipotesi?
I meccanismi che entrano in azione quando interpretiamo bisogni, intenzioni e sentimenti altrui sono basati principalmente sull'uso dell'«empatia immaginativa» e del «postulato di somiglianza». Secondo Harsanyi, ci immaginiamo al posto dell'altro individuo e ci poniamo la domanda: «Se ora io fossi davvero al suo posto, e avessi i suoi gusti, la sua educazione, il suo ambiente sociale, i suoi valori culturali e il suo carattere, quali potrebbero essere adesso le mie preferenze tra varie alternative, e quanta soddisfazione o insoddisfazione deriverei io da ciascuna delle alternative date?».

Questa operazione intellettuale si basa sull'assunzione che, nonostante le differenze individuali empiricamente date, le reazioni psicologiche di base tra noi e gli altri siano pressoché identiche. Questo è ciò che Harsanyi chiama il «postulato di somiglianza». Tale postulato ci autorizza a fare ipotesi sui sentimenti e sulle esperienze degli altri assumendo che le differenze nei gusti, nell'educazione, ecc. siano compensate dalle somiglianze di base nelle reazioni umane.

Harsanyi sottolinea che questo postulato non può essere verificato empiricamente, poiché non possiamo avere un accesso immediato ai sentimenti più intimi degli altri. Tuttavia, afferma che sarebbe assurdo postulare differenze occulte e inosservabili nei sentimenti psicologici tra individui che mostrano comportamenti identici o comparabili.

In sintesi, ci autorizza a fare ipotesi sui bisogni, intenzioni e sentimenti altrui la combinazione dell'empatia immaginativa e del postulato di somiglianza, che ci permette di assumere una somiglianza di base nelle reazioni umane, fatte le dovute concessioni alle differenze individuali empiriche.

2) Perché, secondo Harsanyi, pur non potendosi dimostrare direttamente la validità del «postulato» di somiglianza, esso resta alla base di un procedimento ipotetico necessario alla comprensione reciproca degli esseri umani?
Secondo Harsanyi, il "postulato di somiglianza" è essenziale perché permette agli individui di fare confronti interpersonali di utilità e di comprendere reciprocamente le preferenze e le esperienze degli altri. Nonostante non sia possibile verificare empiricamente questo postulato, Harsanyi lo considera un presupposto razionale a priori che facilita l'empatia immaginativa. Questo significa che, assumendo una somiglianza di base nelle reazioni psicologiche tra individui, è possibile ragionevolmente stimare come diverse alternative possano influenzare la soddisfazione o l'insoddisfazione di ciascun individuo. Pertanto, secondo Harsanyi, il postulato di somiglianza è fondamentale perché senza di esso sarebbe difficile, se non impossibile, comprendere le motivazioni e le preferenze degli altri individui e prendere decisioni morali informate.

3) Perché, secondo Harsanyi, sarebbe irragionevole non ammetterne l'uso quantitativo per calcoli di utilità a livello scientifico?
Secondo Harsanyi, sarebbe irragionevole non ammettere l'uso quantitativo dei confronti interpersonali di utilità a livello scientifico perché questi confronti si basano sul postulato di somiglianza. Questo postulato implica che, nonostante le differenze individuali nei gusti, educazione e altri fattori, ci sia una sostanziale similitudine nelle reazioni psicologiche e nella capacità di provare soddisfazione o insoddisfazione tra individui diversi. Harsanyi argumenta che assumere differenze fondamentali non osservabili nei sentimenti psicologici tra individui simili sarebbe arbitrario e non giustificato. Pertanto, utilizzare questi confronti interpersonali di utilità è un modo pragmatico e necessario per prendere decisioni morali e scientifiche, nonostante la possibilità di errori derivanti da informazioni incomplete su ciascun individuo.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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