Karl Marx - La fabbrica
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Comprendere il discorso di Marx sullo sfruttamento della forza-lavoro è complesso senza conoscere le condizioni di vita degli operai nelle fabbriche e fuori da esse a metà Ottocento. Nel primo libro del Capitale, Marx dedica molto spazio all'analisi delle giornate lavorative degli operai, l'entrata di donne e bambini nelle fabbriche (denunciando sia il deterioramento fisico che l'«atrofia morale» cui sono soggetti), e la lotta sindacale e politica per ridurre l'orario di lavoro (con una dettagliata analisi della legislazione inglese in merito). Nella quarta sezione, dopo averne tracciato la storia, analizza il sistema di fabbrica, focalizzandosi sul rapporto tra operai e macchine. Presentiamo alcuni estratti dal capitolo 13, in cui Marx evidenzia la dipendenza degli operai dalle macchine e descrive la fabbrica come un microcosmo dominato dal potere dispotico del capitalista, dove avviene il degrado fisico e mentale degli operai. Marx utilizza come fonti privilegiate, da una parte, il libro di Engels del 1845 sulla condizione della classe operaia inglese, e dall'altra, l'apologia del sistema di fabbrica presente nell'opera del medico scozzese Andrew Ure, La filosofia delle manifatture (1835).
Lettura
La forza-lavoro
Ogni lavoro alla macchina richiede che l'operaio sia addestrato molto presto affinché impari ad adattare il proprio movimento al movimento uniforme e continuativo di una macchina automatica. In quanto il macchinario complessivo costituisce esso stesso un sistema di molteplici macchine che operano simultaneamente e combinate, anche la cooperazione basata su di esso richiede una distribuzione di differenti gruppi operai fra le differenti macchine. Ma il funzionamento a macchina elimina la necessità di consolidare questa distribuzione, come accadeva per la manifattura, mediante l'appropriazione permanente dello stesso operaio alla stessa funzione. Siccome il movimento complessivo della fabbrica non parte dall'operaio ma dalla macchina, può aver luogo un continuo cambiamento delle persone senza che ne derivi un'interruzione del processo lavorativo. [...]
Infine, la velocità con la quale il lavoro alla macchina viene appreso nell'età giovanile, elimina anche la necessità di preparare una particolare classe di operai esclusivamente al lavoro delle macchine. Ma i servizi dei semplici manovali nella fabbrica sono a loro volta in parte sostituibili con macchine, in parte consentono a causa della loro assoluta semplicità un rapido e costante cambiamento delle persone caricate di questo tedioso lavoro.
Ora, benché il macchinario butti tecnicamente per aria il vecchio sistema della divisione del lavoro, in un primo tempo questo sistema si trascina nella fabbrica per consuetudine come tradizione della manifattura, per essere poi riprodotto e consolidato sistematicamente dal capitale quale mezzo di sfruttamento della forza-lavoro in una forma ancor più schifosa. Dalla specialità di tutt'una vita, con sistente nel maneggiare uno strumento parziale, si genera la specialità di tutt'una vita, consistente nel servire una macchina parziale.
Del macchinario si abusa per trasformare l'operaio stesso, fin dall'infanzia, nella parte di una macchina parziale. Così, non solo si diminuiscono notevolmente le spese necessarie alla riproduzione dell'operaio, ma allo stesso tempo si completa la sua assoluta dipendenza dall'insieme della fabbrica, quindi dal capitalista. [...]
Nella manifattura e nell'artigianato l'operaio si serve dello strumento, nella fabbrica è l'operaio che serve la macchina. Là dall'operaio parte il movimento del mezzo di lavoro, il cui movimento qui egli deve seguire. Nella manifattura gli operai costituiscono le articolazioni di un meccanismo vivente. Nella fabbrica esiste un meccanismo morto indipendente da essi, e gli operai gli sono incorporati come appendici umane. «La malinconica svogliatezza di un tormento di lavoro senza fine, per cui si torna sempre a ripercorrere lo stesso processo meccanico, assomiglia al lavoro di Sisifo; la mole del lavoro, come la roccia, torna sempre a cadere sull'operaio spossato».
Il lavoro alla macchina intacca in misura estrema il sistema nervoso, sopprime l'azione molteplice dei muscoli e confisca ogni libera attività fisica e mentale. La stessa facilitazione del lavoro diventa un mezzo di tortura, giacché la macchina non libera dal lavoro l'operaio, ma toglie il contenuto al suo lavoro.
È fenomeno comune a tutta la produzione capitalistica in quanto non sia soltanto processo lavorativo ma anche processo di valorizzazione del capitale, che non è l'operaio ad adoprare la condizione del lavoro ma, viceversa, la condizione del lavoro ad adoprare l'operaio; ma questo capovolgimento viene ad avere soltanto con le macchine una realtà tecnicamente evidente. Mediante la sua trasformazione in macchina automatica, il mezzo di lavoro si contrappone all'operaio durante lo stesso processo lavorativo quale capitale, quale lavoro morto che domina e succhia fino all'ultima goccia la forza-lavoro vivente. [...]
L'abilità parziale dell'operaio meccanico individuale svuotato, scompare come un infimo accessorio dinanzi alla scienza, alle immani forze naturali e al lavoro sociale di massa, che sono incarnati nel sistema delle macchine e che con esso costituiscono il potere del «padrone» (master).
Perciò questo padrone, nel cui cervello il macchinario e il suo monopolio del medesimo sono inseparabilmente uniti, grida sprezzantemente alle «braccia» in caso di conflitto: «Farebbe bene agli operai delle fabbriche ricordarsi che il loro lavoro è in realtà una specie molto inferiore di abilità lavorativa; che non vi è altra abilità che sia più facile far propria, e che, tenuto conto della sua qualità, sia meglio compensata, che non vi è altro lavoro che con un breve addestramento della persona meno esperta possa essere fornito in tanta abbondanza e in così breve tempo. Le macchine del padrone hanno di fatto in tutta la produzione una funzione molto più importante del lavoro e dell'abilità dell'operaio che può essere insegnata in sei mesi, e che ogni servo agricolo può imparare».
La subordinazione tecnica dell'operaio all'andamento uniforme del mezzo di lavoro e la peculiare composizione del corpo lavorativo, fatto di individui d'ambo i sessi e di diversissimi gradi d'età, creano una disciplina da caserma che si perfeziona e diviene un regime di fabbrica completo e porta al suo pieno sviluppo il lavoro di sorveglianza [...], quindi insieme ad esso la divisione degli operai in operai manovali e sorveglianti del lavoro, in soldati semplici dell'industria e in sottufficiali dell'industria.
«La difficoltà principale nella fabbrica automatica [...] consisteva [...] nella disciplina necessaria a far rinunciare gli uomini alle loro abitudini irregolari di lavoro e identificarli con la regolarità immutabile del grande automa. Ma inventare e applicare con successo un codice disciplinare rispondente alle esigenze e alla velocità del sistema automatico costituiva un'impresa degna di Ercole; e questa è stata la nobile opera di Arkwright! Perfino oggi che il sistema è organizzato in tutta la sua perfezione, è cosa quasi impossibile trovare fra gli operai in età virile... utili ausiliari del sistema automatico».
Il codice della fabbrica in cui il capitale formula come privato legislatore e arbitrariamente la sua autocrazia sugli operai, prescindendo da quella divisione dei poteri tanto cara alla borghesia e da quel sistema rappresentativo che le è ancor più caro, non è che la caricatura capitalistica della regolazione sociale del processo lavorativo; regolazione che diventa necessaria con la cooperazione su grande scala e con l'uso dei mezzi di lavoro comuni, specialmente delle macchine.
Alla frusta del sorvegliante di schiavi subentra il registro delle punizioni del sorvegliante. Tutte le punizioni si risolvono naturalmente in multe e in ritenute sul salario, e l'acume legislativo di questi Licurghi11 di fabbrica rende loro l'infrazione delle proprie leggi anche, se mai possibile, più redditizia della loro osservanza.
Il nostro non è che un semplice accenno alle condizioni materiali in cui viene compiuto il lavoro di fabbrica. Tutti i sensi sono lesi egualmente dalla temperatura aumentata artificiosamente, dall'atmosfera impregnata delle scorie delle materie prime, dal chiasso assordante, ecc., astrazion fatta dal pericolo di morte che si cela nell'ammucchiamento di macchine una vicinissima all'altra, il quale produce, con la regolarità del susseguirsi delle stagioni, i propri bollettini in dustriali di battaglia. L'economizzazione dei mezzi sociali di produzione, che giunge a maturazione come in una serra soltanto nel sistema di fabbrica, diviene allo stesso tempo, nelle mani del capitale, depredazione sistematica delle condizioni di vita dell'operaio durante il lavoro, dello spazio, dell'aria, della luce e dei mezzi personali di difesa contro le circostanze implicanti il pericolo di morte o antigieniche del processo di produzione, per non parlare dei provvedimenti miranti alla comodità dell'operaio. Ha torto il Fourier a chiamare le fabbriche «ergastoli mitigati»?
Guida alla lettura
1) A che cosa viene addestrato l'operaio nella fabbrica capitalistica?
L'operaio nella fabbrica capitalistica viene addestrato molto presto affinché impari ad adattare il proprio movimento al movimento uniforme e continuativo di una macchina automatica. Questo addestramento ha lo scopo di far sì che l'operaio possa seguire il movimento del mezzo di lavoro, piuttosto che essere colui che lo avvia. Inoltre, la velocità con cui il lavoro alla macchina viene appreso elimina la necessità di preparare una particolare classe di operai esclusivamente per il lavoro delle macchine, consentendo un rapido e costante cambiamento delle persone caricate di questo lavoro.
2) Qual è la differenza fondamentale tra manifattura e fabbrica?
La differenza fondamentale tra manifattura e fabbrica, secondo il testo, risiede nel rapporto tra l'operaio e gli strumenti di lavoro. Nella manifattura e nell’artigianato, è l’operaio a servirsi dello strumento: il movimento del mezzo di lavoro parte dall’operaio. Nella fabbrica, invece, è l’operaio che serve la macchina: deve seguire il movimento del mezzo di lavoro, che è indipendente da lui. Nella manifattura, gli operai costituiscono le articolazioni di un meccanismo vivente, mentre nella fabbrica esiste un meccanismo morto a cui gli operai sono incorporati come appendici umane.
3) Perché Marx paragona la fabbrica a una caserma?
Marx paragona la fabbrica a una caserma per diversi motivi legati alla disciplina rigida e alla struttura gerarchica presenti nell'ambiente di lavoro. Nel testo, egli descrive come la subordinazione tecnica dell’operaio al mezzo di lavoro e la composizione del corpo lavorativo, fatto di individui di entrambi i sessi e di diverse età, creino una "disciplina da caserma" che si perfeziona in un "regime di fabbrica completo". Questa disciplina porta alla piena evoluzione del lavoro di sorveglianza e alla divisione degli operai in due categorie: operai manovali e sorveglianti del lavoro, paragonati rispettivamente a soldati semplici e sottufficiali dell’industria.
La similitudine con una caserma sottolinea la rigidità e la regolarità imposte agli operai, che devono adattarsi alla "regolarità immutabile del grande automa" (la macchina). Inoltre, Marx sottolinea come il codice disciplinare della fabbrica sia stato un'impresa di controllo e regolazione che richiedeva una rinuncia alle abitudini irregolari di lavoro, simile alla disciplina militare, e che questa regolamentazione fosse una "nobile opera" necessaria per l'efficienza del sistema automatico.
4) Perché Marx paragona il lavoro dell'operaio alla mitica fatica di Sisifo?
Marx paragona il lavoro dell'operaio alla mitica fatica di Sisifo per descrivere la natura monotona e senza fine del lavoro in fabbrica. Egli scrive: «La malinconica svogliatezza di un tormento di lavoro senza fine, per cui si torna sempre a ripercorrere lo stesso processo meccanico, assomiglia al lavoro di Sisifo; la mole del lavoro, come la roccia, torna sempre a cadere sull’operaio spossato» . Questo paragone evidenzia come il lavoro degli operai in fabbrica sia ripetitivo e privo di significato, simile alla punizione di Sisifo condannato a spingere per l'eternità un masso su una collina solo per vederlo rotolare nuovamente verso il basso.
Guida alla Comprensione
1) Spiega quale rapporto esiste, nella fabbrica capitalistica, tra operaio e macchina.
Nel contesto della fabbrica capitalistica descritto da Marx, il rapporto tra l'operaio e la macchina è caratterizzato da una totale subordinazione dell'operaio alla macchina. Diversamente dalla manifattura e dall'artigianato, dove l'operaio controlla e utilizza lo strumento di lavoro, nella fabbrica è la macchina che determina il movimento dell'operaio. La macchina, che rappresenta il capitale, diventa il fulcro del processo produttivo, con l'operaio ridotto al ruolo di semplice appendice umana del macchinario.
Questo cambiamento comporta diverse conseguenze:
Dipendenza dalla Macchina: L'operaio deve adattare i propri movimenti a quelli della macchina automatica, eliminando la necessità di una distribuzione permanente dei lavoratori su specifiche mansioni, come avveniva nella manifattura. Questo comporta un continuo cambiamento delle persone senza interrompere il processo lavorativo.
Specializzazione e Degrado: L'operaio diventa parte di una macchina parziale, trasformato fin dall'infanzia in un componente della fabbrica. Questo riduce le spese per la sua riproduzione e aumenta la sua dipendenza dal capitalista.
Disumanizzazione: Il lavoro alla macchina intacca gravemente il sistema nervoso dell'operaio, sopprimendo ogni libera attività fisica e mentale. Il lavoro diventa monotono e alienante, paragonato al lavoro di Sisifo, dove si ripete sempre lo stesso processo meccanico.
Disciplina e Sorveglianza: La fabbrica impone una disciplina severa, con una rigida divisione tra operai e sorveglianti. La regolarità del sistema automatico richiede una disciplina simile a quella militare, con l'operaio ridotto a un soldato semplice dell'industria.
In sintesi, nella fabbrica capitalistica, la macchina non solo domina il processo produttivo ma anche la vita dell'operaio, trasformandolo in un ingranaggio del sistema, subordinato al capitale e privato della sua autonomia e creatività.
2) Spiega il significato del passo di Engels citato da Marx in nota.
Il passo di Engels citato da Marx nella nota evidenzia la natura estenuante e ripetitiva del lavoro alla macchina in fabbrica. Engels descrive questo tipo di lavoro come un tormento senza fine, paragonandolo al lavoro di Sisifo, che nella mitologia greca era condannato a spingere una roccia su per una collina solo per vederla rotolare giù ogni volta che raggiungeva la cima. Questo paragone mette in luce la monotonia e la mancanza di senso del lavoro meccanico, dove l'operaio è costretto a ripetere lo stesso processo senza variazioni, simile a un ciclo infinito di sforzo vano.
Inoltre, Engels sottolinea come questo tipo di lavoro intacchi gravemente il sistema nervoso degli operai, riducendo al minimo l'azione muscolare e confiscando ogni possibilità di attività fisica e mentale libera. La facilitazione del lavoro attraverso le macchine, anziché liberare l'operaio, diventa una forma di tortura, poiché toglie significato e contenuto al suo lavoro.
In sintesi, il passo di Engels citato da Marx serve a mettere in evidenza la natura alienante e disumanizzante del lavoro in fabbrica durante l'era industriale, in cui gli operai erano ridotti a mere appendici delle macchine, privati di qualsiasi controllo e autonomia sul proprio lavoro.
3) Scrivi un breve testo in cui riassumere la descrizione che Marx fornisce del regime di fabbrica.
Marx descrive il regime di fabbrica come un sistema in cui il capitale assume un'autocrazia sugli operai, formulando arbitrariamente le proprie leggi senza tener conto della divisione dei poteri o della rappresentanza. Questo regime è caratterizzato dalla coercizione e dalla disciplina rigida, dove il controllo sui lavoratori avviene tramite punizioni e ritenute salariali. Le condizioni materiali di lavoro sono estremamente dure, con temperature elevate, inquinamento dell'aria e pericoli fisici costanti. L'organizzazione del lavoro nella fabbrica non solo sfrutta la forza-lavoro degli operai ma depreda anche le loro condizioni di vita e la loro dignità.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori