Ludwig Wittgenstein - Somiglianze di famiglia


Immagine Ludwig Wittgenstein
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nelle "Ricerche filosofiche", Wittgenstein introduce una nuova teoria del concetto, basata sull'idea delle «somiglianze di famiglia». Con questa prospettiva, egli abbandona l'idea che ogni concetto possieda un'«essenza» o sia definito da un insieme di proprietà necessarie e sufficienti per determinarne l'appartenenza. Queste proprietà, indipendentemente dal fatto che siano derivate dall'idea o da una generalizzazione dell'esperienza, non sono rilevanti; in questo modo, Wittgenstein critica teorie del concetto condivise sia dagli empiristi che dai platonisti e naturalmente l'essenzialismo del suo "Tractatus logico-philosophicus". La sua analisi è rigorosa, basandosi su un esame delle effettive differenze tra le proprietà dei vari casi in cui usiamo il concetto di «gioco». In questo breve passo, emerge anche la sua abilità retorica e l'uso efficace di metafore persuasive.


Lettura


65. Mi si potrebbe obiettare: «Te la fai facile! Parli di ogni sorta di giochi linguistici, ma non hai ancora detto che cosa sia l'essenziale del gioco linguistico, e quindi del linguaggio; che cosa sia comune a tutti questi processi, e ne faccia un linguaggio o parte di un linguaggio. Così ti esoneri proprio da quella parte della ricerca che a suo tempo ti ha dato i maggiori grattacapi: cioè quella riguardante la forma generale della proposizione e del linguaggio».
E questo è vero. – Invece di mostrare quello che è comune a tutto ciò che chiamiamo linguaggio, io dico che questi fenomeni non hanno affatto in comune qualcosa, in base al quale impieghiamo per tutti la stessa parola, – ma che sono imparentati l'uno con l'altro in molti modi differenti. E grazie a questa parentela, o a queste parentele, li chiamiamo tutti «linguaggi». Voglio tentare di chiarire questo punto.

66. Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo «giochi». Intendo giochi da scacchiera, giochi di carte, giochi di palla, gare sportive, e via discorrendo. Cosa è comune a tutti questi giochi? – Non dire: «Deve esserci qualcosa di comune a tutti altrimenti non si chiamerebbero “giochi”» – ma guarda se ci sia qualcosa di comune a tutti. – Infatti, se li osservi, non vedrai certamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie. Come ho detto: non pensare, ma osserva! – Osserva, ad esempio, i giochi da scacchiera, con le loro molteplici affinità. Ora passa ai giochi di carte; qui trovi molte corrispondenze con quelli della prima classe, ma molti tratti comuni sono scomparsi, altri sono subentrati. Se passiamo ora ai giochi di palla, qualcosa in comune si è conservato, ma molto è andato perduto. Sono tutti «divertenti»? Confronta il gioco degli scacchi con quello della tria. Oppure c'è dappertutto un perdere e un vincere, o una competizione tra i giocatori? Pensa allora ai solitari. Nei giochi con la palla c'è vincere e perdere; ma quando un bambino getta la palla contro un muro e la riacchiappa, questa caratteristica è sparita. Considera quale parte abbiano abilità e fortuna. E quanto sia differente l'abilità negli scacchi da quella nel tennis. Pensa ora ai girotondi: qui c'è l'elemento del divertimento, ma quanti altri tratti caratteristici sono scomparsi. E così via possiamo passare in rassegna molti altri gruppi di giochi. Vedere somiglianze emergere e sparire.
E il risultato di questo esame suona: vediamo una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vicenda. Somiglianze in grande e in piccolo.

67. Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l'espressione «somiglianze di famiglia»; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e s'incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. – E dirò: i “giochi” formano una famiglia.

E allo stesso modo formano una famiglia, ad esempio, i vari tipi di numeri. Perché chiamiamo una certa cosa «numero»? Forse perché ha una – diretta – parentela con qualcosa che finora si è chiamato numero; e in questo modo, possiamo dire, acquisisce una parentela indiretta con altre cose che chiamiamo anche così. Ed estendiamo il nostro concetto di numero così come, nel tessere un filo, intrecciamo fibra con fibra. E la robustezza del filo non è data dal fatto che una fibra corre per tutta la sua lunghezza, ma dal sovrapporsi di molte fibre una all'altra.
Se però qualcuno dicesse: «Dunque c'è qualcosa di comune a tutte queste formazioni, – vale a dire la disgiunzione di tutte queste comunanze», io risponderei: qui ti limiti a giocare con una parola. Allo stesso modo si potrebbe dire: un qualcosa percorre tutto il filo, – cioè l'ininterrotto sovrapporsi di queste fibre.


Guida alla lettura


1) Che cos'è la ricerca che ha dato «grattacapi» al primo Wittgenstein? E quale risposta aveva dato il Tractatus?
La ricerca che ha dato «grattacapi» al primo Wittgenstein riguarda la «forma generale della proposizione e del linguaggio». Nel Tractatus logico-philosophicus, Wittgenstein cercava di definire questa forma generale, proponendo una visione essenzialista del linguaggio, in cui ogni proposizione avrebbe una struttura logica definibile in modo preciso.

Questa visione implicava che ogni concetto dovesse avere un'«essenza» caratterizzata da un insieme di proprietà necessarie e sufficienti per definirne l'appartenenza. Tuttavia, nelle Ricerche filosofiche, Wittgenstein abbandona questa idea, criticando sia gli empiristi che i platonisti, e proponendo invece la teoria delle «somiglianze di famiglia».

2) In cosa consiste la nuova risposta di Wittgenstein alla ricerca del Tractatus?
La nuova risposta di Wittgenstein alla ricerca del Tractatus consiste nell'abbandono dell'idea che ogni concetto abbia un'«essenza» o sia caratterizzato da un insieme di proprietà necessarie e sufficienti a definirlo. Invece, Wittgenstein introduce l'idea delle «somiglianze di famiglia», sostenendo che i fenomeni che chiamiamo con lo stesso nome non hanno necessariamente qualcosa in comune ma sono imparentati tra loro in molti modi differenti. Questo concetto è illustrato attraverso l'analogia con i giochi, dove non esiste una caratteristica unica che li definisca tutti ma una rete di somiglianze e parentele che si sovrappongono e si incrociano.

3) C'è qualcosa di comune a tutto ciò che chiamiamo «gioco»?
Secondo Wittgenstein, non c'è qualcosa di comune a tutto ciò che chiamiamo "gioco". Egli sostiene che i fenomeni che chiamiamo giochi non hanno una caratteristica comune che li definisce tutti ma sono collegati tra loro attraverso una serie di somiglianze e parentele diverse che egli definisce "somiglianze di famiglia". Queste somiglianze emergono e scompaiono tra i vari giochi, creando una rete complessa di connessioni.

4) C'è qualcosa di comune a tutti i membri di una famiglia?
Secondo Wittgenstein, non c'è qualcosa di comune a tutti i membri di una famiglia che possa essere definito come un'essenza unica. Invece, esistono delle "somiglianze di famiglia" che si sovrappongono e si incrociano tra i vari membri, come tratti del volto, corporatura, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. Queste somiglianze creano una rete complicata di affinità in grande e in piccolo ma non un singolo tratto comune a tutti i membri.

5) Che cosa vuole far capire Wittgenstein con la metafora del filo?
Wittgenstein, con la metafora del filo, vuole far capire che la robustezza e l'identità di un concetto non derivano da una singola caratteristica che attraversa tutto il concetto (come una fibra che percorre l'intera lunghezza del filo), piuttosto dal sovrapporsi e dall'intrecciarsi di molte caratteristiche diverse. In altre parole, non esiste un'essenza unica e comune a tutti i membri di un concetto (come i giochi o i numeri) ma una rete complessa di somiglianze e parentele che formano una sorta di "famiglia". Ogni membro di questa famiglia condivide alcune caratteristiche con altri membri ma non tutte, creando così una continuità attraverso le loro somiglianze intrecciate.


Guida alla Comprensione


1) Quali sono le principali teorie del concetto della storia della filosofia? Che cosa va a toccare Wittgenstein criticando l'idea che vi sia un'essenza comune a tutte le istanze di un concetto?
Nella storia della filosofia, le principali teorie del concetto si possono dividere in due grandi categorie: le teorie essenzialiste e le teorie basate sull'osservazione empirica. Ecco una sintesi delle due principali visioni criticate da Wittgenstein:

Teorie essenzialiste: Queste teorie sostengono che ogni concetto ha un'essenza, un insieme di proprietà necessarie e sufficienti che definiscono l'appartenenza a quel concetto. Questa visione è condivisa sia dai platonisti, che ritengono che le proprietà siano derivate da idee ideali, sia da teorie come quella esposta da Wittgenstein nel suo primo lavoro, il Tractatus logico-philosophicus.
Teorie empiriste: Queste teorie propongono che i concetti siano generalizzazioni derivate dall'esperienza. Gli empiristi sostengono che le proprietà dei concetti derivano dall'osservazione e dall'esperienza diretta.

Wittgenstein, nelle Ricerche filosofiche, critica entrambe queste visioni. Egli abbandona l'idea che vi sia un'essenza comune a tutte le istanze di un concetto. Invece, introduce il concetto di "somiglianze di famiglia", suggerendo che i fenomeni categorizzati sotto un concetto non condividono un singolo insieme di proprietà comuni ma sono collegati da una rete complessa di somiglianze parziali e sovrapposizioni.

Per esempio, nel caso del concetto di "gioco", Wittgenstein mostra che non esiste una caratteristica unica comune a tutti i giochi. Invece, ci sono molte somiglianze diverse che si intrecciano, come le somiglianze tra i membri di una famiglia. Questa visione mette in evidenza che i concetti sono più fluidi e dinamici di quanto suggeriscano le teorie essenzialiste o empiriste tradizionali.

2) Che cosa comporta questa visione antiessenzialista nella considerazione su cosa intendiamo per «linguaggio»? A cosa si contrappone?
Questa visione antiessenzialista di Wittgenstein comporta un cambiamento radicale nella considerazione del concetto di "linguaggio". Contrariamente alle teorie essenzialiste che sostenevano l'esistenza di proprietà essenziali o definitorie comuni a tutti i linguaggi, Wittgenstein suggerisce che non esista un elemento universale che caratterizzi tutti i fenomeni che chiamiamo "linguaggio". Piuttosto, propone che ciò che chiamiamo "linguaggio" sia una rete complessa di somiglianze di famiglia, dove le diverse manifestazioni linguistiche sono collegate tra loro attraverso somiglianze parziali e relazioni piuttosto che da una singola essenza o forma universale.

Questa prospettiva si contrappone alla concezione essenzialista di linguaggio che vedeva il linguaggio come qualcosa dotato di un'essenza unica e universale che ne definisce l'appartenenza e la natura. Wittgenstein critica tanto le teorie essenzialiste degli empiristi quanto quelle dei platonisti nel Tractatus logico-philosophicus e sottolinea la varietà e la complessità delle pratiche linguistiche effettive che non possono essere ridotte a un nucleo comune di proprietà necessarie e sufficienti.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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