Platone - Essere giusti non conviene
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione
Introduzione
Nel primo libro della Repubblica di Platone emerge chiaramente il motivo fondamentale che spinge alla necessità di una riforma della città e della cultura della giustizia. Qui, Socrate si trova ad affrontare il sofista Trasimaco, il quale sostiene con fermezza la legittimità del comportamento dei governanti che promulcano leggi a proprio vantaggio: secondo la sua visione, la giustizia si configura come "l'interesse del più forte", una tesi che sembra incontrastabile poiché il più forte è colui che detiene il potere di legiferare, il quale stabilisce così cosa sia giusto e cosa no. In un dialogo significativo, Trasimaco risponde alle obiezioni di Socrate che propone l'idea che il governante debba assumersi la responsabilità del benessere dei suoi sudditi, agendo in modo simile a un medico che si prende cura dei suoi pazienti: con una beffarda ironia, Trasimaco sottolinea che il governante è bravo a prendersi cura dei cittadini esattamente come un pastore fa con il suo gregge, con l'intento di sfruttarli e alla fine sopprimerli. Questo dialogo conduce alla conclusione che agire in conformità con la giustizia, secondo il suo significato tradizionale, è considerato una forma di stupidità.
Lettura
Quando fummo giunti a questo punto del discorso, e fu chiaro a tutti che la definizione del giusto era stata rovesciata, Trasimaco, invece di rispondere, disse:
«Dimmi, Socrate, una balia ce l'hai?».
«Che cosa?» dissi io. «Non era meglio rispondere invece che fare questa domanda?»
«Il fatto è» disse «che ti lascia colare il naso e non te lo soffia quando ne hai bisogno, tu che non sai neanche riconoscere il gregge dal pastore.»
«Cos'è mai questo?» dissi io.
«È che tu pensi che i pastori e i bovari cerchino il bene del gregge o dei buoi, e li ingrassino e li curino avendo di mira qualche altro motivo che non sia il bene dei padroni e il loro proprio. E così anche coloro che detengono il potere nelle città – quelli, intendo, che veramente comandano – tu ritieni che abbiano nei riguardi dei loro sudditi intenzioni diverse da quelle che si potrebbero nutrire verso il gregge, e che essi notte e giorno cerchino qualcos'altro che non sia precisamente ciò da cui possano trarre vantaggio.
E sei così lontano dal capire qualcosa sul giusto e la giustizia, sull'ingiusto e l'ingiustizia, che ignori che la giustizia e il giusto sono in realtà un bene altrui – l'utiledi chi è più forte e ha il potere –, ma invece un danno proprio di chi obbedisce ed è asservito; al contrario l'ingiustizia comanda sulla vera dabbenaggine dei giusti, e i suoi sudditi fanno l'utile di quello che è più forte, e servendolo rendono felice lui, ma non certamente se stessi.
E bisogna osservare questo, o sprovvedutissimo Socrate, che l'uomo giusto ha sempre la peggio di fronte all'ingiusto: in primo luogo nelle imprese d'affari in cui l'uno e l'altro si associno, mai troverai, al momento dello scioglimento della società, che il giusto ha guadagnato più dell'ingiusto, bensì meno; poi nelle cose della città, quando vi siano tributi da pagare, a parità di ricchezza il giusto versa di più, l'altro di meno, ma quando c'è da ricevere, il primo non guadagna nulla, il secondo molto.
E quando entrambi assumono qualche carica di comando, accade al giusto – se pure non è penalizzato da qualche multa – di trascurare i suoi affari privati lasciandoli andare in rovina, mentre non ricava alcun vantaggio dal suo ruolo pubblico, proprio perché è giusto, e inoltre si inimica i familiari e i conoscenti perché non vuole concedere loro alcun favore che violi il giusto; mentre tocca a chi è ingiusto proprio il contrario di tutto questo.
Intendo appunto quello di cui parlavo ora, l'uomo capace di esercitare una soverchiante supremazia. Osserva dunque costui, se vuoi giudicare quanto più gli convenga privatamente l'esser ingiusto piuttosto che giusto.
Ma lo comprenderai nel modo più rapido se ti spingerai al limite della perfetta ingiustizia, quella che porta chi la commette al massimo della felicità, chi la subisce e non la vuol praticare all'estrema sventura. È questa la tirannide, che non a poco a poco, con la frode e con la violenza sottrae i beni altrui – e sacri e profani, e privati e pubblici – ma d'un sol colpo.
Quando uno è scoperto a commettere una qualsiasi di queste ingiustizie, singolarmente prese, è punito e coperto dal disonore più grande: sacrileghi, trafficanti di schiavi, svaligiatori di case, rapinatori e ladri sono chiamati i colpevoli di ciascuno di questi parziali misfatti. Ma quando un uomo oltre che delle ricchezze dei cittadini si impadronisce anche di loro stessi riducendoli in schiavitù, invece di questi nomi vergognosi vien chiamato felice e beato, non solo dai cittadini ma anche da tutti quanti apprendono che egli è giunto al colmo dell'ingiustizia. Perché quelli che biasimano l'ingiustizia lo fanno temendo non di compiere atti ingiusti, ma di subirli.
Così, Socrate, l'ingiustizia – portata a un livello adeguato – è più forte, più degna di un uomo libero e di un padrone, della giustizia, e, come dicevo fin dal principio, il giusto consiste precisamente nell'utile del più forte, l'ingiusto in ciò che giova ed è utile a se stessi.»
Guida alla lettura
1) A chi viene paragonato il governante?
Il governante viene paragonato al bovaro, colui che cura e sfrutta il suo gregge per il proprio vantaggio, senza preoccuparsi del bene degli animali.
2) In che cosa consiste la sua cura per i sudditi?
Trasimaco sostiene che la cura dei sudditi da parte dei governanti consiste nel trattarli come il bovaro tratta le bestie: mirando a sfruttarli e a ucciderli. In altre parole, secondo Trasimaco, i governanti non agiscono nell'interesse dei loro sudditi, ma cercano solo il proprio vantaggio personale, così come il bovaro cerca di trarre vantaggio dalle bestie che alleva.
3) Come accade che il giusto danneggi se stesso nei rapporti privati e nel caso gli capiti di andare al governo?
Secondo Trasimaco, il giusto si danneggia nei rapporti privati e nel caso in cui assuma una carica di governo perché, essendo orientato verso la giustizia e il rispetto delle leggi, non cerca di trarre vantaggio personale o di favorire i familiari e i conoscenti. Inoltre, nel caso di governo, potrebbe trascurare i suoi affari privati per dedicarsi al bene pubblico, senza ottenere alcun vantaggio personale da questa posizione. Questo comportamento, secondo Trasimaco, lo mette in una posizione svantaggiata rispetto all'ingiusto, che agisce per il proprio interesse personale e per ottenere il massimo vantaggio da ogni situazione, sia nei rapporti privati che nella politica.
4) Qual è invece il comportamento dell'uomo che sa usare il potere?
Secondo Trasimaco, l'uomo che sa usare il potere è capace di esercitare una soverchiante supremazia. Quest'uomo, se è ingiusto, trae massimo vantaggio dalla sua posizione di potere. Egli è in grado di sfruttare le persone e le risorse senza alcuna remora, accumulando ricchezze e potere a discapito degli altri. Inoltre, non viene condannato o disonorato come i colpevoli di piccoli misfatti, ma è considerato felice e beato, poiché ha raggiunto il culmine dell'ingiustizia.
5) Qual è la perfetta ingiustizia?
La perfetta ingiustizia, secondo il testo, è rappresentata dalla tirannide. Si tratta di un regime che, anziché agire gradualmente, si impadronisce dei beni altrui in un colpo solo, utilizzando frode e violenza per sottrarre sia beni sacri che profani, sia privati che pubblici. In questo regime tirannico, l'uomo ingiusto non solo si appropria delle ricchezze dei cittadini ma li riduce anche in schiavitù. Questo tipo di ingiustizia è considerato al massimo grado di felicità e benessere per chi la pratica, mentre coloro che la subiscono sono nell'estrema sventura.
Guida alla Comprensione
1) Spiega che cosa comporta l'applicazione all'uomo di governo del modello del bovaro. In che modo essa contrasta l'idea di cura proposta da Socrate con il modello del medico?
L'applicazione del modello del bovaro all'uomo di governo implica trattare i cittadini come se fossero bestie da allevare e sfruttare per il proprio vantaggio. Questo modello contrasta radicalmente con l'idea di cura proposta da Socrate, che paragona il ruolo del governante a quello di un medico che si prende cura dei pazienti. Mentre il medico ha l'obbligo etico di prendersi cura del benessere dei pazienti, il bovaro mira a sfruttare e controllare il gregge per trarne il massimo vantaggio personale, senza alcuna considerazione per il loro benessere intrinseco.
Quindi, mentre Socrate propone un modello di governo basato sulla cura e sulla responsabilità verso i cittadini, il modello del bovaro sottolinea il comportamento egoistico e manipolativo del governante, che tratta i cittadini come strumenti per il proprio guadagno e potere, senza alcuna preoccupazione per il loro vero bene.
2) Sulla base del testo, ricostruisci l'argomentazione per cui il giusto è stupido e il governante ingiusto è intelligente
L'argomentazione per cui il giusto è considerato stupido e il governante ingiusto è visto come intelligente emerge dall'interazione tra Socrate e Trasimaco nel primo libro della Repubblica di Platone.
La tesi di Trasimaco: Trasimaco sostiene che la giustizia è "l'utile del più forte". Secondo lui, chi detiene il potere e fa le leggi le fa a proprio vantaggio, rendendo quindi la giustizia un concetto relativo, che serve gli interessi del governante o del più potente.
Critica alla visione tradizionale di giustizia: Trasimaco si scontra con l'idea tradizionale di giustizia come virtù e bene per la società nel suo insieme. Egli invece afferma che la giustizia è determinata dal potere e dagli interessi del governante.
Il ruolo del governante ingiusto: Trasimaco sostiene che il governante ingiusto è in realtà più intelligente e abile. Egli argumenta che il governante ingiusto è in grado di sfruttare la propria posizione per il proprio vantaggio personale, manipolando le leggi e beneficiando dei suoi sudditi.
Il destino del giusto: Trasimaco indica che il giusto, al contrario, è destinato a essere sfruttato e ad avere la peggio. Per esempio, il giusto è penalizzato economicamente nelle transazioni commerciali e nei tributi, e può subire danni personali e sociali per il suo impegno verso la giustizia.
La felicità dell'ingiusto: Trasimaco suggerisce che la vera felicità e potere risiedono nell'ingiustizia portata all'estremo, in particolare nella tirannide, dove l'ingiusto può ottenere potere e ricchezze a spese degli altri senza paura di conseguenze.
In sintesi, l'argomentazione di Trasimaco si basa sull'idea che la giustizia tradizionale è una forma di stupidità, mentre l'ingiustizia è una strategia intelligente per ottenere potere e felicità personale.
3) Il discorso di Trasimaco usa un doppio registro per la parola «giusto». Spiega perché nel senso tradizionale l'uomo di potere è ingiusto, ma nel nuovo senso (per cui «la giustizia è l'utile del più forte») è esattamente giusto.
Il discorso di Trasimaco si basa su una distinzione tra due concetti di "giusto". Nel senso tradizionale, il "giusto" è associato a un comportamento morale e etico che promuove il bene comune e il rispetto delle leggi. Tuttavia, secondo Trasimaco, nell'ambito del potere politico e della leadership, il concetto di giusto viene ribaltato. Qui, il "giusto" diventa ciò che è vantaggioso per il più forte, cioè per coloro che detengono il potere e lo esercitano a proprio vantaggio.
Quindi, nel senso tradizionale, l'uomo di potere è considerato ingiusto poiché agisce per il proprio interesse a scapito del bene comune e delle leggi. Tuttavia, nel nuovo senso introdotto da Trasimaco, l'uomo di potere diventa esattamente giusto in quanto segue l'idea che "la giustizia è l'utile del più forte". In altre parole, l'ingiustizia diventa la norma accettata e persino desiderabile quando si tratta di coloro che detengono il potere, poiché agire in modo ingiusto diventa il modo più efficace per ottenere e mantenere il controllo e il vantaggio personale.
4) Spiega perché il tiranno non viene biasimato ma lodato da tutti.
Il tiranno non viene biasimato ma addirittura lodato da tutti perché, secondo l'argomentazione di Trasimaco, ha raggiunto il culmine dell'ingiustizia e quindi della felicità personale. Questo avviene perché il tiranno, attraverso la perfetta ingiustizia, ottiene il massimo vantaggio per sé stesso e per i suoi interessi, senza alcuna restrizione morale. Egli si appropria non solo delle ricchezze altrui, ma addirittura delle vite dei cittadini riducendoli in schiavitù. Tuttavia, anziché essere condannato per tali azioni, il tiranno è considerato felice e beato, sia dai cittadini che da coloro che apprendono della sua situazione, poiché egli rappresenta il culmine della potenza e del successo personale. Inoltre, coloro che potrebbero criticare l'ingiustizia del tiranno lo temono, non per il timore di commettere atti ingiusti, ma per il timore di subirli. Questa condizione illustra come, secondo Trasimaco, l'ingiustizia, portata al massimo livello, sia più forte e più degna di un uomo libero e di un padrone rispetto alla giustizia, perché porta vantaggio e beneficio personale.
Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori