Analisi del Testo di: "Ultime lettere di Jacopo Ortis" di Ugo Foscolo


Immagine Ugo Foscolo
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Analisi e Commento

Scheda dell'Opera


Autore: Ugo Foscolo
Titolo dell'Opera: Ultime lettere di Jacopo Ortis
Prima edizione dell'opera: 1802
Genere: Romanzo



Introduzione


"Ultime lettere di Jacopo Ortis" è un'opera poetica di Ugo Foscolo, pubblicata per la prima volta nel 1802. Questo romanzo epistolare, considerato uno dei capolavori del Romanticismo italiano, racconta la tragica storia di Jacopo Ortis, un giovane patriota che, deluso dagli eventi storici e dalle sue vicende personali, trova rifugio nella scrittura delle sue lettere. Attraverso queste missive indirizzate all'amico Lorenzo Alderani, Foscolo esplora temi quali il dolore esistenziale, la delusione politica, l'amore infelice e il desiderio di libertà. L'opera riflette non solo il dramma personale del protagonista, ma anche il sentimento di sconforto e disillusione di un'intera generazione di italiani dell'epoca napoleonica. Con uno stile intenso e appassionato, "Ultime lettere di Jacopo Ortis" cattura le profondità dell'animo umano, offrendo al contempo una critica sociale e politica dei suoi tempi.


Analisi e Commento


Animano il romanzo di Ugo Foscolo, le Ultime lettere di Jacopo Ortis, i conflitti interiori e quelli sociali di un giovane irruento e passionale: l'amore è tormento, lo sradicamento dalla patria condizione di isolamento e negazione, la morte unica evasione da tanta infelicità.

È questo, infatti, il termine con cui il protagonista Jacopo si designa ripetutamente lungo il romanzo: infelice. Infelice della situazione storica vissuta (Jacopo è infatti un giovane patriota che subisce la cessione di Venezia all'Austria con il trattato di Campoformio e l'avvento del nuovo tiranno Napoleone), della delusione scaturita dal fallimento di ogni speranza rivoluzionaria, di un patriottismo privato di ogni suo senso e costretto all'esilio, allo sradicamento più assoluto che non permette alcun inserimento nel mondo contemporaneo. In questa condizione di insoddisfazione politica e storica, si innesta poi un nuovo tipo di delusione, quella amorosa, che rappresenterà il nuovo apice di sofferenza di Jacopo, per cui il giovane sarà condotto gradualmente al suicidio, a quella morte, in senso materialistico e nichilistico, di nulla eterno.

Jacopo è un narratore che racconta la sua storia in prima persona e lo fa attraverso la forma di un romanzo epistolare molto diffuso nel Settecento: ciò permette la possibilità di far coincidere il tempo della storia al tempo del racconto, istruendo il lettore su quanto accade man mano che gli eventi si verificano e coinvolgendolo in tutta l'emotività che il romanzo non stenta a trasmettere.

Questo narratore così appassionato e disperato è, dunque, un'eco del giovane Werther goethiano ma se il parallelo è coerente dal punto di vista del nodo fondamentale dell'intreccio (un giovane che si toglie la vita perché innamorato di una donna già destinata in sposa ad un altro) e dal punto di vista del nucleo tematico (un giovane intellettuale che non riesce ad inserirsi nel tessuto sociale), diventa poco convincente quando si vanno ad analizzare i caratteri del conflitto: Jacopo Ortis non vive il dramma di cui è protagonista il giovane Werther, non soffre solo del rifiuto della società a cui appartiene, ma vive un'angoscia più profonda generata da un forte senso di mancanza che investe ogni campo della sua esistenza: mancanza di una patria, mancanza di un tessuto sociale nuovo, mancanza di una donna. Questo perché Jacopo non vive il bisogno di un mondo diverso, ma la delusione dei tentativi fatti per poterlo avere.

Dunque, il narratore Jacopo riflette moltissimo la personalità stessa del suo scrittore Foscolo, ma è anche vero che i risvolti della vita dell'autore sono granché differenti: pur immerso in una serie di delusioni e sconfitte, Foscolo non si uccide, la vita resta qualcosa da difendere comunque, a tutti i costi.

Ecco che è ben visibile come il primo romanzo, le Ultime lettere di Jacopo Ortis, sia sì il documento di una crisi, ma contenga già in sé i presupposti per un suo superamento. Piccoli indizi di questa evoluzione del pensiero foscoliano dal materialismo assoluto al distacco rassegnato della riflessione sono, infatti, ben individuabili lungo tutto il romanzo: si pensi alla menzione della morte connessa al sepolcro, alla fine di un'esistenza sì, ma anche alla garanzia di un posto stabile, senza più sradicamento e senza estraneità, alla consolazione dei “pochi uomini buoni” che renderanno omaggio a quella vita spenta, alla terra come “grembo materno” (temi ampiamente affrontati ne I sepolcri); oppure si pensi alle illusioni a cui il protagonista, in preda all'amore, cede: le arti, la bellezza, il sentimento coinvolgente verso una donna. Tutto questo è espressione sentita di quel mondo classico a cui il poeta in qualche modo sente di appartenere; si tratta del mondo antico come vero paradiso di armonia che per vivere serenamente non temeva le illusioni dei miti lontani, ma si opponeva, in tal modo, al pensiero freddo e razionale della filosofia moderna (temi alla base della scrittura de Le Grazie).

Il disseminare il romanzo di tanti spunti di possibile rinascita, dunque, conferisce all'opera di Foscolo una vitalità senza pari, sebbene il suo protagonista, instancabile lottatore, alla fine decida di liberarsi di quella vita tanto oppressiva e ingiusta. Jacopo muore perché, in un futuro Foscolo, nasca il personaggio di Didimo Chierico, tanto distaccato e razionale, padrone dei suoi istinti e detentore di un saldo dominio, quanto il primo eroe era emotivo e sentimentale. Jacopo è solo l'inizio, la passione smodata di un giovane eroico a cui, il vecchio Parini incontrato a Milano, saggio per l'esperienza della storia recente, deve ricordare: “Un giovine dritto e bollente di cuore, ma povero di ricchezze, ed incauto d'ingegno quale sei tu, sarà sempre o l'ordigno del fazioso, o la vittima del potente”.

Fonti: libri scolastici superiori

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