Parafrasi, Analisi e Commento di: "Bella schiava" di Giovan Battista Marino
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Giovan Battista Marino
Titolo dell'Opera: La Lira
Prima edizione dell'opera: 1614
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Sonetto di endecasillabi con schema di rime ABAB BABA CDC DCD
Introduzione
"Bella schiava" è una delle celebri poesie di Giovan Battista Marino, uno dei maggiori rappresentanti del Barocco italiano. Il componimento fa parte della raccolta "La Lira" e si distingue per il suo stile ricco di immagini vivide, metafore audaci e un linguaggio sensuale, caratteristiche tipiche della produzione marinista. Nella poesia, Marino esprime il contrasto tra bellezza e schiavitù, descrivendo una donna di straordinaria avvenenza costretta in una condizione di subordinazione. Il poeta celebra la bellezza della schiava, esaltandone i tratti fisici e spirituali, mentre al contempo sottolinea la tristezza della sua condizione. La poesia diventa così un gioco di luci e ombre, di lodi e malinconie, incarnando perfettamente lo spirito barocco che unisce meraviglia e complessità. Marino utilizza un linguaggio elegante e musicale, ricco di contrasti e antitesi, per creare un ritratto affascinante e struggente della "Bella schiava".
Testo e Parafrasi puntuale
1. Nera sì, ma se' bella, o di Natura 2. fra le belle d'Amor leggiadro mostro. 3. Fosca è l'alba appo te, perde e s'oscura 4. presso l'ebeno tuo l'avorio e l'ostro. 5. Or quando, or dove il mondo antico o il nostro 6. vide sì viva mai, sentì sì pura, 7. o luce uscir di tenebroso inchiostro, 8. o di spento carbon nascere arsura? 9. Servo di chi m'è serva, ecco ch'avolto 10. porto di bruno laccio il core intorno, 11. che per candida man non fia mai sciolto. 12. Là 've più ardi, o sol, sol per tuo scorno 13. un sole è nato, un sol che nel bel volto 14. porta la notte, ed ha negli occhi il giorno. |
1. Sei nera, certo, ma sei bella 2. fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura. 3. L'alba è oscura in paragone a te, e diventano scuri 4. con l'ebano (il colore nero) della tua pelle l'avorio e la porpora. 5. Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri 6/7. o vide una luce tanto pura uscire dall'inchiostro scuro 6/8. o sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento? 9. Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto interno al cuore un laccio bruno 11. che non sarà mai slegato da una mano candida. 12. Là dove bruci di più, o sole, solo per la tua umiliazione 13. è nato un sole, un sole che sul suo bel viso 14. porta la notte, e ha il giorno negli occhi. |
Parafrasi discorsiva
Sei nera, certo, ma sei bella fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura. L'alba è oscura in paragone a te, l'avorio e la porpora perdono colore e diventano scuri confrontati con l'ebano (il colore nero) della tua pelle.
Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri o vide una luce tanto pura uscire dall'inchiostro scuro o sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento?
Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto intorno al cuore un laccio bruno che non sarà mai slegato da una mano candida. Là dove bruci di più, o sole, un sole è nato solo per la tua umiliazione, un sole che porta la notte sul suo bel viso e ha il giorno negli occhi.
Figure Retoriche
Enjambements: vv. 1-2, vv. 3-4, vv. 5-6, vv. 9-10, vv. 13-14.
Allitterazioni: v. 6, vv. 3-4, v. 7-8, v. 10: Della "v", "i" ed "s": "vide sì viva mai, sentì sì pura". Della "r" ed "s": "Fosca è l'alba appo te, perde e s'oscura/ presso l'ebeno tuo l'avorio e l'ostro.", "o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura?", "porto di bruno laccio il core intorno".
Polisindeto con parallelismo: vv. 7-8: "o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura?".
Anastrofi: v. 3, v. 8: "osca è l'alba", "di spento carbon nascere arsura".
Iperbato: vv. 1-2, vv. 9-10: "di Natura/ fra le belle d'Amor leggiadro mostro", "avolto/ porto di bruno laccio il core".
Apostrofi: v. 12: "o sol".
Bisticcio: vv. 12-13: "sol(e), sol(o),/ sole/ sol(e)".
Metonimia: v. 4, v. 8: "ebeno", "avorio", "ostro", "arsura".
Antitesi: v. 3, vv. 3-4, v. 7, v. 8, v. 9: "Fosca è l'alba", "s'oscura/ [...] l'avorio e l'ostro", "luce uscir di tenebroso inchiostro", "di spento carbon nascere arsura", "Servo di chi m'è serva".
Ossimori: v. 1, v. 2: "Nera sì, ma se' bella", "leggiadro mostro".
Analisi e Commento
Giambattista Marino è il più importante autore italiano del Barocco. Egli rifiuta radicalmente la tradizione classicista per adeguarsi ai gusti poetici del tempo ed afferma che "è del poeta il fin la maraviglia / chi non sa far stupir vada a la striglia". Il suo grande successo di pubblico è dovuto soprattutto alla sua capacità di cogliere e fare proprie tutte le spinte innovative del Seicento. Nella sua raccolta poetica La Lira, che tratta moltissimi temi, è presente anche un filone amoroso, in cui Marino si allontana decisamente dal petrarchismo allora dominante, svuotando la poesia amorosa delle implicazioni drammatiche e problematiche e rendendola virtuosistica, un puro esercizio di stile, volto ad esibire la sua abilità poetica, riutilizzando in modo creativo tutto il materiale letterario disponibile.
Tutto il componimento Bella schiava, incentrato sulla descrizione della bellezza di una schiava nera, è fondato sull'antitesi esasperata e sull'ossimoro, volti a rovesciare la tradizione petrarchesca dell'omaggio galante alla donna amata, introducendo una forte idea di novità. La condizione della donna, che è schiava, porta alle estreme conseguenze la tendenza barocca a rappresentare la donna in momenti umili e quotidiani (come il pettinarsi, il nuotare, l'innaffiare i fiori, etc), generalmente esclusi fino ad allora dalla poesia elevata, mentre il fatto che sia nera risponde al gusto barocco che ama lo strano e l'esotico e rappresenta sovente donne che si caratterizzano per particolari insoliti e sorprendenti (zoppa, sdentata, cieca, balbuziente, etc). Il gusto barocco per il paradosso e per le associazioni ardite e insolite si coglie, ad esempio, al verso 8, dove il carbone spento, simbolo del corpo nero della donna produce una passione più forte di quello acceso, e all'idea di luminosità è associata, sorprendentemente, quella di arsura, una sete molto forte provocata dalla passione amorosa.
Inoltre, l'intera lirica Bella schiava, come è tipico del procedimento compositivo di Marino, si fonda su immagini totalmente tratte dalla tradizione letteraria precedente, combinate in modo innovativo, così da suscitare la meraviglia del lettore, senza nessun intento né di verosimiglianza né di parodia, ma solo di esercizio virtuosistico, di esibizione della forma stilistica quasi fine a se stessa. Ad esempio, il concetto di "nera, ma bella" della prima strofa era già nel Cantico dei cantici biblico (nigra sum sed formosa) ed era stato poi ripreso nelle Rime di Tasso (bruna sei tu, ma bella). Anche le immagini a cui è paragonata la figura femminile (ebano, avorio, sole, calore) appartengono alla tradizione lirica, ma sono qui combinate e presentate in modo innovativo.
Bella schiava è – come si vede – costellata da numerose figure retoriche e giochi di parole: oltre al bisticcio "sol(e) sol(o)", il poeta si diverte a dimostrare la sua abilità linguistica giocando, ad esempio sul doppio significato del termine mostro, che etimologicamente significa "portento, creatura eccezionale".
Fonti: libri scolastici superiori