Parafrasi, Analisi e Commento di: "Chiare, fresche et dolci acque" di Francesco Petrarca

1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Francesco Petrarca
Titolo dell'Opera: Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere)
Prima edizione dell'opera: Tra il 1336 e il 1374
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Canzone di cinque strofe in endecasillabi e settenari, divisa in piedi e sirma, con schema abCabC cdeeDfF, più un congedo.
Introduzione
"Chiare, fresche et dolci acque" è uno dei componimenti più noti di Francesco Petrarca, inserito nel Canzoniere. Si tratta di una canzone d'amore dedicata a Laura, la donna amata e idealizzata dal poeta. Il testo, che si apre con un'immagine serena e armoniosa della natura, utilizza la bellezza del paesaggio come specchio dei sentimenti del poeta. L'acqua limpida, i prati e l'ombra fresca diventano simboli della purezza e della grazia della donna amata. Petrarca esprime un desiderio struggente di eternare quel momento di bellezza, sospeso tra amore, contemplazione e malinconia.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Chiare, fresche et dolci acque, 2. ove le belle membra 3. pose colei che sola a me par donna; 4. gentil ramo ove piacque 5. (con sospir' mi rimembra) 6. a lei di fare al bel fiancho colonna; 7. herba et fior' che la gonna 8. leggiadra ricoverse 9. co l'angelico seno; 10. aere sacro, sereno, 11. ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse: 12. date udïenza insieme 13. a le dolenti mie parole extreme. 14. S'egli è pur mio destino 15. e 'l cielo in ciò s'adopra, 16. ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda, 17. qualche gratia il meschino 18. corpo fra voi ricopra, 19. et torni l'alma al proprio albergo ignuda. 20. La morte fia men cruda 21. se questa spene porto 22. a quel dubbioso passo: 23. ché lo spirito lasso 24. non poria mai in piú riposato porto 25. né in piú tranquilla fossa 26. fuggir la carne travagliata et l'ossa. 27. Tempo verrà anchor forse 28. ch'a l'usato soggiorno 29. torni la fera bella et mansüeta, 30. et là 'v'ella mi scorse 31. nel benedetto giorno, 32. volga la vista disïosa et lieta, 33. cercandomi; et, o pietà!, 34. già terra in fra le pietre 35. vedendo, Amor l'inspiri 36. in guisa che sospiri 37. sí dolcemente che mercé m'impetre, 38. et faccia forza al cielo, 39. asciugandosi gli occhi col bel velo. 40. Da' be' rami scendea 41. (dolce ne la memoria) 42. una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo; 43. et ella si sedea 44. humile in tanta gloria, 45. coverta già de l'amoroso nembo. 46. Qual fior cadea sul lembo, 47. qual su le treccie bionde, 48. ch'oro forbito et perle 49. eran quel dí a vederle; 50. qual si posava in terra, et qual su l'onde; 51. qual con un vago errore 52. girando parea dir: Qui regna Amore. 53. Quante volte diss'io 54. allor pien di spavento: 55. Costei per fermo nacque in paradiso. 56. Cosí carco d'oblio 57. il divin portamento 58. e 'l volto e le parole e 'l dolce riso 59. m'aveano, et sí diviso 60. da l'imagine vera, 61. ch'i' dicea sospirando: 62. Qui come venn'io, o quando?; 63. credendo esser in ciel, non là dov'era. 64. Da indi in qua mi piace 65. questa herba sí, ch'altrove non ò pace. 66. Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia, 67. poresti arditamente 68. uscir del boscho, et gir in fra la gente. |
1. Acque limpide e fresche, d'acqua dolce come lo siete nella mia memoria, 2. dove il suo bel corpo 3. pose Laura, colei che a me sembra l'unica degna di essere definita donna; 4. nobile ramo, dove lei ebbe piacere di 5. (ne sospiro ancora al ricordo) 6. appoggiare il bel fianco come si fa a una colonna; 7. erba e fiori dove la veste 8. leggiadra ed elegante e l'angelico seno di Laura si distendevano; 10. aria del cielo, serena, limpida e resa sacra dalla presenza di Laura, 11. dove Amore grazie agli occhi di lei mi aprì il cuore: 12. ascoltate tutti 13. le mie dolorose ultime parole. 14. Se il mio destino è questo, 15. e il cielo vuole che tale sia la mia sorte, 16. che Amore chiuda per sempre le palpebre dei miei occhi mentre da esse sgorgano lacrime, 17. una qualche grazia divina faccia in modo 18. da far seppellire il mio corpo tormentato qui fra di voi elementi naturali, 19. e l'anima priva del corpo torni alla sede celeste da cui proviene. 20. La morte sarà per me così meno dolorosa, 21. se potrò portar con me questa speranza 22. nel momento del passaggio misterioso che conduce all'aldilà: 23. perché il mio spirito, ormai sfiancato, 24. non potrebbe mai rifugiarsi in un approdo più sereno (del cielo), 25. né in una sepoltura più tranquilla (di quella in questa valle) 26. separarsi per sempre dalle mie ossa e dalla mia carne consumata. 27. Verrà forse il giorno 28. In cui in questo luogo già da lei visitato, 29. tornerà Laura, come un magnifico e docile animale dei boschi, 30. e là verso il punto in cui mi scorse 31. in quel giorno benedetto in cui io la incontrai, 32. volgerà lo sguardo serena e desiderosa, 33. per vedere se ci sono: e, vista dolorosa!, 34. riconoscendomi come già parte della terra fra i sassi 35. Amore le faccia nascere dentro 36. un sospiro di languore 37. così dolce da chiedere pietà per me 38. e convincere persino la giustizia divina, 39. che la osserverà asciugarsi gli occhi in lacrime col bel velo. 40. Dai rigogliosi rami di questo luogo scendeva 41. (pensiero dolce da ricordare) 42. una pioggia soave di fiori sopra il suo grembo; 43. e lei stava seduta 44. umile persino in un quadro che le infondeva così tanta gloria, 45. già ricoperta della nuvola di fiori suscitata da Amore. 46. Un fiore si posava sul lembo della veste, 47. uno sulle trecce bionde, 48. che quasi oro fino (il colore dei capelli) e perle (i fiori bianchi che le si posavano sopra); 49. sembravano quel giorno a vederle; 50. uno per terra e uno sulle acque; 51. uno volteggiando nell'aria trasportato dalla brezza 52. sembrava potesse essere capace per dire: "Qui regna Amore". 53. Quante volte dissi 54. allora pieno di stupore a tale vista: 55. "Questa donna deve sicuramente proviene dal paradiso". 56. Mi avevano a tal punto fatto dimenticare di tutto il resto, 57. il suo divino portamento, 58. il volto, le parole, il dolce sorriso, 59. e tanto avevano trasportato la mia vista 60. al di sopra della realtà del mondo, 61. che io sospirando ero capace di pronunciare le sole parole: 62. "Come sono arrivato qui, e quando?", 63. credendo di essere giunto in paradiso, e non là dov'ero. 64. Da allora amo 65. quest'erba verdeggiante al punto da non trovare pace in nessun altro posto. 66. Canzone, se tu fossi bella e ornata quanto ambisci ad essere per descrivere ciò di cui tu parli, 67. potresti impavida e senza vergogna 68. uscire da questa valletta boscosa e andare fra la gente, a farti conoscere ed ascoltare. |
Parafrasi discorsiva
[vv. 1-13] Acque limpide e fresche, d'acqua dolce come lo siete nella mia memoria, dove il suo bel corpo pose Laura, colei che a me sembra l'unica degna di essere definita donna; nobile ramo, dove lei ebbe piacere di (ne sospiro ancora al ricordo) appoggiare il bel fianco come si fa a una colonna; erba e fiori dove la veste leggiadra ed elegante e l'angelico seno di Laura si distendevano; aria del cielo, serena, limpida e resa sacra dalla presenza di Laura, dove Amore grazie agli occhi di lei mi aprì il cuore: ascoltate tutti le mie dolorose ultime parole.
[vv. 14-26] Se il mio destino è questo, e il cielo vuole che tale sia la mia sorte, che Amore chiuda per sempre le palpebre dei miei occhi mentre da esse sgorgano lacrime, una qualche grazia divina faccia in modo da far seppellire il mio corpo tormentato qui fra di voi elementi naturali, e l'anima priva del corpo torni alla sede celeste da cui proviene. La morte sarà per me così meno dolorosa, se potrò portar con me questa speranza nel momento del passaggio misterioso che conduce all'aldilà: perché il mio spirito, ormai sfiancato, non potrebbe mai rifugiarsi in un approdo più sereno (del cielo), né in una sepoltura più tranquilla (di quella in questa valle) separarsi per sempre dalle mie ossa e dalla mia carne consumata.
[vv. 27-39] Verrà forse il giorno in cui in questo luogo già da lei visitato, tornerà Laura, come un magnifico e docile animale dei boschi, e là verso il punto in cui mi scorse in quel giorno benedetto in cui io la incontrai, volgerà lo sguardo serena e desiderosa, per vedere se ci sono: e, vista dolorosa!, riconoscendomi come già parte della terra fra i sassi Amore le faccia nascere dentro un sospiro di languore così dolce da chiedere pietà per me e convincere persino la giustizia divina, che la osserverà asciugarsi gli occhi in lacrime col bel velo.
[vv. 40-52] Dai rigogliosi rami di questo luogo scendeva (pensiero dolce da ricordare) una pioggia soave di fiori sopra il suo grembo; e lei stava seduta umile persino in un quadro che le infondeva così tanta gloria, già ricoperta della nuvola di fiori suscitata da Amore. Un fiore si posava sul lembo della veste, uno sulle trecce bionde, che quasi oro fino (il colore dei capelli) e perle (i fiori bianchi che le si posavano sopra); sembravano quel giorno a vederle; uno per terra e uno sulle acque; uno volteggiando nell'aria trasportato dalla brezza sembrava potesse essere capace per dire: "Qui regna Amore".
[vv. 53-65] Quante volte dissi allora pieno di stupore a tale vista: "Questa donna deve sicuramente proviene dal paradiso". Mi avevano a tal punto fatto dimenticare di tutto il resto, il suo divino portamento, il volto, le parole, il dolce sorriso, e tanto avevano trasportato la mia vista al di sopra della realtà del mondo, che io sospirando ero capace di pronunciare le sole parole: "Come sono arrivato qui, e quando?", credendo di essere giunto in paradiso, e non là dov'ero. Da allora amo quest'erba verdeggiante al punto da non trovare pace in nessun altro posto.
[vv. 66-68] Canzone, se tu fossi bella e ornata quanto ambisci ad essere per descrivere ciò di cui tu parli, potresti impavida e senza vergogna uscire da questa valletta boscosa e andare fra la gente, a farti conoscere ed ascoltare.
Figure Retoriche
Anafore: vv. 46-47 e 50-51: "qual... qual... qual". Il poeta descrive il quadro seguendo la caduta leggera dei fiori sul corpo di Laura.
Anastrofi: vv. 2-3, vv. 7-8, v. 11, v. 16, vv. 17-18, v. 19, v. 21, v. 29, v. 37, vv. 64-65: "le belle membra/ pose", "la gonna/ leggiadra ricoverse", "il cor m'aperse", "ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda", "il meschino/ corpo fra voi ricopra", "torni l'alma", "questa spene porto", "torni la fera", "mercé m'impetre", "mi piace/ questa herba". Le inversioni ritmiche creano musicalità e ritmo conferendo andamento regolare all'endecasillabo petrarchesco.
Antitesi: v. 63: "in ciel, non là dov'era". La figura contrappone la realtà del mondo e la visione di Laura apparsa al poeta, la quale rappresenta qualcosa che va al di là dell'umano.
Apostrofi: vv. 1-11, v. 66: "acque... ramo... erba e fior... aere". La poesia è formalmente rivolta agli elementi naturali (lago, vegetazione e cielo) di cui si compone il luogo paradisiaco in cui è avvenuto l'incontro con Laura, "Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia". La strofa finale cambia destinatario ed è rivolta dal poeta alla canzone stessa.
Endiadi: v. 26, v. 32: "la carne travagliata et l'ossa". La coppia di elementi rafforza la descrizione della materialità del corpo, "disiosa et lieta". Gli aggettivi descrivono la serenità dello sguardo di Laura.
Enjambements: vv. 7-8, vv. 17-18, vv. 59-60, vv. 67-68: La figura stilistica contribuisce a creare ritmo regolare e versi assolutamente piani come vuole l'ideale di poesia perseguito da Petrarca.
Ellissi: v. 41, v. 47, v. 50, v. 66: "dolce ne la memoria". Petrarca omette la parola "ricordo", ossia ciò che sta descrivendo in questa strofa, "qual su le trecce" (ellissi di cadeva, riferito ai fiori), "qual su l'onde" (ellissi di si poseva), "Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia". Ellissi del soggetto "canzone", alla quale è indirizzata l'apostrofe dell'ultima strofa.
Enumerazione: vv. 1-11, v. 58: (per asindeto) "acque... ramo... erba e fior... aere". Gli elementi naturali del primo verso compongono un elenco che va a comporre il quadro idilliaco come un mosaico nella strofa d'apertura, (per polisindeto): "il divin portamento / e 'l volto e le parole e 'l dolce riso". La figura di Laura è descritta attraverso l'elenco rallentato della parti corporee che compongono il suo viso.
Epifrasi: vv. 66-69: "Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,/ poresti arditamente/ uscir del boscho, et gir in fra la gente.". L'ultima strofa conclude e ripete il senso dell'intero componimento e conferisce inoltre significato metaletterario alla lirica, essendo indirizzata alla canzone stessa appena composta dal poeta.
Metafore: v. 11, v. 29, vv. 46-48: "il cor m'aperse". La figura descrive la nascita dell'amore nell'animo di Petrarca, "la fera bella et mansueta". Laura è paragonata a un animale dei boschi, leggiadro e bellissimo, "le trecce bionde,/ ch'oro forbito et perle/ eran". I fiori che cadono sui capelli di Laura e i capelli stessi della ragazza prendono l'aspetto di pietre preziose.
Paronomasia: vv. 33-34: "pieta... pietre". La figura di suono accosta il dolore che si prova di fronte alla morte di una persona cara e le pietre (tra le quali il poeta immagina di essere sepolto), che rimandano alle lapidi dei cimiteri.
Perifrasi: v. 3: "colei che sola a me par donna". Laura, soggetto principale dell'intero Canzoniere, non è mai nominata nel componimento.
Personificazione: vv. 11-16-35, v. 52, vv. 66-68: "Amor", "parea dir: Qui regna Amore". Il sentimento del poeta è ritratto come un vero e proprio personaggio, di rimando a Cupido, "se tu avessi... gente". Il componimento è chiamato in causa come interlocutore diretto del poeta che l'ha composto.
Prosopopea: v. 51, v. 55, v. 62: "Qui regna Amore", "Costei per fermo nacque in paradiso", "Qui come venn'io, o quando?". Petrarca inserisce nel discorso poetico e nel ricordo frasi in discorso diretto (pronunciate da se stesso o da uno dei fiori che cadono su Laura) e conferisce immediatezza e presenza alla visione della donna.
Sinestesia: v. 1: "chiare, fresche et dolci acque". Le acque del fiume o lago sulle cui rive Laura sta seduta sono dolci come lo è il ricordo dell'immagine nel cuore di Petrarca.
Zeugma: vv. 41-42: "(dolce ne la memoria) / una pioggia di fior [..]". L'aggettivo dolce in questi versi è riferito sia al soggetto (in ellissi) "ricordo" sia alla leggerezza della caduta dei fiori su Laura.
Analisi e Commento
Storico-letterario
La canzone Chiare, fresche et dolci acque fu scritta da Petrarca tra il 1340 e il 1341 ed è la lirica numero CXXVI (126) del Canzoniere (titolo originale: Rerum vulgarium fragmenta, letteralmente "frammenti di componimenti in volgare"), raccolta di trecentosessantasei poesie che raccontano la storia dell'amore del poeta per Laura e la decisione, dopo la morte di lei, di abbandonare le illusioni mondane per cercare in Dio la fine degli affanni terreni e la salvezza.
Laura, donna amata dal poeta, è la figura dominante di tutta la raccolta, la quale è divisa idealmente in due parti, "in vita e in morte" della ragazza. La bipartizione del Canzoniere, accuratamente selezionata dal poeta che fa rispecchiare il numero dei componimenti a quello dei giorni dell'anno, sta probabilmente ad indicare la maturazione spirituale dell'autore dalle aspirazioni giovanili per l'amore e la fama a un percorso teso verso la virtù e la carità cristiana. Anche la figura di Laura, identificata dalla critica in Laura de Noves, potrebbe perciò non essere strettamente riconducibile a una donna in carne e ossa, ma piuttosto alla poesia stessa. Il nome Laura, infatti, rievoca anche il lauro (l'alloro) con il quale si formavano le corone che conferivano agli autori il titolo di poeti.
La canzone 126 rappresenta forse il componimento più celebre della raccolta, la poesia di Petrarca più amata da secoli di suoi lettori, in assoluto i versi più puri e tersi dell'intero Canzoniere. Altrettanto noto è l'episodio che essa rievoca: il poeta che assiste per caso al bagno di Laura nelle acque del fiume Sorgue, nell'attuale comune francese di Fontaine-de-Vaucluse, allora parte del territorio della corte papale avignonese dove Petrarca trascorse gran parte della sua vita. Data la difficoltosa interpretazione del personaggio di Laura, è pressoché impossibile stabilire quanta parte di realtà biografica e quanta di immaginazione poetica siano presenti nella vicenda ricordata: il topos dell'amante che scorge l'amata fare il bagno immersa in locus amoenus pregno di elementi naturali deriva dalla mitologia classica (si pensi ai miti Diana e Atteone, Aretusa e Alfeo). La visione si caratterizza per un atteggiamento di sbigottita contemplazione da parte dell'io, dimentico del mondo esterno e come trasognato, quasi sospeso nell'irrealtà («diviso/ da l'imagine vera»). L'indeterminatezza, la vaghezza delle immagini, la malinconia pacata che le avvolge, rendono la rappresentazione incantevole e il testo indimenticabile.
Tematico
La vaghezza immaginifica e idilliaca di Chiare, fresche et dolci acque è costruita sapientemente su una fusione tra i piani temporali che rievocano il passato, idealizzano il presente e inseriscono elementi di immaginazione sul futuro.
La prima strofa è formalmente diretta a descrivere il locus amoenus in cui si incentra infatti il ricordo di Laura immersa nell'acqua, circondata dagli elementi naturali, che il poeta chiama direttamente in causa attraverso le apostrofi ai vv.1-4-7-10. Ad essi egli chiede udienza, come stesse redigendo un testamento, per le sue parole. La presenza di Laura, mai nominata direttamente se non attraverso la perifrasi "colei che sola a me par donna" (v.3), conferisce un'atmosfera di illuminazione quasi divina al luogo: il ramo diventa gentile, l'aere diventa sacro; viceversa, le parti del corpo della donna si dissolvono nella natura, il bel fianco, l'angelico seno diventano elementi incorporati nel quadro.
La seconda e la terza strofa, invece, si spostano sul vagheggiamento di una possibilità futura, una vera e propria profezia o fantasticheria che il poeta pone sul proprio destino: egli chiede agli elementi naturali di poter essere sepolto sulle rive del fiume così che Laura, di passaggio per questo luogo, vedendo la tomba, apprenda della morte di lui e ne abbia compassione, pregando per la sua anima e la sua salvezza. Questo aspetto funebre pone la questione del realismo del componimento: Petrarca non è infatti prossimo alla morte nel momento in cui scrive questa canzone, ma è fortemente presente nella lirica un senso di incombenza del trapasso (anche le parole del v. 13 che chiudono la prima strofa sono "extreme"). Ciò tinge il componimento di una sfumatura di sconforto, se non di disperazione.
Nella quarta e quinta strofa, infine, si approda al ritorno del passato suscitato dalle rive del fiume. L'immagine di Laura coperta da una nuvola di fiori, che riprende la Beatrice dantesca nel Paradiso terrestre (Purg. XXX) e conferisce alla rievocazione toni favolosi, con i petali che ondeggiano quasi per incanto mossi da Amore, è propriamente un'ecfrasi, figura retorica di ascendenza latina che inserisce un quadro all'interno del generale quadro poetico che fa da cornice. I toni vividi della visione e poi del ricordo sono accentuati da Petrarca nella quinta strofa: il trionfo laurano proietta la figura descritta in una dimensione angelica e divina che dà al poeta l'impressione di essere traslato in cielo e dimentico del mondo che lo circonda, come testimoniano le parole in discorso diretto, espresse attraverso delle prosopopee, che egli attribuisce a se stesso ("Costei per fermo nacque in paradiso", "Qui come venn'io, o quando?": vv. 55-62).
La canzone è infine chiusa dai tre versi di congedo, che introducono l'intento metaletterario della poesia petrarchesca nel Canzoniere. L'apostrofe non è più infatti rivolta al locus amoenus, ma alla canzone stessa, che Petrarca incita ad andare per il mondo a farsi conoscere, trattando essa argomenti nobili e quasi paradisiaci ed avendo acquisito elementi alti derivati dalla poesia classica nonostante la scelta dell'utilizzo della lingua volgare da parte del poeta.
Stilistico
Chiare fresche et dolci acque è una canzone, forma metrica adottata originariamente dai poeti provenzali all'alba della diffusione medievale della letteratura volgare e poi importata nella lirica italiana dalla Scuola Siciliana e in seguito dagli esponenti del Dolce Stil Novo. Fu poi lo stesso Petrarca ad adottare sistematicamente questa forma e renderla definitivamente tradizionale nella storia della letteratura italiana. Secondo la divisione classica, e Chiare fresche et dolci acque non fa eccezione, una canzone si compone di un numero variabile di strofe dette stanze e una strofa finale detta di congedo, in cui il poeta si rivolge direttamente al lettore o al componimento stesso, come accade nella nostra lirica. Ogni stanza di una canzone si divide poi in due sezioni di versi identici detti fronte e sirma, legati da un verso detto chiave o concatenatio. Nel caso del nostro componimento, la canzone è divisa in 5 stanze di 13 versi (9 settenari e 4 endecasillabi) che seguono lo schema rimico abCabC (fronte)-C-(chiave)-DeeDff (sirma). Il congedo ripete lo schema rimico finale delle stanze in Dff.
A livello semantico, la lingua della poesia di Petrarca riflette in un certo senso le sue immagini: stilizzate e quasi astratte queste, di conseguenza convenzionale e stereotipata quella. Petrarca non avverte mai l'esigenza di conferire realismo per mezzo di un lessico preciso e concreto, né quella di apportare originalità per mezzo di artificiosità linguistiche. Le sue scelte lessicali sono improntate a criteri di rigorosa selezione: soltanto alcuni termini possono rientrare nel nobile vocabolario della poesia, e questo aspetto spiega l'impressione di piattezza e ripetitività che, in contrapposizione all'esuberanza stilistica di Dante, la lirica petrarchesca può suscitare.
A livello metrico e sintattico, è fondamentale rilevare l'intento nobilitante che muove Petrarca nei confronti della versificazione in lingua volgare. Nel medioevo, la lingua che doveva essere utilizzata per trattare di argomenti che avevano a che fare con il divino o la spiritualità era ancora il latino, ma Petrarca ebbe l'enorme merito di importare nella lingua volgare allora nascente la complessità sintattica della poesia classica, riscontrabile ad esempio nel frequente utilizzo di figure come l'anastrofe (vv. 2-3: "le belle membra/ pose", vv. 7-8: "la gonna/ leggiadra ricoverse", v. 11: "il cor m'aperse", v. 16: "ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda", vv. 17-18: "il meschino/ corpo fra voi ricopra", v. 19: "torni l'alma", v. 21: "questa spene porto", v. 29: "torni la fera", v. 37: "mercé m'impetre", vv. 64-65: "mi piace/ questa herba"). Anche alcune scelte lessicali rimandano a tale ideale poetico, si pensi ai latinismi come "et" vv. 1-7-19-26-29-32-38; o "extreme" v.13. Come parzialmente enunciato nel congedo della canzone, grazie a questi elementi stilistici latineggianti, Chiare fresche et dolci acque poteva essere un componimento che trattava argomenti semidivini come l'apparizione di Laura senza doversi "vergognare" del confronto con il pubblico.
Confronti
Il rapporto amoroso che Petrarca descrive in Chiare, fresche et dolci acque nei confronti di Laura non è costante nel Canzoniere. Se nella nostra canzone l'immagine della donna sulla riva del fiume è un'autentica visione immaginifica e il poeta arriva a fantasticare sulla preghiera che essa rivolgerà per lui al cielo compiangendo la sua morte, in altrettanto celebri componimenti all'interno della raccolta l'autore descrive l'incredibile sofferenza che l'amore per la donna amata gli causa. Si pensi al finale di Pace non trovo e non ò da far guerra o ad alcuni versi del sonetto Solo et pensoso:
12. Pascomi di dolor, piangendo rido;
13. egualmente mi spiace morte et vita:
14. in questo stato son, donna, per voi.
(Mi nutro di dolore, sono contento di piangere; / mi sono insopportabili allo stesso modo sia la vita che la morte: / Laura, sono in questo stato per causa tua.)
1. Solo et pensoso i più deserti campi
2. vo mesurando a passi tardi et lenti,
3. et gli occhi porto per fuggire intenti
4. ove vestigio human la rena stampi. [...]
12. Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
13. cercar non so, ch'Amor non venga sempre
14. ragionando con meco, et io collui.
(Solo e pensieroso i più deserti campi / percorro a passo lento / e tengo gli occhi attenti affinché io possa fuggire / i luoghi segnati da piede umano. [...] Ma tuttavia vie così impervie e solitarie / non so cercare, che Amore non venga sempre / a parlare con me ed io con lui.)
Vediamo che Amore, il sentimento che Petrarca stilisticamente personifica ispirandosi alla mitologia latina, per il poeta è un autentico demone che nutre e allo stesso tempo tormenta, lasciandolo in uno stato a metà tra la vita e la morte e non abbandonandolo nemmeno quando egli, malinconicamente, cerca di fuggire il più lontano possibile dalla vita e dal mondo dei propri simili. La visione salvifica della donna che invece vediamo in Chiare, fresche et dolci acque, nella quale viene descritto sostanzialmente il primo incontro con Laura, sembra accostare la figura femminile a quella tipicamente dantesca e stilnovista. L'ecfrasi della quarta stanza richiama appunto la visione di Beatrice che Dante ha nel Purgatorio (XXX), così come alle tematiche dantesche rimandano le preghiere che Petrarca spera la donna rivolgerà per lui al cielo scoprendo la sua tomba. Nella Commedia è infatti Beatrice a intercedere presso la Giustizia Divina e consentire a Dante di intraprendere il viaggio da vivo nei tre regni ultraterreni.
Dall'elemento della preghiera della donna amata è inoltre possibile cogliere un'influenza che Petrarca ha sui temi della letteratura italiana posteriore. Il compianto dei morti è il tema centrale del carme di Ugo Foscolo Dei Sepolcri e si nota qui una corrispondenza con le atmosfere petrarchesche in questi versi:
38. e serbi un sasso il nome,
39. e di fiori odorata arbore amica,
40. le ceneri di molli ombre consoli.
(Se una lapide ne ricorda in eterno il nome, / e se un benigno (amica) albero in fiore (odorata arbore) che esala dolci profumi / consola le spoglie di ciò che è divenuto ombra impalpabile (molli ombre)).
In Dei Sepolcri Foscolo prescrive quali siano i corretti costumi per il compianto dei morti perché di essi e della loro gloria resti il ricordo tra i vivi. Egli si rifà al rituale funebre del mondo classico: il luogo ideale per le sepolture è quello in cui il defunto possa ricongiungersi con gli elementi naturali ed esser pianto dalla donna amata. Petrarca, che condivide con Foscolo la passione per lingua, costumi e usanze della civiltà latina, auspica per se stesso un destino di salvezza del tutto identico nella profezia della seconda stanza della nostra canzone.
Domande e Risposte
Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale di Chiare, fresche et dolci acque è la descrizione del primo incontro che Petrarca ebbe con la donna amata.
Di quale raccolta fa parte Chiare, fresche et dolci acque?
Chiare, fresche et dolci acque è contenuta nel Canzoniere, il cui titolo originale fu Rerum vulgaria fragmenta.
Qual è la forma metrica della lirica?
Chiare, fresche e dolci acque è una canzone divisa in cinque stanze di 13 versi e un congedo finale di 3 versi.
Qual è il paesaggio naturale che potrebbe aver ispirato la lirica?
Il paesaggio in questione si trova probabilmente sulle sponde del fiume Sorgue, in Vaucluse (odierna Francia).
Quale figura retorica è contenuta nel v. 3, ("colei che sola a me par donna") in cui Petrarca allude a Laura?
La figura retorica in questione è una perifrasi.
A cosa, oltre che a una donna in carne ed ossa, può essere associata Laura?
Il nome della donna richiama il lauro o alloro, simbolo della poesia.
Fonti: libri scolastici superiori