Parafrasi, Analisi e Commento di: "Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io" di Dante Alighieri


Immagine Dante Alighieri
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Dante Alighieri
Titolo dell'Opera: Rime
Data: XIII sec.
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Sonetto di quattordici endecasillabi con schema di rime: ABBA-ABBA- CDE EDC



Introduzione


"Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io" è un sonetto composto da Dante Alighieri, inserito nella raccolta delle Rime. Questo componimento appartiene alla produzione giovanile del poeta e rappresenta uno dei suoi esempi più luminosi di lirica d'amore cortese. Nel sonetto, Dante immagina un viaggio ideale in compagnia degli amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, poeti e compagni di letteratura, in cui i tre possano vivere un'esperienza di pura felicità, lontani dalle preoccupazioni e dalle sofferenze del mondo reale. Il sonetto è intriso di un senso di fratellanza e condivisione, e attraverso la sua struttura e le immagini evocate, Dante esprime il desiderio di un rifugio idilliaco dove regnino l'amore e l'amicizia. L'analisi di questo sonetto ci permette di approfondire non solo i temi cari al giovane Dante ma anche il suo stile e l'uso delle figure retoriche che contraddistinguono la sua poetica.


Testo e Parafrasi puntuale


1. Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
2. fossimo presi per incantamento,
3. e messi in un vasel ch'ad ogni vento
4. per mare andasse al voler vostro e mio,
5. sì che fortuna od altro tempo rio
6. non ci potesse dare impedimento,
7. anzi, vivendo sempre in un talento,
8. di stare insieme crescesse ‘l disio.
9. E monna Vanna e monna Lagia poi
10. Con quella ch'è sul numer de le trenta
11. con noi ponesse il buono incantatore:
12. e quivi ragionar sempre d'amore,
13. e ciascuno di lor fosse contenta,
14. sì come i' credo che saremmo noi.
1. Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io
2. fossimo catturati per magia
3. e messi su una piccola nave che ad ogni soffio di vento
4. andasse attraverso il mare, seguendo il mio ed il vostro desiderio,
5. in modo tale che una tempesta o un altro tipo di cattivo tempo
6. non ci potesse essere di ostacolo;
7. anzi, vivendo sempre con un solo, comune desiderio,
8. aumentasse la voglia di stare insieme.
9. E poi (io vorrei che) la signora Vanna e la signora Lagia
10. insieme a quella che è al numero trenta nell'elenco (delle donne più belle della città)
11. il buon mago (Merlino) mettesse insieme a noi:
12. e qui vorrei parlare sempre d'amore
13. e che ciascuna di loro fosse felice
14. come io credo che lo saremmo noi.



Parafrasi discorsiva


Guido (cioè l'amico Guido Cavalcanti, poeta e destinatario del sonetto), io vorrei che tu, Lapo (Lapo Gianni, altro amico di Dante e poeta stilnovista, anche se qualche filologo vi preferisce la lectio difficilior Lippo, altro poeta fiorentino, contemporaneo di Dante) ed io (‘i, naturalmente è lo stesso Dante) fossimo catturati per magia (incantamento = "incantesimo": il termine rimanda ai romanzi del ciclo arturiano) e messi su una piccola nave (vasel: probabilmente qui Dante si riferisce alla nave del mago Merlino, presente nel ciclo arturiano e citato anche successivamente nel sonetto) che ad ogni soffio di vento andasse attraverso il mare, seguendo il mio ed il vostro desiderio (al voler vostro e mio), in modo tale che una tempesta (fortuna, come in latino nel significato più generico di "caso", ma anche "tempesta": cfr. il derivato italiano fortunale) o un altro tipo di cattivo (rio) tempo non ci potesse essere di ostacolo (dare impedimento); anzi, vivendo sempre con un solo, comune desiderio (talento), aumentasse la voglia (disio) di stare insieme. E poi (io vorrei che) il buon mago (Merlino, il buono incantatore) mettesse insieme a noi la signora Vanna e la signora Lagia (le donne amate rispettivamente da Cavalcanti e Lapo Gianni; "monna" è forma contratta di madonna, ossia mia donna) insieme a quella che è al numero trenta nell'elenco delle donne più belle della città (probabilmente non è Beatrice, che dovrebbe essere collocata al nono posto dell'elenco, ma una "donna schermo"): e qui vorrei parlare (ragionar: non significa "riflettere" come nell'italiano odierno, bensì "parlare" e rimanda alla tradizione medievale dei trattati e degli scambi di rime sul tema della natura dell'amore) sempre d'amore e che ciascuna di loro fosse felice come io credo che lo saremmo noi.


Figure Retoriche


Apostrofi: v. 1: "Guido".
Dante qui si rivolge direttamente al dedicatario del sonetto, l'amico Guido Cavalcanti, chiamandolo per nome. Ciò avviene poiché si tratta di un vero e proprio "dialogo poetico" con l'amico, che risponderà rifiutando l'invito col sonetto S'io fosse quelli che d'amor fu degno.

Adynaton: vv. 1-8: "Guido, i' vorrei... fossimo presi... e messi in un vasel... sì che..."
L'intero componimento si fonda sulla descrizione di un desiderio irrealizzabile (in greco adynaton significa letteralmente "cosa impossibile"), reso ancora più rarefatto dai continui riferimenti magici.

Allitterazioni: vv. 3-4, v. 8, v. 12: della "v": "vasel, vento, vostro", della "s": "stare, insieme, crescesse, disio", della "r": "ragionar, sempre, amore".
Le allitterazioni creano una fitta trama fonica, che collega tra loro diverse parole-chiave del sonetto.

Anastrofi: v. 8, v. 11: "di stare insieme crescesse il disio", "con noi ponesse il buono incantatore".
L'ordine naturale delle due espressioni rispettivamente sarebbe "crescesse il disio di stare insieme" e "il buono incantatore ponesse con noi".

Polisindeti: v. 1, v. 9, vv. 12-13: "tu e Lapo ed io", "e monna Vanna e monna Lagia", "e quivi [...] e ciascuna di lor".
La ripetizione della congiunzione "e" contribuisce in modo significativo al rallentamento del ritmo, che è un elemento che crea il clima di magia, sogno, incantesimo, caratteristico del sonetto.

Perifrasi: vv. 10-11: "quella ch'è sul numer de le trenta", "il buono incantatore".
La prima perifrasi sta ad indicare la donna che si trova al trentesimo posto nell'elenco delle sessanta donne più belle di Firenze mentre la seconda perifrasi sta ad indicare il potente mago Merlino. Anche le perifrasi contribuiscono a rallentare il ritmo e a creare un'atmosfera di sogno, magia, incantesimo.

Anafore: vv. 10-11: "con".
La ripetizione della stessa parola all'inizio di due versi successivi rallenta il ritmo e contribuisce all'atmosfera di sogno, magia, incantesimo.

Metafore: v. 3: "vasel".
Indica la nave magica del mago Merlino, presente nei romanzi del ciclo arturiano.

Similitudini: vv. 13-14: "contenta / sì come io credo che saremmo noi".
La stessa felicità accomuna i tre poeti e le loro donne in questo sogno poetico di evasione dalla realtà.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Il sonetto fa parte delle poesie giovanili di Dante, in cui il poeta sceglie come modello la lirica d'amore di tipo cortese; ma, se le prime poesie sono vicine al modello di Guittone d'Arezzo e ne imitano il linguaggio oscuro e gli artifici retorici, è proprio questo sonetto a segnare una svolta decisiva, poiché costituisce l'atto di nascita di quel movimento poetico che Dante stesso definirà, nel canto XXIV del Purgatorio, "dolce stil novo", caratterizzato da una lingua più schiva e delicata, più limpida e sensibile e da un'èlite di spiriti nobili, consapevoli della loro intelligenza, come dimostra il riferimento alla donna "ch'è sul numer de le trenta", comprensibile solo ad una cerchia ristretta di letterati. Queste poesie di stampo stilnovistico si ritiene siano coeve alla Vita nova.

Per quanto riguarda il corpus dei testi poetici composti da Dante, alcune delle sue poesie furono inserite e commentate in prosa da lui stesso nell'opera giovanile Vita nova, altre nell'opera filosofica Convivio; le rimanenti, invece, furono raccolte e ordinate dagli studiosi sotto il titolo generico di Rime.

Tra le poesie della maturità di Dante, scritte dopo la morte di Beatrice, sono celebri le cosiddette "rime petrose", dedicate a una donna con il soprannome (senhal) di Petra, che è ostile e crudele nei confronti dell'amore del poeta; in queste liriche, di argomento spesso apertamente eroico, anche il linguaggio corrisponde all'asprezza dei contenuti, come appare evidente, per esempio, dalla canzone Così nel mio parlar vogl'esser aspro. Siamo al polo opposto rispetto alle poesie stilnovistiche di cui fa parte il sonetto Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io.

Celebre è anche la tenzone (gara poetica) con l'amico Forese Donati, comprendente tre sonetti di Dante e tre di Forese, tutti di genere comico-realistico, con forti invettive e un linguaggio di stampo popolare.

Meritano, infine, un cenno le rime dell'esilio, che affrontano temi più cupi e soprattutto quello, molto caro a Dante, dell'exul immeritus, ossia dell'esule che è stato mandato in esilio pur essendo innocente.

Tematico

Nel componimento emergono in particolare tre aspetti: l'amore, l'amicizia e l'evasione dalla realtà. Il poeta, infatti, vorrebbe essere coinvolto in un incantesimo, insieme agli amici Guido Cavalcanti e Lapo Gianni e alle loro donne amate, per stare sempre insieme e parlare d'amore, senza una meta, bensì guidati solo dal loro desiderio. Il tema principale del sonetto è dunque il desiderio, la descrizione di un sogno di vita cortese, completamente staccato dalla vita reale, per isolarsi dal contesto storico-sociale in una ricerca di levità fantastica. Lo spazio e il tempo sono del tutto indeterminati, come dimostra altresì il ripetersi due volte (ai vv. 7 e 12) dell'avverbio "sempre", che indica evidentemente uno spazio ideale di perenne felicità.

Il dedicatario del sonetto, a cui Dante si rivolge nel primo verso con un'apostrofe, è l'amico Guido Cavalcanti, il quale risponderà a Dante con il sonetto S'io fosse quelli che d'amor fu degno, in cui sostanzialmente declina l'invito in quanto distrutto dall'amore per la propria donna.

Il tema fondamentale delle quartine è l'amicizia con i due poeti stilnovisti Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, a cui Dante è legato da una grande comunanza di sentimenti, come è chiaro fin dall'apostrofe con cui si rivolge a Guido Cavalcanti nel primo verso; nelle terzine, invece, si introduce l'elemento principale che li accomuna, ovvero il "ragionar sempre d'amore" (v. 12), in un contesto esclusivo, fiabesco e rarefatto, tra spiriti eletti: si tratta, come abbiamo visto, di un tratto tipico della poesia stilnovistica e potremmo definire quello vagheggiato da Dante un insolito locus amoenus, un luogo ideale di amore e poesia.

L'iniziale desiderio individuale di Dante, alla fine, si trasforma in un desiderio collettivo, che accomuna tutti e tre gli amici, in un crescendo del desiderio e indica l'orgoglio, tipicamente stilnovistico, per l'"altezza di ingegno" e la comunanza di affetti e desideri dei poeti, che sembrano quasi appartenere ad una "setta" con regole sociali e comportamentali comuni. Secondo il critico letterario Gianfranco Contini, un motivo-cardine dello Stilnovo è proprio "la necessità corale dell'amicizia che non può scompagnarsi dall'amore cortese", identificandosi anche con un comune ideale di gentilezza e nobiltà d'animo. In tal modo, implicitamente, essi si distaccano anche in modo polemico dalla società reale e dalla volgarità della gente comune.

L'ambito del magico e del meraviglioso ("incantamento", v. 2; "vasel", v. 3; "buono incantatore", v. 11) richiama la lirica provenzale, già seguita nel genere stesso del componimento che si può definire un "plazer", cioè un'enunciazione in forma di elenco di realtà piacevoli. Infatti, sempre secondo il critico letterario G. Contini, il "vasel" sarebbe la nave incantata di mago Merlino (il "buono incantatore" del v. 11), capace di viaggiare senza timoniere e più volte menzionata nel ciclo arturiano, il ciclo romanzesco sviluppatosi nel Nord della Francia, di cui Dante era lettore e grande ammiratore.

La menzione della donna "ch'è sul numer de le trenta", proprio perché è un'allusione comprensibile solo alla ristretta cerchia dei letterati stilnovisti, ha generato diverse interpretazioni. Infatti, si crede comunemente che non si tratti di Beatrice, in quanto ella, in un elenco stilato dallo stesso Dante e andato perduto delle sessanta donne più belle di Firenze, occupava il nono posto; pertanto, la donna qui menzionata dovrebbe essere la prima "donna schermo" della Vita nova.

Stilistico

La poesia è un sonetto con rime incrociate nelle quartine e invertite nelle terzine, come è tipico della poesia stilnovistica. Ad accrescere l'idea di continuità tra quartine e terzine notiamo anche la consonanza in –nt (trenta / contenta) con le parole in rima in –ento (incantamento, vento, impedimento, talento) Il testo è scorrevole e di lettura abbastanza semplice, come è logico attendersi, visto che il tema è spensierato e magico.

Sintatticamente, il primo verbo, "vorrei", regge tutte le subordinate successive al congiuntivo imperfetto o all'infinito (nelle terzine va sottinteso); solo l'ultimo verso contiene un altro verbo non retto da "vorrei", "credo" Il lessico è piano, anche se presenta alcune parole di uso o significato arcaico (incantamento per "incantesimo" al verso 2; fortuna per "tempesta" al verso 5; talento e disio per "desiderio" ai vv. 7 e 8).

Le parole-chiave del sonetto appartengono al campo semantico del desiderio, che può realizzarsi solo grazie alla magia, che consente di aggirare gli ostacoli posti dalla vita reale: oltre a "vorrei" (v. 1), sono "talento" (v. 7) e "disio" (v. 8). Interessante è anche il ricorrere, in modo perfettamente speculare, del numero tre (tre sono gli amici e tre sono le donne amate), un numero emblema della perfezione e di grande valenza simbolica.

Dal punto di vista retorico, particolare rilievo assumono i frequenti polisindeti (ripetizioni della congiunzione "e" ai vv. 1, 9, 11, 12), che contribuiscono al ritmo trasognato dei versi, inducendo il lettore a soffermarsi sui singoli elementi desiderati più che sull'insieme. Anche le perifrasi e la ripetizione di monna al verso 9 contribuiscono al medesimo effetto. La struttura è circolare perché il poeta ritorna a parlare in prima persona nel primo ("vorrei") e nell'ultimo verso ("credo").


Confronti


Nel ciclo arturiano e in particolare nel romanzo di Tristano e Isotta si narra che il mago Merlino avesse fabbricato una nave magica, capace di navigare senza timoniere, nave usata anche da Tristano e Isotta per la loro fuga d'amore, la cosiddetta nef de joie et de deport; è molto probabile che il vasel menzionato da Dante in questo sonetto sia proprio allusivo a questa nave magica. Un "vasello snelletto e leggero" trasporta le anime dei penitenti anche nel Purgatorio (II, 41), mentre all'inizio della medesima cantica compare la celebre metafora Per correr miglior acque alza le vele / omai la navicella del mio ingegno. Un ulteriore punto in comune con il Purgatorio è il tema dell'amicizia.

Sicuramente la poesia si può accostare al genere tipicamente medievale del plazer, una forma poetica in cui il poeta elenca una serie di cose o fatti piacevoli augurandosi che possano capitargli o verificarsi, anche se sovente sono irrealizzabili; di solito, però, nei poeti antecedenti a Dante che praticavano questo tipo di poesia, si trattava di elenchi di cose materiali, mentre in Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io ciò che il poeta sogna di fare è un viaggio fiabesco e incantato. Ad esempio, lo studioso Claudio Giunta, confronta questa poesia con un sonetto di Folgore di San Gimignano, in cui il poeta immagina di donare una serie di oggetti (cani, uccelli, danari, ronzini, quaglie...) a una "compagnia nobile e cortese". Anche Lapo Gianni, in un componimento dello stesso genere, chiede una serie di cose decisamente fantasiose: che l'Arno diventi un balsamo, che le mura di Firenze siano d'argento, che tutti gli Italiani diventino suoi sudditi e via dicendo.

Tale genere è praticato anche nella poesia comico-parodica: si pensi a S'i' fossi foco di Cecco Angiolieri, una vera e propria parodia, ossia un rovesciamento comico del plazer, in quanto anziché elencare elementi piacevoli, qui si augurano mali a tutti, sempre con la formula del ripetuto adynaton, dell'ipotesi irrealizzabile, salvo poi chiudere in modo inatteso e beffardo con l'unica ipotesi realizzabile (s'i' fosse Cecco, com'io sono e fui, / torrei le donne giovani e leggiadre / le zoppe e vecchie lasserei altrui).


Domande e Risposte


A quale opera appartiene la poesia?
Rime

A quale corrente letteraria appartiene la poesia?
Stilnovo (anche detto Dolce stilnovo o Stilnovismo)

Quali sono i temi principali della poesia?
Nel componimento emergono in particolare tre temi: l'amicizia, l'amore e l'evasione dalla realtà.

Qual è la forma metrica della poesia?
Il Sonetto (14 endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine).

Fonti: libri scolastici superiori

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