Parafrasi, Analisi e Commento di: "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale" di Eugenio Montale
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Eugenio Montale
Titolo dell'Opera: Satura
Prima edizione dell'opera: 1971
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Versi liberi. Sono presenti due rime ai vv. 6,7 (crede-vede) e ai vv. 10,12 (due-tue) e assonanza ai vv. 3,8 (viaggio-braccio)
Introduzione
La poesia "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale" di Eugenio Montale fa parte della raccolta Satura (1971), un'opera caratterizzata da un tono più intimo e personale rispetto alle precedenti. Questo componimento è un toccante e struggente ricordo della moglie dell'autore, Drusilla Tanzi, soprannominata affettuosamente "Mosca", venuta a mancare nel 1963. Montale, con un linguaggio semplice e colloquiale, riflette sulla quotidianità condivisa con lei, e il gesto di "scendere le scale" insieme diventa il simbolo di un'intera vita vissuta fianco a fianco. La poesia esprime una profonda malinconia e il senso di vuoto lasciato dalla perdita, pur mantenendo un tono contenuto e privo di eccessi emotivi, tipico dello stile montaliano.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale 2. e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. 3. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. 4. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono 5. le coincidenze, le prenotazioni, 6. le trappole, gli scorni di chi crede 7. che la realtà sia quella che si vede. 8. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio 9. non già perché con quattr'occhi forse di vede di più. 10. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due 11. le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, 12. erano le tue. |
1. Ho disceso, porgendoti il braccio, almeno un milione di scale (di questa immensa scalinata che è la vita) 2. ed ora che non ci sei più ad ogni gradino sento la solitudine. 3. Nonostante ciò (l'aver sceso tante scale assieme) il nostro lungo viaggio della vita è stato breve. 4. Il mio continua ancora adesso, e non mi servono 5. più i casi e le necessità dell'esistenza, 6. gli inganni e le delusioni di chi crede 7. che la realtà consista nell'apparenza delle cose. 8. Ho disceso milione di scale porgendoti il mio braccio, 9. non perché con quattro occhi forse si vede meglio. 10. Le ho scese con te perché sapevo che tra noi due 11. gli unici occhi capaci di distinguere il vero, per quanto tanto offuscati dalla miopia, 12. erano i tuoi. |
Parafrasi discorsiva
Ho disceso, porgendoti il braccio, almeno un milione di scale (di questa immensa scalinata che è la vita) ed ora che non ci sei più ad ogni gradino sento la solitudine. Nonostante ciò (l'aver sceso tante scale assieme) il nostro lungo viaggio della vita è stato breve. Il mio continua ancora adesso, e non mi servono più i casi e le necessità dell'esistenza, gli inganni e le delusioni di chi crede che la realtà consista nell'apparenza delle cose.
Ho disceso milioni di scale porgendoti il mio braccio, non perché con quattro occhi forse si vede meglio. Le ho scese con te perché sapevo che tra noi due gli unici occhi capaci di distinguere il vero, per quanto tanto offuscati dalla miopia, erano i tuoi.
Figure Retoriche
Allitterazioni: v. 1, vv. 4-7: Della "l": "almeno un milione di scale". Il suono ricalca il significato dell'iperbole e raffigura fonicamente ma anche graficamente, la forma dei gradini. Della "r": "dura tuttora, né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede.". La consonante aspra è associata ai mali e le vicissitudini del "male di vivere".
Anafore: v. 1, v. 8: "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale", "Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio". La ripresa iniziale aggiunge enfasi al verso che enuncia la metafora principale su cui regge la poesia.
Anastrofi: v. 8, v. 10: "Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio", "Con te le ho scese". Le due inversioni pongono l'accento sulla scelta del poeta e sull'amore provato per Mosca: egli dice di aver scelto proprio lei e nessun altro.
Apostrofi: v. 1-8: "Dandoti il braccio". Il componimento è formalmente rivolto attraverso il "tu" alla moglie del poeta.
Asindeti: vv. 5-6: "le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni". L'elenco esprime il percorso irto di ostacoli e guai che si incontrano nel corso della vita.
Enjambements: vv. 1-2, vv. 4-6, vv. 8-9, vv. 10-11: "almeno un milione di scale / e ora che non ci sei". L'interruzione enfatizza il primo verso e specifica il caso della morte della moglie, da cui è ispirata la poesia, "né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni/ le trappole, gli scorni". Si crea una breve pausa di respiro prima di passare all'elenco rapido dei mali della vita, "dandoti il braccio / non già perché con quattr'occhi forse di vede di più", "che di noi due / le sole vere pupille". Le due interruzioni specificano la distinzione tra gli occhi dei due personaggi: la coppia che vede meglio è quella di chi, apparentemente, li ha malati, ossia la moglie.
Iperbole: v. 1-8: "almeno un milione di scale", "milioni di scale". Figura metaforica centrale per il componimento, che paragona la vita alla discesa di un'immensa scalinata verso la morte.
Metafore: v. 1, v. 2, v. 3, vv. 5-6, v. 9, vv. 11-12: "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale", "il vuoto ad ogni gradino", "Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio".
Le tre metafore indicano la vita come un viaggio compiuto in coppia su un'immensa scalinata e nel presente, privo della vista della moglie, il poeta divenuto completamente cieco non riesce più a compiere passi sicuri, "le coincidenze, le prenotazioni/ le trappole, gli scorni". I mali della vita sono espressi come casualità, impegni o inganni della quotidianità, "non già perché con quattr'occhi forse si vede di più", "le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue".
La metafora pone in opposizione gli occhi malati di Mosca e quelli sani di Montale: nel senso del componimento, la vista migliore è ciò che paradossalmente rende cieco il poeta rispetto alla donna, che pur non vedendo bene, è colei che distingue meglio la realtà delle cose.
Perifrasi: vv. 6-7: "chi crede / che la realtà sia quella che si vede.". Con il giro di parole si indicano appunto i "vedenti" che, secondo il paradosso enunciato nella seconda strofa, sono coloro che sono ingannati dal fatto di vedere il mondo così com'è.
Ossimori: v. 3: "Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio". La figura indica la brevità reale della vita dei due, che però a essi stessi è parsa lunghissima come la scalinata dei vv. 1-8.
Sineddoche: v. 11: "pupille" (per occhi, parte x il tutto).
Gli occhi, simbolo di tutta la tematica del componimento, sono indicati attraverso l'organo che ne contraddistingue salute o malattia e quindi ciò che distingue quelli di Montale da quelli di Mosca.
Anadiplosi: v. 1, v. 8: "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale", "Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio".
Il verso è ripetuto con una lieve inversione per essere enfatizzato e perché la ripresa, più scorrevole nella seconda occasione, apre alla riflessione della seconda strofa dove il poeta approda al confronto tra gli occhi di Mosca e i propri.
Analisi e Commento
Storico-letterario
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale fu composta da Montale nel 1967 e pubblicata originariamente nella raccolta Xenia II, poi divenuta titolo di una sezione di Satura (1971).
Satura compare dopo un lunghissimo silenzio del poeta, la precedente raccolta Ossi di seppia risale al 1925, e rappresenta perciò una nuova fase di creatività da parte dell'autore, ispirata dai grandi cambiamenti in atto dopo il '68, quando in Italia si avviava la stagione delle riforme sui diritti civili e delle lotte sociali sfociate anche nel fenomeno del terrorismo durante i cosiddetti Anni di Piombo. In questa fase della propria produzione Montale abbassa lo stile e il tono, scrivendo poesie più prosastiche. Il titolo della raccolta ha un doppio significato, in quanto da un lato fa riferimento alla satira, genere letterario di origine latina (si pensi a Orazio, Giovenale o Petronio) poi sviluppato nella letteratura da italiana da grandi figure come Machiavelli o Ariosto, caratterizzato dalla polemica nei confronti della società e degli pseudovalori del proprio tempo, e dall'altro alla mescolanza di cose di diverso tipo (dal latino satura, un piatto con pietanze di vario genere che aveva la proprietà appunto di "saziare" chi lo mangiava). Un aspetto importante di Satura è la raccolta di memorie private da parte di Montale, che sostituisce alle donne simboliche delle raccolte da lui pubblicate in passato la figura della moglie, morta nel 1963. Si tratta di Drusilla Tanzi, soprannominata dal poeta Mosca, a causa della sua forte miopia.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale è un commovente epitaffio che Montale indirizza alla moglie, morta da qualche anno: la poesia nasce, infatti, dal sentimento di dolore provato dal poeta che soffre la solitudine a causa dell'assenza della moglie ed è tutta giocata sul tema della vista e della miopia, malattia che la caratterizzava.
Tematico
Il primo verso del componimento, che dà il titolo alla poesia, "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale" è forse il più noto esempio di iperbole della letteratura italiana ed indica la vastità delle esperienze vissute in comune dalla coppia e la consuetudine del gesto di aiutare amorevolmente la compagna a scendere i gradini, per cui l'infinita scalinata descrittaci dall'autore corrisponde alla vita stessa, secondo il procedimento metaforico tipico anche del primo Montale, il correlativo oggettivo (il descrivere concetti astratti attraverso oggetti concreti e quotidiani). Il poeta avverte con sofferenza l'assenza della moglie nella sua vita che lo porta a sentirsi profondamente solo ed inutile, da qui la metafora del "vuoto ad ogni gradino" (v. 3), che esprime appunto la difficoltà di proseguire senza la guida della donna.
La vita per Montale è dunque una lunga scalinata in discesa, inframmezzata da pericoli, coincidenze e ostacoli che conducono verso la fine dell'esistenza. Il poeta la descrive perciò in questo caso attraverso un elenco in asindeto (vv. 5-6: "le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni") di necessità e incarichi noiosi: essi nascondono la vera natura dell'esistenza perché vengono confusi con la realtà, pur essendo solo apparenza. La realtà più profonda non può infatti essere colta attraverso i sensi, e ciò è quello da cui coloro che hanno una vista perfetta, come il poeta stesso, sono ingannati.
La seconda strofa è aperta da una ripetizione in variatio del primo verso, l'utilizzo dell'anastrofe (v.8) introduce alla problematica descritta più generalmente nei vv. immediatamente seguenti: l'inversione, poi ripetuta anche al v. 10, mette in evidenza la scelta di Montale e l'amore per Mosca, motivato dalla capacità, propria della donna e di nessun altro, di vedere il mondo per ciò che veramente è. Emerge quindi il contrasto fra la posizione del poeta di fronte alla vita e il modo più acuto della moglie di guardare il mondo, nonostante la malattia oculare che l'aveva colpita da tempo. Montale, in questo componimento di natura essenzialmente autobiografica, tratta anche il tema esistenziale e universale del contrasto fra la realtà e l'apparenza delle cose attraverso la metafora della vista sgombra o offuscata. Si tratta per l'appunto di un paradosso, perché è il mondo reale a coincidere con l'illusione, mentre la miopia o la cecità consentono di vedere ciò che ne è al di là e che consiste nel vero.
Montale offriva alla moglie il braccio in soccorso e condivideva con lei le difficoltà quotidiane. Dopo la morte di lei, sente di essere egli stesso bisognoso di aiuto nello scendere i gradini della vita, egli vorrebbe ancora condividere con la moglie emozioni e speranza. Soltanto in questo momento Montale capisce che, nonostante la miopia, Mosca sapeva leggere più attentamente la realtà per quella era realmente e non per quella che appariva. Anche dal punto di vista dei ruoli viene realizzato un ribaltamento paradossale: se a prima vista, quella del mondo e del lettore, era lui ad evitare alla moglie d'inciampare, tenendole il braccio lungo il percorso, in realtà era Mosca a guidare il viaggio di entrambi nella vita e a penetrare nelle cose con uno sguardo più profondo.
Stilistico
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, è composta di 12 versi liberi, ossia di lunghezza variabile, suddivisi in due strofe di 7 e 5 versi. Nel componimento il poeta adotta il verso sciolto, sebbene siano presenti una rima baciata ai vv. 6,-7 (crede-vede), una alternata ai vv. 10-12 (due-tue) e un'assonanza tra i vv. 3-8 (viaggio-braccio).
L'andamento della poesia è estremamente lento, caratterizzato da un ampio utilizzo di incisi e punteggiatura e da diversi enjambement (vv. 1-2 "almeno un milione di scale / e ora che non ci sei": vv. 4-6: "né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni/ le trappole, gli scorni": si crea una breve pausa di respiro prima di passare all'elenco rapido dei mali della vita; vv. 8-9 "dandoti il braccio / non già perché con quattr'occhi forse di vede di più"; vv. 10- 11 "che di noi due / le sole vere pupille"). Questi ultimi hanno inoltre la funzione di evidenziare le circostanze che ispirano il componimento (la morte di Mosca, vv.1-2) e il paradosso della vista messo in campo tra i due personaggi nella seconda strofa.
Per esprimere il dolore del lutto e della solitudine, Montale adotta una sintassi estremamente concisa, caratterizzata da frasi brevissime e incisi molto puntuali (già dal famosissimo primo verso). Ciò conferisce appunto al componimento, insieme ai frequenti enjambement, un ritmo fortemente pausato e spezzettato, come spezzato è appunto l'animo del poeta dopo la morte della moglie e come lo è, metaforicamente, il cammino della vita, che egli descrive appunto come un'immensa scalinata fitta di imprevisti e ostacoli.
A livello fonico il componimento insiste in alcuni luoghi su suoni allitteranti, associati alle idee che il poeta vuole esprimere. Si tratta della "l" (v.1 "almeno un milione di scale") dove il suono ricalca il significato dell'iperbole e raffigura fonicamente, ma anche graficamente, la forma dei gradini e della "r" (vv. 4-7 "dura tuttora, né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede.") in cui la consonante aspra è associata ai mali e le vicissitudini del "male di vivere", secondo un procedimento che il poeta adottava già in Ossi di seppia.
Confronti
Nonostante la poesia di Satura sia di molto distaccata nel tempo dalla precedente produzione di Montale e caratterizzata da toni meno ermetici e più concreti, è possibile riconoscere in Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale diversi elementi di comunanza con i temi di Ossi di seppia, soprattutto a livello metaforico. L'immagine della vita descritta come un'immensa scalinata cosparsa di accidenti ed ostacoli (il male di vivere, concetto centrale nella poesia di Montale) ricalca infatti quella del "seguitare in una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia" di Meriggiare pallido e assorto o il "fil di lama" sul quale in Felicità raggiunta, si cammina si viaggia alla ricerca della felicità. Il "seguitare", il "camminare" e lo scendere le scale sono tutte varianti dallo stesso valore metaforico legato allo scorrere del tempo della vita.
Vediamo inoltre altri punti di contatto con la produzione precedente che però in Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale rappresentano un'evoluzione dell'ideologia esistenziale di Montale. In Non chiederci la parola, troviamo nella seconda strofa:
5. Ah l'uomo che se ne va sicuro,
6. agli altri ed a se stesso amico,
7. e l'ombra sua non cura che la canicola
8. stampa sopra uno scalcinato muro!
La metafora, riferita a chi viaggia sicuro delle proprie certezze, è la stessa indicata ai vv. 6-7 del nostro componimento ("chi crede / che la realtà sia quella che si vede"). In Ossi di seppia, il muro è uno dei temi principali della raccolta (compare qui e in Meriggiare pallido e assorto) e rappresenta tutto ciò che gli esseri umani possono essere capaci di vedere. Il loro sguardo non riesce mai ad andare al di là. In Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale la prospettiva di Montale è più positiva e mitigata proprio dalla figura della moglie. La miopia di Mosca, che le impedisce di vedere materialmente ciò che ha davanti agli occhi (gli scalini, che hanno lo stesso significato del muro), le permette di oltrepassare le apparenze della vita e trovarne le vere essenze al di là. La sua guida "metafisica" è proprio ciò di cui Montale si ritrova orfano e di cui sente la penosa mancanza.
Un altro poeta novecentesco è autore di una dedica alla moglie, si tratta di Umberto Saba che intitola appunto A mia moglie uno dei componimenti del suo Canzoniere del 1921, di cui proponiamo alcuni versi:
73. Tu questo hai della rondine:
74. le movenze leggere;
75. questo che a me, che mi sentiva ed era
76. vecchio, annunciavi un'altra primavera.
Nel componimento il poeta paragona la moglie ad una serie di animali rustici, esaltandone, molto diversamente da Montale, anche gli aspetti comici. Tuttavia, ne risulta una lode allegra e la consapevolezza, come in Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, della condivisione di un viaggio lungo e infinito, fitto di ostacoli ma infine rassicurato dall'amore e della complicità matrimoniale.
Domande e Risposte
Di quale raccolta fa parte Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale?
La poesia fa parte della raccolta Satura (1971).
In quale sezione della raccolta compare?
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale fa parte della sezione Xenia II.
A chi è dedicata la poesia?
La poesia è dedicata da Montale alla moglie, Drusilla Tanzi, che chiamava affettuosamente "mosca" a causa della sua miopia.
Qual è la forma metrica del componimento?
Il componimento è composto di due strofe di 7 e 5 versi liberi e prevalentemente sciolti.
Qual è il tema principale della lirica?
Il tema principale della lirica è il dolore e il lutto che il poeta prova per la morte di Mosca.
Di quale figura retorica sono esempi magistrali titolo e primo verso?
Titolo e primo verso sono uno dei maggiori esempi di iperbole della letteratura italiana.
Fonti: libri scolastici superiori