Parafrasi, Analisi e Commento di: "Il cinque maggio" di Alessandro Manzoni
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte
Scheda dell'Opera
Autore: Alessandro Manzoni
Titolo dell'Opera: Odi
Prima edizione dell'opera: 1823 (ma il componimento è datato 1821)
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: 18 strofe, composte ciascuna di 6 settenari sdruccioli (il primo, il terzo e il quinto) piani (il secondo e il quarto, fra loro rimanti) e tronco l'ultimo che rima con l'ultimo della strofa successiva, con rime disposte secondo lo schema ABCBDE.
Introduzione
"Il cinque maggio" è una celebre ode scritta da Alessandro Manzoni nel 1821, in occasione della morte di Napoleone Bonaparte avvenuta il 5 maggio dello stesso anno. Composta in soli tre giorni, questa poesia è considerata uno dei massimi esempi di poesia civile del Romanticismo italiano. Manzoni celebra la figura di Napoleone non tanto per le sue conquiste terrene, quanto per la sua parabola umana, fatta di gloria e cadute, e per la sua redenzione finale. L'ode esprime una profonda riflessione sulla caducità del potere e della fama, mettendo in risalto il contrasto tra l'effimero successo terreno e l'eternità del giudizio divino.
Attraverso una struttura lirica composta da strofe di versi settenari e ottonari, Manzoni utilizza un linguaggio semplice e immediato, ma ricco di suggestioni e immagini potenti. L'ode è caratterizzata da un tono solenne e commosso, che rende omaggio alla complessità della figura di Napoleone, riconoscendo sia le sue grandi imprese sia le sue contraddizioni. "Il cinque maggio" rimane una delle opere più emblematiche della produzione manzoniana, capace di trasmettere un messaggio universale sulla natura umana e sul destino.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Ei fu. Siccome immobile, 2. dato il mortal sospiro, 3. stette la spoglia immemore 4. orba di tanto spiro, 5. così percossa, attonita 6. la terra al nunzio sta, 7. muta pensando all'ultima 8. ora dell'uom fatale; 9. né sa quando una simile 10. orma di pie' mortale 11. la sua cruenta polvere 12. a calpestar verrà. 13. Lui folgorante in solio 14. vide il mio genio e tacque; 15. quando, con vece assidua, 16. cadde, risorse e giacque, 17. di mille voci al sonito 18. mista la sua non ha: 19. vergin di servo encomio 20. e di codardo oltraggio, 21. sorge or commosso al subito 22. sparir di tanto raggio; 23. e scioglie all'urna un cantico 24. che forse non morrà. 25. Dall'Alpi alle Piramidi, 26. dal Manzanarre al Reno, 27. di quel securo il fulmine 28. tenea dietro al baleno; 29. scoppiò da Scilla al Tanai, 30. dall'uno all'altro mar. 31. Fu vera gloria? Ai posteri 32. l'ardua sentenza: nui 33. chiniam la fronte al Massimo 34. Fattor, che volle in lui 35. del creator suo spirito 36. più vasta orma stampar. 37. La procellosa e trepida 38. gioia d'un gran disegno, 39. l'ansia d'un cor che indocile 40. serve, pensando al regno; 41. e il giunge, e tiene un premio 42. ch'era follia sperar; 43. tutto ei provò: la gloria 44. maggior dopo il periglio, 45. la fuga e la vittoria, 46. la reggia e il tristo esiglio; 47. due volte nella polvere, 48. due volte sull'altar. 49. Ei si nomò: due secoli, 50. l'un contro l'altro armato, 51. sommessi a lui si volsero, 52. come aspettando il fato; 53. ei fe' silenzio, ed arbitro 54. s'assise in mezzo a lor. 55. E sparve, e i dì nell'ozio 56. chiuse in sì breve sponda, 57. segno d'immensa invidia 58. e di pietà profonda, 59. d'inestinguibil odio 60. e d'indomato amor. 61. Come sul capo al naufrago 62. l'onda s'avvolve e pesa, 63. l'onda su cui del misero, 64. alta pur dianzi e tesa, 65. scorrea la vista a scernere 66. prode remote invan; 67. tal su quell'alma il cumulo 68. delle memorie scese! 69. Oh quante volte ai posteri 70. narrar se stesso imprese, 71. e sull'eterne pagine 72. cadde la stanca man! 73. Oh quante volte, al tacito 74. morir d'un giorno inerte, 75. chinati i rai fulminei, 76. le braccia al sen conserte, 77. stette, e dei dì che furono 78. l'assalse il sovvenir! 79. E ripensò le mobili 80. tende, e i percossi valli, 81. e il lampo de' manipoli, 82. e l'onda dei cavalli, 83. e il concitato imperio 84. e il celere ubbidir. 85. Ahi! forse a tanto strazio 86. cadde lo spirto anelo, 87. e disperò; ma valida 88. venne una man dal cielo, 89. e in più spirabil aere 90. pietosa il trasportò; 91. e l'avvïò, pei floridi 92. sentier della speranza, 93. ai campi eterni, al premio 94. che i desideri avanza, 95. dov'è silenzio e tenebre 96. la gloria che passò. 97. Bella Immortal! Benefica 98. Fede ai trïonfi avvezza! 99. Scrivi ancor questo, allegrati; 100. che più superba altezza 101. al disonor del Golgota 102. giammai non si chinò. 103. Tu dalle stanche ceneri 104. sperdi ogni ria parola: 105. il Dio che atterra e suscita, 106. che affanna e che consola, 107. sulla deserta coltrice 108. accanto a lui posò. |
1-3. Egli (Napoleone) non c'è più, è morto. Come il suo corpo senza vita, dopo l'ultimo respiro, rimase immobile, 4. essendo rimasto privo di una così grande anima, 5-6. allo stesso modo i popoli della terra restano scossi e increduli alla notizia della sua morte, 7. in un silenzio profondo di raccoglimento riflettendo sugli ultimi 8. istanti di vita dell'uomo che ha segnato il destino; 9. e nemmeno riesce a indovinare quando una simile 10. impronta di un piede d'uomo 11-12. verrà a calpestare la sua polvere insanguinata. 13-14. Il mio ingegno poetico lo vide trionfante [come Giove ("folgorante")] sul trono imperiale ("in solio") e non fu capace di esprimere parola; 15. allo stesso modo, quando, con continui cambiamenti di sorte, 16. fu sconfitto, tornò grande e fu piegato definitivamente [a Waterloo], 17-18. non ha mischiato la propria voce a quelle della maggioranza enorme delle genti: 19. esso [l'ingegno poetico] è infatti incapace tanto di profondersi in lodi servili 20. quanto di abbassarsi alle vili offese, 21. si risveglia solo ora perché commosso dinnanzi all'improvviso 22. scomparire di un raggio così luminoso e grande [qual era Bonaparte]; 23. e innalza sulle sue ceneri un canto 24. che forse non morirà mai. 25. Dall'Italia (Alpi) all'Egitto, (Piramidi) 26. dalla Spagna (dove si trova il fiume Manzanarre) alla Germania (attraversata dal fiume Reno), 27-28. dove si dirigeva lo sguardo rapido ("baleno") di quell'uomo senza esitazioni ("securo") esso era seguito dalle sue conquiste alla velocità di un fulmine; 29. Si abbatté come un lampo ("scoppiò") dall'Italia meridionale (Scilla) alla Russia (Tanai: è il fiume Don), 30. dall'uno all'altro mare. 31. Possiamo chiamare tutto questo gloria imperitura? Saranno i posteri 32. a pronunciare il verdetto: noi, per parte nostra, 33. non possiamo solo che abbassare il capo di fronte alla volontà di Dio, l'Alto 34. Creatore, che volle imprimere in Napoleone 35-36. un'impronta più vasta del suo spirito creatore di quanto l'abbia impressa su tutti noi. 37. La tempestosa e trepidante 38. gioia di un grande progetto, 39. l'ansia di un animo ambizioso che, indomabile, 40. continua ad obbedire mentre pensa già al comando; 41. e incredibilmente lo raggiunge e ottiene un successo 42. in cui era folle sperare; 43. egli sperimentò tutto nella sua ascesa e caduta: la gloria, 44. che è più grande ancora dopo il pericolo di sconfitta, 45. la fuga e la vittoria, 46. il regno e il pesante esilio [all'Elba e a Sant'Elena]: 47. due volte fu sconfitto [a Lipsia e Waterloo], 48. due volte tornò sul trono. 49. Egli pronunciò il suo nome [si proclamò imperatore]: due secoli [il 1700 e il 1800], 50. armati l'uno contro l'altro, 51. si voltarono rispettosamente verso di lui, 52. come stessero aspettando la sua decisione sul loro destino; 53-54. egli impose il silenzio e si sedette in mezzo ad essi come un arbitro ad osservare il loro scontro. 55-56. E poi svanì e finì i suoi giorni nella solitudine pensierosa ("ozio"), in un'isola così piccola [Sant'Elena], 57. fatto oggetto di invidia quasi infinita 58. e di profonda compassione per una così triste fine, 59. di odio implacabile da parte dei suoi nemici 60. e di amore incondizionato da parte dei suoi seguaci. 61-62. Come sulla testa del naufrago l'onda oceanica si increspa e poi si abbatte, 63-65. la stessa onda su cui poco prima scorreva lo sguardo del poveretto, alto e proteso a cercare 66. invano rive lontane che avrebbero potuto salvarlo; 67-68. alla stessa maniera piombò su quell'anima la grande quantità di ricordi! 69-70. Oh, quante volte dovette immaginare di raccontare ai posteri le proprie imprese 71. e sulle pagine destinate a durare eternamente 72. si posò la sua mano stanca! 73. Oh, quante volte, al silenzioso 74. terminare di un giorno privo di occupazioni, 75. volti al suolo gli occhi lampeggianti, 76. incrociate le braccia sul petto 77-78. si fermò e l'assalì violentemente il ricordo dei giorni passati! 79-80. E il suo pensiero tornò ai giorni degli accampamenti sempre precari, alle trincee colpite dall'artiglieria nemica, 81. e alle scintille delle armi dei soldati che si incrociavano, 82. all'assalto della cavalleria, 83. agli ordini concitati gridati alle truppe 84. e all'immediato ubbidire di queste. 85-86. Ahimè, è forse possibile che l'animo fiaccato si sia lasciato travolgere da uno strazio così grande 87-88. e sia caduto nella disperazione; ma giunse dal Cielo una mano forte 89-90. che, mossa a compassione, lo trasportò in un posto dove l'aria era per lui più respirabile; 91-92. e gli indicò la via, attraverso i sentieri coperti di fiori della speranza, 93. ai luoghi eterni [i Campi Elisi], verso quella ricompensa [il Paradiso] 94. che supera tutti i desideri dell'uomo, 95-96. dove la gloria terrena, ormai passata, cade nel silenzio e nell'oblio. 97-98. Bella immortale! Fede portatrice di bene, abituata ai trionfi! 99. Scrivi pure anche questo trionfo, rallegrati; 100. perché nessun uomo più grande di Napoleone 101-102. si è mai chinato ad adorare l'immagine di Cristo crocifisso [il Golgota è il luogo della crocifissione di Cristo]. 103. Tu (Fede) dai resti mortali ormai fiaccati dalla vita, 104. allontana ogni parola cattiva; 105. quel Dio che allo stesso tempo fa disperare e fa risorgere, 106. che dà insieme dolore e consolazione, 107. sul letto di morte abbandonato da tutti coloro che gli furono vicino, 108. venne a poggiarsi al suo fianco. |
Parafrasi discorsiva
[vv. 1-6] Egli (Napoleone) non c'è più, è morto. Come il suo corpo senza vita, dopo l'ultimo respiro, rimase immobile, essendo rimasto privo di una così grande anima, allo stesso modo i popoli della terra restano scossi e increduli alla notizia della sua morte,[vv. 7-12] in un silenzio profondo di raccoglimento riflettendo sugli ultimi istanti di vita dell'uomo che ha segnato il destino; e nemmeno riesce a indovinare quando una simile impronta di un piede d'uomo verrà a calpestare la sua polvere insanguinata.
[vv. 13-18] Il mio ingegno poetico lo vide trionfante [come Giove ("folgorante")] sul trono imperiale ("in solio") e non fu capace di esprimere parola; allo stesso modo, quando, con continui cambiamenti di sorte, fu sconfitto, tornò grande e fu piegato definitivamente [a Waterloo], non ha mischiato la propria voce a quelle della maggioranza enorme delle genti: [vv. 19-24] esso [l'ingegno poetico] è infatti incapace tanto di profondersi in lodi servili quanto di abbassarsi alle vili offese, si risveglia solo ora perché commosso dinnanzi all'improvviso scomparire di un raggio così luminoso e grande [qual era Bonaparte]; e innalza sulle sue ceneri un canto che forse non morirà mai.
[vv. 25-30] Dall'Italia (Alpi) all'Egitto, (Piramidi) dalla Spagna (dove si trova il fiume Manzanarre) alla Germania (attraversata dal fiume Reno), dove si dirigeva lo sguardo rapido ("baleno") di quell'uomo senza esitazioni ("securo") esso era seguito dalle sue conquiste alla velocità di un fulmine; si abbatté come un lampo ("scoppiò") dall'Italia meridionale (Scilla) alla Russia (Tanai: è il fiume Don), dall'uno all'altro mare.
[vv. 31-36] Possiamo chiamare tutto questo gloria imperitura? Saranno i posteri a pronunciare il verdetto: noi, per parte nostra, non possiamo solo che abbassare il capo di fronte alla volontà di Dio, l'Alto Creatore, che volle imprimere in Napoleone un'impronta più vasta del suo spirito creatore di quanto l'abbia impressa su tutti noi.
[vv. 37-42] La tempestosa e trepidante gioia di un grande progetto, l'ansia di un animo ambizioso che, indomabile, continua ad obbedire mentre pensa già al comando; e incredibilmente lo raggiunge e ottiene un successo in cui era folle sperare; [vv. 43-48] egli sperimentò tutto nella sua ascesa e caduta: la gloria, che è più grande ancora dopo il pericolo di sconfitta, la fuga e la vittoria, il regno e il pesante esilio [all'Elba e a Sant'Elena]: due volte fu sconfitto [a Lipsia e Waterloo], due volte tornò sul trono.
[vv. 49-54] Egli pronunciò il suo nome [si proclamò imperatore]: due secoli [il 1700 e il 1800], armati l'uno contro l'altro, si voltarono rispettosamente verso di lui, come stessero aspettando la sua decisione sul loro destino; egli impose il silenzio e si sedette in mezzo ad essi come un arbitro ad osservare il loro scontro.
[vv. 55-60] E poi svanì e finì i suoi giorni nella solitudine pensierosa ("ozio"), in un'isola così piccola [Sant'Elena], fatto oggetto di invidia quasi infinita e di profonda compassione per una così triste fine, di odio implacabile da parte dei suoi nemici e di amore incondizionato da parte dei suoi seguaci.
[vv. 61-66] Come sulla testa del naufrago l'onda oceanica si increspa e poi si abbatte, la stessa onda su cui poco prima scorreva lo sguardo del poveretto, alto e proteso a cercare invano rive lontane che avrebbero potuto salvarlo; [vv. 67-72] alla stessa maniera piombò su quell'anima la grande quantità di ricordi! Oh, quante volte dovette immaginare di raccontare ai posteri le proprie imprese e sulle pagine destinate a durare eternamente si posò la sua mano stanca!
[vv. 73-78] Oh, quante volte, al silenzioso terminare di un giorno privo di occupazioni, volti al suolo gli occhi lampeggianti, incrociate le braccia sul petto si fermò e l'assalì violentemente il ricordo dei giorni passati!
[vv. 79-84] E il suo pensiero tornò ai giorni degli accampamenti sempre precari, alle trincee colpite dall'artiglieria nemica, e alle scintille delle armi dei soldati che si incrociavano, all'assalto della cavalleria, agli ordini concitati gridati alle truppe e all'immediato ubbidire di queste.
[vv. 85-90] Ahimè, è forse possibile che l'animo fiaccato si sia lasciato travolgere da uno strazio così grande e sia caduto nella disperazione; ma giunse dal Cielo una mano forte che, mossa a compassione, lo trasportò in un posto dove l'aria era per lui più respirabile; [vv. 91-96] e gli indicò la via, attraverso i sentieri coperti di fiori della speranza, ai luoghi eterni [i Campi Elisi], verso quella ricompensa [il Paradiso] che supera tutti i desideri dell'uomo, dove la gloria terrena, ormai passata, cade nel silenzio e nell'oblio.
[vv. 97-102] Bella immortale! Fede portatrice di bene, abituata ai trionfi! Scrivi pure anche questo trionfo, rallegrati; perché nessun uomo più grande di Napoleone si è mai chinato ad adorare l'immagine di Cristo crocifisso [il Golgota è il luogo della crocifissione di Cristo].
[vv. 103-108] Tu (Fede) dai resti mortali ormai fiaccati dalla vita, allontana ogni parola cattiva; quel Dio che allo stesso tempo fa disperare e fa risorgere, che dà insieme dolore e consolazione, sul letto di morte abbandonato da tutti coloro che gli furono vicino, venne a poggiarsi al suo fianco.
Figure Retoriche
Anafore: vv. 47-48, vv. 62-63, vv. 57-60, vv. 69-73: "due volte...due volte", "l'onda...l'onda", "d'immensa invidia / e di pietà profonda, / d'inestinguibil odio /e d'indomato", "Oh quante volte". La figura crea enfasi epica e pathos attorno alla personalità di Bonaparte.
Anastrofi: v. 12, v. 17, v. 18, v. 27, v. 35: "a calpestar verrà", "di mille voci al sonito", "mista la sua non ha", "di quel securo il fulmine", "del creator suo spirito". Le inversioni sintattiche supportano il ragionamento poetico dell'autore.
Antitesi: vv. 19-20, vv. 43-48, vv. 57-60, vv. 105-106: "vergin di servo encomio / e di codardo oltraggio". Viene opposto il servilismo all'oltraggio gratuito che la piuma di Manzoni avrebbe potuto mostrare nei periodi di fortuna o disgrazia di Napoleone, "la gloria / maggior dopo il periglio, / la fuga e la vittoria, / la reggia e il tristo esiglio", "due volte nella polvere, / due volte sull'altar.". L'elenco mostra secondo i vari estremi le alterne fortune militari e politiche di Napoleone, "d'immensa invidia / e di pietà profonda, / d'inestinguibil odio /e d'indomato amor". Napoleone ci viene descritto come uomo capace di suscitare solo grandi passioni, "il Dio che atterra e suscita, / che affanna e che consola,". Le facoltà divine dispensano fortune e sfortune, dolori e gioie.
Antonomasia: vv. 33-34: "Massimo Fattore". Dio viene indicato come colui che creo l'universo.
Apostrofi: vv. 97-99, v. 103: "Bella Immortal!....Scrivi ancor questo...", "tu dalle stanche ceneri...". L'ultima parte del componimento è formalmente indirizzata alla Fede personificata che scende su Napoleone.
Asindeti: vv. 43-46: "la gloria / maggior dopo il periglio, / la fuga e la vittoria, / la reggia e il tristo esiglio;". La figura sottolinea la rapidità con la quale storicamente si alternarono i successi e i fallimenti di Bonaparte.
Climax: v. 16: "cadde, risorse e giacque". In forma estremamente veloce e sintetica si riassume il ritorno di Napoleone dopo Lipsia e la sua definitiva sconfitta a Waterloo.
Enjambements: vv. 6-7, vv. 9-10, vv. 21-22, vv. 33-34, vv. 37-38, vv. 73-74, vv. 79-80, vv. 97-98: "ultima / ora", "simile / orma", "subito / sparir", "Massimo / Fattore", "la procellosa e trepida / gioia", "tacito / morir", "mobili / tende", "benefica / fede". La figura crea fortissime ed epiche sospensioni nel ragionamento narrativo, filosofico e poetico che conferiscono al componimento aulicità.
Eufemismo: v. 17: "mille voci". Con mille si indicano i milioni di pareri su Napoleone, uomo capace di scuotere la vita dei popoli di tre continenti.
Domanda retorica: v. 31: "Fu vera gloria?" Manzoni si pone e ci pone l'interrogativo del giudizio storico su Napoleone.
Iperbato: vv. 13-14, vv. 67-68, vv. 77-78, vv. 89-90: "lui folgorante in solio / vide il mio genio e tacque", "tal su quell'alma il cumulo / delle memorie scese", "e dei dì che furono l'assalse il sovvenir!", "e in più spirabil aere / pietosa il trasportò". La figura si inserisce nella complessità sintattica dell'intera ode, che vuole affrontare la morte di Napoleone senza superficialità.
Iperbole: vv. 49-54: "due secoli, / l'un contro l'altro armato, / sommessi a lui si volsero, / e aspettando il fato; / ei fe' silenzio, ed arbitro / s'assise in mezzo a lor.". L'immagine, dal tono quasi epico-mitologico, pone la figura di Napoleone alla guida della battaglia storica tra la società antica e quella nuova sorta dopo la Rivoluzione Francese e l'Impero bonapartista.
Metafore: v. 4, v. 21, v. 13, v. 22, v. 75, vv. 19-20, vv. 27-28, vv. 47-48, vv. 107-108: "orba". Senza l'anima, è come se il corpo di Napoleone avesse perso un occhio, "tanto raggio", "lui folgorante", "tanto raggio", "rai fulminei". L'occhio e lo sguardo di Napoleone sono descritti come fulminanti e rapidissimi, "vergin di servo encomio / e di codardo oltraggio". Manzoni descrive la sua lingua come incapace di porre favori beceri così come insulti gratuiti, "il fulmine/ tenea dietro al baleno" di nuovo l'immagine evoca le palpebre di Napoleone il cui battito è seguito dall'azione rapida nell'essere portata a termine una volta decisa, "nella polvere...sull'altar". La polvere indica metaforicamente la caduta a terra di Napoleone dopo le sconfitte, l'altare è quello della gloria dopo le vittorie, "sulla deserta coltrice / accanto a lui posò.". L'immagine evocata è quella della Provvidenza che si siede accanto a Napoleone sul letto di morte quando egli è abbandonato da tutti.
Metonimia: vv. 79-84: "E ripensò le mobili / tende, e i percossi valli, / e il lampo de' manipoli, / e l'onda dei cavalli, / e il concitato imperio / e il celere ubbidir.". L'immagine evoca le battaglie napoleoniche evocando le tende degli accampamenti, le scintille prodotte dall'incrociarsi delle baionette, il movimento della carica della cavalleria e le urla del generale ai soldati.
Ossimori: v. 37, vv. 39-40: "la procellosa e trepida / gioia d'un gran disegno", "indocile / serve, pensando al regno". La figura evoca l'ascesa di Napoleone, che da soldato delle armate rivoluzionario riuscì a diventare imperatore.
Perifrasi: v. 8, v. 27, v. 101: "dell'uom fatale", "di quel securo". Napoleone, mai nominato nel componimento, è evocato attraverso formule che sottolineano la sua grandezza e attitudine al comando, "al disonor del Golgota". La crocifissione di Cristo, avvenuta sul Golgota, simbolo del cristianesimo.
Personificazione: vv. 5-7, v. 97: "percossa, attonita / la terra.../ muta". La terra riceve attributi umani che sono riferiti ovviamente ai suoi popoli, "Bella Immortal". La Fede è raffigurata come una bellissima dea.
Polisindeti: vv. 25-30, v. 41, v. 55, vv. 79-84, vv. 105-106: "Dall'Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, / dall'uno all'altro mar.", "e il giunge, e tiene un premio", "ch'era follia sperar", "e sparve e i dì nell'ozio...", "e ripensò...e i percossi...e il lampo...e l'onda...e il concitato...e il celere...". La figura compare in diversi luoghi del componimento e indica la varietà delle imprese napoleoniche nel Vecchio Continente, "il Dio che atterra e suscita, / che affanna e che consola,". Dio è descritto come un'entità capace di condizionare gli uomini in diversissimi modi.
Similitudini: vv. 1-5, vv. 61-73: "Siccome immobile...... così percossa...". Lo sgomento dei popoli alla notizia della morte di Bonaparte è paragonato all'immobilità della sua salma, "Come sul capo... tal su quell'alma...". I ricordi che tormentano Napoleone a Sant'Elena ci vengono descritti come una gigantesca onda oceanica che si abbatte su un nafrago.
Sineddoche: v. 10, v. 23, vv. 25-30, v. 56: "orma di pie' mortale". La personalità di Napoleone è descritta metaforicamente con la grandezza delle sua orma sul terreno, "urna". La morte è evocata attraverso l'urna cineraria, "Dall'Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, / dall'uno all'altro mar.". Le conquiste di Napoleone vengono elencate attraverso gli elementi maggiori, storici o paesaggistici, dei paesi assoggettati, "breve sponda" (isola). La piccolissima isola di Sant'Elena è indicata con la sola sponda visibile dalle navi che vi si avvicinano.
Analisi e Commento
Storico-letterario
Il cinque maggio è la più celebre delle Odi manzoniane e fu scritta dal poeta e scrittore lombardo in soli tre giorni, fatto eccezionale se consideriamo invece la profonda riflessività con cui l'autore compose tutte le sue opere, quando egli venne a conoscenza, leggendo la Gazzetta di Milano del 16 luglio 1821, della conversione appena precedente la morte di Napoleone Bonaparte, avvenuta a Sant'Elena, isola atlantica sulla quale l'ex-Imperatore si trovava in esilio, il 5 maggio 1821. Una copia dell'ode si diffuse in forma manoscritta nonostante la censura austriaca, che la vedeva come un omaggio al suo più pericoloso rivale, ne impedisse la circolazione. Essa ebbe subito grandissimo successo, venendo tradotta immediatamente anche in lingua tedesca dal grande poeta romantico Johann Wolfgang Goethe.
Come afferma del resto anche all'interno del componimento (vv. 13-24), Manzoni non fu, mentre Napoleone era in vita, né tra coloro che lo esaltavano né tra i suoi detrattori. Riconosceva però in lui, a seguito di un incontro avvenuto quando lo scrittore aveva 15 anni presso il Teatro della Scala, un'acuità di sguardo fuori dal comune e una capacità d'influenza impressionante (sono diverse le metafore sullo sguardo "fulmineo" di Napoleone nel Cinque maggio), qualità che ponevano la sua figura in capo ai rivolgimenti storici epocali tra la Rivoluzione Francese e la Primavera dei Popoli ottocentesca.
Per Manzoni, dopo la conversione al cattolicesimo del 1810, la letteratura deve porsi "l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo". Di questo periodo della sua evoluzione letteraria, a cui appartengono anche gli Inni sacri e le tragedie Adelchi e Il conte di Carmagnola, fanno parte le odi di argomento politico e civile come questa e Marzo 1821. I fatti storici e i rivolgimenti sociali vengono letti secondo l'entusiasmo per la "Bella Immortal" fede ritrovata dal poeta, per il quale è la prospettiva dell'eternità che dà pieno significato alla vicenda terrena di Napoleone, nelle sue gloriose punte di esaltazione e miseria.
Tematico
Il 5 maggio è aperto da due monosillabi che rendono immediatamente la formula dell'epitaffio in morte di un personaggio fuori dal comune ("Ei" ("quel grande", "quel famoso") e "fu" ("è morto"). Napoleone non ha nemmeno bisogno di essere nominato esplicitamente (e infatti egli è spesso invocato attraverso perifrasi, come ad esempio "l'uom fatale") sia perché la sua identità si può dedurre dal titolo, essendo la data della morte più che conosciuta, sia perché il suo ricordo è ben impresso nella memoria comune: la definitiva caduta di Bonaparte a Waterloo, dopo i Cento giorni, risaliva a solo sei anni prima della sua morte.
L'ode è suddivisibile in due macrosezioni, la cui prima parte (vv. 1- 54), rievoca le vicende politiche e militari della vita di Napoleone. Dopo aver accomunato, nella similitudine che occupa le prime due strofe, il silenzio sgomento dei popoli del mondo alla notizia della morte dell'ex-Imperatore all'immobilità della sua salma, Manzoni esprime esplicitamente la commozione che lo ha spinto per la prima volta a prendere posizione su Napoleone dopo il silenzio mantenuto sulle alterne fortune e miserie degli anni precedenti. La rievocazione storica del celebre passaggio sulle conquiste bonapartiste ("Dall'Alpi alle piramidi / dal Manzanarre al Reno / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno") è interrotta da una pausa di riflessione sulla gloria terrena (vv. 31-32), che l'autore, attraverso l'altrettanto celebre formula "ai posteri / l'ardua sentenza" rimanda al giudizio dei secoli successivi.
La seconda parte inizia con "e sparve", (v. 54) posto parallelamente all'"ei fu" iniziale, ed è incentrata su quelli che Manzoni immagina siano stati gli ultimi anni di vita dell'indomabile Bonaparte durante l'esilio a Sant'Elena. Napoleone è raffigurato come investito dai ricordi della sua ascesa e delle sue vittorie militari, incapace, data la triste conclusione degli eventi, di dare forma scritta e memoria imperitura alle sue gesta. I contrasti interiori e la disperazione del condottiero sconfitto vengono però consolati in punto di morte dalla mano della Fede, alla quale è indirizzata l'apostrofe delle ultime due strofe, che lo conduce fuori dai tormenti verso i Campi Elisi al di fuori dallo spazio e dal tempo. L'eternità divina, dinnanzi alla quale la gloria terrena si annulla nel silenzio e l'immobilità, non è una forma della negatività della morte, ma una nuova conquista di pace. Essa va a sedersi, nell'ultima toccante metafora, al capezzale dell'imperatore morente e abbandonato da tutti.
Stilistico
L'ode manzoniana si compone di 18 strofe, composte ciascuna di 6 settenari sdruccioli (il primo, il terzo e il quinto) piani (il secondo e il quarto, fra loro rimanti) e tronco l'ultimo che rima con l'ultimo della strofa successiva, con rime disposte secondo lo schema ABCBDE.
A livello semantico Il 5 maggio pone un forte contrasto concettuale sull'antitesi tra stasi e movimento ("ei fu", "immobile" vs "con vece assidua / cadde, risorse e giacque"; "mobili, lampo, onda, concitato, celere", "fulmine, baleno, scoppiò, rai fulminei" vs "ozio, stanca man, tacito, inerte"), tra luce e tenebre ("orba, tenebre" vs "raggio, fulmine, baleno, rai"), tra lo spazio immenso delle conquiste ("dall'Alpi alle Piramidi...") e quello angusto dell'esilio (la "breve sponda"). Il nucleo fondante si trova appunto nel trapasso dal carattere estremamente rapido e turbolento della vicenda umana, storica e politica di Napoleone e l'immobilità appunto dell'eternità, della morte e della fede ritrovata. Napoleone è, per Manzoni, come espresso nell'iperbole vv. 49- 54 "due secoli, / l'un contro l'altro armato, / sommessi a lui si volsero, / e aspettando il fato; / ei fe' silenzio, ed arbitro / s'assise in mezzo a lor."), una figura tanto enorme da incarnare lo spirito della Storia nella sua evoluzione più ampia, capace di scatenare negli uomini grandissima ammirazione o profondo odio grazie alla sua personalità sconvolgente.
Per ciò che concerne la sintassi, i periodi brevi e concitati rendono la rapidità d'azione del condottiero. Tuttavia, si registra una ipotassi fitta di subordinate e incisi nel lungo periodo iniziale e quello che occupa i vv. 37-48. Sono frequenti le anastrofi, gli iperbati e le collocazioni del verbo in fondo alla frase ed estremamente numerosi gli aggettivi di sapore latineggiante ("immemore", "cruenta", "anelo"). Questa ricercatezza crea l'aulicità e l'atmosfera epica con la quale Manzoni ritiene di dover descrivere le vicende ed il glorioso trapasso di quella che egli riconosceva come la più grande figura storica dell'epoca in cui egli viveva.
Confronti
La gloria dei grandi uomini politici e la loro influenza sulla storia del genere umano, problematica concettuale che fa da sfondo al Cinque maggio, è ammirata da Manzoni ma trattata con forte diffidenza. La ricerca della gloria mondana, come dimostra la vicenda napoleonica, porta all'isolamento, la solitudine e la morte malinconica. Manzoni, fondendo la sua formazione illuministica con la morale cattolica acquisita dopo la conversione, divide la storia tra oppressi o oppressori in base al libero arbitrio: se si decide di agire e compiere il male si è oppressori, se ci si rifiuta di farlo, si è oppressi, come è più volte ribadito nella coeva tragedia di argomento longobardo Adelchi (che, morente, afferma: "non resta / che far torto o patirlo") e in generale nella costruzione dei personaggi dei Promessi sposi (1827-40): anche le personalità più abiette, come l'Innominato o la Monaca di Monza, possono tornare al bene se convertono la loro volontà verso la "Bella Immortal" Fede. Sarà poi la Divina Provvidenza a distribuire premi e punizioni in base alle azioni di ognuno. Il grande Napoleone dipinto nell'affresco del Cinque Maggio, nonostante la portata storica delle gesta compiute, si ritrova paradossalmente dalla parte degli oppressi: tormentato dai ricordi della sua passata grandezza e del suo finale fallimento. Ciò che commosse Manzoni, silente fino al momento della morte di Bonaparte, fu appunto la conversione prima del trapasso, che riportava quell'"uom fatale" tra i comuni mortali e faceva comprendere anche a lui, secondo la prospettiva manzoniana, il vero significato della vita.
Manzoni non fu l'unico critico di Bonaparte tra le grandi figure della letteratura italiana. Ugo Foscolo, che di Napoleone fu un fervente sostenitore proprio perché vedeva in lui il liberatore dell'Italia dall'oppressione straniera e pontificia, ha basato gran parte della propria produzione letteraria e in generale della propria vita su un fatto storico di cui l'Imperatore fu protagonista. Quando dopo le campagne d'Italia si conclusero con il successo da parte delle truppe francesi, Napoleone firmò il trattato di Campoformio (1897) con il quale cedeva all'Austria il territorio dell'antica Repubblica di Venezia, che terminò così la sua storia.
Foscolo, che ne era suddito e cittadino, pagò con l'esilio dalla sua patria questa decisione (proprio perché aveva apertamente manifestato simpatie rivoluzionarie e bonapartiste) e scrisse un'ode, rivolgendosi direttamente A Bonaparte imperatore (1897). «Per far che i secoli tacciano di quel trattato che trafficò la mia patria, insospettì le nazioni e scemò dignità al tuo nome.» Il poeta continuava a sperare in una nuova campagna d'Italia da parte francese, ma il suo augurio restò disilluso: l'esilio è infatti notoriamente uno dei temi principali di tutta la sua produzione (si pensi alle poesie A Zacinto o In morte del fratello Giovanni), così come del romanzo epistolare con ampi riferimenti autobiografici Le ultime lettere di Jacopo Ortis, il cui protagonista, alter-ego dell'autore, si suicida a causa delle delusioni d'amore e di quelle politiche causate dalla corruzioni degli ideali napoleonici in cui aveva creduto.
Domande e Risposte
Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale della lirica è una riflessione sulla figura di Napoleone Bonaparte.
A cosa si riferisce la data che dà nome alla poesia?
Il 5 maggio 1821 è la data in cui morì Napoleone.
Di quale momento nella produzione manzoniana fa parte Il cinque maggio?
Il cinque maggio fa parte delle Odi di argomento politico e civile.
Quale grande poeta tradusse Il 5 maggio appena dopo la sua pubblicazione?
Johann Wolfgang Goethe tradusse in tedesco l'ode pochissimo tempo dopo la sua pubblicazione.
Dove si trovava Napoleone al momento della sua morte?
Napoleone morì, a Sant'Elena, isola su cui si trovava in esilio.
Quale figura retorica occupa le prime due celebri strofe?
Nelle prime due strofe una similitudine paragona lo sgomento dei popoli all'immobilità della salma di Napoleone.
Fonti: libri scolastici superiori