Parafrasi, Analisi e Commento di: "L'Isola" di Giuseppe Ungaretti


Immagine Giuseppe Ungaretti
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
7) Confronti
8) Domande e Risposte

Scheda dell'Opera


Autore: Giuseppe Ungaretti
Titolo dell'Opera: Sentimento del tempo
Edizioni dell'opera: 1933
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Versi liberi.



Introduzione


"L'isola" è una poesia di Giuseppe Ungaretti, contenuta nella raccolta Il dolore (1947). Scritta in un periodo di profonda riflessione esistenziale e di sofferenza personale, la poesia riflette l'angoscia e il senso di smarrimento che pervadono il poeta, il quale si confronta con temi come la memoria, la solitudine e il desiderio di una pace interiore. "L'isola" diventa simbolo di un luogo sicuro e incontaminato, lontano dal caos e dal dolore del mondo, dove l'anima può trovare rifugio. Con un linguaggio essenziale e immagini evocative, Ungaretti ci guida in una dimensione quasi sospesa, carica di malinconia e speranza.


Testo e Parafrasi puntuale


1. A una proda ove sera era perenne
2. di anziane selve assorte, scese,
3. e s'inoltrò
4. e lo richiamò rumore di penne
5. ch'erasi sciolto dallo stridulo
6. batticuore dell'acqua torrida,
7. e una larva (languiva
8. e rifioriva) vide;
9. ritornato a salire vide
10. ch'era una ninfa e dormiva
11. ritta abbracciata a un olmo.

12. In sé da simulacro a fiamma vera
13. errando, giunse a un prato ove
14. l'ombra negli occhi s'addensava
15. delle vergini come
16. sera appiè degli ulivi;
17. distillavano i rami
18. una pioggia pigra di dardi,
19. qua pecore s'erano appisolate
20. sotto il liscio tepore,
21. altre brucavano
22. la coltre luminosa;
23. le mani del pastore erano un vetro
24. levigato da fioca febbre.
1. Ad una riva dove sempre copriva d'ombra
2. la fitta e antica vegetazione, giunse
3. e lì s'inoltrò
4. e attirò la sua attenzione il rumore del battito d'ali di un uccello
5. che si era alzato in volo
6. da un'acqua immersa nella calura e quasi percorsa da un'intensa vibrazione (stridulo batticuore).
7. E una presenza vaga e indecifrabile (che sembrava gemere di dolore;
8. E poi di sollievo e piacere) vide;
9. ritornato a salire vide
10. che era una ninfa che dormiva
11. in piedi, abbracciata ad un olmo.

12.Dentro di sé alla ricerca di un chiarificazione (fiamma vera)
13. vagando, giunse ad un prato dove
14. l'ombra si addensava negli occhi
15. delle vergini come
16. riverberandosi ai piedi degli alberi d'ulivo;
17. i rami intricati lasciavano cadere quasi ad uno ad uno i raggi del sole
18. come le gocce di una pioggia pigra, lenta e rada.
19. Lì alcune pecore si erano appisolate
20. al tepore dei raggi filtrati dagli alberi,
21. altre brucavano
22. il prato irregolarmente illuminato dai raggi del sole;
23. le mani del pastore erano trasparenti
24. come se una febbre leggera le imperlasse di umidità.



Parafrasi discorsiva


Giunse ad una riva che la fitta e antica vegetazione copriva sempre d'ombra, e lì s'inoltrò, e lo richiamò il frullo di un uccello che si era alzato in volo da un'acqua immersa nella calura e quasi percorsa da un'intensa vibrazione (stridulo batticuore). E vide una presenza vaga e indecifrabile (che sembrava gemere di dolore; e poi di sollievo e piacere) vide; ritornato a salire vide che era una ninfa che dormiva in piedi, abbracciata ad un olmo.

Vagando dentro di sé alla ricerca di una chiarificazione (fiamma vera), giunse ad un prato dove l'ombra si addensava negli occhi delle vergini, riverberandosi ai piedi degli alberi d'ulivo; i rami intricati lasciavano cadere quasi ad uno ad uno i raggi del sole, distillandoli come le gocce di una pioggia pigra, lenta e rada. Lì alcune pecore si erano appisolate al tepore dei raggi filtrati dagli alberi, altre brucavano il prato irregolarmente illuminato dai raggi del sole; le mani del pastore erano trasparenti come se una febbre leggera le imperlasse di umidità.


Figure Retoriche


Analogie: v. 2, vv. 5-6, vv. 10-11, v. 18, v. 22: "anziane selve assorte", "stridulo/ batticuore dell'acqua torrida", "una ninfa e dormiva / ritta abbracciata a un olmo", "una pioggia pigra di dardi", "la coltre luminosa".
La stessa poesia è in realtà una profonda analogia e sappiamo che "L'isola" è in realtà una villa di Tivoli, la "selva" e "la coltre" sono perciò alberi e prati del giardino, l'"acqua torrida" non è una pozzanghera ma probabilmente una fontana, la "ninfa" addormentata una statua.

Allitterazioni: v. 1, v. 2, vv. 4-8, v. 7, vv. 18-19: "er", "s", "e", "r", "la", "p". Tutto il componimento è estremamente curato dal punto di vista fonico e riproduce i rumori che l'uomo incontra nel suo inoltrarsi nel bosco e poi nella radura.

Anafore: vv. 3-4, vv. 7-8: "e s'inoltrò/ e lo richiamò...", "e una larva (languiva)/ e rifioriva". Il susseguirsi dei versi ricalca l'avanzare cadenzato dei passi dell'uomo che si inoltra a esplorare l'isola.

Ellissi: Del soggetto: in tutto il componimento non viene mai identificato l'uomo che approda sull'isola, che resta perciò un personaggio indeterminato.

Endiadi: vv. 7-8: "languiva / e rifioriva". L'accoppiamento dei due termini indica il movimento prodotto dal respiro della ninfa che dorme.

Enjambements: v. 5-6, vv. 9-10, vv. 10-11, vv. 12-13, vv. 14-15, vv. 15-16, vv. 21-22, vv. 23-24: Le interruzioni ritmiche cadenzano la dolcezza del componimento e contribuiscono a creare con le loro sospensioni un'atmosfera di sogno.

Epifore: vv. 8-9: "vide".
I due versi si concludono con lo stesso termine che però ha significato differente: il primo è letterale (l'uomo vede davvero la larva di forma indistinta sull'albero), il secondo è metaforico (avvicinandosi egli riconosce la ninfa, cioè si accorge, vede interiormente, di cosa si tratti).

Iperbato: vv. 1-2, vv. 12-15: "A una proda ove sera era perenne/ di anziane selve assorte, scese", "In sé da simulacro a fiamma vera / errando giunse ove/ l'ombra negli occhi s'addensava/ delle vergini". Il ritmo crea una sintassi cadenzata con il verbo sempre in posizione finale: ciò contribuisce a costruire un ritmo lento e fiabesco.

Metafore: vv. 23-24: "le mani del pastore erano un vetro/ levigato da fioca febbre". Il sudore sulle mani del pastore viene paragonato a un vetro che vela le mani riscaldate dal lavoro e dal calore (la febbre).

Paronomasia: v. 1: "sera era". Accostamento di due termini dal suono quasi identico che crea già dal primo verso un ritmo fortemente musicale.

Perifrasi: v. 4: "rumore di penne". Le ali degli uccelli vengono descritte attraverso il rumore che esse producono sbattendo.

Personificazione: v. 2, v. 4, vv. 5-6, v. 18: "anziane selve assorte", "e lo richiamò rumore di penne", "stridulo/ batticuore dell'acqua torrida", "pioggia pigra". Gli elementi naturali dell'isola (gli alberi, il prato, i raggi di sole, le pozzanghere) sono descritti con terminologie umana come se il paesaggio fosse vivente.

Polisindeti: vv. 3-4-7: "E s'inoltrò / e lo richiamò [...] / E una larva (languiva)". I primi due termini esprimono l'avanzare graduale dell'uomo nel bosco e infine "l'avvistamento" della figura che respira, che poi si scopre essere la ninfa addormentata.

Similitudini: vv. 15-16: "come / sera appiè degli ulivi". Il sole batte sui corpi delle ninfe (le "vergini") e produce sul prato un'ombra simile a quella degli alberi d'ulivo.

Sineddoche: v. 1-16: "sera". Le ombre vengono evocate con il termine che designa il momento della giornata in cui esse, notoriamente, si ingrandiscono e si allungano con il calare del sole (il tutto per la parte).

Sinestesia: v. 20: "liscio tepore". Associazione della sensazione tattile a quella visiva, per cui il raggio filtrato dai rami appare agli occhi come una lastra piatta e luminosa.


Analisi e Commento


Storico-letterario

Ungaretti stesso, oltre all'anno di composizione (1825), ci fornisce delle indicazioni per comprendere meglio il testo della poesia L'isola: «Il paesaggio è quello di Tivoli. Perché l'isola? Perché è il punto dove io mi isolo, dove sono solo: è un punto separato dal resto del mondo, non perché lo sia in realtà, ma perché nel mio stato d'animo posso separarmene». Il luogo che egli descrive non è perciò una vera isola, ma probabilmente il parco di Villa d'Este o Villa Gregoriana, all'interno delle monumentali residenze rinascimentali presenti nella cittadina dell'entroterra laziale.

La lirica fa parte della raccolta Sentimento del tempo, uscita per la prima volta nel 1933 e comprendente tutte le poesie scritte da Ungaretti a partire dagli anni venti. Secondo i maggiori critici questa raccolta, rispetto all'Allegria, che contiene le poesie precedenti ma fu pubblicata nella sua edizione definitiva appena un anno prima, segna il passaggio ad una metrica più complessa e la ricomparsa dei versi tradizionali e della punteggiatura. Si nota, inoltre, il ricorso ad un lessico più ricercato e l'utilizzo di analogie meno facilmente comprensibili per un lettore inesperto.

La raccolta si concentra, come appunto avviene in L'isola, soprattutto sul tema dei paesaggi romani e laziali, che prendono il posto degli scenari parigini e di quelli della trincea del fronte sul Carso durante il primo conflitto mondiale, al quale l'autore partecipò in prima persona come volontario. Il tema della guerra lascia ora spazio a riflessioni di carattere più generale sullo scorrere del tempo, sull'attesa della morte, sulla solitudine dell'uomo di fronte al dolore. Cambia anche la stessa impostazione delle liriche: esse non sono più il frutto di illuminazioni improvvise, ma l'approdo di una riflessione profonda e di una ricerca del senso stesso dell'esistenza, che l'autore troverà poi qualche anno più in là (1928) nella conversione alla fede cristiana. Tutte le poesie di Sentimento del tempo saranno degli importanti modelli per la corrente poi detta dell'"ermetismo", distaccandosi dalla fase precedente dominante nella letteratura italiana nel tempo, il crepuscolarismo, di cui Ungaretti stesso fu uno dei capifila con i versi de L'allegria.

Tematico

Nonostante le indicazioni forniteci dallo stesso autore, dunque, l'immagine dell'isola resta del tutto irreale, fiabesca ed onirica e tutta la poesia vive in un'atmosfera indeterminata, tant'è che lo stesso protagonista (il visitatore dell'isola) resta anonimo: attraverso un'ellissi del soggetto l'autore non svela mai la sua identità. Alcuni critici tendono perciò ad identificarlo con lo stesso Ungaretti.

Nella prima l'uomo dall'identità indefinita giunge ad un luogo d'approdo silenzioso e perennemente coperto dall'ombra, attraverso la vegetazione. Senza esitazioni esso decide di inoltrarsi all'interno del bosco per esplorare l'isola e viene richiamato dal suono di un uccello che fa rumore con le sue penne, increspando l'acqua torrida di un corso d'acqua o di una pozzanghera. Da quel punto riesce a vedere un'immagine che appare e scompare a intermittenza: si tratta di una ninfa addormentata in piedi appoggiata sul fusto di un olmo.

I primi versi della seconda strofa vedono il protagonista smarrito, che sta errando in se stesso passando da apparizioni illusorie (v. 12: simulacro) alla realtà (v. 12: fiamma vera) domandandosi dunque se ciò che vede sia frutto di un sogno, della propria immaginazione o di una fiabesca realtà, seguendo un percorso che lo porta in una radura dove delle pecore pascolano sotto i raggi del sole filtrati dai rami del bosco in un quadro mitico e idilliaco. Anche la parte conclusiva della poesia, con l'apparizione del pastore febbricitante, è tutta giocata sull'impossibilità di cogliere ciò che è vero e ciò che non lo è.

La chiave di lettura della poesia, testo non semplicissimo ad un'analisi letterale, sta appunto nelle indicazioni contestuali che l'autore stesso fornisce sul componimento. Ungaretti fa massiccio utilizzo della figura retorica dell'analogia (v. 2: "anziane selve assorte", vv. 5-6: "stridulo/ batticuore dell'acqua torrida", vv. 10-11 "una ninfa e dormiva / ritta abbracciata a un olmo", v. 18: "una pioggia pigra di dardi", v. 22 "la coltre luminosa"), ma si potrebbe dire che la stessa poesia è nella sua interezza una profonda analogia: sappiamo infatti che "L'isola" è in realtà una villa di Tivoli, la "selva" e "la coltre" sono perciò alberi e prati del giardino; l'"acqua torrida" non è quella di una pozzanghera o di un corso d'acqua ma probabilmente quella di una fontana; la "ninfa" addormentata e le "vergini" che osservano pascolare le pecore molto intuitivamente sono propriamente delle statue. La visione dell'uomo, il naufrago o il viandante o il poeta stesso, riesce dunque a trasformare l'ambiente in cui egli si isola in un'isola vera e propria attraverso l'immaginazione e la poesia.

Stilistico

L'isola si compone di due strofe diseguali (rispettivamente di 11 e 13 versi), costituite da quinari, settenari, novenari ed endecasillabi, che procedono liberamente. Le rime sono del tutto assenti, fatta eccezione per l'epifora "vide" (o rima identica) ai vv. 8-9.

Questo testo rappresenta nella poetica ungarettiana un clamoroso ritorno alla tradizione, che permea tutto Sentimento del tempo. Ciò viene così giustificato da Ungaretti: "Le mie preoccupazioni in quei primi anni del dopoguerra [...] erano tutte tese a ritrovare un ordine". Il lessico de L'isola è classicheggiante e semanticamente vago, studiato appositamente per invocare l'atmosfera di fiaba e sogno che è il tema principale del componimento. La sintassi è involuta e aulica, con l'utilizzo del verbo a fine periodo che richiama la scrittura in lingua latina e l'utilizzo frequente dell'iperbato (vv. 1-2: "A una proda ove sera era perenne/ di anziane selve assorte, scese"; vv. 12-15 "In sé da simulacro a fiamma vera / errando giunse ove/ l'ombra negli occhi s'addensava/ delle vergini").

Lo stesso impianto retorico del componimento è barocco e virtuosistico, la metrica decisamente tradizionale rispetto ai versicoli de L'Allegria. Anche a livello fonico vi è un profondo studio della scelta delle allitterazioni (v. 1: "er", v. 2: "s" ed "e", vv. 4-8: "r", v. 7 "la", vv. 18-19: "p") che riempie la poesia dei suoni e i rumori dell'isola, come se essa fosse tutta un essere vivente da cui l'anonimo viandante si lascia inghiottire.

Per l'appunto, si evidenzia in apertura della lirica l'utilizzo dell'iperbato che lascia sospeso il lettore in attesa di sapere chi sia il soggetto della lirica, ciò crea un effetto di tempo dilatato in un'oculata sospensione. Il componimento è dominato infatti dall'elemento onirico; siamo all'interno di un'atmosfera fiabesca e di sogno e a tal proposito notiamo ancora l'utilizzo del passato remoto che inserisce il componimento in un passato indeterminato e lontano.


Confronti


L'isola, come si è detto, si discosta completamente dalle forme e i temi delle liriche crepuscolari dell'Allegria (menzioniamo a onor di cronaca Mattina composta dai soli 2 versi "M'illumino / d'immenso"), le corrispondenze vanno perciò cercate in Sentimento del tempo. Riproduciamo qui parte del testo di Ricordo d'Africa, composta nel 1924, in cui il poeta rievoca la sua terra d'origine, essendo egli nato e cresciuto ad Alessandria d'Egitto:

Non più ora tra la piana sterminata
E il largo mare m'apparterò, né umili
Di remote età, udrò più sciogliersi, chiari,
Nell'aria limpida, squilli; nè più
Le grazie scerbe andrà nudando
E in forme favolose esalterà
Folle la fantasia,
Nè dal rado palmeto Diana apparsa
In agile abito di luce,
Rincorrerò

Vediamo che la terra natale è descritta, come L'isola, con toni fiabeschi e mitici dipinti dall'immaginazione e la fantasia poetica, dove Diana, come la ninfa e le vergini che l'anonimo viaggiatore incontra nel bosco del nostro componimento, corre e palpita in un tripudio di vita. I riferimenti letterari, bucolici e mitologici, di questi versi sono ovviamente da ricercare nell'imitazione della poesia latina, in particolare quella virgiliana delle Georgiche o delle Bucoliche, da cui proviene anche la figura del pastore che chiude la descrizione dell'isola. Il tema del viaggio e dell'esplorazione di isole sconosciute è inoltre notoriamente la materia principale dell'Odissea di Omero.

Il ricercare luoghi idilliaci animati da un'atmosfera di sogno pone l'Ungaretti ermetico in contatto con la tradizione a ritroso nella letteratura italiana. Anche Gabriele D'Annunzio, in Alcyone, la raccolta che racconta di una vacanza estiva, rappresenta la stagione calda come un mondo di sogno e di amori coronati dalla natura. È emblematico il famosissimo testo de La pioggia del pineto, in cui l'io-poetico e la donna amata, Ermione, si uniscono nel bosco sotto la pioggia e diventano anch'essi piante e vegetali. L'elemento dell'immaginazione che scavalca la realtà collega inoltre questa poesia ungarettiana con i temi de L'infinito di Leopardi, in cui il poeta, seduto sull'"ermo colle" da lui amato, non riesce a vedere il panorama perché la sua vista è ostacolata da una siepe. È proprio l'ostacolo visivo che però gli permette di vagare e letteralmente sprofondare con l'immaginazione nell' "immensità" in cui il suo pensiero si perde e poter infine concludere con il celebre verso "e il naufragar m'è dolce in questo mare".


Domande e Risposte


In quale raccolta viene pubblicata L'isola?
L'isola fa parte della raccolta Sentimento del tempo (1933).

Qual è il tema principale del componimento?
Il tema principale del componimento è la descrizione di un paesaggio onirico e idilliaco tra realtà e immaginazione.

Da che luogo il componimento è ispirato?
Il componimento è ispirato dalla cittadina laziale di Tivoli, probabilmente dalle ville monumentali D'Este e Gregoriana.

Qual è la forma metrica della poesia?
L'isola si compone di due strofe diseguali (rispettivamente di 11 e 13 versi), costituite da quinari, settenari, novenari ed endecasillabi.

A quale corrente letteraria appartengono L'isola e Sentimento del tempo?
La poesia e la raccolta sono accostabili alla corrente dell'ermetismo.

Quale figura retorica permette al poeta di omettere l'identità del soggetto della sua poesia?
La figura retorica utilizzata per omettere l'informazione è un'ellissi.

Fonti: libri scolastici superiori

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