Parafrasi, Analisi e Commento di: "Non recidere, forbice, quel volto" di Eugenio Montale
1) Scheda dell'Opera
2) Introduzione
3) Testo e Parafrasi puntuale
4) Parafrasi discorsiva
5) Figure Retoriche
6) Analisi e Commento
Scheda dell'Opera
Autore: Eugenio Montale
Titolo dell'Opera: Le occasioni
Prima edizione dell'opera: 1939, editore Einaudi
Genere: Poesia lirica
Forma metrica: Due quartine di endecasillabi e settenari (vv. 4 e 7). Rime: "volto-ascolto" (vv. 1 e 3); "sfolla-scrolla" (vv. 2 e 6). Rime al mezzo: "cala-cicala" (vv. 5 e7); "svetta-belletta" (vv. 5-8).
Introduzione
"Non recidere, forbice, quel volto" è una delle poesie più celebri di Eugenio Montale, inclusa nella raccolta Le occasioni (1939). Il componimento, dedicato ad una figura femminile centrale nella vita del poeta, comunemente identificata con Clizia, rappresenta uno dei momenti più intensi del rapporto tra Montale e il tema della perdita. La poesia esprime il dolore profondo del distacco e della memoria, che cerca di conservare l'immagine di un volto amato destinato a scomparire. Con un linguaggio sobrio e ricco di immagini evocative, Montale esplora la fragilità umana e il desiderio di trattenere ciò che è destinato a svanire, in un contesto esistenziale in cui il tempo e la morte giocano un ruolo ineluttabile.
Testo e Parafrasi puntuale
1. Non recidere, forbice, quel volto, 2. solo nella memoria che si sfolla, 3. non far del grande suo viso in ascolto 4. la mia nebbia di sempre. 5. Un freddo cala... Duro il colpo svetta. 6. E l'acacia ferita da sé scrolla 7. il guscio di cicala 8. nella prima belletta di Novembre. |
1. Non tagliare, forbice, l'immagine di quel viso di donna 2. ormai solo nella memoria che si svuota, 3. non avvolgere il suo grande viso che ricordo nell'ascoltare 4. nella solita nebbia della dimenticanza. 5. Arriva il freddo... Il colpo si abbatte duramente. 6. E l'acacia colpita scuote via 7. il guscio di cicala 8. nel primo fango di novembre. |
Parafrasi discorsiva
Non tagliare, forbice, l'immagine di quel viso di donna, ormai solo nella memoria che si svuota, non avvolgere nella solita nebbia della dimenticanza anche il suo grande viso che ricordo mentre mi ascoltava. Arriva il freddo... Il colpo si abbatte duramente e l'acacia colpita scuote via il guscio di cicala nel primo fango di novembre.
Figure Retoriche
Enjambements: vv. 6-7: "scrolla / il guscio di cicala".
Apostrofi: v. 1: "forbice".
Personificazione: v. 1: "forbice".
Metafore: v. 1, v. 3, v. 5: "Non recidere, forbice, quel volto", "la mia nebbia di sempre", "un freddo cala".
Paronomasia: v. 1, vv. 6-7: "recidere/forbice", "acacia-cicala".
Reticenza: v. 5: "un freddo cala...".
Analisi e Commento
Non recidere, forbice, quel volto appartiene alla seconda raccolta di Montale, Le occasioni (1939), nella sezione Mottetti. Le "occasioni" da cui nascono le poesie altro non sono che alcuni momenti casuali e quotidiani, da cui il poeta cerca di carpire il significato della stessa esistenza. Le liriche contenute in questa raccolta si avvicinano alla corrente ermetica in auge a Firenze negli anni Trenta, ma hanno delle loro peculiarità.
La seconda sezione di questa raccolta, quella cui appartiene questa poesia, si compone di 22 brevi liriche e i Mottetti, un canzoniere d'amore per Clizia, il cui tema ricorrente è quello dell'assenza della donna. Clizia è la fanciulla mitologica innamorata di Apollo, la quale non staccava mai gli occhi dal suo dio, finché fu trasformata in girasole. Clizia è un nome-schermo: la donna in questione è Irma Brandeis, una giovane studentessa ebrea-americana conosciuta da Montale a Firenze nel 1933. Con "Clizia" Montale avrà una relazione che durerà qualche anno, fino al rientro della donna negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali.
Non recidere, forbice, quel volto fa parte di quelle che trattano il tema del ricordo, anzi dell'impossibilità angosciante di conservare il ricordo del volto della donna amata, che, in questo caso, è Irma Brandeis, come evidenziato sopra.
Il viso della donna sembra protendersi ancora in ascolto verso le parole del poeta, ma la nebbia dell'oblio è destinata ad avvolgerlo, anche se è "grande", perché domina nella mente del poeta. A fare da correlativi oggettivi a questa dolorosa esperienza della perdita della memoria sono tre immagini: la forbice, che è pregata di non tagliare via il volto della donna (anche se è molto evidente che la preghiera del poeta non potrà essere esaudita, in quanto la forbice rappresenta l'azione inesorabile del tempo, destinato a eliminare il ricordo dell'amata), il freddo che giunge improvvisamente e il guscio della cicala che viene fatto cadere dall'albero colpito da un colpo di accetta. La nebbia è una tipica immagine per indicare i ricordi che svaniscono.
Al di là dell'esperienza individuale del poeta, la forbice che elimina impietosa il ricordo rappresenta la precarietà della condizione umana e la tristezza degli uomini che non riescono ad accedere ai propri ricordi per sfuggire all'insensatezza della loro condizione presente. "Belletta" è un termine arcaico, già impiegato da Dante e D'Annunzio e indica l'avvento dell'autunno, che rappresenta una cornice ideale per la dolorosa perdita della memoria.
Da un punto di vista stilistico, nell'analisi del testo di Non recidere, forbice, quel volto si evidenzia notevole anche la fitta trama fonica, di richiami tra i suoni, che collega tra loro parole chiave come recidere e forbice, acacia e cicala che costituiscono due paronomasie o la rima "sfolla-scrolla" che contribuisce a collegare strettamente fra loro le due strofe.
Fonti: libri scolastici superiori