Henri Bergson - I presupposti per la rinascita della metafisica


Immagine Henri Bergson
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il saggio fece la sua prima apparizione sulla «Rivista di metafisica e di morale» nel 1903, per poi essere ripubblicato con alcune modifiche e aggiustamenti nel volume Il pensiero e il movimento del 1934. Bergson, nel rivedere il suo percorso filosofico fino a quel momento, adotta come filo conduttore la distinzione gnoseologica tra scienza e filosofia. In questo saggio, la conoscenza scientifica viene ridotta a semplice modus operandi, mentre alla metafisica intuitiva viene attribuito il ruolo di autentica conoscenza. Nelle argomentazioni di Bergson si può intravedere un'anticipazione di alcuni temi che verranno trattati nell'Evoluzione creatrice. I passaggi riportati evidenziano la definizione bergsoniana di metafisica attraverso la dicotomia metodologica analisi-intuizione.


Lettura


Se si confrontano le varie definizioni della metafisica ed i modi d'intendere l'assoluto, si potrà rilevare che malgrado le apparenti divergenze i filosofi concordano nel distinguere due forme profondamente diverse di conoscenza. La prima implica che si giri intorno all'oggetto, la seconda che ci si immedesimi in esso; la prima è legata al punto di vista che si assume ed ai simboli tramite i quali ci si esprime, la seconda non fissa alcun punto di vista e non si vale di alcun simbolo. Della prima forma di conoscenza si potrà affermare che si arresta al relativo; della seconda, quando la si possa realizzare, che giunge all'assoluto.

Consideriamo ad esempio il moto di un oggetto nello spazio: io lo percepirò diversamente a seconda del punto di vista, mobile od immobile, dal quale lo osservo, e lo esprimerò pure diversamente, secondo il sistema di assi o di punti di riferimento cui lo riconduco, cioè a seconda dei simboli in cui lo traduco. E lo denomino relativo per ambedue questi motivi, dato che sia osservandolo che esprimendolo mi pongo al di fuori dell'oggetto stesso.

Per parlare di movimento assoluto debbo attribuire al mobile un'interiorità e quasi degli stati d'animo, e cercare poi di far miei questi stati e di identificarmi con essi con uno sforzo d'immaginazione. Allora certo non avvertirò più la stessa sensazione nei due casi in cui l'oggetto sia mobile od immobile, od assuma un certo moto piuttosto che un altro; e ciò che avvertirò non sarà più il risultato né del punto di vista assumibile da me circa l'oggetto, dato che sarò dentro l'oggetto stesso, né dei simboli che avrei potuto usare per tradurlo, avendo io rinunziato ad ogni traduzione al fine di possedere l'originale. In breve, il moto non verrà più colto dall'esterno e in certo modo dal luogo in cui mi trovo, ma viceversa dall'interno, in sé: attingerò un assoluto.

Facciamo ancora l'esempio del personaggio di un romanzo di cui mi vengano narrate le avventure. L'autore del racconto può moltiplicarne i tratti caratteristici, far parlare e agire l'eroe a suo piacimento: tutto ciò non potrà mai equivalere al sentimento semplice ed indivisibile che proverei se per un solo istante coincidessi col personaggio stesso. In tal caso vedrei sgorgare da lui stesso, come da una sorgente, atti, parole e gesti, con assoluta spontaneità: non sarebbero più note accidentali aggiuntesi all'idea che mi ero fatta del personaggio, atte ad arricchirla sempre più senza mai arrivare a renderla completa. Il personaggio stesso mi sarebbe dato in tutta la sua realtà, e le sue mille manifestazioni incidentali, anziché aggiungersi all'idea per arricchirla, mi sembrerebbero piuttosto sue derivazioni, incapaci tuttavia di esaurirne o di impoverirne l'essenza.

Tutto quanto mi vien narrato di quella persona mi fornisce altrettanti punti di vista su di lei; tutte le notazioni che me la descrivono, e che non me la possono far conoscere se non tramite altrettanti confronti con persone o cose già a me note, sono puri segni di valore più o meno simbolico. Simboli e punti di vista mi collocano, quindi, fuori di essa, dandomi di lei soltanto ciò che ha in comune con altro e che non le appartiene in esclusiva proprietà. Ma ciò che propriamente la costituisce nella sua essenza non può esser colto dal di fuori, essendo interiore per definizione, né si può esprimere a mezzo di simboli, essendo irriducibile ad ogni altra cosa. Procedimenti descrittivi, storici e analitici mi lasciano confinato nel relativo, mentre soltanto la coincidenza con la persona medesima me la farebbe conoscere in assoluto.

È in tal senso e in esso soltanto che assoluto è sinonimo di perfezione. Tutte le fotografie d'una città, prese da tutte le possibili prospettive, potranno ben tendere a completarsi vicendevolmente all'infinito, ma non equivarranno affatto, tuttavia, all'originale tridimensionale costituito dalla città stessa in cui si passeggia. Le varie traduzioni di un poema in tutte le possibili lingue potranno ben aggiungere sfumature a sfumature, e ritoccando si in certo modo a vicenda, correggendosi fra loro, tentare di dare un'immagine sempre più fedele del poema che traducono, ma non riusciranno mai a far sentire il senso intimo dell'originale. Una riproduzione fatta da un determinato punto di vista, una traduzione fatta mediante certi simboli restano sempre imperfette a confronto dell'oggetto di cui si è colta quella prospettiva e si è cercata l'espressione con quei simboli. L'originale invece è assolutamente perfetto in quanto adegua perfettamente il suo stesso essere. [...]

Da ciò segue che un assoluto non potrà essere dato che in una intuizione, mentre invece tutto il resto cade nella sfera dell'analisi. Chiamiamo qui intuizione la simpatia a mezzo della quale ci si colloca all'interno di un oggetto per immedesimarsi con quanto esso ha di unico e quindi di inesprimibile.

Viceversa l'analisi è l'atto che riconduce l'oggetto ad elementi già noti, cioè comuni a quell'oggetto e ad altri; analizzare equivale dunque ad esprimere una cosa in funzione di ciò che essa non è. Perciò l'analisi è sempre una traduzione, una riduzione in simboli, una serie di rappresentazioni da punti di vista successivi, che fanno rilevare altrettanti punti di contatto fra il nuovo oggetto allo studio ed altri che si ritengono già noti.

Nel suo desiderio sempre insaziabile di abbracciare l'oggetto intorno al quale è costretta a ruotare, l'analisi moltiplica all'infinito i suoi punti di vista per completare la rappresentazione sempre incompleta, muta incessantemente i simboli per perfezionare la traduzione sempre imperfetta: perciò si prolunga all'infinito. L'intuizione invece, qualora sia possibile, è un atto semplice.

Ciò posto, sarà facile constatare che la scienza positiva usa abitualmente il metodo analitico, e quindi lavora innanzitutto su simboli. Anche le più concrete fra le scienze della natura, le scienze della vita, si limitano all'aspetto visibile dei viventi, degli organi ed elementi anatomici; ne confrontano le forme, riconducendo le più complesse alle più semplici, studiano insomma lo strutturarsi della vita in ciò che per così dire ne costituisce il simbolo visivo. Se vi è un mezzo di possedere in modo assoluto una realtà invece di conoscerla in modo relativo, di collocarsi entro di essa anziché averne delle prospettive esterne, di averne l'intuizione anziché farne l'analisi, insomma di coglierla senza alcuna espressione, traduzione né rappresentazione simbolica, esso costituisce la metafisica. La metafisica è quindi la scienza che ha la pretesa di fare a meno dei simboli. [...]

Certo per ottenere ciò occorre procedere a una inversione del modo abituale di lavorare dell'intelligenza: di solito pensare consiste nell'andare dai concetti alle cose, e non dalle cose ai concetti. Conoscere una realtà è, nell'accezione usuale del termine «conoscere», prendere concetti già fatti, dosarli e combinarli insieme sino ad ottenerne un equivalente pratico della realtà.

Occorre però riconoscere che il normale lavoro dell'intelligenza non è affatto un lavoro disinteressato: in generale non miriamo a conoscere per conoscere, ma a conoscere per prendere una decisione, per un vantaggio da conseguire, insomma per un interesse da soddisfare. Cerchiamo sino a che punto l'oggetto da conoscere sia questo o quello, in qual genere noto esso rientri, che specie d'azione, di approccio o di atteggiamento debba suggerirci. Queste diverse azioni od atteggiamenti possibili sono altrettante direzioni concettuali del pensiero, determinate una volta per tutte, e non resta altro che seguirle: nel che consiste precisamente l'applicazione dei concetti alle cose. Cercar di adattare un concetto ad un oggetto, è domandare all'oggetto che cosa dobbiamo fare di esso, che cosa esso può fare per noi; applicare a un oggetto l'etichetta di un concetto, è determinare con precisione il tipo di azione o di atteggiamento che l'oggetto dovrà suggerirci. Ogni conoscenza propriamente detta è quindi orientata in un certo senso o vista in una certa prospettiva.

È vero che molte volte il nostro interesse è complesso: e per questo ci capita d'orientare successivamente in più direzioni la nostra conoscenza d'uno stesso oggetto, e di variare su di esso i punti di vista. In ciò consiste, nel senso solito di queste parole, una conoscenza «larga» e «comprensiva» dell'oggetto. L'oggetto è allora ricondotto non a un concetto unico, ma a più concetti di cui lo si considera «partecipe». In che modo partecipa di tutti questi concetti a un tempo? Ecco una domanda che non importa alla pratica, e che non occorre porsi. È dunque naturale e legittimo che si proceda per giustapposizione e dosaggio di concetti nella vita di tutti i giorni: non nascerà, di qui, nessuna difficoltà filosofica, dato che noi ci asteniamo, per convenzione tacita, dal filosofare.

Ma trasferire entro la filosofia questa procedura meramente pratica, continuare ancora ad andare dai concetti alle cose, utilizzare, per la conoscenza disinteressata di un oggetto che si vorrebbe ora cogliere in quanto gli è proprio, un modo di conoscere ispirato ad un dato interesse e consistente per definizione in una prospettiva riferita ad esso dall'esterno, equivale a rinunciare al proprio scopo, a condannare la filosofia a una perpetua oscillazione fra le sue correnti tipiche, a collocare la contraddizione nel cuore stesso dell'oggetto e del metodo. O la filosofia non è neppure possibile e ogni conoscenza di oggetti è puramente pratica, diretta cioè a ricavarne un vantaggio, o il filosofare consiste nel collocarsi entro l'oggetto medesimo mediante uno sforzo d'intuizione.


Guida alla lettura


1) Distingui i concetti di conoscenza relativa e conoscenza assoluta in base al rapporto che si stabilisce con l'oggetto.
Nel testo di Bergson, la distinzione tra conoscenza relativa e conoscenza assoluta si basa sul diverso rapporto che si stabilisce con l'oggetto.

Conoscenza relativa:

Prospettiva Esterna: La conoscenza relativa implica che si osserva l'oggetto dall'esterno, girandoci intorno, senza immedesimarsi in esso. Questo tipo di conoscenza è legato al punto di vista che si assume e ai simboli tramite i quali si esprime l'oggetto.
Uso di Simboli e Concetti: Si traduce l'oggetto in simboli o concetti che non riescono a coglierne l'essenza, ma solo le caratteristiche che esso ha in comune con altri oggetti. Questo approccio è descritto come analitico, dove l'oggetto viene ridotto a elementi già noti.
Limitazione al Relativo: La conoscenza relativa si arresta al relativo, poiché non riesce a cogliere l'oggetto nella sua totalità e unicità. Rimane confinata nel regno delle descrizioni parziali e dei confronti esterni.

Conoscenza assoluta:

Immedesimazione Interna: La conoscenza assoluta implica un'immedesimazione totale con l'oggetto, entrando al suo interno e cogliendolo dall'interno stesso. Questo richiede uno sforzo di immaginazione e intuizione.
Rinuncia ai Simboli: In questo tipo di conoscenza, si rinuncia all'uso di simboli e rappresentazioni esterne per cogliere direttamente l'essenza dell'oggetto. La conoscenza assoluta è ottenuta attraverso l'intuizione, una simpatia che permette di collocarsi all'interno dell'oggetto.
Cogliere l'Essenza: La conoscenza assoluta permette di cogliere l'oggetto nella sua unicità e perfezione, senza le distorsioni e le limitazioni imposte dalle traduzioni simboliche o dalle prospettive esterne. L'oggetto è visto nella sua interezza e realtà.

In sintesi, la conoscenza relativa si basa su un'osservazione esterna e analitica, usando simboli e concetti che non colgono l'essenza dell'oggetto. La conoscenza assoluta, invece, si basa su un'immedesimazione interna e intuitiva che permette di cogliere l'oggetto nella sua unicità e perfezione.

2) Elenca le caratteristiche attribuite rispettivamente all'analisi e all'intuizione, come modi di rapportarsi all'oggetto.
Ecco un elenco delle caratteristiche attribuite rispettivamente all'analisi e all'intuizione:

Analisi

Metodo Analitico: Implica che si giri intorno all’oggetto senza mai immedesimarsi in esso.
Relativa: La conoscenza ottenuta tramite l’analisi è relativa, legata al punto di vista che si assume e ai simboli tramite i quali ci si esprime.
Simbolica: Utilizza simboli e rappresentazioni per esprimere l’oggetto.
Esterna: Si pone al di fuori dell’oggetto stesso, non cogliendolo dall’interno.
Descrittiva e Comparativa: Riconduce l’oggetto ad elementi noti, comparandolo con altre cose.
Progressiva: La conoscenza analitica è sempre incompleta e si prolunga all'infinito, moltiplicando i punti di vista e cambiando simboli per perfezionare la traduzione.
Pratica: È orientata verso un interesse pratico, mirando a soddisfare un bisogno o a prendere una decisione.

Intuizione

Simpatia: Intuire significa collocarsi all’interno dell’oggetto, immedesimandosi con quanto esso ha di unico e inesprimibile.
Assoluta: La conoscenza ottenuta tramite l’intuizione è assoluta, cogliendo l’oggetto in sé, senza alcuna traduzione o rappresentazione simbolica.
Interiore: Si pone dentro l’oggetto, cogliendolo dall’interno.
Diretta: L’intuizione non utilizza simboli né punti di vista ma coglie l’originale direttamente.
Perfetta: L’oggetto colto intuitivamente è perfetto perché adegua perfettamente il suo stesso essere.
Semplice: L’intuizione è un atto semplice e immediato, non soggetto alla progressione infinita tipica dell’analisi.
Filosofica: È l’atto che permette di cogliere la realtà in modo disinteressato, andando dalle cose ai concetti, piuttosto che il contrario.

Queste caratteristiche evidenziano la dicotomia metodologica tra l’approccio analitico e quello intuitivo, sottolineando la preferenza di Bergson per l’intuizione come strumento di conoscenza autentica.

3) Perché solo l'identificazione ci dà un concetto unitario dell'oggetto?
Secondo il testo di Bergson, solo l'identificazione con l'oggetto permette di ottenere un concetto unitario perché questa modalità di conoscenza supera i limiti delle prospettive esterne e dei simboli analitici. Bergson distingue tra due forme di conoscenza: una che si ottiene girando intorno all'oggetto e utilizzando simboli (analisi), e l'altra che si ottiene mediante immedesimazione (intuizione).

L'analisi, che è il metodo abituale della scienza, si basa su punti di vista esterni e traduce l'oggetto in simboli, restando sempre al livello del relativo. Questa modalità frammenta l'oggetto in molteplici prospettive parziali e incomplete, cercando di completarsi all'infinito senza mai raggiungere l'assoluto. Al contrario, l'intuizione implica la simpatia e l'immedesimazione nell'oggetto, permettendo di coglierlo dall'interno nella sua unicità e totalità.

Un esempio fornito è quello del personaggio di un romanzo: mentre la descrizione analitica moltiplica i tratti caratteristici del personaggio, solo l'immedesimazione con esso permetterebbe di coglierne l'essenza unica e indivisibile. L'identificazione consente di superare le traduzioni simboliche e i punti di vista esterni, permettendo di afferrare l'oggetto nella sua realtà assoluta e perfetta.

Quindi, solo l'identificazione ci dà un concetto unitario dell'oggetto perché essa consente di cogliere l'oggetto dall'interno, senza frammentazioni o riduzioni simboliche, permettendo di raggiungere una comprensione integrale e assoluta della sua essenza.

4) Definisci il concetto bergsoniano di scienza facendo riferimento al metodo analitico e all'intenzione pratica che il filosofo le attribuisce.
Il concetto bergsoniano di scienza, secondo il testo, è strettamente legato al metodo analitico e all'intenzione pratica.

Metodo analitico: Bergson sostiene che la scienza positiva usa abitualmente il metodo analitico, che consiste nel riconoscere l'oggetto attraverso elementi già noti e comuni ad altri oggetti. L'analisi si traduce quindi in una riduzione dell'oggetto in simboli e rappresentazioni da punti di vista successivi. Questo procedimento analitico implica una molteplicità di punti di vista per completare una rappresentazione sempre incompleta e una continua modifica dei simboli per perfezionare una traduzione sempre imperfetta. L'analisi, secondo Bergson, si prolunga all'infinito senza mai cogliere l'oggetto nella sua totalità.
Intenzione pratica: Bergson evidenzia che il normale lavoro dell'intelligenza, e quindi della scienza, non è disinteressato. La conoscenza scientifica mira a soddisfare un interesse pratico, ovvero a prendere decisioni o ottenere vantaggi. Questo tipo di conoscenza è orientato verso l'azione e l'atteggiamento che l'oggetto da conoscere deve suggerire. Applicare un concetto a un oggetto significa determinare il tipo di azione o atteggiamento da assumere nei suoi confronti. In questo senso, ogni conoscenza scientifica è orientata e vista da una prospettiva specifica, legata a un obiettivo pratico.

In sintesi, per Bergson, la scienza è caratterizzata dall'uso del metodo analitico che frammenta e simbolizza gli oggetti studiati senza mai coglierne l'essenza assoluta, e dalla finalità pratica, che orienta la conoscenza verso il soddisfacimento di interessi specifici.

5) Che cos'è la conoscenza larga di un oggetto?
La conoscenza larga di un oggetto, secondo il testo di Bergson, consiste nell'orientare successivamente la nostra conoscenza in più direzioni rispetto a uno stesso oggetto, variando i punti di vista su di esso. Questo tipo di conoscenza non ricondurrà l'oggetto a un concetto unico, ma a più concetti di cui l'oggetto è considerato "partecipe". In altre parole, una conoscenza larga e comprensiva dell'oggetto implica considerarlo da diverse prospettive e concetti, senza preoccuparsi di come partecipa simultaneamente a tutti questi concetti, poiché ciò non è rilevante per la pratica quotidiana .

6) Perché la filosofia non può assumere le modalità operative della scienza?
Secondo il testo, la filosofia non può assumere le modalità operative della scienza per diversi motivi:

Distinzione tra conoscenza scientifica e conoscenza metafisica: Bergson distingue tra la conoscenza scientifica che è un modus operandi, utilizza simboli e punti di vista esterni e la conoscenza metafisica che è intuitiva e cerca di cogliere l'assoluto dall'interno dell'oggetto stesso.
Analisi vs. Intuizione: La scienza usa il metodo analitico che consiste nel ridurre l'oggetto a elementi noti e nel descriverlo tramite simboli e prospettive esterne. Questo metodo è sempre incompleto e si prolunga all'infinito. La filosofia, invece, secondo Bergson, dovrebbe basarsi sull'intuizione che permette di cogliere l'oggetto nella sua totalità e unicità, senza l'uso di simboli.
Interesse pratico della scienza: Il lavoro dell'intelligenza nel contesto scientifico non è disinteressato; si conosce per agire, per prendere decisioni e per ottenere vantaggi pratici. Questo approccio è orientato verso l'esterno dell'oggetto, non verso la sua essenza interna.
Scopo della filosofia: La filosofia ha l'obiettivo di conoscere l'oggetto nella sua essenza, in modo disinteressato. Utilizzare i metodi della scienza in filosofia significherebbe applicare un metodo pratico e interessato a un campo che richiede un approccio diverso, basato sull'intuizione e sulla comprensione interna.
Contraddizione metodologica: Trasferire le procedure scientifiche alla filosofia comporterebbe una contraddizione intrinseca, poiché la filosofia richiede un metodo che non si basi su prospettive esterne e simboli, ma su un'intuizione diretta dell'oggetto.

In sintesi, la filosofia non può adottare le modalità operative della scienza perché quest'ultima si basa su analisi, simboli e punti di vista esterni orientati da interessi pratici, mentre la filosofia cerca di cogliere l'essenza degli oggetti attraverso l'intuizione, senza l'uso di simboli e senza un fine pratico immediato.


Guida alla Comprensione


1) Spiega in che cosa consiste il metodo intuitivo proposto da Bergson per penetrare nell'oggetto, utilizzando i concetti di simpatia e immedesimazione. Che ruolo vi gioca l'esperienza interiore di sé?
Il metodo intuitivo proposto da Bergson per penetrare nell'oggetto si basa sull'uso della simpatia e dell'immedesimazione. Questo metodo implica un'esperienza interiore diretta che consiste nel collocarsi all'interno dell'oggetto stesso per identificarsi con ciò che l'oggetto ha di unico e inesprimibile. La simpatia, intesa come la capacità di entrare in sintonia profonda con l'oggetto, permette di superare la prospettiva esterna e di coglierne l'essenza dall'interno. L'immedesimazione, d'altra parte, implica uno sforzo d'immaginazione per comprendere l'oggetto attraverso la sua interiorità, quasi identificandosi con i suoi stati d'animo.

L'esperienza interiore di sé gioca un ruolo fondamentale in questo metodo, poiché consente di superare la prospettiva esterna e di percepire l'oggetto in modo diretto e immediato. Attraverso l'esperienza interiore, ci si libera dai vincoli concettuali e simbolici dell'analisi e si accede a una conoscenza più profonda e autentica dell'oggetto. In questo modo, l'esperienza interiore di sé diventa uno strumento essenziale per la comprensione intuitiva dell'oggetto, permettendo di coglierne l'essenza in modo completo e assoluto.

2) Spiega in che senso la conoscenza filosofica non può che essere, secondo Bergson, intuitiva e disinteressata.
Secondo Bergson, la conoscenza filosofica non può che essere intuitiva e disinteressata perché, mentre l'analisi (il metodo utilizzato dalla scienza positiva) lavora principalmente su simboli e rappresentazioni esterne degli oggetti, l'intuizione permette di collocarsi direttamente all'interno dell'oggetto stesso, senza l'uso di simboli o traduzioni. Questo tipo di conoscenza permette di cogliere l'oggetto nella sua completezza e unicità, senza ricondurlo a concetti preesistenti o a prospettive esterne. Bergson afferma che l'analisi, nel suo desiderio di abbracciare l'oggetto da cui è costretta a ruotare, moltiplica all'infinito i punti di vista e le rappresentazioni, mentre l'intuizione è un atto semplice che consente di cogliere l'oggetto nella sua totalità.

Inoltre, Bergson sostiene che il normale lavoro dell'intelligenza che mira spesso a conoscere per un vantaggio da conseguire o un interesse da soddisfare, orienta la conoscenza in una certa direzione o prospettiva, rendendola sempre relativa e interessata. Solo attraverso l'intuizione è possibile collocarsi all'interno dell'oggetto stesso in modo disinteressato, senza preconcetti o interessi pratici, e coglierlo nella sua vera essenza.

Quindi, la conoscenza filosofica, secondo Bergson, deve essere intuitiva perché solo attraverso l'intuizione è possibile superare le limitazioni dell'analisi e cogliere l'oggetto nella sua totalità e unicità, senza ridurlo a concetti preesistenti o a prospettive esterne, e deve essere disinteressata perché solo così è possibile evitare di orientare la conoscenza in una direzione specifica o influenzarla da interessi pratici o personali.

3) Qual è a tuo parere il significato filosofico più rilevante di questa presa di posizione di Bergson rispetto alla scienza e alla filosofia?
Bergson offre una distinzione fondamentale tra scienza e filosofia, affermando che la scienza opera attraverso l'analisi e l'uso di simboli, mentre la filosofia cerca l'intuizione diretta dell'oggetto. Questo approccio riflette una visione più ampia dell'epistemologia, cioè della teoria della conoscenza.

Dal testo emerge che la scienza, attraverso l'analisi, cerca di comprendere gli oggetti in relazione ad altri oggetti già noti, utilizzando concetti predefiniti e prospettive esterne. D'altra parte, la filosofia cerca di comprendere gli oggetti tramite l'intuizione diretta, senza simboli o prospettive esterne, ma piuttosto immedesimandosi nell'oggetto stesso.

Questo posizionamento di Bergson suggerisce che la filosofia, attraverso l'intuizione, mira a cogliere la realtà in modo assoluto e non relativo, superando così i limiti della conoscenza scientifica. Ciò implica che la filosofia, secondo Bergson, offre un accesso più profondo e diretto alla verità o all'essenza degli oggetti rispetto alla scienza che si limita a una comprensione relativa e simbolica.

Pertanto, il significato filosofico rilevante di questa presa di posizione di Bergson è che la filosofia, attraverso l'intuizione, cerca una forma di conoscenza che supera i limiti della scienza e offre una comprensione più profonda e autentica della realtà.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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